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Migrating objects. Ediz. a colori. Ediz. inglese
Peggy Guggenheim (1898 – 1979) challenged boundaries as a patron and collector. She is celebrated for her groundbreaking collection of European and American modern art. The volume will focus on a lesser-known but crucial episode in Guggenheim’s own migratory path: her turn to the arts of Africa, Oceania, and the Americas in the 1950s and ’60s. In these years, Guggenheim acquired works created by artists from cultures worldwide, including early twentieth-century sculpture from Mali, Côte d’Ivoire, and New Guinea, and ancient examples from Mexico and Peru. Migrating Objects emerges from an extended period of research and discussion on this largely ignored area of Guggenheim’s collection by a curatorial advisory committee, which has led to exciting findings, including the reattribution of individual works, among them the Nigerian headdress (Ago Egungun) produced by the workshop of Oniyide Adugbologe (ca. 1875–1949), which is illustrated in the catalogue. -
Anna Marongiu. Ediz. italiana e inglese
Un'artista d'inizio Novecento e il ventennio del fascismo, l'insularità sarda e la scena artistica italiana, un prestigioso museo di Londra e un'opera riscoperta dopo quasi cento anni: sono questi gli ingredienti principali della retrospettiva che il MAN dedica all'artista cagliaritana Anna Marongiu (1907-1941) dall'8 novembre 2019 all'1 marzo 2020. Dispiegatosi in due decenni di grande attività, tra il 1920 e il 1941, il percorso artistico della Marongiu ha attraversato con grande versatilità molteplici sperimentazioni tecniche, quali il disegno a penna, l'olio, l'incisione ad acquaforte e il bulino. Il talento naturale per il disegno narrativo, testimoniato dai bozzetti dell'infanzia e dell'adolescenza conservati negli archivi di famiglia, avrebbe trovato rapido sviluppo grazie ad anni d'intenso lavoro e a una rete di mostre e progetti editoriali bruscamente interrotti dall'incidente aviatorio che segnò la fine della sua vita. Il progetto della mostra al MAN e di questo volume bilingue (italiano e inglese), a cura di Luigi Fassi, intende percorrere le tappe principali del lavoro artistico di Marongiu, focalizzando l'attenzione in particolare sulla sua attività di illustratrice, caratterizzata da una singolare forza espressiva che unisce vis comica e profondità interpretativa, in confronto serrato con alcuni capolavori della letteratura italiana ed europea. -
I am an architect. Alfonso Femia. Architettura e generosità. Ediz. illustrata
Questo volume testimonia venticinque anni di progettazione e passione al servizio di un'architettura generosa. Un sentimento, questo, che ispira l'architetto Alfonso Femia fin dalla nascita del suo studio ed è diventato una filosofia: ""L'architettura è l'incontro di due anime: quella del luogo e quella dell'Uomo"""". In uno spirito di continuità e rinnovamento assieme, lo studio Atelier(s) Femia / af517 segue la strada tracciata da 5+1aa. Tra contesto e apertura, il """"codice morale"""" dello studio si basa su tre principi fondanti: adattabilità, offrire sempre di più e coltivare l'immaginazione, una qualità che ha contraddistinto i costruttori italiani sin dall'antichità."" -
Studi tizianeschi. Annuario della Fondazione Centro studi Tiziano e Cadore
Nel decimo numero della rivista della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, suddiviso come di consueto in saggi e recensioni, testi di: Sabine Engel, Peter Lüdemann, Antonio Genova e Letizia Lonzi, Alessandra Cusinato, Jan Bialostocki, Bernard Aikema e Andaleeb Badiee Banta, Bernard Aikema e Anne Heinze, Bernard Aikema e Michele Di Monte, Enrico Maria Dal Pozzolo. -
Il marmo bianco e la peste nera. Giusto Le Court alla Salute. Ediz. italiana e inglese
