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Marcello Venier. Un casaro con un'idea: fare impresa
"Ho perso mio padre a quattro anni: non l'ho conosciuto. Per tutta la vita ho desiderato conoscerlo e, maturando, ho pensato di ricostruirne la figura basandomi sui documenti che ne avevano segnato la vita. Ero certo che la sua vita presentasse momenti, vicende e variazioni che meritavano di essere conosciute almeno da me. Ho girato molto attorno a questo desiderio di ricerca per rispondere a un bisogno mio, ma anche quasi per segnare una origine a me, ai miei figli e ai miei nipoti, quasi per assegnare a ciascuno un punto di passaggio per la propria storia. Alla fine della ricerca mi accorgo che la vita di mio padre non è diversa da quella di altri imprenditori, solo che a me, che ho promosso e condotto la ricerca, interessava conoscere questa vita e questa personalità più di altre e per concretare la ricerca mi ha spinto e sostenuto una affettuosa curiosità"""". (Marco Venier)" -
Pensieri contagiosi. Ripensare la normalità nell'emergenza pandemica
"Pensavamo che tutto fosse alle spalle: e invece non era così. Non era così, non solo per le decine di migliaia di morti e il dolore di molti che non potevano essere un evento del passato (né mai lo diventeranno), e che non potevano essere solo un dolore privato. Non era così non solo perché la pandemia è tornata a farsi sentire, nei numeri dei ricoveri, negli ospedali - che significano morte e malattia, e non solo statistica -, nelle restrizioni alla nostra vita, nella percezione e nelle urla - costantemente strumentali - dei media. Non solo per questo, nulla era alle spalle: non lo era perché la pandemia ha imposto una serie di riflessioni che non possono essere eluse, e che ci vietano di pensare, per sempre potremmo dire, che sia, o sia stata, solo storia. Vivere la paura e la malattia, vivere un ricovero che diventava un distacco, senza più parole e comunicazione; comprendere cosa abbia significato affrontare la cura e la sofferenza, per pazienti, medici e infermieri, in condizioni mai viste; pensare a cosa sia stata la ricerca di fronte a una malattia che non aveva risposte - quando non c'era il tempo per fare ricerca e si dovevano dare risposte; pensare ai diritti venuti meno - in nome della vita, certo, ma comunque dentro lo stato di eccezione; ripensare alla normalità nell'eccezionalità; comprendere che le scelte sulla sanità, sulle risorse, sulla loro distribuzione, non sono un grafico da lasciare agli economisti ma la misura di quanto sia reale il principio dell'uguaglianza."""" Dalla prefazione di Mauro Angarano e Claudia Zilioli." -
Di male in peggio
"In attesa che il Sommo gli si manifesti per una resa dei conti, siccome per Paolo Boggi arrendersi non è un'opzione contemplabile e bisogna combattere fino all'ultimo, ecco che dà alle stampe questa nuova operetta morale dal titolo luminoso e intensamente positivista: """"Di male in peggio"""". Che nessuno osi prenderlo sul serio per carità, lui risponderà che non è «mica Tolstòj» e che se solo il garagista o la guardarobiera o il venditore di castagne dovessero incrociare il libretto e avere un lieve stimolo cerebrale lui si sentirebbe l'uomo più felice del mondo. Che poi con i libri non si sa come va a finire. Tra settant'anni con gli uomini smistati in una colonia su Marte (tutto made in Cina ovviamente) qualche studioso potrebbe interessarsi a questa testimonianza, una voce proveniente dall'«epoca Umana», nella quale Umano voleva ancora dire qualcosa"""". (dalla prefazione di Alessandro Di Lecce)" -
Piante e animali del mondo contadino bergamasco
