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Gio Ponti e Milano. Guida alle architetture 1920-1970. Ediz. illustrata
In questo libro sono raccolte le architetture che Gio Ponti ha progettato dal 1925 al 1971 a Milano. In tutto sono una quarantina di edifici. A parte alcune architetture che hanno subito alterazioni radicali, queste case, chiese, uffici sono rimasti come una felice eredità ai milanesi che ci vivono, vi lavorano e le contemplano da quasi un secolo. -
Marginalia. Il pensiero figurato di Magdalo Mussio
Magdalo Mussio è stato un artista versatile, interprete e comprimario della complessa vicenda intellettuale del secondo Novecento. Questo libro ne ricostruisce il profilo e la ricerca attraverso contributi e testimonianze di studiosi ed esperti che hanno incrociato il suo percorso creativo. Sedimentata in opere a dominante scritturale, l'indagine di Mussio è stata un'esplorazione senza confini, caratterizzata da una gestualità disinvolta e funambolica, che fissava pensieri, catturava parole e immagini per conservarli in note e appunti. Un ""pensiero figurato"""" - come ebbe a definirlo Gillo Dorfles -, nato nell'ambito della poesia visuale e coltivato in diversi campi (dall'editoria alla grafica, dalla pittura alla scenografia, dal teatro alla video-animazione), che nel tempo è diventato pura meditazione gestuale, incarnandosi in raffinati """"poemi visivi"""", assemblaggi di calligrafia criptica e iconica da cui sempre riemerge il percorso simbolico del mondo."" -
Europeana. Breve storia del XX secolo
«Europeana. Breve storia del XX secolo di Patrik Ourednik è probabilmente il racconto più caustico, struggente e rivelatore del famigerato ""secolo breve""""» - Giorgio Vasta, Robinson-La RepubblicarnEuropeana è un libro straordinario, nel senso anche di molto insolito. Sono scampoli della storia europea del Novecento, accumulati come si accumulano i giornali vecchi in uno sgabuzzino. Le più diverse notizie date di seguito, con pari importanza, alla rinfusa: tragedie, progressi, scoperte, omicidi, politica, guerre... sembra ci sia tutto in questo libro, ma a pezzettini, come ritagli di un'enciclopedia, ma anche come se il ventesimo secolo, questo prodigioso e terribile ventesimo secolo, fosse ormai laggiù, distante e semisepolto con tutte le sue agitazioni, irrequietezze e idee pazze; come fosse già una civiltà antica di cui restano solo frammenti. L'edizione originale in lingua ceca è del 2001 ed è stata tradotta con grande successo in tutte le maggiori lingue."" -
Problemi fondamentali della fenomenologia (1919-20)
In questo testo, che raccoglie il corso del semestre invernale 1919/20, Martin Heidegger – giovane docente presso la facoltà di Filosofia dell’Università di Friburgo – espone, per la prima volta, in modo esteso e puntuale, la struttura portante e i concetti chiave della sua prima dottrina fenomenologica, che si pone l’obiettivo di proporre una scienza filosofica in grado di cogliere la vita nella sua originarietà e radicale concretezza: il fenomeno della vita nel suo «essere di fatto» – così lo definisce precisamente Heidegger.rnIn aperta contrapposizione alle tendenze filosofiche e scientifiche del tempo, che cercavano in genere di “oggettivare” il fenomeno della vita, inquadrandolo in una qualche rigida cornice epistemologica, Heidegger propone invece una modalità d’accesso esattamente opposta: penetrare la vita nella sua «fatticità» e nelle sue effettive manifestazioni – come vita che si presenta da sé nel mondo-ambiente, nel mondo collettivo e nel mondo-del-sé – evitando a ogni costo di renderla “oggetto” di studio; coglierla nella sua pulsante vitalità, riuscendo così a restituirla, sul piano conoscitivo, senza alcuna alterazione. Si delinea, in tal modo, l’enorme posta in gioco del tentativo filosofico condotto in questo corso friburghese, che per Heidegger dovrebbe aprire la strada a una «fenomenologia come scienza originaria della vita in sé»: come elaborare un afferramento conoscitivo della vita che, lungi dal ridurla a oggetto, sappia accompagnarla nella sua vitalità fino al punto di