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Feuilletons
Uomo politico, letterato e giornalista di altissimo livello, Theodor Herzl, l'ideatore del Sionismo, fu dal 1891 al 1895 corrispondente da Parigi della ""Neue Freie Presse"""" di Vienna, il quotidiano allora più importante dell'impero asburgico, inviando periodicamente al giornale, oltre alle comuni notizie, dei """"Feuilletons"""". Nel 1895 Herzl tornò a Vienna e divenne redattore delle pagine culturali dello stesso giornale, continuando a scrivere con assiduità i suoi articoli, che egli scelse e pubblicò in due volumi nel 1904, pochi mesi prima della morte. La traduzione e cura di tale scelta costituisce una novità di rilievo, non solo per la bellezza e la finezza letteraria degli scritti, che spaziano dalle notizie politiche dell'epoca a racconti di fatti e situazioni umane e sociali, ma anche perché pochissimi, in Italia e all'estero, conoscono questi articoli, ignorando così le straordinarie e specifiche qualità di giornalista e di sensibile e umanissimo osservatore del mondo circostante del fondatore del Sionismo."" -
Le lucciole nella bottiglia. Il mondo di Umberto Piersanti
Pochi poeti hanno saputo esprimere, come Umberto Piersanti, il miracolo della vita - la vita come gioco di forme, luci, colori, come palpito di carni e di anime, come incanto di foglie, fiori, alberi e colline - sullo sfondo di quelle minacce che si agitano di continuo dagli scenari oscuri della Storia, del tempo, della realtà. Per quanto tesa alla bellezza, la vita è sempre sull'orlo dello sgretolamento e del nulla come un dono prezioso e fragilissimo. Innumerevoli ombre, malattie, guerre - o anche solo l'immensa forza del tempo - sovrastano il bisogno degli uomini di sentirsi liberi, di respirare all'unisono con il fruscio delle erbe e il ruotare dei cieli, di abbandonarsi al battito dei sensi, di gustare i sapori terrestri e, attraverso tutto ciò, di rinnovare senza fine la fiamma della propria anima. Ma solo in apparenza, o per momenti che paiono lunghi come secoli, e che poi, un giorno, dilegueranno come larve o volute di fumo, la Realtà può trionfare su quel sogno immortale che è la vita. Questo sogno è più forte di ogni cosa, per quanto, allo stesso tempo, fragile come le lucciole che, in un gioco infantile, il poeta chiudeva in un fiasco per liberarle poi come scie di luce, pulviscoli di stupore, filamenti di piccole stelle. Ripercorrendo tutte le raccolte di versi e i romanzi di Piersanti, Paolo Lagazzi ritrae le linee, gli spazi e i riverberi di una tra le opere più originali del secondo Novecento italiano. Completa il libro un testo inedito del poeta. -
Una stanza piena di giocattoli
Bambole, soldatini, treni, orsacchiotti e robot sono i protagonisti di questo affascinante viaggio nel mondo del gioco e dell'infanzia, in cui i giocattoli prendono vita per popolare una moltitudine di scene vecchie e nuove, familiari e inusitate. Le loro gesta animano lo spazio ora confortevole e protetto, ora angusto e solitario, della stanza da gioco, moltiplicandolo in scenari potenzialmente infiniti, dal campo di battaglia al castello incantato, dalla fattoria alla casa di bambola. Sovrani assoluti di questo regno sono i bambini, gioiosi tiranni che dispongono a piacimento dei propri balocchi, ma anche ignare marionette in preda ai capricci dei grandi. E ai bambini che un tempo eravamo e che ancora siamo si rivolge la voce narrante, che ci accompagna in questa terra di sogno per mostrarci l'inesauribile magia dei giocattoli. -
Non posso tradurre il mio cuore. Lettere 1924-1940