Venezia 1630. La peste imperversava, la popolazione veniva decimata. Il Doge fece un voto alla Beata Vergine: impegnava solennemente la Serenissima a erigere un magnifico tempio in suo onore in cambio della cessazione di quell'infernale morbo. La basilica, progettata da Baldassarre Longhena, fu consacrata alla Madonna della Salute e diventò un luogo centrale del tessuto urbano veneziano. Ma fu solo nel 1670, quarant'anni dopo il voto, che si decise di commissionare a un artista fiammingo la decorazione del presbiterio e dell'altar maggiore. Si trattava di Giusto Le Court, scultore arrivato a Venezia da Amsterdam nel 1655 e che nel giro di pochi anni avrebbe monopolizzato la scena artistica lagunare, inaugurando la stagione della scultura barocca veneziana. Questo volume si concentra proprio sul gruppo eseguito da Le Court per l'altar maggiore e in cui il voto, allegorizzato, prende realmente vita. Grazie a questo volume - illustrato con le immagini realizzate per l'occasione da Mauro Magliani - oltre a celebrare la grandezza dell'arte di Giusto Le Court mediante l'indagine del capolavoro della sua maturità, si mette in luce finalmente uno degli aspetti meno conosciuti del Barocco veneziano: quello riguardante la scultura. -
I monumenti dei dogi. Sei secoli di scultura a Venezia. Ediz. illustrata
La lunga teoria dei centoventi dogi veneziani – guerrieri, politici, letterati, perfino un santo, Pietro Orseolo –, che si dipana senza soluzione di continuità per dieci secoli, abbraccia la storia millenaria della Repubblica Serenissima evocando la grandezza e gli splendori di uno Stato che, nel periodo della sua massima espansione, andava dalle terre di Bergamo e Brescia all'isola di Cipro. Dalla nomina del primo dux, che si perde nelle nebbie del tempo e della leggenda, alla data fatale del 12 maggio 1797, quando l'ultimo doge, Ludovico Manin, abdicava in favore dei francesi, lo studio dei monumenti funebri dei dogi della Serenissima ci consente un excursus tra i più grandi nomi dell'arte veneziana di tutti i tempi: dagli ignoti maestri scalpellini del Medioevo alla famiglia dei Lombardo, da Antonio Rizzo a Jacopo Sansovino, da Alessandro Vittoria a Baldassare Longhena, a Andrea Tirali, tutti i più famosi architetti e scultori si sono occupati di questa particolarissima forma artistica, in un vero compendio di meraviglie plastiche. Commissionati direttamente dal doge o dalla sua famiglia, questi magnifici monumenti non solo riflettono le preoccupazioni personali del doge per l'aldilà, ma diventano strumenti squisitamente politici, soprattutto in un contesto, come quello della Repubblica veneziana, in cui il doge ufficialmente era soltanto il primo tra i pari e in cui nessuna forma di autoesaltazione pubblica di singoli individui era tollerata. I monumenti offrivano pertanto una rara opportunità di autorappresentazione, con investimenti che potevano perfino superare quelli profusi nella costruzione delle tombe papali a Roma. Un'irripetibile campagna fotografica, commissionata per l'occasione, ci regala inediti dettagli che sono una gioia per gli occhi e fonte di innumerevoli, inattese, scoperte. -
Quaderni della procuratoria. Arte, storia, restauri della basilica di San Marco a Venezia (2019). Vol. 13: fondo lastre dell'archivio: restauro e digitalizzazione, Il.
La Procuratoria di San Marco dedica il tredicesimo numero dei suoi Quaderni, nell'anno che celebra il 180° anniversario dalla nascita della fotografia, al prezioso e cospicuo fondo lastre dell'Archivio, analizzandone il restauro e la digitalizzazione. I saggi raccolti nel volume trattano il tema dal punto di vista storico e tecnico: Gianantonio Battistella racconta una breve storia di arte e scienza della fotografia in un ricco saggio corredato da immagini di dagherrotipi e negativi di William Henry Fox Talbot, mentre Paolo Crisostomo esamina la messa in sicurezza del fondo lastre. Samantha Banetta analizza il processo di digitalizzazione delle lastre mentre Antonella Fumo condivide un pezzo di storia della basilica raccontata attraverso meravigliose immagini storiche. Mario Piana presenta i lavori di restauro eseguiti o in corso d'opera e infine Giuseppe Fioretti regala una memoria dei tragici eventi avvenuti durante i bombardamenti su Venezia nel periodo della Grande Guerra. -
Guidare le imprese sull'onda della complessità