coglierla intatta nella sua figura originaria, nel suo «mysterium tremendum»?rnSvolta decisiva nel cammino speculativo del giovane Heidegger, questo corso – di cui si offre qui la prima edizione italiana integrale – non è soltanto uno strumento indispensabile per ricostruire la genesi di quel pensiero che, nel 1927, confluirà in Essere e tempo. Nell’opus magnum, infatti, non tutti i sentieri aperti in questa prima esplorazione potranno trovare adeguato sviluppo. Proprio la centralità della vita, anzi, sarà messa parzialmente in ombra, per fare spazio alla nuova analitica del Dasein. Dai “sentieri interrotti” di questi esperimenti giovanili, possono emergere, così, delle potenzialità ancora inesplorate, in grado di incidere in modo del tutto originale sul pensiero contemporaneo. -
Il ritmo del pensiero. Montale Sereni Zanzotto
In questa raccolta di saggi Laura Barile affronta in tono narrativo e conversevole tre classici del Novecento accomunati dalla loro appartenenza alla poesia di pensiero: la conoscenza è infatti la chiave di volta della grande poesia di tutti i tempi, nel suo colloquio con le altre arti e con la filosofia Queste pagine si interrogano su vari temi: come nel primo Montale il tempo della durata conviva col tempo dell'istante; ma si analizzano anche alcuni nessi fondamentali - ancora non segnalati - di Satura con certa poesia anglosassone. Si indaga, poi, sui romanzi modernisti letti e amati da Sereni e sul loro fermentare nella sua poesia, ma si approfondisce anche la sua profetica riflessione, in prosa e in poesia, sul revisionismo e sul potere del mercato, in una Francoforte sempre più metaforica. Emerge infine, assieme a molto altro, un tema che in vario modo coinvolge i tre poeti: come, e fino a che punto, il compito della poesia sia (come vorrebbe Zanzotto) la lode. Compito che implica, oggi più che mai, una pur stremata ricerca di senso nell'insensatezza della realtà in cui ci troviamo immersi. Il discorso critico che attraversa questo prisma multidimensionale muove, però, sempre dai testi, letti in dose reading e allarga la ricerca alle fonti e ai nutrimenti: dai trucchi del teatro in musica, agli autori amati e genialmente usati, fino ai filosofi, vagliando la sperimentazione continua di forme e di lessico. Chiude il libro uno scritto sulla paradossale rimozione della Shoah dal comune sentire e dalla cultura europea dei primi anni del dopoguerra. -
La regione più trasparente dell'aria. Saggi di cultura ispanoamericana
Questa ampia antologia si propone di introdurre nel nostro Paese uno dei maggiori rappresentanti della letteratura messicana del Novecento, tuttora quasi sconosciuto a gran parte del pubblico italiano. Alfonso Reyes (1889-1959), pur ricoprendo prestigiosi incarichi politico-istituzionali, si dedicò a innumerevoli attività culturali, frequentando i più disparati generi letterari, ma privilegiando il genere del saggio, il più adatto ad esprimere immediatamente sulla carta le sue viscerali riflessioni sulle radici messicane e sull'identità americana, le sue descrizioni dei personaggi contemporanei, dei Paesi e degli amici lontani, le sue considerazioni sugli eventi storici - il tutto spesso sintetizzato in poche caustiche e acute righe. Indubbiamente, l'opera di Reyes meriterebbe d'esser conosciuta nella sua totalità, ma, grazie alla selezione proposta in questo volume, il lettore italiano potrà almeno cominciare a gustare la qualità della scrittura di un autore fondamentale, del quale Borges apprezzava l'""ammirevole prosa castigliana""""."" -
L' uomo che deve rimanere. La «smoralizzazione» del mondo
