Sfoglia il Catalogo feltrinelli015
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 7421-7440 di 10000 Articoli:
-
Compagni! Il romanzo del congresso di Livorno
Grazie al rigore nel consultare le fonti, alla vivacità nel dipanare i conflitti più complessi e alla capacità di scavare dietro le versioni di parte Federico Mello riesce a trasportarci indietro nel tempo, seduti sulle tribune gremite, a indignarsi, applaudire e battere i pugni, acclamare le parole che colpiscono l’animo, ad assistere alla svolta fondamentale della storia della sinistra italiana.rnTurati si ferma. Trema come un giunco per i sentimenti impetuosi che gli attraversano il corpo. Ha ancora la forza di dire qualcosa. Urla:«Viva il socialismo!». Silenzio. Silenzio ancora. Poi il teatro crolla sotto il peso degli applausi.Livorno, 15 gennaio 1921: da tutta Italia affluiscono giornalisti, intellettuali, dirigenti di sezione, sindacalisti, operai, futuri partigiani. I disordini e le mobilitazioni del biennio rosso si sono conclusi da poco, il Partito socialista ha guadagnato consensi elettorali ma è lacerato al suo interno proprio mentre cominciano le violenze fasciste. Nel frattempo, da Mosca è stato diramato un documento che indica le ventuno condizioni da rispettare per far parte della Terza internazionale. In questo clima politico teso si aprono i lavori del XVII Congresso. Il palco del teatro Goldoni vedrà accendersi lo scontro fra socialisti e comunisti e, mozione dopo mozione, l’ala estremista si allontanerà progressivamente, fino all’inevitabile scissione.rnIn una narrazione coinvolgente ma sempre aderente alla realtà storica, Federico Mello ci racconta un momento cruciale, troppo spesso imprigionato nella mitografia, in cui si confondono interessi personali e differenti visioni politiche, errori di valutazione e intuizioni in anticipo sul corso dei tempi. Il momento in cui la sinistra italiana si divise, per la prima, proverbiale volta.rnCi sono tutti i protagonisti dell’epoca: il giovane Antonio Gramsci, convinto che la rivoluzione sia alle porte; il carismatico Filippo Turati, leader delle forze socialdemocratiche; il focoso Nicola Bombacci, amato dalla base militante; l’incerto Giacinto Menotti Serrati, che cerca una mediazione tra le forze in campo. Intervento dopo intervento si delinea la spaccatura all’interno del partito e il dibattito si infiamma alternando politica estera e interna, strategie di comodo e valori irrinunciabili. Il Partito comunista nasce fra le polemiche: abbaglio politico o svolta storica? -
Prigionieri della storia. Che cosa ci insegnano i monumenti della seconda guerra mondiale sulla memoria e su noi stessi
Che cosa ci insegnano i monumenti della Seconda guerra mondiale sulla memoria e su noi stessi.«Keith Lowe non ha paura di avventurarsi su un terreno scivoloso e fragile, e lo fa con la fermezza che deriva da una conoscenza granitica della materia» – The Daily Mail«Questo libro delicato e inquietante dovrebbe essere una lettura obbligatoria sia per chi vuole costruire statue, sia per chi vuole abbatterle» – The Sunday Timesrn«Una riflessione sulla storia, la quale, lo si voglia o no, gioca un ruolo essenziale nelle nostre vite» - Giancristiano Desiderio, la Letturarn""Ho selezionato venticinque memoriali della seconda guerra mondiale, sparsi per il mondo. Alcuni sono ormai delle attrazioni turistiche, visitate ogni anno da milioni di persone. Tutti, nessuno escluso, sono controversi. Nessuno di questi monumenti parla davvero del passato: sono al contrario tutti espressione di una storia che è ancora viva e che, ci piaccia o no, continua a governare le nostre vite.""""Le statue adornano le piazze e i parchi delle nostre città, testimoni silenti della storia collettiva. Eppure quasi mai rimandano a una memoria condivisa, pacificata: l'interpretazione dei fatti si evolve, vecchie credenze vengono messe in discussione, il passato viene riscritto e le statue si ritrovano di colpo fuori dal tempo, anacronistiche pietre dello scandalo. Prigionieri della storia, i monumenti osservano immobili e impotenti il mondo cambiare. Ci sono tuttavia nella storia recente degli eventi che sembrano resistere ai marosi del tempo: la seconda guerra mondiale, con il suo intreccio di eroismo epico e nero abominio, fosca tragedia e improvviso riscatto, sembra ancora svolgersi in un racconto riconoscibile da tutti, vincitori e vinti. Ma è davvero così? Lo storico Keith Lowe sceglie così di scandagliare l'eredità dell'ultimo grande conflitto del Novecento attraverso la memoria che i paesi hanno voluto fermare nella pietra: venticinque monumenti dedicati di volta in volta a eroi e martiri, alle vittime ma persino ai carnefici, senza dimenticare le opere che hanno voluto auspicare l'inizio di una sterminata pace tra i popoli. Questo viaggio lo porta per esempio ai piedi dei colossi del Mamaev Kurgan a Volgograd, a riflettere sulle vestigia dell'Unione Sovietica; ad Arlington, di fronte al Marine