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Il governo delle acque. La salvaguardia di Venezia: una storia amministrativa italiana
Il controllo del regime delle acque della Laguna è sempre stato una questione vitale per Venezia. Dopo la disastrosa alluvione del 1966, sempre più frequente è diventato il fenomeno delle alte maree («acque alte») di livello eccezionale, che determinano l’allagamento di calli e campielli e l’erosione degli edifici.La Legge Speciale per la salvaguardia di Venezia, del 1973, aveva previsto la realizzazione di un sistema di regolazione delle maree, e la moderna ingegneria idraulica ha progettato un sistema di «dighe mobili», poste sul fondo dei varchi dai quali il mare entra in laguna, e in grado, sollevandosi, di porre un argine efficace di fronte alle ondate di marea.La realizzazione delle dighe mobili – chiamate con l’acronimo mose a ricordare la biblica separazione delle acque – ha però incontrato per molti anni la feroce e paralizzante opposizione pregiudiziale di molti ambientalisti.È così iniziata una vera e propria telenovela amministrativa all’italiana che questo libro ripercorre. È una storia di veti pregiudiziali anche solo a progettare le dighe mobili, della paralisi decisionale del governo locale e di quello nazionale, di una valutazione d’impatto ambientale compiuta in modo illegittimo ed annullata dal Tribunale Amministrativo Regionale e – solo alla fine del 2001 – della decisione del governo di dare il via alla progettazione e di inserire il mose tra le opere strategiche d’interesse nazionale della Legge Obiettivo.Il libro indica il difficile percorso giuridico per conciliare l’interesse vitale a salvaguardare Venezia dalle inondazioni delle acque alte tutelando, al contempo, in modo rigoroso il paesaggio e l’ambiente lagunare. -
No. La seconda guerra irachena e i dubbi dell'Occidente
L'Iraq è diventato la pietra filosofale della governance globale, il luogo dove potrebbero tornare insieme i cocci rotti dell'armonia planetaria: il controllo del petrolio, lo sradicamento del terrorismo, la riscruttura del conflitto israeliano-palestinese, e, infine, l'inglobamento nel circuito delle economie delle Tlc del mondo arabo. Un conflitto troppo carico di significati per non creare l'illusione della perfezione e per non sfociare nella vertigine dell'ideologia: condizioni entrambe destinate a portare a un'inevitabile sconfitta. -
La flessibilità del lavoro e dell'occupazione
L’imperativo della flessibilità ha invaso da oltre un decennio lo spazio sociale europeo. Ed è innegabile che con questo termine vengano oggi riassunti il tono e il senso delle esperienze che si stanno realizzando nella sfera delle attività lavorative.Gli autori di questo volume scelgono una scala europea, e operano innanzitutto un’accurata distinzione tra flessibilità del lavoro e flessibilità dell’occupazione. Questi due termini non sono affatto sinonimi. Flessibilizzare il lavoro vuol dire garantire che l’attività umana divenga malleabile, adattandosi alle esigenze specifiche della produzione. Flessibilizzare l’occupazione significa invece renderne variabili le caratteristiche, in termini di tempo di lavoro, di luoghi e condizioni del suo esercizio, di regole e norme. Mentre dunque la flessibilità dell’occupazione rimette in causa gli elementi di sicurezza e di garanzia fin qui acquisiti, la flessibilità del lavoro non comporta, in sé, alcuna necessità in questo senso. L’avere creato un nesso insolubile di dipendenza tra i due concetti ha posto le condizioni di una doppia rigidezza. Per gli ultra-liberisti la flessibilità deve essere praticata nella maniera più intensa a entrambi i livelli; viceversa, per i critici più radicali del capitalismo, qualunque flessibilità è di per sé un elemento destabilizzante. Chiarita la cornice teorica della discussione, il libro affronta le questioni aperte. Come si applica concretamente, nei contesti considerati, la flessibilità dentro le imprese? E in che modo essa concerne gli occupati? Fino a che punto modifica i principi del lavoro salariato? E come coniugare i vantaggi della flessibilità del lavoro con un quadro in cui l’occupazione possa essere garantita? E infine: quale deve essere, in questo contesto, il ruolo dello Stato? -