Tema di questo libro è ""l'ospite più inquietante dei prossimi due secoli"""", vaticinato da Nietzsche: il nichilismo. Qui alla volta del suo secondo secolo come """"nichilismo etico"""". Come sfida, all'uomo della tecnica nell'età della globalizzazione, della """"smoralizzazione"""" del mondo; ovvero della perdita dell'autorità direttiva della """"natura"""", in qualsivoglia senso, per l'autodefinirsi della cultura umana. Una perdita, nel titanismo della scienza-tecnica, già pericolosa sul piano tecnico-naturale, dove però ha un freno interno nel fatto che anche per """"aggirare"""" la natura bisogna imitarla, vincolandosi ad essa; a pena della non riuscita dell'esperimento. Ma che sul terreno propriamente sociale - nell'inedito panorama sociale della """"biografia-fai-da-te"""" -non trova freni nel venir meno dei tradizionali fondamenti biosociali a base naturale - nei nessi etici comunitari - della costruzione dell'identità individuale. Nessi etici rimessi ad una loro pura (auto) posizione biopolitica, che produce l'ossimoro sociale di una """"comunità contrattata"""", dove l'identità umana è tutta de iure condendo. Sottratta come """"cultura"""" al suo vincolo olistico alla natura, nella pretesa di poterla dedurla - produrla a sé stessa - dal puro immateriale della decisione di come deve essere la vita dello spirito."" -
Son mandato à Cina, à Cina vado. Lettere dalla missione 1702-1744
La figura del missionario lazzarista Teodorico Pedrini, nato a Fermo, nelle Marche, nel 1671, è poco conosciuta. La sua riscoperta è iniziata negli anni Trenta del Novecento, quando sono venute alla luce, presso la National Library di Pechino, alcune composizioni musicali, riconducibili al missionario, a firma ""Nepridi"""". Pedrini, oltre che poeta dell'Accademia dell'Arcadia, era anche un valente musicista; poté perfezionare lo studio della musica nella Roma di fine Seicento, e quindi sotto l'influenza del genio di Arcangelo Corelli. Partito per la Cina nel 1702 come missionario di Propaganda Fide, dopo un lungo viaggio venne ammesso alla corte imperiale nel 1711 e successivamente, nel 1723, aprì al culto presso la residenza di Xitáng una chiesa ancora oggi esistente, dopo alterne ricostruzioni, nello stesso luogo. Il suo ruolo fu centrale nel contesto dell'annosa querelle sui riti cinesi - incentrata sui criteri di compatibilità tra riti cristiani e riti confuciani -, che tra la fine del Seicento e il 1742 contrappose i Gesuiti agli altri ordini religiosi, tra cui i Lazzaristi. Anche grazie alla musica Pedrini fu sempre benvoluto dall'imperatore Kangxi, tanto da scrivere: «Nessuno fu più gradito dall'Imperatore che io, che ero l'infimo di tutti»; e tuttavia, a seguito degli aspri contrasti sui riti, conobbe tra il 1721 e il 1722 l'onta della carcerazione. Nel presente volume i curatori ricostruiscono la figura storica del missionario, pubblicando più di cento lettere, corredate da ampio apparato critico e documentale, provenienti da due archivi romani: quello della Provincia Romana della Congregazione della Missione e quello della Casa Generalizia dell'Ordine dei Frati Minori. Le lettere di Pedrini sono caratterizzate dalla schietta e viva descrizione della realtà di quegli anni e rappresentano, come sostiene Francesco D'Arelli nella Prefazione, «solo un assaggio, sebbene tra i più sapidi, di quanto il missionario poté scrivere e che in parte ancora si preserva manoscritto in tanti archivi e biblioteche italiani». Teodorico Pedrini morì a Pechino nel 1746. Le ricerche su di lui sono appena iniziate."" -
Il recupero dei siti di cava: strategie di scala vasta. Ipotesi per il Parco dell'Appia Antica. Ediz. illustrata
Il recupero e la valorizzazione delle aree estrattive dismesse, ipogee e ""a cielo aperto"""", si fonda sull'obiettivo generale di un'azione rigenerativa di scala vasta, urbana e/o territoriale, che promuova sistemi di riconnessione di valore ambientale, storico, culturale. Si intende superare l'intervento di semplice bonifica o rinaturalizzazione, e interpretare il recupero come un'opportunità di re-immissione in vita di questi luoghi, proponendo la loro """"messa in sicurezza"""", suggerendo l'inserimento di funzioni e servizi urbani, restituendone il godimento alla dimensione pubblica. Si vuole puntare all'individuazione, rilettura, recupero di sistemi estensivi e complessi, attraverso: la creazione di reti di ricucitura territoriale, il ripristino di relazioni ecologiche, culturali, fruitive, l'identificazione di """"infrastrutture ambientali"""" o viarie (linee d'acqua, corridoi ecologici, antichi tracciati), il riconoscimento e/o la proposizione di """"figure territoriali"""", capaci di evidenziare e rappresentare le relazioni spaziali e morfologiche tra singoli luoghi. La Ricerca, di cui il presente volume costituisce presentazione e consuntivo, ha scelto come terreno di sperimentazione il Parco dell'Appia Antica: un contesto unico, nel quale l'azione di valorizzazione si intreccia con un ricco palinsesto di preesistenze, naturalistiche e antropiche, suggerendo articolate dinamiche d'uso congiunto, tra ri-funzionalizzazione e tutela, oltreché percorsi di visita alternativi e inconsueti."" -
