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Le gioie del sanscrito
Che cos'è il sanscrito, visto da noi occidentali? Perché piace tanto a intellettuali, sceneggiatori, musicisti e persino fumettisti, visto che quasi nessuno lo parla? Ma soprattutto: perché mai dovrebbe interessarci oggi studiare un idioma antico dell'India, tanto lontano nel tempo e nello spazio?Ripercorrendo la storia della conoscenza di questa lingua, che ha caratteristiche diverse da ogni altra, si può scoprire quanto sia un luogo comune che le lettere antiche siano morte e inattuali. Il sanscrito in particolare ha fama di essere al tempo stesso ostico ed esotico, un codice magico per adepti e mistici oppure un vezzo per virtuosisti da salotto o semplicemente un gergo per appassionati di discipline orientali: invece ricopre un ruolo fondamentale non solo per la linguistica ma anche per lo studio della logica. Apprenderne la grammatica è un allenamento formidabile per la mente, per l'uso delle categorie razionali e anche come introduzione all'informatica. Le vicende che hanno accompagnato la scoperta di questa «lingua perfetta», dall'oriente antico all'occidente moderno, raccontano come sia stata oggetto da un lato di una minuziosa analisi che ne ha fatto uno strumento fondamentale per capire il funzionamento del linguaggio e della mente umana; e dall'altro di malintesi e mistificazioni che hanno portato a credenze del tutto infondate e talvolta anche tragicamente pericolose. Attraverso le esperienze di autorevoli studiosi e semplici studenti alle prese con questa materia, e non senza un pizzico di ironia, si può sfatare qualche mito, svelare qualche mistero e scoprire che una cultura apparentemente estranea e difficile, nelle sue molte sfaccettature, è in realtà ben più presente nella nostra vita quotidiana di quanto possiamo immaginare. -
Il capanno nero
Composto con l'inquietante precisione di un thriller e la delicatezza struggente di una storia intima, Il Capanno nero narra di una vita segnata per sempre da un singolo evento catastrofico, e del modo in cui, attraverso l'arte, sia possibile esorcizzare il dolore e convivere col proprio passato.«Il senso di colpa e il potere di un grande amore in un romanzo impeccabile» – De Standaard«Oek de Jong ha scritto un classico» – De Groene AmsterdammerAllo Stedelijk Museum di Amsterdam apre i battenti una grande retrospettiva del pittore Maris Coppoolse annunciata da settimane di intensa campagna pubblicitaria. Cinquantanove anni, l'accento che ne tradisce le origini zelandesi e la figura imponente, Maris espone in ben quindici sale il lavoro di mezza vita. In poco tempo accorre una gran folla e, di lì a poco, il pittore stesso con una troupe televisiva al seguito. Impossibile sottrarsi al rituale che vuole l'artista immortalato dinanzi ai quadri più importanti. Al cospetto di Drowning, un dipinto molto grande di un vivido blu, da cui spunta la figura di una giovane donna avvolta in una corda, Maris esita. Palesemente a disagio, si passa una mano sulla bocca, china il capo. Madido di sudore, si affretta a illustrare l'origine e la composizione del dipinto. Poi, mentre si sposta tamponandosi il viso con un fazzoletto, riconosce tra i presenti il giornalista di una nota rivista che sta scrivendo un articolo su di lui. Vede che lo sta osservando e si sbriga a distogliere lo sguardo. Qualche giorno dopo la rivista è in tutte le edicole. In copertina c'è Maris, ritratto nel suo atelier, con la camicia imbrattata di colore, e di traverso le seguenti parole: MARIS COPPOOLSE: A VITA. Non c'è bisogno di fare congetture sul contenuto del pezzo: la rivista ha finalmente trovato un motivo per mettere un pittore in copertina, e non certo per la sua opera. L'articolo è di otto pagine, ed è evidente che il giornalista ha rinunciato al suo proposito iniziale, quello del reportage, scrivendo invece un pezzo d'inchiesta che scava nel passato dell'artista e tira fuori «la storia di un'ossessione». Una storia risalente a quarantacinque anni prima, accaduta su un'isola, quando Maris aveva solo quattordici anni. Una storia di cui lui non ha mai parlato: la tragica vicenda di una ragazzina trovata morta in un capanno di campagna, dopo che ci era andata con lui una domenica pomeriggio. Una storia capace di ridurre in cenere tutto ciò che Maris ha faticosamente costruito nel corso degli anni. Composto con l'inquietante precisione di un thriller e la delicatezza struggente di una storia intima, Il Capanno nero narra di una vita segnata per sempre da un singolo evento catastrofico, e del modo in cui, attraverso l'arte, sia possibile esorcizzare il dolore e convivere col proprio passato.COME COMINCIANel taxi stavano in silenzio. L'asfalto si asciugava emanando vapore, i finestrini mezzo aperti lasciavano entrare un'aria caldo-umida. A un semaforo tre ragazze attraversarono la strada ridendo, bagnate di pioggia, i vestitini incollati addosso. Il taxi procedeva lentamente per le vie... -
L' arte dell'henné a Jaipur