I nipoti di Cattaneo
Gli economisti italiani di ieri e di oggi nel racconto di uno di loro: è questo il filo che lega i ritratti qui raccolti da Giacomo Becattini. Da Carlo Cattaneo, la cui sfida è oggetto di un saggio che è l’architrave del volume, la riflessione dell’autore spazia sulle figure che hanno costruito, in particolare nell’ultimo mezzo secolo, il nerbo dei nostri studi economici: da Alberto Bertolino ad Antonio Pesenti, da Claudio Napoleoni a Federico Caffè, a Giorgio Fuà, a Giuseppe Parenti, fino al commosso e intenso ritratto di Sebastiano Brusco. E poi, ancora, a Paolo Sylos Labini, ad Augusto Graziani e ad altri suoi interlocutori di ieri e di oggi.Non è difficile scorgere il filo rosso che lega questo viaggio di Becattini tra i cultori italiani della disciplina economica. Egli riscontra in tutti loro una sorta di cifra comune, un’aria di famiglia, legata per l’appunto alla loro comune appartenenza alla cultura generale del nostro paese e ai problemi socio-economici che essi si sono posti. Giacché si può forse studiare la fisica e la matematica «in generale», ma è spesso sterile – secondo Becattini – uno studio del pensiero economico che prescinda dal suo innervamento nei luoghi, nelle culture e nelle istituzioni in cui esso matura.Considerazioni storiche e scientifiche si intrecciano ai ricordi personali dell’autore che, nell’arco di quasi mezzo secolo di studi e di insegnamento, ha conosciuto a fondo molti dei protagonisti di queste pagine. Ne scaturisce un’idea della dinamica del pensiero economico in Italia che si propone come materia di dibattito, soprattutto alle nuove generazioni di economisti e storici del pensiero economico. -
Scritti politici
La riflessione teorica di John Dewey rappresenta una delle principali fonti interpretative del Novecento per definire il concetto di democrazia: interrogandosi sui problemi del proprio tempo, il filosofo americano riesce non solo a stabilire alcuni canoni di comportamento dell’agire democratico, ma anche a proporre uno statuto teorico dell’indagine politica tuttora valido. L’originalità del suo contributo si delinea fin dai primi saggi, dove denuncia quanto fosse insufficiente la diffusa accezione della democrazia come tecnica di governo. Ad essa egli tenta di sostituire non un modello astratto, ma piuttosto il profilo essenziale di aspetti realmente presenti nella «democrazia americana». Dewey pensa che la sfida della democrazia americana consista, appunto, nel riuscire a sviluppare gli aspetti più avanzati del liberalismo politico di Locke, in qualche modo operanti nella cultura «progressista» e in una parte della società americana. Si tratta di rendere compatibili due esigenze solo apparentemente contrastanti: lo sviluppo scientifico e tecnologico e il desiderio di crescita politica, economica e civile dei cittadini.Se con il termine democrazia non s’intende una mera tecnica di governo, ma la capacità di risolvere i problemi della società, questo scopo è realizzabile attraverso un radicale cambiamento, in cui i cittadini siano soggetti politici attivi. Per sottrarre agli interessi economici dominanti la gestione esclusiva delle risorse sociali, è necessaria, in primo luogo, un’informazione libera e trasparente. In politica interna come nei rapporti internazionali, un’opinione pubblica partecipe e correttamente informata può svolgere un ruolo di controllo e garantire soluzioni equilibrate ai problemi urgenti che la società impone. -
Europa politica