La corrispondenza intercorsa dal 1924 al 1940 tra Rabindranath Tagore e Victoria Ocampo costituisce la testimonianza - finora inedita in italiano - di un'esperienza emotiva e intellettuale irripetibile. La colta e orgogliosa Victoria, appartenente per censo all'oligarchia di Buenos Aires ma precoce e sensibile lettrice del celebre ""Gurudev"""", lo incontrò durante una breve tappa forzata in uno dei molteplici tour mondiali del poeta: per due intensi mesi, dal novembre 1924 al gennaio 1925, la Ocampo ospitò nella villa di Miralrio Tagore convalescente e il suo giovane segretario inglese. Queste sessanta lettere scolpiscono tutte le fasi del rapporto tra l'anziano ma carismatico Maestro e la giovane """"discepola"""", allora agli esordi della sua attività intellettuale e mecenatesca. Victoria si infiammò per Tagore di una subitanea passione mistico-erotica. Il poeta, dapprima intento a sublimare il fascino dell'adorante """"carceriera"""", sarà poi fermo nel ribadire la libera priorità della sua vocazione spirituale e creativa, pur rimpiangendo l'Eden perduto di Miralrio e la sua """"Vijaya"""". Questo epistolario, dal ricco sfondo storico-culturale, offre al lettore un singolare e prezioso ponte sospeso tra Oriente ed Occidente, di cui entrambi i protagonisti identificavano il fondamento nella """"fame di unità""""."" -
La parola è per metà di colui che parla... Conversazioni con Gérard Macé
Chi può spiegare Starobinski meglio di Starobinski stesso? Chi, meglio di lui, può farci entrare nella vastità della sua ricerca? ""La parola è per metà di colui che parla..."""" è il risultato di cinque conversazioni fra Gérard Macé e Jean Starobinski, andate in onda su France Culture nel 1999. Dieci anni dopo, i due amici scrittori hanno rielaborato scrupolosamente i loro dialoghi con l'obiettivo di pubblicarli: le domande precise di Gérard Macé, le sue considerazioni che rivelano una conoscenza appassionata dei testi del grande critico, si alternano alle risposte puntuali di Starobinski che traducono il carattere """"polimorfo"""" del suo sapere. La citazione iniziale di Montaigne che dà il titolo al libro: """"La parola è per metà di colui che parla e per metà di colui che ascolta"""", diventa allora illuminante. La parola è movimento, è uno scambio che produce ricchezza, e il """"pensare in società"""" di cui parla Starobinski rispecchia la grande generosità intellettuale che questo immenso critico ha dimostrato durante tutta la sua carriera di insegnante e di scrittore. Il volume permette, sia al profondo conoscitore dell'opera di Starobinski, sia al lettore meno assiduo, di addentrarsi nel """"dedalo"""", come lo definisce Starobinski stesso, della sua opera."" -
Precorrimenti e anticipazioni. Rubriche sul «Caffè» 1959-1969 e altri testi presentati e tradotti
Con questo volume si presenta per la prima volta la produzione di uno fra gli uomini di lettere più segreti, appartati, del secondo dopoguerra del Novecento, Giancarlo Scorza (1922-1987). L'aver vissuto tutta la vita nella sua città d'origine, Pesaro, come bibliotecario, lontano dai crocevia nevralgici della cultura italiana di Roma, Milano, Torino, non gli ha impedito di intrattenere rapporti di lavoro con personalità di vaglia della critica e dell'editoria, da Anceschi a Scheiwiller a Vicari, il quale ultimo ha aperto la testata del ""Caffè"""" alle sue collaborazioni dal 1959 al 1969 come traduttore e saggista. Di un tale traduttore e critico-lettore raffinatissimo si presentano i preziosi saggi di traduzione che precedono spesso (come nel caso di Christian Morgenstern, Raymond Queneau, Robert Musil, Ezra Pound, Ernst Bloch, Theodor Adorno, Michail Bachtin) altre celebri traduzioni riguardanti i medesimi testi portati, negli anni successivi, alla gloria da autori più esposti alla fama. In pari, il libro riunisce la serie delle rubriche sulla letteratura umoristica internazionale che l'autore ha realizzato per la rivista di Vicari. Il volume è curato da Luca Cesari, """"specialista di queste rarità letterarie"""", ha detto una volta Carlo Bo di lui, già autore di compilazioni analoghe per queste edizioni (Ezra Pound, Carte italiane 1930-1944, 2005)."" -