Il volume raccoglie i contributi di vari docenti di CUOA Business School che riflettono su come imprenditori e manager possano navigare nella complessità competitiva e condurre in porto le navi delle loro imprese. Gli autori affrontano l'evoluzione dei modelli di business e manageriali secondo tre direttrici: strategica, tecnologica e organizzativo-gestionale. L'obiettivo è rispondere in modo efficiente ed efficace a contesti competitivi che mutano in modo sempre più rapido, turbolento, confuso e imprevedibile, ambienti indicati spesso in letteratura con il termine VUCA (Volatile, Uncertain, Complex, Ambiguous). Le onde della complessità che le imprese devono affrontare sono molteplici, dalla globalizzazione alla digitalizzazione, dal networking al worldmaking. Bisogna saper intercettare le onde che alimentano la transizione e sfruttare la loro energia, come fanno i surfisti che si mettono sulla cresta dell'onda. A monte dell'onda c'è troppo ordine (morte per fossilizzazione), a valle dell'onda c'è troppo disordine (morte per disintegrazione), sulla cresta dell'onda c'è il punto di massima energia (l'area della vita intermedia tra ordine e disordine). Per scivolare sulle onde del cambiamento, la sfida per le organizzazioni è rimanere sul punto di massima energia, tra ordine e disordine, all'orlo del caos, nella zona della distruzione creatrice, nella regione dell'innovazione, nell'area della complessità della vita. -
Aspetti del nuovo radicalismo di destra
Una lettura di sorprendente attualità sull'intreccio tra democrazia, propaganda e capitalismo. Un testo inedito che, dopo più di mezzo secolo, fornisce una preziosa chiave interpretativa dei fenomeni che scuotono la scena mondiale.rnrn«I movimenti fascisti potrebbero essere indicati come le piaghe, le cicatrici di una democrazia che non è ancora pienamente all'altezza del suo concetto. In questi movimenti la propaganda costituisce la sostanza della politica. L'antisemitismo rappresenta uno degli ""assi della piattaforma"""". Se così si può dire, è sopravvissuto agli ebrei, e su questo si basa la sua forma spettrale.»rnrnIl 6 aprile 1967 Theodor Adorno tenne una conferenza all'Università di Vienna il cui valore va ben oltre l'aspetto puramente storico e che può aiutarci a comprendere il tempo che stiamo vivendo. Risalendo alle origini del consenso ottenuto dai movimenti radicali di destra, il filosofo intendeva chiarire le ragioni dell'ascesa dell'NPD, formazione di destra che all'epoca stava registrando un certo successo nella Repubblica Federale Tedesca. Adorno mette in luce e collega tra loro in modo inedito vari elementi: il congegno sofisticato della propaganda e l'antisemitismo, il connubio tra perfezione tecnologica e un «sistema folle», l'individuazione di un capro espiatorio e l'odio ostentato verso gli intellettuali di sinistra e la cultura in generale, la tendenza del capitale alla concentrazione e la paura diffusa di perdere il proprio status sociale. Oggi lo «spettro» a cui la conferenza è dedicata non solo non si è dissolto, ma assume nuove e inquietanti sembianze. Diventa dunque ancora più importante prendere coscienza dei meccanismi dell'agitazione fascista e dei fondamenti psicologici e sociali su cui poggia. Nella consapevolezza che «se si vogliono affrontare sul serio queste cose, bisogna richiamare in modo perentorio gli interessi di coloro ai quali la propaganda si rivolge. Ciò vale soprattutto per i giovani che devono essere messi in guardia». La postfazione dello storico Volker Veiss contestualizza il testo e lo inquadra in una prospettiva attuale."" -
Il libro dei giorni migliori. Ritratto di un Paese ad altezza d'uomo
Attraverso le parole di un osservatore attento e ironico, il racconto quotidiano di un Paese in cerca di se stesso, dalla politica all'antipolitica, dal giustizialismo alle migrazioni, dai sovranismi alla nostra memoria condivisa.