A più di cinquant’anni dalla nascita dell’Europa comunitaria, si discute a tutto campo sul suo futuro e innanzitutto sui problemi che porta con sé il passaggio ormai deciso a un’Unione più larga, comprendente tra breve 25 Stati. Si tratta di un passaggio d’importanza storica, che tuttavia presenta incognite e rischi per il processo d’integrazione europea e che coincide con la necessità di un’Europa più forte, di un’Europa politica che pesi sulla scena mondiale. Giorgio Napolitano affronta in questo libro i dilemmi e le scelte su cui è aperto il dibattito, riferendosi in special modo ai temi dell’Europa politica e della democrazia nell’Unione, e lo fa alla luce del suo impegno nel Parlamento europeo e della sua esperienza di uomo della sinistra italiana. -
Confessioni di un ottuagenario
«Caro editore, ti mando il malloppo. Come vedrai, non si può dire che il testo sia completo ed esaustivo, ma io direi di pubblicarlo così com’è; in questa forma può costituire una “saggina”, mentre una volta farcito di tutti i ricordi possibili diventerebbe un “saggione”, che non so se avresti voglia di pubblicare. Capisco che specie i primi anni di vita non contengano niente di straordinario: ma l’arte dello scrittore (e io ho l’ardire di ritenermi tale) sta nel rendere straordinario quello che non lo è. Come titolo proporrei Confessioni di un ottuagenario, sia perché il romanzo che reca questo titolo circola da decenni col titolo più appropriato di Confessioni di un italiano, sia come omaggio a Nievo, che amo molto, sia perché questa pseudointervista contiene confessioni vere, anche se un po’ criptiche...».Il genio corrosivo di uno dei più significativi intellettuali italiani si cimenta qui direttamente con se stesso, in una rivisitazione autobiografica a tutto campo, che è anche una magistrale lezione di storia della cultura, e forse più ancora e più semplicemente una purissima operazione letteraria, continuamente sostenuta dall’arma potente e acuminata del sarcasmo. -
L' apostolo Paolo. Alle origini del pensiero cristiano
Il punto di partenza di questo profilo di san Paolo consiste nell’idea che il nesso tra esperienza di vita ed elaborazione teologica sia assolutamente fondamentale per comprendere la complessa personalità e l’opera dell’apostolo, considerato a ragione come il «fondatore» del cristianesimo. Il percorso di Klaus Berger – uno dei più importanti studiosi tedeschi di teologia neotestamentaria di area protestante – si snoda dunque intrecciando la narrazione della vita di Paolo all’esposizione del suo pensiero teologico attraverso le lettere, il contesto in cui esse furono scritte, i loro destinatari.Nelle lettere prende corpo un pensiero filosofico e teologico che ha lasciato un segno profondo nella storia della teologia cristiana. Il concetto di «pericolo» e quello di «chiamata» rappresentano i due punti chiave dell’esposizione di Berger. Quella dell’apostolo Paolo è stata tutt’altro che una vicenda biografica lineare, vista la sua ascendenza ebraica, la sua formazione culturale e religiosa alla scuola dell’ebraismo rabbinico all’interno del contesto culturale e storico dell’ellenismo. «Chiamata» e «pericolo» sono concetti antitetici, che esprimono una forte tensione, quella che segna la vita e l’opera dell’apostolo. Il pericolo è connesso precisamente ai trascorsi di Paolo, alla sua formazione originaria. Si tratta ovviamente di un passato che continua a far sentire la sua presenza nella biografia personale, spirituale e intellettuale dell’apostolo: è il suo passato giudaico che pesa sul suo nuovo orizzonte cristiano; la chiamata rappresenta invece il futuro, il percorso attraverso il quale si realizzerà la prospettiva della nuova salvezza.La precisione e il rigore dell’argomentazione si sposano con il ritmo narrativo della ricostruzione biografica, e fanno di questo libro uno strumento utilissimo per comprendere i temi della riflessione cristiana dei primi secoli che hanno influenzato il pensiero teologico cristiano e la riflessione filosofica dell’Occidente. -