Intanto rimaniamo uniti. Lettere ai figli
Questo volume presenta un'ampia selezione delle lettere, per la gran parte inedite, scritte da Sigmund Freud a cinque dei suoi sei figli (è esclusa Anna, l'unica che non si sposò e seguì le orme del padre, diventando psicoanalista a sua volta), inquadrandosi in quel tragico scorcio temporale che va dallo scoppio della prima guerra mondiale al precipitare degli eventi alla vigilia della seconda. La sensibile e intelligente partecipazione del padre della psicoanalisi alle piccole e grandi vicende di figli, generi, nuore e nipoti; il suo e il loro personale coinvolgimento in eventi epocalmente traumatici; la fitta rete di relazioni in cui Freud si muove da protagonista e insieme da spettatore e commentatore: questo lo sfondo su cui si esprime, nelle lettere ai figli, un pensatore la cui modernità non finisce ancora di stupire, e che qui si presenta - per mezzo di una scrittura deliziosa, pervasa ora da affettuoso umorismo ora da pessimistica rassegnazione - nell'inedita veste di generoso patriarca e di padre premuroso. La raccolta, frutto dell'accurato lavoro di un team di studiosi guidati dallo storico della psicoanalisi Michael Schröter, presenta concise ma esaurienti biografie di Mathilde, Martin, Oliver, Ernst e Sophie Freud ed è corredata da un ampio apparato che comprende, oltre alle note, una cronologia, una bibliografia e l'albero genealogico della famiglia Freud. -
Lettere a Ibis
Scritte nove anni prima di ""Le condamné à mort"""", libro d'esordio di Genet, queste lettere conducono alla scoperta di un giovane ventitreenne che, nei caffè di Montparnasse e del quartiere latino di Parigi, frequenta artisti e intellettuali e si lancia nell'agone letterario proponendo un articolo a una piccola rivista, """"Jeunes"""", fondata e diretta da una sua coetanea, Ibis. Donna libera e appassionata, Andrée Plainemaison, alias Pragane, alias Ibis, si interessa di teosofia e di pittura, di danza e letteratura, ma soprattutto introduce Genet nella cerchia dei suoi giovani amici letterati. La corrispondenza tra Jean e Ibis costituisce un'inestimabile testimonianza sul Genet degli anni Trenta - quando il futuro scrittore si arruola nella Legione straniera, scopre Damasco e l'Atlante marocchino, diserta e vaga attraverso mezza Europa -, cruciali per la sua formazione. Ma queste lettere anticipano anche i temi principali dell'opera futura. Genet, poco più che ventenne, possiede una spiccata consapevolezza del suo stile e preannuncia la sintassi ricca e complessa che gli sarà propria - """"non arriverò mai a scrivere in modo semplice"""" afferma già nel 1933 - mentre, parallelamente, esplicita le sue ambizioni con una buona dose di ironia: """"In futuro - dice - scriverò prose incandescenti fra i roseti e rigogliose terzine tra le sabbie ardenti""""."" -
Gli angeli di Cocteau. Lettere 1946-1954
A Sanremo, alla fine della guerra, il diciannovenne Sergio Ferrero conosce Federico Almansi, il ""celeste scolaro"""" protagonista dell'ultima stagione della poesia di Saba, e attraverso di lui entra in contatto con il poeta. Inizia così una corrispondenza che copre quasi un decennio (gli anni della maturazione di Ferrero e quelli del definitivo decadimento di Saba), in cui voci e ruoli appaiono da subito interscambiabili. Il giovane cerca rassicurazioni nel maestro; il """"maestro"""" che tale non si è mai sentito, prigioniero della Trieste che ama e odia, ha bisogno di respirare l'aria fresca della giovinezza. Tra i due fa continuamente capolino la figura di Federico, con il sogno di un futuro nella letteratura ma anche le prime avvisaglie della malattia mentale che di lì a poco lo annienterà. Un carteggio che si legge come un romanzo, pieno di micro racconti esilaranti: il furto di una copia del """"Canzoniere"""" architettato da Saba nella sua stessa libreria, la correzione delle bozze in un fumoso bar-biliardo nei pressi della stazione Centrale di Milano, un'arcadica lettura di poesie nei boschi con ragazzi arrampicati sugli alberi. Il tutto corredato da una prefazione, scritta da Ferrero ottantenne con la penna felice ed esatta di tanti suoi romanzi, che ci consegna un'immagine inedita e segreta di uno dei maggiori poeti del Novecento. Postfazione di Basilio Luoni."" -