«Scrivere per un pubblico è sempre un atto di presunzione. Bisogna almeno concedersi la decenza di rifuggire dall'infingimento, dalle false modestie, dagli ammiccamenti, dalle accondiscendenze. Prendersene la responsabilità e dire quello che c'è da dire, se necessario essere distanti, sgradevoli, persino elitari, essere contraddittori perché il pensiero coerente è un pensiero sterile.»Giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, ripercorrere i racconti del nostro presente che quotidianamente Mattia Feltri con il suo Buongiorno dispone come tessere di un mosaico o elementi di un affresco è come sfogliare un romanzo popolare a puntate, in cui piccoli e grandi personaggi si alternano senza soluzione di continuità a storie minime o eventi straordinari. Dalla politica all'antipolitica, dal giustizialismo al sempiterno dibattito sulla memoria condivisa del Novecento, dallo spettacolo della nostra cultura millenaria alla cultura dello spettacolo di Tv e social media, fino ad arrivare a fenomeni epocali come l'emigrazione di massa e il femminismo, Feltri prende spunto da episodi di cronaca che fanno eco agli stessi, eterni vizi degli italiani, ed è capace di rileggerli con sguardo diverso e leggero, fornendo ogni volta una chiave di lettura spiazzante. E lo fa sempre con lo stesso obiettivo: spingere il lettore a riflettere, senza incattivirsi o scadere nell'indignazione fine a se stessa, e produrre così un moto di cambiamento innanzitutto individuale e, in seconda battuta, collettivo. A caccia di particolari sempre nuovi e rivelatori della nostra identità, questo libro è un viaggio avvincente attraverso le contraddizioni di un Paese in cui tutto si trasforma in un Italian derby, e ogni giorno può capitare di chiedersi: «Si può essere tifosi del Toro e di buonumore anche dopo il solito derby perso?». Ma soprattutto: «Era rigore o no?». -
Perché ci siamo salvati
Un dialogo intenso e illuminante fra generazioni di due famiglie della borghesia ebraica romana scammpate alla più grande tragedia del secolo scorso.rnrn«Se da un lato non c'è parola che io abbia scritto che non sia implicata con il mondo irrimediabilmente perduto evocato in questo epistolario; dall'altro, non ce n'è una, delle mie parole, che sia stata capace di sfiorare il garbo, l'indulgenza, la tenerezza di cui hanno dato prova questi due attempati corrispondenti: cugini e fratelli di latte, nati a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro, sotto false generalità, in un mondo che ha smarrito decenza e dignità» – Alessandro PipernornrnIn piena guerra, dopo cinque anni di vessazioni, due giovani coppie di ebrei poco più che ventenni non solo si sposano, ma concepiscono subito dei figli. Follia, incoscienza, sprezzo del pericolo?rnrn«Perché lo facciamo? Per rispettare la necessità della Storia, che non ha bisogno soltanto di accadimenti straordinari ma vive della vita segreta delle persone, del riflesso che i grandi fatti hanno su quanti ne sono stati vittime ed eroi insieme». Forti di questa convinzione, Claudio e Stefano, cugini romani, rievocano ciò che hanno conosciuto solo attraverso il racconto di nonni e genitori: quanto avvenne in Italia dai primi decreti antiebraici del 1938 alla Liberazione. Per ritrovare le proprie origini, scelgono di avviare una fitta corrispondenza in cui rivivono quegli anni tra memoria collettiva e ricordi familiari, note personali e preziosi documenti, in particolare il diario tenuto in quei terribili mesi da Maurizio Bondì, padre di Claudio, le cui parole interrogano, decifrano, citano. Sorprendentemente, ciò che ne ricavano non è affatto il plumbeo resoconto di un precipitare nell'abisso né uno sconfortato chiosare su un tragico destino, ma l'esatto opposto: una vitalità che le pagine stentano a contenere, una quotidianità gioiosa fatta di oggetti, stoffe, arredi, ricettari, di relazioni, scorci e paesaggi che appartengono a un'Italia ormai scomparsa. Tra ricostruzione storica e riflessione sul significato della memoria, gli autori restituiscono intatti la tenacia e l'entusiasmo di quei ragazzi che trasformarono la debolezza in forza e non permisero che fossero l'angoscia o il risentimento a dettare l'agenda emotiva dei loro anni a venire. Un flusso di coscienza che non si interrompe, ma si lega alle riflessioni che Alessandro Piperno, figlio di Stefano, ha voluto consegnare a un lungo testo conclusivo, nella consapevolezza che «non c'è nulla di più ebraico di un commento al commento: lo sfrenato dialogo intergenerazionale in cui la memoria si mescola all'eloquenza, l'eloquenza al sentimento, il sentimento alla storia». -