Il libro prende in esame il rapporto che si è instaurato lungo i secoli tra l'uomo da un lato e le piante e gli animali che hanno accompagnato la sua esistenza, dall'altro. È un'incursione ricca di notizie di prima mano nel mondo tradizionale legato alla terra e ai suoi ritmi con frequenti richiami all'eco che questo mondo ha avuto nel campo della cultura popolare e della letteratura. Gli animali della cascina e delle sue pertinenze (la stalla, il porcile, il pollaio, l'aia) e i prodotti indispensabili del campo coltivato, dell'orto, del prato e del bosco sono i protagonisti di altrettanti capitoli che tracciano il profilo della vita quotidiana in un'epoca trascorsa ma non perduta, la cui eco è giunta sino a noi. Il frumento e il granoturco, il noce e il nocciòlo, il lino, il castagno, il gelso e il baco da seta, il fico, le patate, i cavoli, l'aglio, il sambuco e il corniolo, la clematide e il pungitopo, l'alloro e il salice, la vite Isabella; tra gli animali la vacca, la capra, l'asino, il maiale, il coniglio, la gallina e il gallo: sono alcuni dei temi del volume. -
Elvira
Bergamo una fredda mattina d'autunno del 1969, Elvira e Sebastiano si incontrano. È l'alba di quell'Italia sessantottina in cui era forte il desiderio di cambiare, ma anche quello di conservare. Tra loro si instaura, da subito, un profondo sentimento. Lei è una ragazza impegnata politicamente, contrastata dalla sua ricca famiglia borghese. Lui approva le sue idee, ama la musica, ma non quanto ami Elvira. E proprio mentre decidono di vivere insieme lei scompare misteriosamente. -
88
Il romanzo narra le vicende di quattro personaggi che scappano da diverse situazioni, dai vivi e dai morti, percorrendo l'unica strada possibile che è quella dell'amore. -
Corona virus
"Mario Rondi, poeta e scrittore """"bergomensis natione non moribus"""", da tempo corteggia una Musa satirica nel suo senso più etimologico di """"mista"""" e mescidiata di umori diversi e contrastanti, che dagli esordi molto sperimentali, volti all'esplorazione del linguaggio, con 'Corpo & poesia' del 1979, s'è andata negli anni progressivamente convertendo verso una rappresentazione sempre più attenta alla molteplicità delle occasioni private e pubbliche della vita: dai tormenti autoreferenziali dell'io, più o meno dolente e perplesso (penso a 'Il nastro della fuga') a una sorta di """"celebrazione"""" e messinscena giocosa ed """"eroicomica"""", ai limiti del burlesco e grottesco, quale è quella che si registra nelle raccolte più recenti (a cominciare da 'Il mondo alla rovescia' e via via a 'Cabaret', fino a 'Un mondo di stramberie'), come a dire che ha riversato nella scrittura, non solo in versi (è autore anche di notevoli prove narrative), tensioni e pulsioni personali per approdare a una visione della vita, metaforicamente trasposta sub specie animale e vegetale nel grottesco sulfureo di questo irridente, medioevale triumphus Mortis"""". (dalla prefazione di Vincenzo Guarracino)" -
Una fiaba bergamasca. Ediz. illustrata. Vol. 4: Grappa.
«A volte il mondo decide cosa fare e noi restiamo a guardare. Non possiamo che stare a guardare, ad assistere, agli avvenimenti del mondo. E così, quelle volte, noi esseri viventi ci rendiamo conto che non siamo padroni del mondo, ma che siamo solo suoi ospiti.» Inizia così il quarto, e forse ultimo, volume di ""Una fiaba bergamasca"""", le vicende di Boculina, cucciolo di pastore bergamasco, e delle sua simpatica famiglia, scritto in terra di Sardegna mentre Bergamo combatteva un feroce nemico. Una fiaba bergamasca è una fiaba per bambini, scritta da Rumi Nicola Crippa e illustrata da Giulia Diani, i cui disegni sono tutti da colorare. Età di lettura: da 4 anni."" -
Fiabe al dritto e al rovescio. Le storie che mi è capitato di vivere, le fiabe che avrei voluto ascoltare