Corps War Memorial, a esplorare il rapporto fra gli Stati Uniti, la guerra e il concetto di libertà; a Nanchino, passeggiando attorno al memoriale dell'omonimo massacro e ripercorrendo la vicenda del conflitto sino-giapponese che aprì in anticipo il fronte orientale; a Predappio, sulla tomba di Mussolini, per esorcizzare i fantasmi di un passato che proietta la sua ombra fino a oggi; ma anche fra i blocchi del Memoriale dell'Olocausto di Berlino per scoprire le polemiche che ne hanno accompagnato l'edificazione. Il grande racconto storico di Lowe è in grado di compiere una metamorfosi. Quei monumenti, da pesanti conglomerati di pietra esposti alle intemperie, tornano a vibrare di potenza simbolica: «sotto il granito e il bronzo c'è l'amalgama di tutto ciò che ci rende quello che siamo – potere, gloria, coraggio, paura, oppressione, grandezza, speranza, amore e rovina. Celebriamo queste e mille altre virtù pensando che forse potranno... -
Il pascià. L'avventurosa vita di Romolo Gessi, esploratore
Tra passato e presente, la storia dimenticata di un italiano che esplorò l’Africa e combatté gli schiavisti.rnrn«Domenico Quirico è uno di quei giornalisti per cui ha ancora senso consumare le scarpe per andare alla ricerca non solo di una notizia, ma di qualcosa da raccontare ai lettori di oggi e alle generazioni future.» - La StampaTra i nomi dei grandi esploratori ottocenteschi dell'Africa uno dei più brillanti, ma oggi più oscuri, è certamente quello di Romolo Gessi. Personaggio leggendario, nella sua breve e intensa vita incarnò perfettamente lo spirito del tempo: prima di inoltrarsi verso l'equatore, fu interprete nella guerra di Crimea e militare al servizio di Garibaldi durante la campagna del Trentino; poi, spinto dal celebre generale britannico Gordon, divenne maggiore dell'esercito d'Egitto, cominciando la sua romanzesca avventura nel continente africano. Unico italiano a partecipare alla scoperta della foce del Nilo, divenne governatore e pascià della provincia equatoriale del Sudan e qui combatté ed estirpò la tratta araba degli schiavi verso il mondo islamico. Gessi seguì l'invito di Kipling a portare il fardello dell'uomo bianco, credendo, da figlio del suo tempo, nella missione civilizzatrice degli europei in Africa, ma sempre gli restò «vivo il sospetto di esser lo strumento di disegni assai meno limpidi e umanitari, di pacificare insomma l'Equatoria per far posto, dopo gli impresentabili negrieri, ai più accorti e ""moderni"""" colonialisti britannici», come emerge dai suoi diari. Domenico Quirico, tra i più sensibili cronisti del continente africano, ripercorre le orme di Gessi e della sua coorte di personaggi salgariani, sovrapponendo, in un costante dialogo tra passato e presente, l'immagine romantica dell'Africa ottocentesca a quella attuale. Dopo più di due secoli, infatti, nonostante l'apparente retrocessione dei domini occidentali, quell'alveare di drammi e povertà - governato da rivoluzionari fatti della stessa stoffa dei dittatori che hanno deposto, capaci delle peggiori atrocità in nome dell'uomo nuovo africano - è tutt'altro che libero e pacificato. Accanto al riconoscimento delle evidenti colpe imperialiste, 11 pascià restituisce un resoconto più sfumato, che, senza accondiscendere a un terzomondismo consolatorio, rivaluta meriti e colpe di un grande avventuriero in nome di una verità storica e giornalistica priva di pregiudizi ideologici."" -
Viaggi iniziatici. Percorsi, pellegrinaggi, riti e libri
Un inno alla letteratura come strumento di conoscenza. Sulle tracce di grandi classici della cultura, Trevi ci riporta alle origini della civiltà e alla sacralità della parola.rn«I viaggi iniziatici ci introducono in una dimensione che può rimandare a molte altre dimensioni: dipende dal modo in cui la si legge» - Paolo Mauri, RobinsonrnrnNel 1921 Knud Rasmussen si unisce alla V spedizione Thule per studiare la civiltà eschimese, in un viaggio tra i ghiacci sterminati di Groendlandia, Canada, Alaska e Siberia da cui tornerà cambiato, come racconta ne Il grande viaggio in slitta.rnL’attore e drammaturgo Antonin Artaud parte per il Messico nell’estate del 1936. Il suo viaggio sarà un vero e proprio rito di passaggio: in crisi d’astinenza da eroina sperimenta ritualmente il peyotl, riversando l’esperienza nei suoi affascinanti scritti sui Tarahumara.rnNel 1946 Marcel Griaule va a Ogol Alto (nell’attuale Mali) per studiare la popolazione Dogon. Da uno scambio con il saggio del villaggio, un cacciatore cieco, ha origine Dio d’acqua, resoconto di viaggio che rivela l’immensità del sistema di pensiero di quel popolo tutt’altro che primitivo.rnEmanuele Trevi, con lo sguardo dello scrittore e la sapienza dello studioso, intesse tra loro queste e molte altre storie, affrontando il grande topos moderno dei Viaggi iniziatici e cercandone le tracce nella produzione antropologica e letteraria.rnL’atto della scrittura configura infatti un’iniziazione in due tempi: se ogni viaggio porta alla messa alla prova di sé, con un allontanamento dalle proprie abitudini e certezze cui segue la morte simbolica, la rinascita vera e propria avviene soltanto dopo. Metabolizzare quel viaggio, raccontarlo, scriverlo, è parte integrante dell’itinerario conoscitivo con cui il viaggiatore scopre di essere una persona nuova, diversa, rinata.rnE mentre tratteggia un percorso insolito e illuminante nella grande mappa della letteratura di viaggio, lo sguardo acuto di Trevi dà origine a pagine di profonda vitalità, dove la forma letteraria si rivela sorprendentemente il mezzo più adatto, così come i miti e i riti indigeni che descrive, a conoscere e forse riplasmare la realtà, fino a raggiungere un altrove. -