L' interiorità oggettiva
Nel sentire di Sciacca ""L'interiorità oggettiva"""" è un testo fondativo e insieme programmatico: porta infatti in sé le questioni che più gli stanno a cuore e che - come l'autore stesso precisa - intende sviluppare e approfondire in opere successive. Tutti o quasi i temi sciacchiani sono presenti: la centralità dell'uomo come questione e come soggetto-oggetto concreto del filosofare, l'esperienza interiore del pensare come luogo in cui situare l'indagine metafisica, la verità come interlocutore ineludibile della coscienza pensante, che se non è in dialogo, davvero non è. Il volume - uscito per la prima volta nel 1952 in francese - ha avuto tre edizioni italiane: in questa viene offerto al lettore in modo fedele alla redazione che ne fece lo stesso Sciacca nel 1957. Prefazione di Pier Paolo Ottonello."" -
L'ottava vita (per Brilka)
Un ricetta segreta, sette donne, un secolo di storia.rnrn«Una pietra miliare della letteratura» – The Guardianrnrn«Commovente, straziante, sublime» – The New York TimesrnrnCi lega un secolo. Un secolo rosso. Questa storia doveva essere raccontata solo per arrivare fino a te, Brilka. A te e quindi all'inizio.rnrnLa famiglia Jashi deve la sua fortuna (e la sua sfortuna) a una preziosa ricetta per una cioccolata calda molto speciale, destinata a essere tramandata di generazione in generazione con una certa solennità. Gli ingredienti vanno maneggiati con cura, perché quella bevanda deliziosa può regalare l'estasi, ma porta con sé anche un retrogusto amaro... Al tempo degli ultimi zar, Stasia apprende i segreti della preparazione dal padre e li custodisce nel lungo viaggio che, da una cittadina non lontana da Tbilisi, in Georgia, la porta a San Pietroburgo sulle tracce del marito, il tenente bianco-rosso arruolatosi pochi giorni dopo le nozze. È convinta che quella ricetta, come un amuleto, possa curare le ferite, evitare le tragedie e garantire alla sua famiglia la felicità. Ma allo scoppio della Rivoluzione d'ottobre, quando il destino della stirpe degli Jashi cambierà per sempre, capirà che si sbagliava. Tra passioni e violenze, incontri, fughe e ritorni, sei generazioni e sette donne – da Stasia, nata nel 1900, a Brilka, che vedrà la luce nel 1993 – attraversano l'Europa, da est a ovest, fino all'inizio del nuovo millennio, inseguendo i propri sogni e arrendendosi solo alla Storia. Alla ricerca del proprio posto nel mondo, le discendenti del famoso fabbricante di cioccolato percorrono il ""secolo rosso"""", dando vita a una saga familiare avventurosa e tragica, romantica e crudele, in cui per il lettore sarà dolcissimo perdersi, e ritrovarsi."" -
Le affinità elettive. Testo originale a fronte
«La vita era per loro un enigma la cui soluzione trovavano soltanto insieme.»rnrnTra tutte le opere di Goethe, Le affinità elettive è forse la più ambigua, e proprio qui risiede il suo fascino. Insieme impietosa critica e riluttante celebrazione dell'amore romantico, questo romanzo della maturità ci mostra con straordinaria esattezza psicologica il graduale irrompere del caos in un mondo ordinato. Le nitide geometrie ancien régime sulle quali si fonda inizialmente la vita dei personaggi vengono inesorabilmente travolte dal furore passionale che spinge Eduard e Ottilie l'uno verso l'altra; il tutto, però, riflesso nello specchio limpidissimo di uno stile che è l'opposto di quello del Werther e sembra negarne deliberatamente il vertiginoso abbandono. L'anziano poeta manovra i suoi simboli con rigore quasi scientifico, come si addice a un romanzo che prende in prestito dalla chimica il suo stesso titolo; ma oltre il cristallo che lo scherma con tanta cura, in ogni riga sentiamo divampare l'incendio degli affetti. -
Il mercato delle traduzioni. Tradurre a Venezia nel XVIII secolo