Collages di Mariella Bettineschi. Le bellissime fiabe che Caterina Zanotti ha scritto in questo libro sono l'esito di un'elaborata tessitura di pensieri e d'immaginazione in cui sono messe a confronto storie vissute e fiabe cariche di pathos, fiabe che l'autrice avrebbe desiderato ascoltare nell'infanzia. Credo che l'autrice non abbia usufruito di questo ascolto che spetterebbe a qualunque bambino, ma, nonostante la mancanza di narrazioni sospirate, Caterina Zanotti è stata capace, grazie a un talento innato, di creare in modo originale, nuove storie che coinvolgono emotivamente il lettore dall'inizio alla fine. Si tratta di sei fiabe accompagnate da ricordi di vicende centrali nella vita dell'autrice. Consiglio a ogni lettore di dare particolare attenzione al titolo di ogni fiaba poiché, nel profondo, non sono staccate l'una dall'altra ma sono legate da un fil rouge che parte da elementi dolorosi e talora traumatici per raggiungere, attraverso percorsi travagliati e incrociati, la speranza e da qui la possibilità di amare ed essere amati. Ogni fiaba è caratterizzata da una svolta che cambia il destino degli sventurati protagonisti e ciò rispecchia i cambiamenti che l'autrice ha attraversato non solo per destino ma anche per tenacia e desiderio di essere. Non entro nei contenuti delle fiabe per lasciare al lettore la curiosità della scoperta ma credo che gli elementi che maggiormente caratterizzano i protagonisti sono la capacità di attendere, quindi la pazienza, e un desiderio di operare un passaggio dal rischio di una gelida chiusura alla spinta verso un caldo e affettivo accoppiamento. Mirta, (Clo)tilde, Celeste, Carlotta, Costanza sono figure emblematiche di prigioniere rinchiuse in gabbie solitamente dorate impregnate di una sofferenza mortifera, ma sono anche eroine tenaci nella ricerca di ""cambiare vita, o meglio, di avere una vita"""" (p. 100) come dice Carlotta nella fiaba il Mago Alarì. Cinque protagoniste alle prese con il proprio corpo, con i propri sensi, con la propria femminilità, con un materno impietoso, ma dove la presenza di una funzione edipica consente loro di accogliere un maschile favorendo la possibilità di creare una relazione vitale e amorosa. Il sesto protagonista è invece Sisifo, espressione della ripetizione infaticabile ed estenuante, travagliato dalla persecuzione della morte, costretto a """"un viaggio sempre uguale che gli serviva per riempire il vuoto che, a volte, saliva dalle viscere e dal cuore"""" (p. 141). Caterina Zanotti rivisita e rielabora un mito tragico ma, anche in questo caso, si sofferma su una visione creativa e personale in cui """"dalla roccia informe compare la testa di un bimbo"""" (p. 148). Il destino di Sisifo è quello della morte ma, dove l'approdo alla morte si fa dolce, tollerabile, accettabile, come ben si evidenzia alla fine del racconto, a fronte dell'angoscia e del terrore della fine. Mi sono chiesto più volte perché l'autrice abbia introdotto quest'ultimo racconto sull'inevitabile caducità dell'esistenza, che sembra apparentemente molto dissonante rispetto alle altre fiabe. Credo che la ragione sia questa: nelle prime cinque fiabe l'autrice ha potuto trasmettere quanto sia meraviglioso e stupefacente poter approdare alla pienezza della vita, dopo aver attraversato perigliosi e dolorosi... -
Il papà non è un cretino... è solo molto sfortunato
In questa divertente raccolta Alberto Mazzoleni narra con sincerità e autoironia il suo personale punto di vista su tanti episodi che lo hanno visto protagonista alla guida di mezzi di trasporto ""su gomma"""". A partire dai primi anni di età, a cavallo di biciclette, fino a giorni più recenti, al volante di automobili, i suoi racconti esprimono tutta la """"rombante"""" passione e talvolta la """"calcolata"""" incoscienza nell'affrontare situazioni che fortunatamente non hanno causato alcun danno a persone terze. La simpatia va subito ai genitori dell'autore, che spesso hanno raccolto i """"rottami"""" ma che non hanno mai smesso di credere in lui, consegnandoci ora """"un utente della strada attento, prudente e, finalmente, fortunato""""."" -
Il trombetta. Il mezzopoeta. L'aspirante secretario. Tra Bergamo e l'Europa del XVI secolo