Partito e antipartito. Una storia politica delle prima Repubblica (1946-78)
La storia d'Italia compresa tra l'inizio della parabola repubblicana nel 1945 e un suo momento rivelatore di profonda crisi, quell'assassinio Moro del 1978 che per molti costituì il ""de profundis"""" di un intero sistema politico. In mezzo, una lunga storia legata ai due principali partiti di massa, Dc e Pci. Una fase della politica in cui questo duopolio ha consentito al paese di vivere una stagione caratterizzata da un forte senso dello Stato in grado di tenere a bada le derive antidemocratiche. Gli anni del craxismo e di Tangentopoli, dell'antistatalismo leghista e del berlusconismo, di un'antipolitica che dichiarandosi tale diventa forza di governo, dimostrano la necessità di un sistema politico che argini l'antipartitismo."" -
Lo Stato sociale in Italia 2002
Le trasformazioni demografiche, sociali ed economiche incidono in modo rilevante sul sistema di welfare. Le riforme degli anni novanta, rivolte in Italia prevalentemente a modificare il sistema delle pensioni, hanno parzialmente rimodellato le politiche sociali nazionali. Tali riforme hanno tentato di ristabilire i principi di equità tra le generazioni e le categorie. La razionalizzazione dell’intervento e il contenimento del sostegno ai gruppi sociali «ipertutelati» avrebbero dovuto liberare risorse economiche da utilizzare ai fini della soddisfazione di una nuova domanda sociale. La situazione è molto più complessa e la realizzazione di nuovi interventi, volti a tutelare soggetti esclusi, implica un ripensamento generale e non una semplice riduzione delle prestazioni tradizionali, come emerge dalle analisi contenute in questo Rapporto dell’irpps (Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, sezione territoriale di Salerno), la cui missione consiste nell’analisi dei meccanismi di base che governano le tendenze demografiche e i comportamenti della popolazione e nello studio delle caratteristiche e del funzionamento delle politiche di welfare. Le analisi presentate dimostrano che è necessario adeguare le politiche ai diritti sociali di cittadinanza, i cui contenuti mutano con le trasformazioni sociali e culturali. D’altra parte, i vincoli di bilancio relativi al sistema di welfare rendono più difficile la riformulazione delle politiche, soprattutto in un contesto di invecchiamento della popolazione e di difficoltà del mercato del lavoro. Il rapporto analizza i mutamenti in atto adottando due diversi punti di vista. Il primo evidenzia le trasformazioni dei ruoli sociali conseguenti al modificarsi della struttura famigliare, l’emergere di nuovi soggetti nel sistema di welfare e di nuovi protagonisti del mercato del lavoro, i cui diritti vanno riscritti, nonché la presenza sempre più significativa degli anziani. Il secondo, invece, si riferisce ai mutamenti delle politiche assistenziali e assicurativo-previdenziali, evidenziando intrecci e sovrapposizioni, e dà particolare rilievo al dibattito sull’istituto del reddito minimo di inserimento. -
Fiat, auto e non solo
Come nasce il ""caso Fiat""""? Cosa ha determinato la più grave crisi del maggiore gruppo industriale privato italiano? Seguendo il filo rosso delle strategie dell'industria torinese, cerca di rispondere a queste domande Gino Scotti, che per oltre quindici anni ha ricoperto ruoli importanti nelle Direzioni del Gruppo Fiat."" -
Paesaggio e architettura nell'Italia contemporanea