Durante il Settecento, in tutta Europa si verifica un deciso incremento della produzione di traduzioni e, parallelamente, si assiste all'intensificarsi dei dibattiti sulla loro importanza come strumenti di disseminazione ""controllata"""" di tutte quelle opere – dai romanzi ai testi teatrali, dai manuali tecnicoscientifici ai libri di storia o di viaggio – che potevano soddisfare gli interessi e le esigenze di un pubblico in graduale crescita. Per quanto riguarda la specifica situazione della penisola italiana, è soprattutto Venezia a distinguersi come uno dei principali centri di produzione di traduzioni. Questo volume intende delineare un primo, parziale quadro di tale fenomeno, mettendo a disposizione dei lettori una selezione di documenti (in prevalenza lettere dedicatorie e prefazioni di stampatori e traduttori) che riassumono efficacemente alcune delle principali riflessioni settecentesche sull'utilità delle traduzioni e sulle modalità di intervento testuale e paratestuale più adatte per portare a compimento i vari progetti editoriali. I testi raccolti, da un lato, consentiranno di cogliere alcune delle caratteristiche dei processi di ricezione della cultura europea nel territorio italiano nel corso della tarda età moderna e, dall'altro, permetteranno di entrare più direttamente nel merito del lavoro compiuto dai traduttori, figure che – allora come ai giorni nostri – svolgono un ruolo indispensabile di mediazione culturale."" -
Il metodo. Vol. 1
Il metodo è l'ultima opera teorica di Sergej M. Ejzenštejn, lasciata incompiuta alla sua morte (1948). In queste pagine il regista riattraversa molti dei temi della sua riflessione, allo scopo di sciogliere i nodi teorici di una ricerca che accompagna costantemente la pratica artistica, da quella teatrale a quella cinematografica, senza dimenticare il disegno. Il risultato è un lavoro concepito per chiarire in via definitiva «il problema fondamentale» dell'arte: quello che, nella fattispecie, contiene il segreto del suo funzionamento o, per essere più precisi, della sua «efficacia». La messa a punto di un vero e proprio «metodo» consente a Ejzenštejn di svelare i meccanismi che regolano la vita di un'opera d'arte, dal momento in cui viene ideata fino a quello in cui entra in relazione con il suo spettatore. La tesi che si delinea è tanto chiara, quanto radicale: la forma di pensiero attivata dall'arte e dai suoi prodotti corrisponde, per struttura e funzionamento, a quella del pensiero primitivo. Il «metodo» di cui stiamo parlando diviene così uno strumento prezioso per scrivere, a partire dalla comprensione di una singola opera, non solo una più generale storia delle arti, ma anche una storia naturale delle forme viventi. -
L' uomo con la valigia
Come ci si sente a poter premere il bottone del giorno del giudizio?rn«Quello che poteva essere un noir mozzafiato tra i tanti si trasforma in ben altro: un thriller filosofico che rimette in discussione il dibattito sugli armamenti nucleari dopo che negli ultimi anni le nostre paure si erano raffreddate ma anche una lezione di storia, da Einstein e Curie a Hahn e Oppenheimer, da Sakharov a Lise Meitner, la scienziata definita ""la madre della bomba atomica""""» - Stefania Parmeggiani, Robinson«Diabolico, inquietante e ricco di emozioni, una sorta di sinfonia profetica sul nostro tempo. Era dai tempi del """"Nome della rosa"""" di Umberto Eco che non si leggeva un romanzo d'avventura così profondamente filosofico e realistico, e allo stesso tempo così avvincente» – Göteborgs-Posten«Thriller e satira, fisica nucleare e storia delle idee: uno dei romanzi più ambiziosi e spettacolari mai pubblicati in Svezia» – Kulturnytt, Sveriges Radio«Una storia emozionante a sfondo filosofico» – Expressen""""Eravamo stati addestrati a dominare gli elementi. Attraverso l'aria e il fuoco, nelle viscere della terra e sott'acqua, eravamo pronti per tutto ciò che era innaturale. In definitiva, per la fine del mondo.""""Ogni volta che il presidente degli Stati Uniti è in viaggio, Erasmus Levine si trova al suo fianco. Sempre e dovunque. Ufficialmente è un professore di filosofia, in realtà è la persona che ha il potere di annientare il mondo per come lo conosciamo. È lui l'uomo con la valigetta nera – il nuclear football –, membro di una squadra di agenti supersegreti guidata da un capo dall'identità sconosciuta che tutti chiamano Alpha. Nella sua doppia vita fatta di manipolazioni, Erasmus è sempre stato appassionato e professionale in entrambi i suoi ruoli. Fino a quando