Quando anni fa mi sono imbattuta nel manoscritto MAB6 (già Delta 2.3), conservato nella Biblioteca Civica A. Mai di Bergamo, schedato come Libro/viaggio, non immaginavo che mi sarei trovata di fronte a una sorta di giallo letterario del XVI secolo, né che mi sarei dovuta destreggiare tra episodi della storia dell'Europa del Cinquecento e vicende minori in cui furono coinvolti tre bergamaschi. Sin dall'inizio la lettura del manoscritto mi ha coinvolto facendomi sentire dentro un gioco di scatole cinesi, ricco di fughe in avanti e di ripiegamenti. Dalle carte di quel piccolo codice affiorano i grandi protagonisti del secolo, ma non emerge alcun legame tra loro e un autore, perché il manoscritto di Bergamo è anonimo. Il lungo titolo alla carta 1 che apre il testo, quasi fosse un indice, recita tutti gli argomenti narrati. Stupisce, e sembra impossibile, che un 'libretto' di modeste dimensioni riesca a contenere una storia intensa, drammatica, violenta e nello stesso tempo frivola e festosa, attraversata dai suoi interpreti in soli quindici anni (1548-1563). Tanta ricchezza di contenuti, tante narrazioni mi affascinano, inevitabilmente mi incuriosiscono e spingono a cercare informazioni, innanzitutto sul manoscritto: come e quando è arrivato in Biblioteca? A chi apparteneva? Queste domande a tutt'oggi non trovano risposta. Significa che nessuno si è mai imbattuto in esso? Da una parte questo silenzio può scoraggiare, dall'altra aumenta il desiderio di saperne di più. Se non conosco chi l'abbia scritto, posso cercare di sapere chi faccia parte della storia in esso narrata. Per prima cosa (e ci metto molto tempo) trascrivo il codice. Quando, infine, leggo di fila la trascrizione è come se iniziasse un mio personale viaggio per conoscere quei grandi nominati nel Libro, quelle vicende che hanno arroventato gli anni in questione, quelle storie minute, ma non marginali, di gente comune, quella visione delle città europee, quei paesaggi attraversati, le montagne, i mari, i fiumi... Sin dalle prime carte compare un personaggio che nel titolo del manoscritto non è nominato, ma che nella storia narrata riveste un ruolo straordinario, il Principe Vescovo di Trento. Per caso, cercando la bibliografia su di lui, mi imbatto nello studio ""Il viaggio in Spagna del Cardinale Cristoforo Madruzzo (1548) nella Cronaca di Cerbonio Besozzi"""", studio pubblicato a Trento nel 1962. Quale viaggio? Indago presso la Biblioteca trentina, mi dicono esserci altri studi, pubblicati alla fine del XIX secolo e durante il Novecento, tutti basati su un manoscritto che è conservato nella Hof und Staatsbibliothek di Monaco di Baviera. Quale manoscritto? La mia ricerca incontra le """"Fontes Rerum Austriacarum, Österreichische Geschichts-Quellen"""" e lo studio pubblicato nel 1904 su un manoscritto conservato in Germania e conosciuto come Die Chronik des Cerbonio Besozzi. Cosa è, cosa racconta quella """"cronaca""""? Chi è l'autore? Riesco a farmi inviare la copia digitale del manoscritto di Monaco, il 330 it, schedato come codice cartaceo del XVI secolo. Dal confronto mi rendo conto che l'esemplare (più elegante dal punto di vista formale) è identico nel contenuto a quello di Bergamo, ma con una differenza sostanziale:... -
Sulle tracce di Gianmaria Scotti, nobile patriota del Risorgimento. Inchiesta storica sulla gioventù del Quarantotto: luoghi e ideali
Partendo dall'osservazione dei ritratti di Gianmaria Scotti e della sua famiglia, Mimma Forlani ha ricostruito, grazie a interviste e ricerche in archivio e sul campo, la vita del nobile patriota, colto nei luoghi in cui ha vissuto (Ponte San Pietro, Bergamo, Pavia, Milano, La val di Non, Mozzo) negli incontri che lo hanno segnato, nella cultura letteraria e musicale ricevuta e fatta propria. Le idee, frutto dello spirito dei tempi e dei luoghi, si sono trasformate in ideali per i quali mettere in gioco la propria vita, come avvenne nel marzo-aprile del 1848 durante la sua spedizione in Trentino nel ruolo di capitano della terza compagnia della legione civica di Bergamo e nel novembre 1853 allorché venne incarcerato e condotto nella prigione di San Giorgio a Mantova. La storia di Gianmaria Scotti è raccontata non come un assolo solitario ma come una voce nel coro della generazione del Quarantotto che con baldanza ed entusiasmo giovanile ha impugnato le armi, combattuto, gioito e cantato per le vittorie e sofferto per le sconfitte fino a giungere alla realizzazione del proprio sogno: la liberazione e l'unità d'Italia. Conclusa la fase eroica lo Scotti, con alcuni altri, operò con entusiasmo e sagacia come amministratore nelle istituzioni comunali e provinciali dello stato nascente. Prefazione Carlo Salvioni. Introduzione Duccio Balestracci. -