Silvano Rossini: composizioni irrequiete. Dall'officina delle idee all'architettura della città (1995-2015). Ediz. illustrata
Esponente di una nutrita cerchia di professionisti sganciata dai circuiti accademici e istituzionali dell'architettura, Silvano Rossini ha realizzato una serie di opere - molte delle quali nelle Marche - che attendono ancora un'adeguata valutazione critica e meritano una complessiva riscoperta. Il presente volume, progettato da Gianluigi Mondaini, colma finalmente questa lacuna, chiamando a raccolta un gruppo di studiosi, la cui diversa estrazione mette finalmente in risalto la poliedricità dell'opera di Rossini, intrisa di un'inquietudine anticlassicista di matrice zeviana che caratterizzava anche il pensiero di uno dei suoi maestri, Leonardo Ricci. Non c'è nulla di provinciale o vernacolare nelle sue architetture: tutte dialogano con avanguardie e neoavanguardie, dal neoplasticismo olandese al decostruttivismo, concentrandosi però sul «testo architettonico» piuttosto che sul contesto, e impostando così una fertile «dialettica tra regionalismo e internazionalismo». -
L' incoerenza creativa nella narrativa francese contemporanea
Se la letteratura costituisce un rifiuto coraggioso e irrinunciabile delle facili banalizzazioni e delle semplificazioni di comodo, se la letteratura contraddice la pigrizia dei luoghi comuni, se la letteratura è svelamento e apocalisse, allora l'incoerenza, cioè la contraddizione della linearità e della progressione infinita, confortante ma irreale, assume la sua giusta dimensione: quella di un nucleo di energia artistica inesauribile, incontenibile, insopprimibile, caotica almeno quanto caotica è la vita, ma autentica e affidabile. Se le pagine dei romanzi riproducono in narrazione e scrittura il disordine, l'incoerenza che ci circonda, potremmo aprire con più fiducia gli occhi sul buio e, in questo modo, conoscere più a fondo le nostre vite, esprimendo, forse, un giudizio meno severo sulle nostre piccole storie confuse. E l'incoerenza così diventerebbe qualcosa che ancora non vogliamo ammettere: una risorsa del romanzo, forse quella estrema, e un nostro talismano contro la sorte. -
Le vertigini della materia. Roger Caillois, la letteratura e il fantastico
Il fantastico è la chiave di volta dell'esperienza intellettuale di Roger Caillois. Alla teoria generale del fantastico, alle descrizioni di mirabilia della natura e ai fantasmi delle scritture dell'io sono dedicate le tre sezioni del presente volume. Nella prima parte la famosa definizione cailloisiana del fantastico in arte e in letteratura, «l'irruzione dell'inammissibile all'interno della inalterabile regolarità quotidiana», è interpretata come il nucleo fondativo di un'estetica generale che include il mondo degli animali, alla luce delle contemporanee teorie evoluzioniste, e quello dei minerali, interpretato come l'esempio decisivo per illustrare la legge della dissimmetria che regola l'universo. Nella seconda parte le mirabili pagine di Caillois dedicate alle pietre figurate vengono considerate tra gli esempi più alti dell'ékphrasis novecentesca, dove emerge una vocazione letteraria continuamente negata e dissimulata. Nell'ultima parte le passeggiate parigine alla ricerca dei fantasmi del XV arrondissement, oggetto di un saggio sulla logica dell'immaginario, assumono la forma di un racconto autobiografico e di un film per la televisione. -
Tetti. Ediz. illustrata