il peso specifico della valigetta, l'assurdo carico di quel compito, comincia a essere troppo per lui. Per anni ha ricevuto messaggi criptati da Alpha, e ora è pronto a mettere in pratica il piano che hanno in comune. Sono loro due contro il mondo, nella prima epoca della storia in cui l'umanità corre il rischio di distruggersi con le proprie mani. L'occasione si presenta nel corso di una visita di stato in Svezia, quando, dopo una corsa all'ultimo respiro nel labirinto di cunicoli e bunker scavato sotto Stoccolma, Erasmus si trova coinvolto in un'azione che mira ad annientare l'arsenale nucleare mondiale. Ma è davvero questo l'obiettivo? O c'è invece chi manovra per provocare un'apocalisse controllata? Ed Erasmus, da che parte sta? In una spy story ispirata a fatti reali, Mattias Berg dà voce proprio a colui che, più di ogni altro, incarna l'insanabile conflitto tra il buonsenso e le conquiste tecnologiche, e pone un interrogativo fondamentale: perché abbiamo creato qualcosa di così potente da essere in grado di distruggerci tutti?"" -
La bambina senza il sorriso
Un giallo pieno di suspense e ironia, una storia corale di padri e figli.rnrn«Che ci facciamo io e una bambina sconosciuta di nove anni nel minuscolo salotto di casa mia, alle otto e dieci di una mattina di marzo, seduti come due professionisti che devono concludere un affare o parlare di una loro guerra personale? ""Le spiego subito tutto"""" dice all'improvviso. Le sorrido. Lei no. """"Ieri mattina camminavo per via Speranzella con il mio papà. E l'ho smarrito."""" Dice proprio così. Smarrito.»rnrnChiaretta ha nove anni e non ha il sorriso. Lei ride, in realtà, ma non si vede. A causa di un disturbo che ha dalla nascita, quando il cervello lancia lo stimolo la sua bocca rimane immobile, come di gesso. Uno, però, che quando lei ride se ne accorge c'è: il padre, Carmine. Solo lui. Una mattina di marzo, mentre i due passeggiano nei Quartieri Spagnoli di Napoli, la bambina all'improvviso lo perde di vista. L'uomo scompare. Nessuno se ne preoccupa, dato che negli ultimi anni Carmine è andato via già altre volte, per poi tornare a casa. Ma Chiaretta sì, e cercando di avere sue notizie finisce per suonare alla porta di Tony Perduto, giornalista precario che vive da solo in quella zona della città partenopea. Tony le apre diffidente e l'ascolta, per poi venire risucchiato al centro di un mistero su cui costruisce, un poco alla volta – contro tutti e anche contro voglia –, un'indagine minuziosa, guidata solo dalla sua curiosità e animata dalle mille voci dei vicoli di Napoli. Si compone così, pezzo dopo pezzo, un giallo pieno di suspense e ironia, una storia corale di padri e figli che scorre – come il Sebeto, fiume perduto nel sottosuolo di Napoli – al di sotto delle vite ufficiali, per ricomporsi, a sorpresa, nelle ombre, nelle pieghe più nascoste, in quella verità che, come il sorriso della bambina, in fondo c'è. Anche se la vede solo chi sa guardare."" -
Una giornata nera
Tra Friedrich Dürrenmatt e Patricia Highsmith, un thriller psicologico ad altissima tensione e di grande livello letterario. Con una magistrale abilità nel dosare la tensione drammatica e scandagliare le pieghe più riposte dell'animo dei suoi personaggi, Aldo Costa cesella un piccolo grande gioiello narrativo che avviluppa il lettore nelle spire di una suspense sottile e implacabile.rnrn«Una palpabile inquietudine cattura immediatamente i lettori in questa ""Giornata nera"""" di Aldo Costa. Una breve vacanza estiva si trasforma in un baratro di bugie nelle quali cova l'abnorme. Crudo, essenziale, un racconto che ci dice che a volte è troppo tardi, definitivamente tardi, per porre rimedio alle menzogne» – Gianni FarinettirnrnSi avvicina lentamente al baratro. Quando vede il mare, viene colta dalla nausea. La superficie schiumosa è laggiù in fondo, molto più in basso di quanto credesse. Forse sono centro metri, forse di più. Inspira profondamente per ricacciare indietro il panico, poi volta la testa e cerca di intercettare la direzione dello sguardo di lui per sapere dove cercare. Che cosa o chi, lo sa già.rnrnUna brutta costruzione di cemento in equilibrio su