Storia in scatola. Eventi, personaggi, economia, ideologia
L'invenzione della latta, sottile foglio d'acciaio rivestito di stagno, ha origini antiche, che affondano le radici nel tardo XIII secolo, in Germania, dove la produzione prese avvio grazie alla presenza di ricchi giacimenti di ferro e stagno; per la capacità di non opacizzarsi e di resistere all'azione degli acidi naturali, senza alterare i sapori, fu ampiamente utilizzata per creare attrezzi e recipienti da cucina. Dalla metà del Settecento, l'Inghilterra investì nello sfruttamento delle miniere stannifere in Cornovaglia, giungendo nell'ultimo quarto del secolo successivo a detenere il primato nel settore. In virtù di un sistema brevettato nel 1810 dal londinese Peter Durand, sviluppato due anni più tardi a livello industriale da John Hall e Bryan Donkin, applicando le tecniche precedentemente sperimentate da Nicolas Appert, la banda stagnata trovò largo impiego nella realizzazione di contenitori ermetici per conserve alimentari. In Italia, solo nell'ultimo decennio del XIX secolo comparvero i primi produttori di latta, fino ad allora importata da Germania e Inghilterra. Di lì a poco, si affacciarono sul mercato italiano anche le prime aziende specializzate nella lavorazione di questo materiale, adatto a salvaguardare i prodotti dall'umidità, avviando la produzione di scatole destinate a una vasta gamma di alimenti, ai tabacchi, ma anche al packaging dell'industria farmaceutica o di altri beni d'uso quotidiano. La tecnica della cromolitografia su metallo consentì di animare i contenitori di illustrazioni pubblicitarie sempre più varie e colorate per attirare l'attenzione del consumatore. In breve tempo, le confezioni di latta entrarono in migliaia di esemplari nelle case degli italiani. -
Dentro il teatro. I palchisti tra teatro Riccardi e teatro Donizetti
In principio si chiamava Teatro Riccardi, come il carismatico impresario che lo aveva costruito, e dal 1897 è per tutti il Teatro Donizetti. Da oltre due secoli non è solo un contenitore di spettacoli oppure un edificio che segna il volto della Bergamo Bassa, è piuttosto parte dell'identità stessa della città, spazio di una storia collettiva. Le complesse vicende che nel tempo hanno animato la vita del Teatro Donizetti hanno preso forma grazie all'impegno, ai contrasti, alle idee dei cittadini più illustri che si sono sempre sentiti chiamati in causa rispetto alle decisioni per esso più significative, segno dell'importanza che al Teatro ininterrottamente è stata assegnata. Non va nascosto il perenne contrasto tra i proprietari di palco e le diverse proprietà, così come tra i palchisti e gli impresari fino al 1938 quando il Teatro passò definitivamente sotto la gestione del Comune di Bergamo. A documentazione di tutto questo resta il lavoro di Ermanno Comuzio che nel 1989 ha dato alle stampe Il Teatro Donizetti. Due secoli di storia: un volume costruito sulla verifica delle fonti, la conoscenza diretta degli ambienti, la dedizione di una vita al teatro. Questa pubblicazione dedicata all'Associazione Corpo Palchisti Teatro ""Gaetano Donizetti"""" si è proposta di mettere a fuoco soprattutto gli accadimenti più recenti e raccontare gli aspetti legati al costume, alla beneficenza, alla vita della città e dei suoi protagonisti. Fonti inedite e indispensabili sono state le testimonianze dirette di alcuni membri della stessa Associazione che hanno aiutato nella selezione