La metà migliore. La scienza che spiega la superiorità genetica delle donne
Le donne combattono meglio degli uomini virus, infezioni e tumori; a parità di condizioni critiche hanno più possibilità di sopravvivere rispetto ai maschi; statisticamente sembrano superare di almeno quattro anni le aspettative di vita di un uomo e vedono persino il mondo in uno spettro di colori più ampio. Le donne sono meglio degli uomini, dunque? Non si tratta di una semplice generalizzazione ideologica. Sharon Moalem, medico genetista di fama internazionale, argomenta questa tesi attraverso l'analisi di pubblicazioni specialistiche ed esperienze personali - nei reparti di neonatologia, tra bambini sieropositivi o attraverso l'attività di ricerca neurologica sugli anziani - e ne individua il fondamento scientifico nel nostro codice genetico: più precisamente, nel doppio cromosoma x femminile. Sono alcuni dei geni presenti su questo cromosoma, infatti, ad attivare i processi di guarigione e a garantire dunque alla donna maggiore resilienza: come afferma Moalem, infatti, «quasi tutto ciò che è difficile da fare, dal punto di vista biologico, è fatto meglio dalle donne». In nome di uno stereotipo legato alla forza fisica, invece, per secoli la donna è stata confinata nell'angolo del focolare domestico, ne è stata esaltata la fragilità e la delicatezza, le è stata destinata una posizione ancillare. Un luogo comune a cui ha aderito anche la scienza medica. Tuttora le differenze genetiche sono ignorate in nome della visione maschiocentrica dominante, e le donne vengono inquadrate attraverso l'obiettivo degli uomini: per esempio, molti degli studi preliminari sulle malattie sono compiuti esclusivamente su campioni di sesso maschile, contribuendo alla costruzione di una dottrina parziale, incapace di tenere conto delle specificità del nostro patrimonio genetico. -
Compro libri, anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d'occasione
Se Compro libri, anche in grande quantità fosse un romanzo, sarebbe come Madame Bovary: all'inizio pensi che il protagonista sia il libraio, ma presto capisci che è piuttosto un comprimario, e un testimone. In fin dei conti, se questo è un romanzo, non può essere altro che il romanzo dei libri.I libri contengono storie, ma hanno sempre a loro volta una storia. Letti più volte o dimenticati su uno scaffale, ridotti a sottopentola o elevati a oggetto di studio e venerazione, molto spesso infine approdano a una libreria dell'usato. «In ogni singola ammaccatura, in ogni parola sottolineata o nota a margine, un libro usato ti ricorda che qualcuno ha scoperto quell'opera prima di te, l'ha masticata e digerita prima di te, e poi l'ha risputata fuori, rimettendola in circolo nell'organismo della grande biblioteca del mondo, sterminata e desolatissima. In qualche modo, comprare un libro usato è fare i conti con questo: che i libri ci sopravvivono, assai meno deperibili della nostra carne, e che intessono un dialogo tra loro lungo i secoli, appostati sugli scaffali delle librerie come la mia.» Questo è il particolarissimo punto di vista di Giovanni Spadaccini, che a Reggio Emilia ha aperto Libri Risorti, una piccola libreria dove vende libri vecchi, antichi e rari, e che ha scritto un repertorio di storie, raccolte in anni di lavoro e passione. Le dediche, le foto e i biglietti che rimangono impigliati tra le pagine, documenti di incerta e struggente bellezza, tramandati a posteri sconosciuti. Ma anche gli incontri surreali con chi i libri usati li raccoglie, li compra, li vende: rigattieri dall'apparenza ferina ma in realtà coltissimi, sepolti vivi dentro cumuli di ex bestseller e rarità per bibliofili; cantine piene di libri ceduti in blocco da eredi incuranti della passione libresca del caro estinto; intere biblioteche dismesse a malincuore dai legittimi proprietari, vittime della lotta senza quartiere tra i ridotti metri quadri di una casa e lo sconfinato spazio dell'immaginazione - ovvero, per farla breve, tra vita e letteratura. -
In bosco. Leggere la natura su un sentiero di montagna