Un filo d'acqua per dissetarsi. Lettere 1949-1969
Due grandi poeti dialogano in un carteggio che, iniziato nel 1949, s'interrompe nel 1969. Sono Giuseppe Ungaretti, poeta affermato e internazionalmente riconosciuto, e il più giovane Vittorio Sereni, che in lui vede il maestro e l'immagine stessa della Poesia. Affetto e stima, confidenza e fiducia reciproci costituiscono il filo profondo che lega le lettere, anche quelle che si riferiscono ad aspetti editoriali, assai interessanti nel rivelare cosa significhi per un poeta il credere fino in fondo nella propria opera e per un editore il saper essere attento e fedele all'autore in cui crede. -
Fine al tormento. Ricordando Ezra Pound. Con lettere a H. D. e «Il libro di Hilda» di Ezra Pound
"Fine al tormento"""" è un memoriale in forma di diario tenuto da H.D. (nome d'arte di Hilda Doolittle) nella primavera del 1958 e pubblicato solo vent'anni dopo in forma censurata. H.D. compie in queste pagine un affascinante viaggio nel passato, alla ricerca del suo rapporto con Ezra Pound, coetaneo, compagno di studi, amico del cuore e infine mentore letterario. Il viaggio avviene sotto la guida di un amico psichiatra e i flashback vivacissimi si alternano alle notizie del presente. Pound, che proprio in quei mesi termina la sua detenzione in un ospedale psichiatrico americano, legge queste pagine e ne resta commosso; scrive a H.D. alcune lettere in cui abbozza un'apologia della sua vita pubblica e privata. Ma ciò che prevale è l'affetto. """"Fine al tormento"""" -qui presentato nel suo testo integrale e ora corredato dalle estrose e affettuose poesie che Pound raccolse nel """"Libro di Hilda"""" (1907) - è il testamento di due vite affascinanti e di due tra le maggiori personalità creative del Novecento non solo americano." -
La città delle parole
Nella ""Città delle parole"""", che raccoglie le Massey Lectures tenute nel 2007, Alberto Manguel, acclamato scrittore, traduttore e fine bibliofilo, analizza l'uomo come entità individuale e sociale e si pone una domanda chiave: """"In fondo, perche stiamo insieme?"""" L'interrogativo appare più che mai lecito in un mondo nel quale la convivenza è ostacolata da profonde differenze etniche, politiche e religiose. Esaminando gli stretti legami tra lingua, letteratura e società, Manguel condude che """"la vita non è mai individuale, ma è incessantemente arricchita dalla presenza degli altri. L'identità del singolo richiede il suo opposto, in un costante sforzo di inclusione: per sapere chi è uno, dobbiamo essere in due""""."" -
A proposito di capolavori
Chi ha letto ""Enciclopedia capricciosa di tutto e di niente"""" ha già avuto modo di apprezzare lo stile originale e inconfondibile con cui Dantzig affronta l'argomento della sua indagine: rifuggendo anche qui dal trattato sistematico, l'autore cerca di definire il concetto di """"capolavoro"""" in letteratura (soprattutto, ma non solo, perché vengono chiamati in causa anche dettagli pittorici o sequenze cinematografiche) attraverso un'opera colta e briosa, composta di brevi capitoli, meditati e divertiti allo stesso tempo, in cui confluiscono analisi letterarie, squarci autobiografici, umorismo e passioni personali. Dispiegando la sua vivace erudizione, lo scrittore ci guida in una passeggiata fra le opere della letteratura cinese, greca, latina, francese, italiana, inglese, russa, portoghese, americana ecc. per mostrarci come definire un capolavoro sia operazione paradossale, poiché l'essenza del capolavoro è sottrarsi a ogni tentativo di definizione."" -