degli eventi più importanti portando in luce il racconto diretto e accattivante di episodi, profili, relazioni cittadine che nel tempo avrebbero rischiato di perdersi. Ecco allora irrinunciabili la documentazione sui Balli della Croce Rossa che si tenevano nella sala del Donizetti a Carnevale e la correlata festa in costume organizzata per i bambini, i ricordi della grande inaugurazione del 1964 con il Teatro rinnovato, il cambiamento dei costumi e dell'offerta avvenuti nel tempo e la grande rivoluzione portata dal Festival Jazz. Tra i ricordi si ritagliano spazio figure originali del tempo quali, certamente, il maestro Gianandrea Gavazzeni, ma anche l'immancabile maestro Aldo Sala, i personaggi carismatici delle grandi famiglie proprietarie di palco e - più nascoste - figure testimoni della loro raffinata vita quotidiana dalle sarte, ai maestri, al personale di casa. Emerge il ruolo delle grandi signore tutte, sempre, elegantissime. Davanti ai nostri occhi sfilano donna Letizia Saviane Venier, donna Ninì Scotti Guffanti, donna Marina D'Amico Finardi, donna Wanda Bertelli Guadalupi, Lilian Tadini Pandini e ancora Maria Teresa Monzini insieme a tante altre. Sicure nel tessere relazioni, animare feste, perfettamente a loro agio tra le regole e i codici della società, animatrici attive di numerosi avvenimenti benefici, guide per i figli. L'intero lavoro ha voluto dunque dedicare uno spazio organico, come mai era avvenuto, a una realtà associativa legata all'identità della città: un atto dovuto a chi nel tempo ha vissuto """"Dentro il Teatro """"come protagonista della vita bergamasca."" -
In viaggio a Bergamo, la città delle porte-Discovering Bergamo, the city of doors
Quante volte siamo salite fin da piccole in Città Alta, a passeggiare lungo la Corsarola la domenica, a mangiare un gelato, a camminare con le amiche lungo gli spalti delle Mura. E quante volte ci torneremo ancora! Siamo da sempre legate affettuosamente alla nostra città, alla sua bellezza e alla sua storia, ma dal 2020 che ricorderemo per sempre, se possibile lo siamo ancora di più. Bergamo ormai è nota in tutto il mondo. Si è presa il suo spazio, seppur triste e amaro: ma è proprio per questo che pensiamo sia giunto il momento di spalancare le sue porte, di mostrare la sua anima più profonda, le sue stradine strette, i suoi affascinanti portoni, le sue piazze nascoste, il suo cuore più grande. Per questo abbiamo unito le nostre idee, le nostre conoscenze e le nostre professioni e abbiamo creato un racconto che, ne siamo certe, aiuterà i viaggiatori a sentirsi ""a casa"""" nella nostra città. Abbiamo girato la chiave nella serratura di sette porte di Città Alta ed eccolo lì lo splendore: curiosità, segreti, storie appassionanti che siamo convinte potranno incuriosire anche i Bergamaschi, sempre più innamorati della loro meravigliosa città."" -
Il museo di Vivì
Un giorno, un piccolo uccellino di nome Vivì iniziò a volare alla ricerca delle parole più preziose al mondo, e volando qua e là le trovò negli animali che parlano senza aprir bocca... Età di lettura: da 3 anni. -
Restiamo umani. Diventare umanità
Il progetto di Public Engagement dell'Università di Bergamo dal titolo 'Restiamo umani': riflessioni, pratiche e suggestioni per una comunità che accoglie è stato pensato e finanziato in un tempo che oggi - nel 2021 - sembra un'altra era: quella del pre-Covid. Era il 2019, poco più di un anno fa, non tantissimo tempo, eppure... quel mondo ci sembra lontanissimo, un mondo altro, un mondo perduto che in troppi e troppe rimpiangono senza forse rendersi conto che le radici della tragedia sanitaria (e non solo), che stiamo vivendo ora, affondano anche negli stili di vita che caratterizzavano profondamente quel tempo agognato. Il virus ha reso esplicita, evidente, inequivocabile la vulnerabilità come condizione umana che tutti e tutte connota. Non che prima non lo sapessimo, ma ora appare più difficile far finta di non saperlo o