Un grande narratore ed esperto del mondo naturale ci accompagna in una passeggiata nei boschi per conoscerli meglio e riscoprirne l'incanto.rnrnrnDaniele Zovi è tornato nei suoi boschi, sopra l’altopiano di Asiago, appena l’allentamento delle restrizioni dovute alla pandemia glielo ha permesso.rnDopo mesi in cui ha frequentato la natura solo attraverso le pagine dei libri, è tornato a cercarne i segni e le manifestazioni più incredibili proprio sui passi che ha fatto molte volte nel corso della sua vita, ma con gli occhi e tutti i sensi più aperti. È su quei sentieri ben noti, che partono dai prati per inoltrarsi nei boschi, che il lettore lo segue in un cammino sentimentale tra ricordi personali e “scoperte” sempre nuove. Seguendo le sue orme, impariamo anche noi a riconoscere i segni della natura, le tracce degli animali o i cambiamenti nell’aria e proviamo curiosità e meraviglia per il bosco che inizia a medicare le ferite causate dal passaggio della tempesta Vaia. Iniziamo a percepire quel modo paziente di sentire il tempo che è possibile in questo ambiente, vivendo in prima persona quel cambiamento cui conduce ogni percorso. -
Rumore. Un difetto del ragionamento umano
Una ricerca accurata, un libro ricco di idee che svela un fenomeno onnipresente ma finora largamente ignorato e consente ai suoi lettori di riconoscere e controllare l'influenza che il rumore esercita su tutte le loro decisioni, previsioni e valutazioni.«Un libro importante e dotto» - Michela Marzano, RobinsonDue medici che danno due diagnosi diverse allo stesso paziente sulla base degli stessi esami. O due giudici che assegnano pene diverse a colpevoli dello stesso reato. O, addirittura, lo stesso manager che prende una decisione diversa a seconda del momento della giornata. Non dovrebbe accadere, invece l'esperienza insegna che sono decine gli ambiti in cui le decisioni dovrebbero essere dettate da criteri oggettivi, ma in cui alla fine la realtà è ben diversa dalla teoria. E la colpa è del rumore. Daniel Kahneman, premio Nobel per l'economia e autore del bestseller mondiale Pensieri lenti, pensieri veloci, ha studiato per anni con Olivier Sibony e Cass R. Sunstein questo difetto del funzionamento mentale e in questo libro dimostra come ovunque si eserciti il giudizio umano – nella sanità pubblica come nelle aule di giustizia, nei processi aziendali come nelle decisioni quotidiane di tutti noi – lì si trovi il rumore, a sviare il ragionamento e causare errori. -
Shakespeare creatore di miti. Breve corso su Romeo e Giulietta, Amleto, Falstaff, Macbeth, Otello e il loro autore
Un viaggio nell'officina del genio per un singolare corso sulle opere e i personaggi immortali di Shakespeare. rnIl tipico tour italiano organizzato dalle agenzie della Repubblica Popolare Cinese prevedeva la visita di tre soli luoghi: il Colosseo, la Torre di Pisa, per poi spostarsi non a Napoli, non a Firenze, e neppure a Venezia, bensì a Verona. Non per l’Arena, ma per vedere il balcone di Giulietta.rnQuesta è la dimostrazione più pragmatica di come William Shakespeare sia stato l’ultimo grande creatore di miti: l’amore tragico di Romeo e Giulietta, il delitto e castigo di Macbeth e Lady Macbeth, la folle gelosia di Otello e la perfidia di Iago, il dubbio esistenziale di Amleto, la giovialità di Falstaff...rnNessun autore negli ultimi cinquecento anni si è anche lontanamente avvicinato all’influenza e alla prolificità del Bardo. Ma come ha fatto a creare dal nulla tanti personaggi immortali, o a ricreare e rigenerare storie precedenti con forza tale da legarle per sempre al suo nome e ai suoi versi?rn -
Storia del Napoli. Una squadra, una città, una fede
Una squadra, una città, una fede.Tra le tifoserie più passionali e pittoresche del mondo, il Napoli ha sicuramente un posto d'onore. Per rendersene conto, basta entrare allo stadio San Paolo durante una partita: il Napoli è diverso dalla maggior parte dei club professionistici. Squadra dalla chiara connotazione identitaria, l'amore con la città ha radici profonde che si diramano sotto il tessuto cittadino, dal Vomero, passando per i Quartieri Spagnoli, giù fino al mare. Ed è proprio qui che inizia la storia del calcio a Napoli, quando sul finire dell'Ottocento un gruppo di marinai inglesi allestisce un campo vicino al porto, al Mandracchio. Dalla nascita del club nel 1926 è un susseguirsi di imprese gloriose e rovinose disfatte: un moto armonico del tutto simile a quello della città. Il Napoli, infatti, finisce per incarnare fino in fondo gli eccessi e le contraddizioni, sociologiche e culturali, di un'intera metropoli. Squadra popolare e interclassista, che accomuna nella ""malattia"""" del tifo il sottoproletario, l'operaio, il professionista e l'uomo di cultura, diventa subito strumento e simbolo del riscatto rivendicato da una ex capitale mortificata nei suoi antichi splendori, da anni trasformati in pregiudizi. Squadra condizionata dal contesto sociale urbano, anche negli aspetti deteriori, come ha dimostrato in alcuni momenti l'inquietante ombra dei clan della camorra. Gigi Di Fiore ricostruisce l'avventurosa """"Storia del Napoli"""". La storia dei suoi istrionici presidenti, da Achille Lauro ad Aurelio De Laurentiis, e soprattutto la storia dei suoi molti campioni, da Sallustro a Sívori, da Zoff a Krol, fino a Cavani, Lavezzi e Higuaín. Su tutti, naturalmente, splende la stella Maradona, fuoriclasse controverso, protagonista della stagione più gloriosa della squadra, mito ed espressione congeniale di una città unica al mondo."" -