Questo libro non vuol essere né una storia del paesaggio, né una storia dell’architettura: è piuttosto un racconto di quadri mentali e di percezioni visive. La domanda che lo percorre è se davvero esista, come una sorta di fiume carsico che periodicamente torna alla luce, una sottile ma persistente linea del paesaggio che attraversa tutta la cultura architettonica italiana del secondo Novecento. Se sia possibile legare in un unico racconto intessuto di questa parola l’edilizia nuova di Giovannoni e la geografia volontaria di Gregotti, la morfologia di Rossi e l’ambiente di Gabetti & Isola, le preesistenze di Rogers e il luogo di Purini, la legge Galasso e la città diffusa, il De Carlo del Piano intercomunale di Milano e la recente fascinazione per non luoghi e infrastrutture. Se anzi si possa fare di tutto questo un tratto caratterizzante la declinazione italiana dell’architettura, quasi che «per natura» la forma e lo spessore del territorio italiano chiamassero l’architettura italiana a una riflessione specifica, a un confronto altrove rinunciabile, con la storia e l’ambiente sotto forma di paesaggio.Nel caso dell’Italia contemporanea, il paesaggio sembra affiorare all’attenzione ogni volta che una cultura architettonica, che si vuole moderna, prova a misurare la propria distanza rispetto ai reali processi di modernizzazione.La «finestra» aperta dal paesaggio si apre così su luoghi che l’architettura non riconosce, dai quali non è riconosciuta, nei quali non si riconosce: l’Italia che ricostruisce le proprie città dalle macerie della guerra, l’Italia delle campagne spopolate verso le periferie industriali, l’Italia che scopre i consumi di massa nel primo boom, la «terza» Italia dello sviluppo diffuso e del particolare. -
Rapsodia viennese
Come si conviene in ogni Rapsodia, questo libro si compone di una serie di quadri e di episodi. È ambientato a Vienna o nei suoi dintorni, in luoghi molto familiari all’autore. Fa da sfondo, o se si preferisce da filo conduttore, il Danubio, con le sue bellezze, ma anche con i suoi miti e con la sua tragica storia. I personaggi che entrano in scena – poeti e musicisti, filosofi e imperatori – vengono visti soprattutto dal lato umano, con le loro debolezze e le loro passioni, con i loro drammi e le loro follie.Si comincia con Enea Silvio Piccolomini, il grande papa umanista, cui si deve la prima descrizione di Vienna, e si arriva ai nostri giorni, passando per Maria Teresa d’Austria, Mozart, Beethoven, Schubert, Lenau, Hebbel, Brahms e tanti altri. L’autore ne ripercorre da vicino i momenti essenziali della vita. La cupa tragedia di Mayerling viene rievocata in toni accorati, ma senza indulgere alla letteratura dolciastra sorta da quell’episodio. Lo stesso avviene per la figura della mitica imperatrice Sissi. Nel libro entrano in scena anche gli animali, cicogne, scoiattoli, tortore, che a Vienna godono quasi degli stessi diritti degli uomini. Se è vero, come dice l’Awesta, che l’amore per gli animali è una via che conduce al cielo, bisogna riconoscere che i viennesi hanno percorso un lungo tratto di quella via.A chiusura del libro, un intenso capitolo sul Danubio, la cui storia millenaria viene rievocata in toni drammatici. Nel suo insieme, un tributo appassionato a una città che è stata per secoli, insieme con il suo fiume, il cuore dell’Europa. -
Chiodi di cielo
Ne ho bisogno ancora oggi di quei chiodi di cielocon la loro filettatura impercettibilee la capocchia indistruttibile capaci di inchiodare ogni cosaal nullae farcelo stare. Nuovo talento di punta della lirica inglese contemporanea, Jamie McKendrick ci regala una cifra poetica assolutamente originale, capace di mettere “in salvo con perizia la bellezza dallo squallore, l’arguzia dall’avversità, la delicatezza dalla volgarità”, per citare il prestigioso giudizio di Micheal Hofmann. Chiodi di cielo offre per la prima volta in italiano una scelta antologica, realizzata dall’autore stesso, che copre tutta la produzione di McKendrick dalla sua prima raccolta sino al recentissimo Ink Stone (2003). Colpisce il particolare rapporto di affinità che McKenrdrick intesse con la