Le luci della quotidianità. Lettere sulla letteratura e l'omosessualità
Le lettere di Forster e di Isherwood sulla letteratura e l'omosessualità raccontano non solo una parte della vita e alcune delle opere dei due grandi scrittori, ma anche due storie d'amore e di devozione parallele seppur molto diverse, quelle fra ciascuno scrittore e il suo rispettivo compagno. Raccontano, soprattutto, l'evolversi di un'amicizia che ha inizio nei turbolenti anni Trenta del Novecento e vede i due scrittori confrontarsi con l'ascesa del fascismo in Europa e la minaccia di una guerra. Le lettere dei primi anni Quaranta contrappongono i mondi, straordinariamente differenti, nei quali Forster e Isherwood stavano vivendo: da una parte Londra e i suoi dintorni durante i bombardamenti aerei, dall'altra la California del Sud e la comunità di artisti e di scrittori lì esiliata. Le lettere scritte dopo la guerra, per quanto poco numerose, soprattutto dopo i primi anni Cinquanta, si soffermano su alcuni momenti significativi, come ad esempio il tentativo di Isherwood di trovare nei suoi romanzi una voce nuova che tratti i personaggi omosessuali con maggiore franchezza. La vita dei due scrittori in una società nella quale non era possibile dichiarare apertamente le proprie preferenze sessuali, è un tema presente in modo quasi impercettibile in tutti e tre i periodi in cui l'epistolario è diviso, anche perché entrambi sono reticenti a svelare i dettagli intimi delle loro relazioni. -
Archivio di voci. Incontri di teatro con M. Baliani, G. Bartolomei, A. Celestini, P. Delbono, M. Ndiaye, M. Ovadia, M. Paolini, L. Ronconi, S. Sartori, G. Scabia
Differenti percorsi si incrociano in una personale investigazione condotta tendendo l'orecchio alle parole di registi, autori, attori, narratori di storie e poeti che hanno arricchito di contributi essenziali la nostra cultura. Motivi esistenziali, retroterra umani dell'opera, considerazioni politiche e rivelazioni sul metodo e lo stile, tutto ciò che gravita attorno e rifluisce nella creazione teatrale, si compone nella polifonica voce di un unico piccolo ""Archivio"""", interamente rivisto e ampliato rispetto alla precedente edizione, che vuole introdurre il lettore a una visione, insieme autorevole e confidenziale, dell'arte di mettere in scena la vita."" -
Roberto Lepetit. Un industriale nella Resistenza
Roberto Lepetit (1906-1945), è stato un noto imprenditore milanese titolare dell'omonima ditta chimico-farmaceutica. Di sentimenti antifascisti, dopo l'armistizio frequenta l'ambiente del Partito d'Azione e organizza una rete personale di solidarietà con ebrei, ex internati e perseguitati politici: in questo ambito finanzia il Comitato di Liberazione Nazionale, lo rifornisce di medicinali prodotti dalla sua stessa azienda, organizza incontri clandestini nei suoi uffici. Il 29 settembre 1944 viene catturato dalle SS e imprigionato a San Vittore. Internato nel campo di concentramento di Bolzano, Lepetit vi svolge una preziosa attività clandestina, in contatto coi referenti milanesi, e riesce ad organizzarvi una farmacia interna. Deportato a Mauthausen nell'ottobre, viene destinato a lavori forzati che ne compromettono la salute e ne determinano la morte, avvenuta il 4 maggio 1945 nel sottocampo di Ebensee. Lascia la vedova Hilda e i due giovani figli Emilio e Guido. Hilda, appresa la morte del marito, raccoglie con meticolosa cura documenti e testimonianze. Questo materiale, insieme ad ulteriori fonti (scritte e orali) sull'esistenza e sull'attività dell'imprenditore milanese, costituisce il retroterra della ricostruzione biografica, restituendo il quadro di un'avvincente storia aziendale, sociale e politica che vede recuperata la memoria di un ""eroe borghese"""", un filantropo che ha anteposto l'idealismo ai propri interessi familiari ed economici."" -