Dopo una lunghissima gestazione, vede finalmente la luce Tetti. Scritto a partire dagli anni Settanta, raccoglie informazioni pratiche (testate per l’Unesco dall’autore stesso) sulla costruzione di tetti e ripari, che intendevano venire incontro alle esigenze materiali dei poveri nei Paesi del Terzo mondo. rn«I problemi della casa non riguardano solo i poveri. Vogliamo proporre soluzioni interessanti per tutte le società. Ma poiché dobbiamo stabilire delle priorità, abbiamo privilegiato le tecniche accessibili alle persone più povere»rnSi tratta di un’opera strutturata in modo composito, poiché costituita di manuali scritti autonomamente l’uno dall’altro, e felicemente rappresentativa della maturità di Friedman, che già in quegli anni aveva deciso di focalizzare i suoi interventi sulle modalità di inclusione degli abitanti nella progettazione del loro habitat, in quanto «la partecipazione non è spontanea e non può essere rivendicata di punto in bianco». Se Utopie realizzabili rappresenta la summa teorica di questo intenso periodo dell’architetto franco-ungherese, i manuali costituiscono il principale strumento comunicativo destinato a rendere concrete quelle utopie.rnI manuali si compongono di disegni essenziali, «da lavagna», che possono essere letti e interpretati anche da persone illetterate – circostanza che convinse Indira Gandhi a stamparne un grande numero di copie e contribuì all’istituzione del Museum of Simple Technology fondato da Friedman a Madras, l’attuale Chennai, alla metà degli anni Ottanta.rnIn Tetti, l’autore sottopone all’attenzione dei suoi lettori il dato di fatto che i diversi problemi delle città moderne sono il risultato di atteggiamenti irresponsabili nei confronti della terra. Questa tesi, come Andrea Bocco spiega nel saggio in chiusura del volume, era perfettamente in linea con il pensiero di alcuni architetti (fra i quali ricordiamo Christopher Alexander, Enzo Mari, Victor Papanek e Bernard Rudofsky) che in quel momento storico esprimevano una forte critica verso la società industriale. Inoltre, l’autoprogettazione che Friedman ha sempre cercato di promuovere era in sintonia anche con l’idea di convivialità perseguita dal suo «compagno segreto», Ivan Illich. Questo irregolare pensatore mitteleuropeo, con cui in quegli anni aveva stretto amicizia, riteneva infatti che la convivialità fosse «il contrario della produttività industriale», e che l’architettura potesse essere, appunto, uno strumento conviviale, in grado di consentire agli uomini di partecipare attivamente alla creazione della vita sociale. Creandola con le proprie mani. -
Marco Polo
"L’Europa era dunque lontana e relativamente poco interessante.""""rn""""Il Milione"""" di Marco Polo è un'opera tanto nota e citata quanto poco letta, nel 1936 il letterato russo Viktor Sklovskij ne fa una riscrittura. Seguendo a distanza il viaggio di Marco Polo, Sklovskij ci dà un'ampia e accurata descrizione dei tanti popoli che via via si incontravano nell'Asia medievale, con le loro diverse usanze, cibi, cavalli, religioni, deserti, guerre, assassini, il freddo altopiano del Pamir, le città e i mercanti della grande Cina di Kubilay khan, e Venezia vista con gli occhi ammirati di un russo. Con una nota di Giovanni Maccari." -
Vita coniugale
La famiglia è il primo momento dello stadio etico, diceva Hegel, ma oggi ci sono più morti in famiglia che delitti di mafia. Perché nella vita coniugale tante amarezze, rivalse, ingratitudini, ripicche? perché tante stoviglie in frantumi? col pesce rosso, poveretto, lasciato boccheggiante sul pavimento tra i cocci e l'acqua sparsa, durante il silenzio che segue lo sfogo, per essere poi gettato nell'acqua putrida del gabinetto. Perché non sottoporre la famiglia ad accurata analisi per scoprire le forze che agiscono tra moglie e marito, al fine di rendere la famiglia meno pericolosa, a vantaggio della futura umanità? Questo lo scopo del presente volume, che mette a fuoco un vasto spettro di situazioni: coniugi che per evitare rischi abitano in case diverse come eterni fidanzati: mogli che approfittando del Natale partono da sole verso vacanze esotiche; mariti che fuggono per non diventare assassini; villette a schiera linde e ordinate, dove più facilmente attecchisce il crimine. -