negarlo e comportarsi come se l'esistenza di ciascuno/a di noi non fosse interdipendente e connessa a quella altrui. La nostra vulnerabilità e le nostre comunità ritrovate nella prima ondata dell'emergenza, tuttavia, hanno rischiato di farci dimenticare chi era già più fragile di altre/i e che lo è diventato ancora di più; un po' paradossalmente, inoltre, quell'esperienza ha rischiato di creare un ripiegamento sull''io', sul 'noi' escludente, di farci distogliere lo sguardo dalle diseguaglianze intersezionali preesistenti e dalle situazioni di estrema difficoltà che, al momento, paiono aver perso rilevanza, come messe in secondo piano o, addirittura, dimenticate: il riscaldamento globale, i conflitti nel mondo, le migrazioni, le morti nel Mediterraneo... per citarne alcune tra quelle che più 'scaldavano' i post progressisti nei social. La plurima chiusura che ha agito su diversi versanti - dal ripiegamento interno familiare alla sospensione del lavoro per molti e molte - ha invece acuito disparità già esistenti, alimentando il rischio di vere e proprie 'espulsioni'. Sul fronte globale ma anche nei nostri piccoli contesti. -
L' ala perduta
La ricerca dell'ala perduta condurrà la protagonista in un viaggio di formazione in cui incontrerà altri viaggiatori che l'aiuteranno a riconoscere le sue potenzialità e a liberare i suoi desideri. Un'ala. È come se ci mancasse un'ala. Alla nascita abbiamo due ali ma presto ne perdiamo una. Dovendoci adattare a un modo di vivere basato sulla mente logica, molti di noi perdono la capacità intuitiva, quella funzione che viene dalla parte più personale e profonda, che ci rende esseri unici e completi. E così, entro i tre anni l'ala della ragione è ben sviluppata ma abbiamo perso l'ala dell'intuito e non riusciamo più a muoverci agevolmente. Abbiamo imparato a camminare ma non riusciamo più a volare, siamo diventati esseri mancanti. Per decollare nella vita dobbiamo cercare l'ala mancante, bisogna presto trovarla altrimenti faremo solo piccoli voli sgraziati. Se si è fortunati può succedere di trovare dei partner che siano effettivamente speculari e abbastanza ben assortiti. Lui ha un'ala di mosca destra, lei un'ala di moscone sinistra. I due si tengono stretti e si accordano per ripiegare le due ali in modo sincrono per poter volare insieme. Capirete che due ali fanno comunque una certa fatica a sorreggere due corpi, e così il volo diventa faticoso e dopo un po' finisce... -
Dalle insurrezioni alle istituzioni. Giovanni Battista Camozzi Vertova a Bergamo tra 1848 e 1871
Impegno civico è il Leitmotiv intorno al quale ruota il volume di Fabrizio Costantini. Da un lato esso ricostruisce le vicende personali e politiche di un uomo del Risorgimento che dedica la propria vita al bene pubblico, dall'altro il libro è il frutto concreto di una rete virtuosa di collaborazione tra il Comune di Bergamo e le principali realtà culturali cittadine per la promozione della ricerca storica sull'operato del primo sindaco della città. Impegno civico del fare memoria, dunque, a partire dalla sollecitazione della professoressa Mariella Tosoni dell'Associazione Storica Dalminese, che, in una lettera del 1° marzo 2017, richiamava l'attenzione sulla necessità di dedicare alla figura di Giovanni Battista Camozzi Vertova uno studio approfondito in previsione del bicentenario della sua nascita. La memoria di Giovanni Battista da sempre è un po' offuscata dalla fama del fratello Gabriele, ricordato anche nella toponomastica cittadina e a questo bisognava porre rimedio. L'invito è accolto dal Comune e dalle istituzioni di cultura locale che danno vita a un tavolo di confronto con un duplice intento: la ricognizione delle fonti conservate nei diversi archivi legate all'operato di Giovanni Battista e la promozione di uno studio in merito. Al tavolo partecipano, oltre al Comune di Bergamo, al Museo delle storie e all'Associazione Storica Dalminese, la Fondazione Accademia