un precipizio appare tra le curve della strada costiera. Sarà un bar? Una trattoria per camionisti? È comunque il primo locale pubblico dopo chilometri di curve percorse sotto il peso di un'afa opprimente. L'uomo e la donna viaggiano da ore sotto il sole implacabile, e sono di pessimo umore per qualcosa che è successo la sera prima. Quella breve vacanza avrebbe dovuto riavvicinarli, ma niente sta andando per il verso giusto. Hanno proprio bisogno di un caffè, così decidono di fermarsi. La breve pausa distensiva si prolunga però oltre ogni possibile previsione, caricandosi di una tensione crescente. L'oste, un personaggio sgradevole e untuoso, li stordisce di chiacchiere e continua a servirgli piatti che loro non hanno ordinato. All'arrivo del conto, esorbitante, l'irritazione dell'uomo raggiunge il culmine. È una catena di eventi che sarebbe possibile spezzare in qualsiasi momento, e che invece si dipana inesorabilmente fino all'attimo in cui tutto collassa, così che una giornata storta come ne possono capitare a chiunque si trasforma in un incubo senza ritorno."" -
Di guerra e di noi
Vincitore del Premio John Fante Opera Prima 2021Raccontando gli anni del fascismo con un'epopea dove le storie dei personaggi dialogano magistralmente con la grande Storia, Marcello Dòmini segue le peripezie di due fratelli lungo ventotto anni, e segue, senza mai perderle di vista, le vite di tutti coloro che gli si muovono intorno. Il grande romanzo popolare di uno scrittore al suo esordio.rnrn«Gli fu improvvisamente chiaro cosa significava essere il maggiore: sarebbe stato lui a doversi prendere cura del fratello per il resto della vita, perché erano uniti da qualcosa che non si poteva spiegare ma che c'entrava col papà e la mamma, con l'amore, la famiglia, con tutti quelli che erano venuti prima di loro e tutti quelli che erano venuti prima di loro e tutti quelli che sarebbero seguiti poi.»rnrn«Di guerra e di noi» è la storia di due fratelli e copre l'arco di due guerre mondiali, correndo a perdifiato dal 1917 al 1945; comincia nelle campagne intorno a Bologna, e da lì non si sposta. Quando il marito non torna dalla Prima guerra mondiale, la madre dei due, ormai sola, è costretta a separarli. Il più grande, di nome Ricciotti, va a studiare in collegio a Bologna. Il più piccolo, Candido, rimane al mulino. Il collegio di Ricciotti è una scuola da ricchi, e la vita di Candido al mulino è una vita da poveri. Finiti gli anni avventurosi e duri del collegio, Ricciotti sarà segnalato per andare a lavorare nella neonata sede del Fascio di combattimento bolognese, dove incontrerà Leandro Arpinati, che diventerà suo mentore e amico. Candido resterà invece a lavorare nelle campagne frequentando sempre più quegli uomini e quelle donne che, col passare degli anni, andranno a formare le bande partigiane. Ricciotti però non è fascista, e Candido, d'altra parte, non è più di tanto interessato alla politica. Pensano entrambi a mandare avanti la famiglia, a proteggere la madre e i braccianti, pensano a correre dietro alle ragazze – donne avvolte di colori, nonostante partecipino e soffrano la guerra quanto gli uomini –, pensano a innamorarsi e poi sposarsi, e soprattutto a comportarsi bene quando molti intorno a loro, a causa della guerra, si comportano male. Come per Oskar Schindler, tuttavia, la grande occasione per trasformare la loro azienda agricola in un progetto onesto ma più ambizioso sarà proprio la guerra. Raccontando gli anni del fascismo con un'epopea dove le storie dei personaggi – mai del tutto innocenti, mai del tutto colpevoli – dialogano magistralmente con la grande Storia, Marcello Dòmini segue le peripezie dei due fratelli Chiusoli lungo ventotto anni, e segue, senza mai perderle di vista, le vite di tutti coloro che gli si muovono intorno – compagni di scuola, segretarie, squadristi, mogli, crocerossine, staffette partigiane... –, e lo fa rovesciando situazioni, svelando fondi segreti (dei muri e dei personaggi), collegando incontro a incontro, fatto a fatto, con una voce profonda, potente e in fondo scanzonata, perché è sempre la giovinezza a partire per la guerra. Il grande romanzo popolare di uno...