cultura italiana, testimoniato non solo dalle ambientazioni italiane delle prime due raccolte, ma anche dalle immancabili tessiture intertestuali con la nostra letteratura, a cui si affiancano le altre letterature amate, la spagnola, la francese. Un intreccio e un dialogo aperto che porta alla ricerca sempre raffinata delle cadenze ritmiche, con il sonetto, spesso, a fare capolino. La complessità di McKendrick abita le piccole cose e da quelle parte, predilige l’assenza di dichiarazioni alte e definitive, persegue instancabile il tarlo che l’occhio applica a tutto ciò che osserva senza mai dimenticare la sottile ironia che salva. Poesie come intermittenze del cuore, come fili di una ragnatela, leggere ma allo stesso tempo robustissime. Poesie appollaiate sul bilico, dentro ad auto che vanno a pezzi, pronte a farsi beffe di un nonsenso e a ridisegnare la fragilità come una nuova possibile forza. -
L' omino del pane e altre storie
«Sono piccole creature quelle che abitano in queste storie. Api solitarie, omini e donnine nascosti dentro bocconi di cibo, aquile appese al muro, cagnolini che raccontano della loro vita...». Elena Loewenthal L’omino nel pane si sente solo. A vivere dentro una pagnotta si fa presto a sfamarsi, ma ci si annoia anche tanto. All’omino dentro la mela un po’ di compagnia non spiacerebbe affatto, ma uno sconosciuto no, troppi rischi. La dolce e appiccicosa donnina mollemente adagiata tra gli strati cremosi di una torta è troppo altolocata per ospitare un mangiapane qualunque. Quanto all’omino dentro la lattuga, l’aria fresca e le goccioline d’acqua che scivolano tra le foglie gli bastano e avanzano per vivere tranquillo – è uno saggio, lui. Finché arriva l’ora della festa e qualcuno dispone le vivande in tavola: uscire allo scoperto è necessario. A questa e ad altre consimili trame narrative, concepite esplicitamente per un pubblico di bambini, e qui raccolte con una nota introduttiva dell’autore per la prima traduzione in Occidente, Natan Zach – una delle voci più importanti della poesia contemporanea – affida il racconto della solitudine umana e delle paure che soffocano ogni istinto alla solidarietà. E mentre la voce racconta ai bambini, l’occhio non perde di vista gli adulti; semmai ne mostra le fobie e la capacità di vincerle. Allo stesso modo, il volo di Pea, l’ape impertinente, svela le manie del leone e del gatto, del porcospino e della giraffa, ma non può fare a meno di ritrarre la forza di un’indipendenza che si divincola ostinatamente da ogni costrizione.Parabole lievi, godibili, che allietano i piccoli lettori e danno da pensare a quelli grandi, frutto di un’immaginazione che anima tutto ciò che ci circonda di una vita inaspettata, sorprendente. -
La comunicazione. Ciò che si dice e ciò che non si lascia dire
Cosa significa per la filosofia confrontarsi con il linguaggio? Significa in primo luogo che il pensiero si pensa finalmente come linguaggio e che di conseguenza non può più prescindere dalla comunicazione. Chiamata alla prova della comunicazione, la filosofia, a lungo concepita come puro pensiero di parole assolute, è costretta a confessare il suo rapporto ambivalente con il linguaggio, dove la diffidenza e la presa di distanza ha prevalso sul riconoscimento dell’ap-partenenza. La prova della comunicazione espone la filosofia alla sfida dell’alterità, che essa può sostenere solo passando attraverso la «distruzione» del mito della trasparenza della realtà e dei rapporti tra le esistenze sotto il governo d’uno spirito assoluto. E diventa pertanto la prova della finitezza dell’esistere e del pensare, da assumere come apertura all’altro, piuttosto che come chiusura nei limiti d’una certezza di sé che non può che subordinare l’altro a sé. Una sfida di verità, cui la prima parte del volume tenta di rispondere movendo dal dibattito interno della filosofia (con saggi di Mario Ruggenini, Aldo Giorgio Gargani, Fabrizio Desideri, Luigi Peris-sinotto, Lucio Cortella); la seconda parte mette la filosofia a confronto diretto con altre esperienze, come quelle delle arti e delle scienze umane, quali l’antropologia culturale, la semiologia e la linguistica, la psicoanalisi (con saggi di Silvana Borutti, Patrizia Violi, Gian Luigi Paltrinieri, Francesco Saverio Trincia, Daniele Goldoni). -