Carrara, l'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti, l'Archivio di Stato, la Biblioteca Civica Angelo Mai, il Comitato locale della Croce Rossa, il Museo Civico di Scienze Naturali Enrico Caffi, l'Università degli Studi di Bergamo e le Associazioni degli Amici della Biblioteca Civica Angelo Mai e del Museo storico. In ciascuna di queste realtà istituzionali Giovanni Battista Camozzi Vertova ha dato il suo contributo e lasciato traccia di un variegato impegno: oltre a quello di combattente e sostenitore del Risorgimento e al suo ruolo di senatore del Regno, quello di attento amministratore locale, di uomo di cultura nelle principali realtà cittadine e anche quello in ambito sociale, come presidente della sede locale della Croce Rossa. La sua concezione politica, da intendersi nel senso più ampio e completo del termine di ""uomo attento alla polis"""", è racchiusa in un suo testo autografo, conservato tra le carte dell'archivio documentario del Museo delle storie di Bergamo, per un discorso tenuto in occasione della permanenza di Garibaldi a Trescore nel maggio 1862: """"Non sono i soli fasti guerreschi che costituiscono le grandezze di un popolo, ma lo stabilirsi di quelle libere istituzioni che valgono a sviluppare tutti quegli elementi d'intelligenza, di moralità, di ricchezza, e di forza, di cui un paese può essere suscettibile. Ora fra i mezzi che più sensibilmente servono a questo scopo, s'offre potentissimo quello dell'associazione. L'uomo isolato non sente, né pensa come l'uomo riunito a altri uomini, e quel pensjero collettivo necessario all'ordine, al progresso della società [...], non avrebbe vita, laddove il principio d'associazione fosse proscritto. Né le idee avrebbero il loro pieno sviluppo se l'uomo non potesse liberamente ad altri manifestarle [...] Pertanto invece a vivere di vita collettiva, associata, l'uomo non può più vedere il suo vantaggio... -
Maurizio Mazzoleni. Toccare il cielo con un mito. Oratorio di San Lupo. Ediz. illustrata
In quindici anni di attività espositiva (dal 31 ottobre 2007) l'architettura anomala e vagamente sinistra di San Lupo ha visto passare una ventina di artisti. Qualcuno di essi anche particolarmente celebrato. Altri di prestigio più circoscritto. Ma tutti seriamente impegnati sul piano di una ricerca dai valori indiscutibili. Nessuno, nemmeno i più grandi, ha preso alla leggera uno spazio che può divorare chiunque lo affronti con sufficienza. Ciascuno tuttavia gli ha fatto fronte con energie proprie e armi creative ogni volta encomiabili. L'umiltà non inibisce, socchiude le porte del possibile. Maurizio Mazzoleni immaginava da anni questa sfida, circospetto e silenzioso frequentatore degli agonismi andati in scena in questo luogo, mettendo pazientemente a punto i dettagli di una intuizione subitanea, tenuta in serbo nel tempo e divenuta volontà esplicita al momento giusto. Solo visto questo prisma finalmente innalzato si sono potute comprendere le parole, indefinite e quasi oracolari, che cercavano di farlo presagire nei prodromi della sua realizzazione. La sua impressione di saldezza e insieme di slancio danno ragione della caparbietà con cui è stato concepito fin dal principio. Il suo artefice giura di avervi immesso i suoi ricordi di infanzia, quando da bambino si arrampicava sugli alberi o su qualche colonna di chiesa, pieno di soggezione per certe altezze che fanno venire voglia di essere scalate. Spunta così questa torre di babele per San Lupo, da vecchi giochi trasformati in invenzione, sbocciata dal pavimento come un gigantesco vegetale che cerca la luce e porta con sé tracce di terra divenute segni. Del famoso mito biblico che la ispira, non sembra conservare granché, se non questa impressione di molteplicità raccolta nell'unità di una spinta ascendente, una congerie di figure che solo nel loro insieme possono apparire indiscernibili, mentre uno sguardo attento le può notare tutte uniche, nuove, irripetibili. Dalla prefazione di Giuliano Zanchi.