La mano di Kleist. Lettura della «Käthchen di Heilbronn»
«La prova del fuoco» è il sottotitolo della Käthchen von Heilbronn, il dramma in versi che Kleist compose verso la fine della propria breve vita, e che rappresenta uno dei vertici della sua scrittura e, più in generale, della letteratura tedesca del Diciannovesimo secolo. Il dramma narra dell'amore della giovane Katharine, figlia dell'armaiolo di Heilbronn, per il conte Wetter vom Strahl, il quale le è apparso in sogno come futuro sposo, e che, da quel momento, lei ostinatamente insegue tra il mondo onirico e il mondo diurno. Una «prova del fuoco», effettivamente, Kleist ha posto ai suoi lettori, interpreti e traduttori, tanto la Käthchen si rivela ricca di suggestioni e delle più straordinarie evocazioni, risalenti fino all'epica germanica, che richiamano implicitamente questioni metafisiche, teologiche, estetiche e politiche. Goethe vi rinvenì «un singolare miscuglio di cose insensate e sensate», giudizio confermato da Benedetto Croce; Robert Walser vi ha visto la nascita del mito dostoevskijano del sottosuolo. In tale prova si è cimentato Clio Pizzingrilli, uno degli interpreti in maggiore sintonia con lo spirito e con il mondo di Kleist, che ha compiuto, qui, un'operazione finora inedita: riattivare Kleist con Kleist. Pizzingrilli ha inteso condurre il lettore nella selva del testo, senza mitigarne le asperità e le durezze, ma mettendone finalmente in evidenza tutti i richiami nascosti e le segrete questioni metafisiche, in modo da far risplendere tra le sue pieghe la consistenza più propria e originaria della lingua e del pensiero di Kleist. -
Flighty matters
Vestito, cappa, scarpe, giacca e cappello: sei poesie e un racconto sulla moda accompagnati da diciotto tavole che riproducono i manoscritti originali. -
Il rovescio della libertà. Tramonto del neoliberalismo e disagio della civiltà
«L’intuizione più profonda del neoliberalismo è che una grande società, pluralista e virtualmente globale, possa tenersi unita solo a una precisa condizione: che il valore delle performance sociali, delle iniziative imprenditoriali e delle scelte di vita sia misurato sulla scala dell’ordine cosmico, e non dell’ordine semplicemente vigente o di quello fissato da una qualche autorità sovrana. È da questa intuizione che discende anche il passo più scabroso del neoliberalismo, quello che ne ha diretto a suo tempo la marcia trionfale e che oggi ne detta il declino. L’idea, cioè, che, a determinate condizioni, il sistema di valori generato dal mercato possa appunto svelare l’ordine cosmico ed esprimerlo in forma immediata. Oggi sappiamo per esperienza diretta (e non per un qualche pregiudizio ideologico) che i meccanismi del mercato sono intrinsecamente inadeguati a un tale compito. Tendono anzi regolarmente a produrne il rovescio. Quanto più a fondo le tecnologie di calcolo, misurazione e valutazione penetrano nella vita sociale, tanto più questa “vita” è messa al servizio delle relazioni di potere, schiacciando così l’ordine cosmico sull’ordine costituito. In se stessa, però, l’intuizione di base non ne viene minimamente compromessa: viene anzi a indicare un compito inevaso, e perciò tanto più urgente»rnrnIl ristagno economico, l'esplosione delle disuguaglianze e l'esasperazione dei conflitti annunciano oggi il tramonto del modello politico che, nei decenni scorsi, ha ispirato l'azione dei maggiori apparati di governo e ha rimodellato alla radice lo stile di vita di milioni di persone. È il paradigma etichettato come neoliberalismo, basato sull'assunto antropologico che vivere, in una grande società, debba significare essenzialmente stare sul mercato: partecipare allo scambio collettivo e concorrere, così, alla genesi di un ordine spontaneo, troppo complesso e imprevedibile per essere ingabbiato in un progetto disegnato dagli esperti o nei decreti di un'autorità sovrana. Questo libro ricostruisce dall'interno la parabola del neoliberalismo, inscrivendola nell'orizzonte della crisi generale della civiltà moderna, per tentare di chiarire, infine, per quali ragioni profonde un paradigma elaborato con l'esplicita intenzione di promuovere l'intraprendenza e la creatività diffusa, non abbia alla fine partorito altro frutto che il rovescio della libertà. -