The New Yorker. Lo humour dei libri
Dal 1925, senza interruzioni, il settimanale ""The New Yorker"""" diletta i suoi esigenti aficionados con vignette umoristiche che, disseminate fra pezzi di costume, inchieste, rubriche culturali, cronache mondane e inediti letterari, ne rappresentano perfettamente lo spirito elegante, mordace, sofisticato, acuto e cosmopolita. Dopo l'antologia del 2011 dedicata ai gatti e ai gattofili, il tema prescelto sono i libri, e in particolare i loro lettori e il variegato mondo dell'industria intellettuale, bersaglio su cui si cimenta a beffardi colpi di matita il gotha degli umoristi degli ultimi novant'anni, da William Steig a Robert Mankoff, da Leo Cullum a Charles Barsotti."" -
Teoria della cartolina
Nell'epoca della corrispondenza digitale, suona curioso farsi riportare ai tempi, forse superati, della cartolina, ma Sébastien Lapaque non condivide l'opinione di chi la vede come una consuetudine sociale ormai prossima all'estinzione. Anzi è affascinato dalle cartoline che, attraverso immagini di luoghi, disegnano un'identità nazionale o esprimono il gusto per i viaggi avventurosi. E ci invita a seguirlo in un vagabondaggio in parte storico in parte immaginativo tra i significati e i simboli della ""carte postale"""". Perché? Per ricordare che le cartoline restano un oggetto vivo e vitale tra tanti gadget insignificanti di cui ingombriamo le nostre vite banalizzate. Nelle raccolte di cartoline ricevute, nelle vecchie cartoline acquistate da qualche rigattiere si possono ritrovare i sentimenti del passato, si possono far rivivere affetti e meraviglie, e quindi abolire il tempo. E ancora oggi, nell'epoca degli sms, il cartoncino inviato per posta rappresenta la rivincita delle relazioni concrete. È un """"modo semplice, ma profondo di mantenere legami nel mondo della separazione"""". L'autore non cessa di ribadire la scarsa attrazione per il mondo dei computer, del linguaggio binario, dei telefoni che ci seguono ovunque e rubano lo spazio alle fantasticherie, ai pensieri e ai ricordi. La Teoria della cartolina finisce così per essere la rielaborazione di un'idea, un cammino tra i paesaggi e i poeti amati, tra alcuni momenti preziosi di vacanza o di svago e i luoghi sognati."" -
Lettere a Merline
Questa selezione delle lettere del poeta praghese documenta gli esordi della relazione con Merline fino al compimento del suo capolavoro della maturità: le ""Elegie duinesi"""". Lo stato passionale che insorge dopo l'incontro con Mme Klossowski contrasta con la passività che Rilke cerca in quegli anni; ma egli sceglie di associare l'amica alla personale ricerca di uno """"spazio interiore"""" capace di aprirlo agli """"influssi"""" delle forze che parlano attraverso di lui senza appartenergli. Merline diviene così la compagna di quell'avventura iniziata al castello di Berg e conclusasi nella torre di Muzot dove, con violenza pressoché distruttiva, quegli stessi """"influssi"""" porteranno alla conclusione delle grandi """"Elegie"""". Prefazione di Enzo Restagno."" -
Sulla scia dei piovaschi. Poeti italiani tra due millenni
Questa non è una storia generazionale della poesia italiana, anche se tratta dei nati tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta, con un accenno alle ""Nuove Voci"""" degli anni Settanta. È piuttosto una sfida (e una scommessa): quella di verificare la tenuta nel tempo - e in un tempo difficile, confuso, nihilista - di una linea comune e riconoscibile di poetica, al di là di certo giudizio critico che invece vorrebbe ormai impossibile parlare di lirica, di Grande Stile, di canone.""