La grande incantatrice. Il fascino dell'Italia per i viaggiatori di ogni tempo
Tutti sanno che nel 1817 Stendhal, giunto al cospetto dei marmi di Santa Croce a Firenze, si sentì mancare. Ma le cronache sono piene di viaggiatori che in tutte le epoche, giunti per mare, a cavallo, in carrozza, treno o automobile, restano avvinti dalle meraviglie conturbanti dell'Italia. È una sensazione indefinibile, un misto di eccitazione, smarrimento, gioia e timore, qualcosa di simile insomma all'azione portentosa di un filtro d'amore. Non si tratta soltanto di ""bellezza"""", un termine tanto generico e ammansito da non fare quasi più effetto. Tutt'altro. Il fascino dell'Italia è vertiginoso, sbalestrante, assoluto. Charles Dickens, giunto alla sala dei Giganti di palazzo Te a Mantova, disse irritato che gli affreschi «facevano venire l'apoplessia», il contrario del «senso di armonia che dovrebbe comunicare un'opera d'arte». Charles de Brosses, dal canto suo, trovava la santa Teresa di Bernini troppo eccitante per una chiesa: «Se questo è amore divino, lo conosco anch'io perché se ne vedono tante copie in natura». E Lord Byron rimase stregato dalla cascata delle Marmore «orribilmente bella». Ma cos'è questa malia? Cos'è questo fascino violento che da secoli piega le ginocchia di viaggiatrici e viaggiatori, costringendoli a una sensuale devozione? Attilio Brilli scava tra i resoconti noti e meno noti, restituendo al mito del viaggio in Italia le sue radici più complete, che risalgono a ben prima della moda del Grand Tour. Con i suoi giardini ordinati oppure selvaggi, le ville magnifiche e le rovine romantiche, i borghi scavati nella roccia e il dedalo opulento di Roma, i dolci declivi collinari e le aguzze montagne, La grande incantatrice ha sempre saputo soggiogare le menti più brillanti del mondo. Eppure, da sempre, tutta questa bellezza noi italiani sappiamo come sperperarla, se già Montaigne, arrivato a Urbino nel 1581, non poté coronare il sogno di una visita alla biblioteca di Federico da Montefeltro perché purtroppo, come gli spiegarono gli imbarazzati cortigiani, le chiavi erano andate smarrite. È forse il nostro destino, essere gli svagati custodi di un tesoro inestimabile. Possiamo solo sperare che nonostante la nostra noncuranza l'Italia continui a essere, come sosteneva Vernon Lee, quella «favolosa soffitta colma di carabattole misteriose e di ammiccanti fantasmi nella quale soddisfare gli istinti elementari della finzione e del romanzesco»."" -
Un certo Dostoevskij. Biografia polifonica in lettere, diari e testimonianze
Aleksandr Egorovic Vrangel', amico di Dostoevskij negli anni dell'esilio in Siberia, racconta che il grande romanziere addomesticò delle bisce per spaventare a morte le donne che si ostinavano a rubargli i fiori dalle aiuole. «In seguito», ricorda Vrangel', «ridemmo a più non posso per molto tempo, ripensando all'accaduto». Che Fëdor Michajlovic fosse un tipo particolare lo sapevano un po' tutti i suoi amici: mentre lo ascoltava leggere in anteprima ad alta voce il romanzo Povera gente, lo scrittore Grigorovic ricorda che «pieno di ammirazione all'inverosimile, qualche volta tentai di saltargli al collo; mi tratteneva solo la sua avversione verso le effusioni rumorose ed espressive». Abbiamo in fin dei conti un'idea un po' stereotipata di Dostoevskij: il grande scrittore cupo e meditabondo, tormentato dai suoi stessi pensieri, idealmente sempre emaciato come nelle foto in Siberia. Questo è quello che succede ogni volta che si sedimentano le letture critiche di secoli di saggi e biografie, riducendo la persona a personaggio. Ma, a sentire la viva voce di chi l'ha conosciuto, il più grande romanziere russo dell'Ottocento era anche un procrastinatore che non voleva mai mettersi a lavoro, o un oratore brillante tra amici che diventava poi ansioso e taciturno quando si trovava tra estranei. Un certo Dostoevskij, simpatico ad alcuni e antipatico a molti, golosissimo di dolci, prodigo di prestiti, con una bassa opinione di sé e della sua opera ma cordiale verso gli ammiratori. Uno che a sedici anni, quando morì Puskin, avrebbe voluto portare il lutto e che da studente dovette ripetere l'anno perché l'insegnante di algebra «voleva sicuramente bocciarmi». Un marito geloso ma affettuoso, un padre che addobbava l'albero di Natale in piedi su uno sgabello e ballava la mazurka con i figli. Lo storico della letteratura Pavel Fokin in questa biografia polifonica ricostruisce per la prima volta la vita dell'autore attraverso fonti contemporanee: aneddoti, lettere, atti di processi e memorie scritti da poeti, rivoluzionari, critici, parenti e amici. ""Un certo Dostoevskij"""" ci restituisce la vita romanzesca di uno dei più amati scrittori di sempre, attraverso la stima dei colleghi, la soggezione dei conoscenti, la tenerezza dei familiari, il ricordo prezioso di chi ebbe modo di incontrarlo anche solo una volta. Prefazione di Paolo Nori."" -