Non abbastanza per me. Scritti e taccuini
A pochi anni dalla sua morte, il passaggio folgorante di Stefano Scodanibbio nella musica contemporanea appare sempre più, come ebbe a dire lui stesso del suo rapporto col contrabbasso, come un’avventura che nessun altro avrebbe potuto intraprendere. rn«Impossibile restituire per iscritto una ""presenza"""" che fiammeggia, nel ricordo di chi ha avuto la fortuna di frequentarlo» - Andrea Cortellessa, Il Sole 24Orern«""""Non abbastanza per me"""" raccoglie le note ai pezzi di Scodanibbio, alcuno scritti autobiografici e certi interventi, consegnando alla scrittura un'organicità che nel suo fluire veloce ed esatto riporta immediatamente alle azioni del suo contrabbasso, dando vita ad un legame profondo e radicale tra le vita e le opere» - Blow Uprn«Parole che risuonano come la sua musica e, se si legge bene, nelle righe di una biografia """"sentita come unica forma d'esistenza e creazione"""" si ascolteranno gli echi di quel colossale romanzo che Sondanibbio ha vissuto senza mai smettere di sperimentare» - Vincenzo Santarcangelo, La LetturarnDell'avventura di Scondanibbio gli scritti qui raccolti presentano una testimonianza straordinariamente viva: gli appunti di viaggio (l’India, l’amatissimo Messico, la Svezia, la Spagna, la California), gli incontri decisivi (Scelsi, Berio, Xenakis, Nono, ma anche poeti e scrittori, come Sanguineti e Agamben), le annotazioni illuminanti sulla musica si compongono in una sequenza vertiginosa, che ricorda la velocità e l’esattezza con cui egli riusciva a trarre dal contrabbasso sonorità prima di lui insospettate. E man mano che la lettura procede, gli sguardi, i gesti, le sensazioni febbrili e quasi incomunicabili lasciano trasparire in filigrana qualcos’altro: il legarsi sempre più intimo e stretto di una vita e di un’opera, di un’avventura biografica perennemente insoddisfatta e di una maestria creatrice ogni volta esemplare."" -
Estate romana. Tempi e pratiche della città effimera
L'Estate romana fu un ambizioso progetto guidato da Renato Nicolini - allora giovane assessore alla Cultura del Comune di Roma - dal 1977 al 1985 e coinvolse l'intera capitale in un'articolata serie di iniziative culturali. In quegli anni, ricordati come la ""stagione dell'effimero"""", feste, manifestazioni e spettacoli divennero parte organica di un programma politico e architettonico preciso, oggi ancora misconosciuto, sebbene abbia anticipato occasioni progettuali """"a tempo determinato"""", quali ad esempio il Teatro del Mondo e la Strada Novissima a Venezia. Allo stesso modo, i celebri """"happening"""" di sapore situazionista a Castel Porziano, alla basilica di Massenzio o al Foro Boario furono imitati con esiti più o meno felici in varie città italiane. Il volume tuttavia non è una ricostruzione storica, bensì uno studio critico su un metodo progettuale che rivalutava l'architettura provvisoria ed era basato, come scrive l'autrice, su un «fare collettivo, teso a scoprire modi di operare ecologici e cooperativi». D'altro canto, il riuso di monumenti e di aree disabitate della città mediante l'interazione con il cinema, la poesia e altri linguaggi creava inediti luoghi di relazione, che, secondo Costantino Dardi, esaltavano «proprio i caratteri profondi di questi interventi fondati sul temporaneo, sull'effimero, sull'elemento programmaticamente limitato nel tempo e nello spazio». Attraverso un'indagine sui significati e sulle contraddizioni di pratiche architettoniche che, preferendo posizioni instabili e deperibili, sono state spesso relegate ai margini della disciplina, il testo racconta quindi l'intera vicenda dell'Estate romana, una manifestazione nata in un momento in cui la capitale - grazie anche a eventi concomitanti come Roma interrotta - era ancora un luogo centrale dell'architettura internazionale.""