Pratiche di partecipazione. Teorie e metodi di intervento con bambini e adolescenti
Il libro descrive i risultati di una ricerca sulle idee e i metodi di intervento per promuovere la partecipazione di bambini e adolescenti, che si ricollega a un precedente volume (I diritti dei bambini e degli adolescenti, Donzelli 2001) in cui si analizzano i progetti rivolti all’infanzia. Utilizzando una varietà di strumenti e tecniche d’indagine (video-osservazione, focus group con bambini, interviste con adulti), la ricerca si è focalizzata sull’esperienza applicativa nel territorio nazionale della legge 285/1997 «Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza». Al centro dell’indagine sono le forme di attuazione dei diritti alla partecipazione in diversi ambiti: gioco e aggregazione, processi decisionali, progettazione della città.Con una base di dati molto ampia, il libro delinea un’analisi dei cambiamenti promossi dalla legge, del modo in cui i vari protagonisti li osservano e dei metodi attraverso i quali vengono prodotti. Si è dato ampio spazio alle testimonianze dei bambini e degli adolescenti e all’analisi del dialogo e dei conflitti che si manifestano nel rapporto con gli adulti. Per la prima volta in Italia, il significato degli interventi volti a promuovere la partecipazione emerge in un quadro esaustivo della loro messa in opera. -
America, dopo
Difficile capire l’America. E ancora più difficile oggi, nella drammatica sequenza che ha preso avvio dalla tragedia delle Twin Towers, e che conosce le nuove teorizzazioni della «guerra preventiva» e la loro cruenta applicazione sul terreno del secondo conflitto iracheno. Quanti di noi, dopo l’11 settembre, si sono sentiti stretti in una morsa? Da un lato, la storia e la società degli States rappresentate come un crogiolo di violenze e ingiustizie; dall’altro, l’America descritta come il baluardo assoluto della libertà, il portabandiera della democrazia – come se il Cile e il Vietnam, il Nicaragua e Panama non fossero mai esistiti. Ma è proprio inevitabile rimuovere pezzi così grandi di storia? È davvero necessario inventarsi l’inferno per dissentire, o il paradiso per consentire? Fa parte della paranoia «antiamericana» sostenere che la Cia o l’Fbi «non potevano non sapere» dell’attentato. Fa parte della paranoia «filoamericana» dire che basta lasciar loro mano libera e gli americani risolveranno il problema una volta per tutte.Quanto a noi, che guardiamo dall’Europa, facciamo fatica a pensare all’America come a un luogo abitato da persone in carne e ossa. L’America è per la maggior parte di noi un luogo dell’immaginario, finto e stereotipato. E se provassimo invece a sostituire a questo immaginario una cosa più vera e complessa, come la memoria? Se provassimo a ripartire dalle «memorie» di quel terribile 11 settembre? Il monitoraggio in progress del dramma americano, e del suo farsi tragedia del mondo, propostoci da Alessandro Portelli, si arricchisce, in questa nuova edizione, di due densi capitoli sulla «strategia della guerra preventiva» e sugli sviluppi del conflitto in Iraq. L’autore allinea con rigorosa cadenza le mille ragioni che lo portano ad essere del tutto contrario all’attuale politica americana, senza per ciò sentirsi, per un solo istante, antiamericano. Ne deriva un’autentica lezione di storia, un modo per guardare all’America senza servilismi e senza rancori, «con gli occhi – lucidi – dell’Occidente». -
America/Islam. E adesso?