Cinema Italia. I film che hanno fatto gli italiani
Un grande storico ricostruisce la storia del nostro paese per come l'abbiamo vista al cinema noi italiani, di volta in volta sceneggiatori, registri o semplici spettatori.rnrn«Da Pontecorvo a Giordana, da Fellini a Martone, da Pasolini a Scola, sono innumerevoli i registi che hanno contribuito a fare gli italiani. Cinema Italia è un libro che dovrebbe stare in ogni scuola, da consigliare a chi ama la storia e a chi si ostina a insegnarla ai più giovani» - Simonetta Fiori, RobinsonrnrnNel 1914 esce Cabiria, forse il più grande kolossal della storia del cinema italiano. La storia, in teoria, documenta l’epico scontro tra Roma e Cartagine, ma l’estetica orientaleggiante e liberty dell’epoca, con tanto di D’Annunzio alla sceneggiatura, raccontano facilmente in controluce anche il presente di quell’Italia desiderosa di guadagnare visibilità e credibilità internazionale.rnParte da qui un percorso appassionante nel cinema italiano visto dall’ottica inedita di uno storico che, senza timore di mescolare alto e basso, utilizza i film come documento del periodo in cui venivano realizzati, del gusto del pubblico e della temperie culturale. E questo sia quando il cinema si faceva specchio del presente (l’immediato dopoguerra di Ladri di biciclette, i primi venti del boom di Un americano a Roma, la lotta sociale de La classe operaia va in paradiso ma anche l’estetica pre-Mani Pulite dei vari Vacanze di Natale) sia quando il cinema si fa strumento a sua volta di indagine storica: non solo Cabiria ma ovviamente La grande guerra, Una giornata particolare, La notte di San Lorenzo, La meglio gioventù... -
Il teorema del maiale. Il nuovo approccio per risolvere qualsiasi problema
Quando ci sentiamo bloccati nella gestione di una situazione difficile e non riusciamo a venirne a capo in nessun modo, probabilmente è perché stiamo facendo la lotta con il maiale. Stiamo, cioè, inquadrando il problema nella cornice sbagliata, o magari ci stiamo lasciando coinvolgere in qualcosa che non ci riguarda e che non possiamo risolvere in prima persona. Può capitare nella vita privata, al lavoro, a scuola, alle riunioni di condominio... Dietro l'angolo c'è spesso un ""maiale"""" ricoperto di fango pronto a trascinarci dentro il porcile assieme a lui per farci impantanare nella melma, finendo con l'essere sopraffatti. Ma esiste un modo per uscirne: Pete Lindsay e Mark Bawden propongono un nuovo metodo per gestire i problemi, imparando a osservarli in modo """"pulito"""" per poterli scomporre e analizzare da una diversa prospettiva. Quante volte ci siamo detti """"Ci ho provato in ogni modo, ma non c'è soluzione"""" o """"Le ho tentate tutte, ma non c'è via d'uscita""""? Quando ripetiamo queste assunzioni, noi pensiamo di averle veramente provate tutte, ma spesso non è così. C'è sempre un modo per ribaltare il punto di vista e trovare una nuova soluzione, adatta alle nostre capacità ed esigenze."" -
A testa alta. Amare se stessi è l'inizio di una storia d'amore infinita
Dalla personal trainer e influencer di fitness più grintosa e creativa del panorama italiano, un libro sullo sport e sulla vita, o sullo sport come lezione di vita, che ci stimola a diventare come avremmo sempre voluto essere: nel corpo, nella mente e nell'anima.Tutto quel che sa, Sara Ventura lo ha imparato sulla sua pelle. Dalle difficoltà di bambina, quando la perdita prematura della madre e il tennis agonistico le hanno insegnato a trovare dentro di sé le risorse per andare avanti. Dalla carriera di tennista professionista, che fin da ragazzina l'ha risucchiata in un vortice di tornei, vittorie, sconfitte, allenatori sbagliati. E oggi dalla sua professione di personal trainer affermata, o meglio di coach, come lei ama definirsi, perché essere un buon allenatore va ben oltre il semplice proporre degli esercizi. È qualcosa che ha a che fare con l'empatia, con la flessibilità, con la resilienza, e naturalmente con l'esperienza. Determinata a diventare la donna che avrebbe sempre voluto essere e l'allenatore che avrebbe sempre voluto avere, oggi Sara è titolare di una palestra innovativa, un po' spazio per l'allenamento, un po' galleria d'arte, a cui ha dato con orgoglio il proprio nome e che unisce le sue due passioni di sempre: il corpo e l'espressione artistica. Con la grinta che la contraddistingue e che l'ha resa popolare anche come influencer, in questo libro rivendica, come essere umano e come donna, il diritto di cadere, rialzarsi, sperimentare, esprimere se stessi senza lasciarsi abbattere dai giudizi esterni e dalle difficoltà. Per arrivare all'unico vero obiettivo che conti: diventare la versione migliore di sé, e non solo in senso fisico. Perché la bellezza non è soltanto nel corpo: è la manifestazione di un benessere che riguarda anche la mente e lo spirito. Non importa quale sia il nostro punto di partenza, la condizione fisica, la storia personale: tutti possiamo essere come avremmo sempre voluto. O almeno provarci, a patto di crederci davvero. Ci vogliono impegno costante, tenacia, motivazione. Ma soprattutto ci vuole un approccio positivo, la capacità di leggere ogni cambiamento, ogni difficoltà come un'occasione di miglioramento. Da affrontare sempre a testa alta. -
Il coraggio di essere felici. L’autentico cambiamento è nelle nostre mani
A distanza di tre anni dal loro primo incontro, il giovane allievo e il saggio maestro si ritrovano: il giovane non ha esaurito tutte le sue domande sul senso dell'esistenza e la ricerca dell'autentica felicità. Anzi, è ancora più frustrato e insoddisfatto: il suo mestiere di insegnante - e i problemi sempre più complessi che lo tormentano - lo hanno messo a dura prova nell'applicazione quotidiana dei principi appresi dal maestro. Il saggio filosofo ascolta pazientemente lo sfogo, ma poi prende a parlare. Nel corso di un intenso dialogo, lungo un'intera notte, il maestro spiegherà al giovane che il metodo delle lodi e punizioni non serve, perché quello che occorre sviluppare nei ragazzi è la cooperazione, e non la competizione. Quello che occorre insegnare veramente è il rispetto, l'empatia, l'amore disinteressato per l'altro. Solo sentirsi parte integrante di una comunità e dare il proprio contributo all'esistenza degli altri è la via per essere felici. Una via che si percorre imparando ad accettare l'altro per come è e ad amare incondizionatamente, senza aspettarsi nulla in cambio: perché amare davvero è la scelta più ardua e coraggiosa di tutte. -
Elisabetta e le altre. Dieci donne per raccontare la vera regina
La vera Elisabetta II raccontata attraverso le figure femminili a lei più vicine. Dieci match ""Eva contro Eva"""" in cui alla fine emerge vincitrice sempre lei, inossidabile e intramontabile: the Queen. La conosciamo tutti. Ma la conosciamo davvero? Il suo marchio è su piatti, tazze, teiere, capi d'abbigliamento, macaron e perfino bottiglie di gin. I francobolli con la sua effigie sono gli unici a non aver bisogno del paese d'origine stampato sopra. Il suo stile, borsetta al gomito e completi pastello, l'ha resa un'icona globale. Ogni suo gesto, sguardo o movimento è osservato, studiato, analizzato. Moltissimi hanno provato a esplorarne la vita intima e la personalità, ma la regina d'Inghilterra, dopo quasi settant'anni di regno e a novantacinque di età, continua a rivelarsi un mistero per chiunque si sforzi di leggerla. E tuttavia per qualcuno è stata anche figlia, sorella e madre; per qualcuno è stata """"Lilibet"""", """"Top Lady"""", """"Maam"""", oppure solo Cabbage, """"cavolo"""", come la chiama affettuosamente il principe Filippo. Forse, allora, il modo migliore per conoscerla non è guardare direttamente a lei, ma alle relazioni e agli eventi che l'hanno resa la donna che è. Forse, per capire chi è davvero Elisabetta, non serve concentrarsi sulla sua storia, ma prestare orecchio a quelle di chi, in vesti diverse, l'ha accompagnata per un tratto di strada. È quello che Eva Grippa, giornalista e royal watcher, fa in questo libro, tratteggiando dieci ritratti di donne che hanno avuto una parte in una delle più complesse, e più affascinanti, vite private del nostro tempo. Fra cavalli e corgi, brughiere scozzesi e palazzi ricchissimi, serie tv, documentari, scandali su isole tropicali e tabloid, amori infelici e tradimenti, chilometri di seta e pettegolezzi piccanti, davanti agli occhi ci si srotolano dieci vite intime, dieci racconti che ci aiuteranno, alla fine, a comporre di lei un unico ritratto, da quando era bambina a oggi, in veste di suocera e bisnonna. Una galleria di volti femminili, una storia del costume, un libro che racconta la monarchia specchiandola negli occhi dei suoi protagonisti, ma anche la storia di un innamoramento: quello del mondo intero per lei, l'unica: Elisabetta II, the Queen."" -
Torno a casa a piedi. Si va avanti con il cuore, mica con le gambe