Qual è, dopo l’11 settembre, lo sguardo dell’America sul mondo islamico? Come influisce sulla nuova dottrina di sicurezza nazionale e sulla politica estera americana? I musulmani sono tutti potenziali nemici? Perché, se è indubbio che centro della dottrina Bush è prevenire la minaccia del terrorismo, oggi quest’ultimo si presenta, sotto forma endemica, come terrorismo islamico. Non a caso, la guerra preventiva inizia dall’area mediorientale. Insediarsi qui significa esercitare un controllo politico e militare in un’area e nei confronti di regimi che alimentano, direttamente o indirettamente, il terrorismo islamico, o non riescono a controllarlo. E, dall’altro lato, qual è lo sguardo dell’Islam, in particolare nella sua dimensione fondamentalista, sull’America? Su cosa si fondano, ideologicamente e politicamente, lo jihadismo e l’odio, diffuso, per gli Usa? Quali sono le prospettive future del rapporto tra America e Islam? È possibile una forma islamica di democrazia? Anche dalla reciproca percezione e rappresentazione di questi universi politici e ideologici dipenderà lo stato dei rapporti tra Occidente e mondo musulmano nei prossimi decenni. america, di Federico Romero: l’11 settembre, la discussione nei think-tank repubblicani e democratici, la dottrina della «guerra preventiva», la teoria dell’«esportazione della democrazia» nel mondo islamico, ma ancor prima, la tesi sullo «scontro di civiltà», la dimensione teologica del discorso di Bush, influenzata dal suo essere cristiano «rinato» e dal fondamentalismo evangelico. islam, di Renzo Guolo: Al Qaeda e i gruppi collegati, di matrice jihadista; le dottrine islamiste radicali; le strategie di opposizione alla penetrazione occidentale «dall’alto», a partire dal politico, e «dal basso», dalla società; la memoria della rivoluzione iraniana, l’Islam come ultima grande narrazione ideologica universalista; l’11 settembre e la potenza cristiana nella casa dell’Islam. -
Verso i sud del mondo. Carlo Levi a cento anni dalla nascita
A cento anni dalla nascita di Carlo Levi, la città di Palermo ha ricordato il grande scrittore e pittore torinese, ospitando un convegno che ha avuto come nucleo tematico comune a tutti gli interventi – pur nella diversità delle chiavi di lettura – proprio l’immagine del Mezzogiorno d’Italia che le pagine leviane ci hanno consegnato. Sotto un profilo sia letterario sia storico-politico, quest’immagine rappresenta un punto di partenza autorevole e imprescindibile per interrogarsi sui cambiamenti che la percezione del Sud ha subito nel tempo. L’interesse di Levi per il Mezzogiorno fa da traccia per una riflessione che nell’immediato tocca il Sud più vicino allo scrittore, quello dei contadini lucani o della Sicilia materna, ma che si spinge più in là, verso il Sud del mondo, la controparte di un dualismo Nord-Sud non solo italiano, ma globale.Alla Sicilia, cui Carlo Levi dedicò una parte importante del suo impegno politico-civile e della sua attività di scrittore e di pubblicista, è riservata nel volume un’attenzione particolare come luogo emblematico del Mezzogiorno, per la sua complessità storico-sociale, nonché per il fatto di essere stata e di essere ancora oggi punto d’incontro di competenze culturali diverse e di una fervente attività artistico-letteraria. Sulla scorta di queste premesse, il libro fa il punto sull’attuale stato della discussione in un’ottica pluridisciplinare che abbraccia la ricerca storico-sociale, le scienze etno-antropologiche e la produzione saggistico-letteraria nelle sue forme sia creative (con interventi di scrittori meridionali di successo), sia di riflessione critica: tutto quanto, cioè, in misura più o meno diretta, incontra o rimanda alle idee, ai miti e alle immagini del Mezzogiorno e del Sud del mondo che Levi ci ha lasciato.