Un passo dopo l’altro, lungo la via Francigena. Per mettersi in ascolto. Per riscoprire il contatto con la natura. Per assaporare la lentezza. E ritrovare se stessi.rnSi va avanti con il cuore, mica con le gambeQuaranta giorni. 800 chilometri a piedi, da Milano a Roma, lasciando a casa le cose pesanti e superflue, ma anche quelle che al ritorno sarà più bello ritrovare. Per Jack Jaselli, cantante e musicista, ma anche un po’ _ filosofo errante, camminare è una medicina potentissima. Per questo, in un momento di crisi si è messo in testa di ripercorrere le orme di Sigerico, l’arcivescovo di Canterbury che verso l’anno Mille “inventò” la via Francigena, attraversando l’Europa per ricevere dal papa l’investitura. E di farlo suonando. Con sé ha un bordone intagliato nel sambuco, uno zaino e una chitarra da viaggio, ribattezzata “il Garpez”, impacchettata per proteggerla dalle intemperie. Che non mancheranno, anzi: quello che lo aspetta è uno dei mesi di maggio più piovosi a memoria d’uomo. Del resto, Jack l’ha sempre detto, di amare l’acqua molto più della terra: non per niente da ragazzo odiava camminare. Seguendo i suoi passi attraversiamo i campi della Pianura padana e i boschi dell’Appennino, scendiamo verso il mar Ligure e risaliamo la val d’Orcia, guadiamo torrenti e visitiamo abbazie. Ci perdiamo, per ritrovarci. Ma soprattutto incontriamo le persone che in fondo sono la Francigena: appassionati custodi dell’antica via, camminatori che declamano a memoria la Divina Commedia, monaci buddisti, ma anche amici che arrivano per compiere insieme un tratto di strada. Oltre a questi incontri in carne e ossa, il cammino risveglia i ricordi di altre avventure, viaggi di fuga e di ricerca, della musica e di sé. Così scopriamo che anche Katmandu, il deserto del New Mexico e Los Angeles sono tappe della Francigena. Perlomeno di quella di Jack. Per capirlo, le mappe non sono di nessun aiuto: bisogna trovare il coraggio di partire, perché «camminare è una condizione esistenziale, prima ancora che fisica. Si va avanti con il cuore, mica con le gambe». -
Profumi. Un viaggio attorno al mondo degli odori, della profumeria, della memoria
PoesiarnRicordornOrizzonternFamigliarnUniversornMemoriarnIncantornHo ritrovato negli odori quello che gli altri creativi trovano nelle note, nei colori, negli ingredienti e nei tessutiIl senso che sfugge: così, dalle prime pagine di questo libro, viene definito l’olfatto. Se infatti abbiamo a disposizione il lessico e i codici sufficienti per descrivere quello che vediamo, tocchiamo e assaporiamo, lo stesso non vale per quello che annusiamo. È partendo da questa “evanescenza” che Paola Bottai – naso e créateur parfumeur, nonché narratrice di odori – ci accompagna in un viaggio ricco di curiosità, storia della civiltà e della moda, ricordi personali, strategie di marketing e tutto quello che ruota attorno al senso più personale ed emotivo di cui disponiamo: perché se è vero che non esiste un catalogo universale per raccontare gli odori, è altrettanto vero che la memoria olfattiva è in grado di superare quella visiva e di riportare a galla emozioni e ricordi nascosti. Paola racconta come la sua sia stata una vera e propria vocazione sin da bambina, già naso “fin troppo attento”, e sensibile. Ci offre poi un excursus sulla storia dei profumi – dall’antichità al secolo scorso – che ci fa capire come siano sempre stati connessi alla ritualità e ai costumi sociali. Ci fa entrare nel suo processo creativo, che parte dalla ricerca costante di materie prime e dall’osservazione curiosa di tutto ciò che la circonda e la stimola. Ci racconta l’estro dei grandi nasi della storia e i capricci di chi li ha ispirati. Ci dà tanti consigli su come si sceglie e si acquista consapevolmente, come si conserva e come si “vive” un profumo. Ci apre la sua preziosa e personalissima collezione di profumi, piena di memorie personali e di chicche sulla creazione delle essenze e sul design dei flaconi. Profumi è una lettura appassionante e vivace, come lo è la voce dell’autrice in queste pagine e sui suoi canali social, che introduce i lettori a un’educazione olfattiva e ci dischiude un mondo ricco di emozioni, associazioni e memorie. -
La cosa bella di avere una brutta giornata. Un pronto soccorso emotivo per stare meglio con noi stessi e con gli altri
Ci sono giorni in cui basta un contrattempo, un piccolo incidente domestico, una discussione con il partner, l'ennesima vessazione del capo, e subito perdiamo il controllo della situazione: o sbottiamo, non riuscendo a placare la rabbia, o ci ammutoliamo, reprimendo le emozioni fino a sentirci male. Senza mezze misure, insomma. E così una giornataccia diventa un periodaccio, e quelle emozioni che più ci spaventano - come la paura, l'ansia, la rabbia, la vergogna, la frustrazione, il senso di inadeguatezza - piantano le radici dentro di noi e prendono il controllo dei nostri comportamenti, come se fossimo dei burattini. Ma in realtà, ci spiega la psicoterapeuta Anabel Gonzalez, il timone del nostro sistema emotivo è nelle nostre mani. Non dobbiamo soffocare le emozioni negative, né tentare a tutti i costi di fare buon viso a cattiva sorte, fingendo che vada tutto bene. Accettare di provare tali sentimenti, e lasciarli abitare dentro di noi per tutto il tempo necessario, ci permette di imparare a regolare la nostra emotività. Solo facendo un'accurata ""manutenzione"""" delle nostre emozioni negative, infatti, potremo lasciar spazio a quelle positive e viverle pienamente. E solo accettando di affrontare una brutta giornata saremo in grado di trasformare un momentaccio in un'opportunità, e un problema nel cambiamento che stavamo aspettando.""