Jaipur, 1955. La giovane Lakshmi Shastri si è lasciata alle spalle una vita di povertà e un marito violento per diventare una delle artiste dell'henné più richieste in città. Prima che arrivasse a Jaipur, per farsi decorare mani e piedi le sue clienti si rivolgevano a donne Shudra, che si limitavano a tracciare semplici puntolini, trattini e triangoli, quel poco che bastava per procurarsi i loro magri guadagni. Lakshmi offre invece una gamma di motivi assai più complessi, capaci di rispecchiare le storie delle donne alle quali sono destinati. I suoi vividi ghirigori color cannella non hanno mai deluso le sue clienti che, con il tempo, sono arrivate a convincersi che il suo henné abbia il potere di riportare nel loro letto un marito scapestrato, o di indurre il loro ventre a concepire un figlio. Ecco perché Lakshmi può pretendere una tariffa dieci volte più alta del prezzo richiesto dalle donne Shudra, e ottenerla. Con il tempo è arrivata perciò assai vicina a conquistare ciò che desidera: una casa tutta sua, con pavimenti di marmo, acqua corrente a volontà e una porta d'ingresso di cui essere la sola ad avere le chiavi. Un posto nel quale poter accogliere i genitori e chiederne il perdono per essere fuggita dal marito, rovinando così la loro reputazione. Un giorno, però, il passato bussa alla sua porta: suo marito è riuscito a rintracciarla, e ad accompagnarlo c'è una ragazzina sconosciuta, una tredicenne con gli occhi enormi, di un azzurro che vira al verde, iridescenti come le piume di un pavone. È Radha, sua sorella. Una sorella di cui la giovane donna ha sempre ignorato l'esistenza. Una sorella, soprattutto, destinata a portare uno scompiglio tale nella vita di Lakshmi da metterne a repentaglio carriera e reputazione. ""L'arte dell'henné a Jaipur"""" è il vivace ritratto una donna che, nell'India degli anni Cinquanta, lotta contro antichi pregiudizi e convenzioni per conciliare la propria realizzazione personale con il rispetto e l'amore per la famiglia."" -
La fabbrica
Opera prima di una delle voci giovani piú potenti e singolari del Giappone, La fabbrica ritrae, con sottile humour kafkiano, il «titanico ecosistema della vita lavorativa moderna» (Japan Times) in cui la vita umana sembra naufragare.«Un esordio stellare e strabiliante» – Publishers Weekly«Nel libro si scatena una piacevole vertigine. Gli oggetti hanno modo di apparire improvvisamente nelle mani dei personaggi. I volti diventano sempre più vividi e grotteschi. Niente sembra fisso; tutto potrebbe essere un'allucinazione» – New York Times«""La fabbrica"""" descrive un mondo surreale, ma estremante simile al nostro. Un romanzo ideale per la nostra epoca» – London Magazine«""""La fabbrica"""" rimanda certo a Kafka, ma è un'opera a sé stante: uno sguardo ironico, satirico e sconcertante su come siamo diventati tutti ingranaggi della grande macchina del capitalismo» – Locus MagazineLa fabbrica è grande, grigia e assomiglia in tutto e per tutto a una vera e propria città, con un ponte a due corsie, un servizio di autobus e una propria compagnia di taxi. Vetture e furgoni con il suo celebre logo percorrono tutti i giorni le strade dei dintorni, e non vi è genitore che non auguri ai figli una brillante carriera alle sue dipendenze. Per la giovane Yoshiko, fresca di laurea, l'assunzione nella fabbrica rappresenta di certo un sogno che si realizza, e poco importa che il lavoro le venga pagato a ore, sia a tempo determinato e preveda un'unica mansione: azionare una macchina distruggi documenti per tutto il giorno, in qualità di membro della cosiddetta «Squadra distruttori». Per il briologo esperto in muschi Yoshio il salto di qualità è evidente: da ricercatore precario di una università di provincia a dipendente a tempo indeterminato nella famosa azienda in cui, a detta del suo professore, tutti i migliori laureati del paese sognano di entrare. E cosí Yoshio si ritrova a dirigere l'ufficio «sviluppo tetti verdi» del Reparto nuove soluzioni ambientali, che nemmeno esisteva prima del suo arrivo. L'assunzione nella fabbrica pare provvidenziale anche per Ushiyama, che lavorava come tecnico informatico per una piccola ditta prima di essere licenziato in tronco e senza spiegazioni. Ora lavora come correttore di bozze al Reparto dati e documenti della fabbrica. Ha a che fare solo con fogli di carta, penne e matite e ancora non ha capito se deve ritenersi fortunato. Tre giovani vite dedicate a una liturgia, il lavoro nella fabbrica, che, come un servizio di culto dovuto a un dio sconosciuto, governa il loro tempo. Che cosa produce, infatti, la fabbrica? Ed esiste ancora un mondo oltre i suoi confini?"" -
I cannoni d'Agosto. Come e perché l'Europa sprofondò nella Grande Guerra
Questo è il libro che John Fitzgerald Kennedy stava leggendo quando scoppiò la crisi dei missili a Cuba. Il mondo stava danzando sull’orlo del baratro e pochi uomini potevano decidere del suo destino. Tornata la quiete, il presidente americano disse che questa lettura lo aveva aiutato a comprendere come sia facile scivolare in un’immane tragedia per la sola incapacità dei governanti di sbrogliare una crisi politica internazionale. Siamo nella tarda estate del 1914: una marea di soldati tedeschi si sta riversando sulle strade della Francia settentrionale con l’obiettivo di conquistare Parigi e porre termine alla guerra, secondo i piani del Kaiser, in sei settimane. Barbara Tuchman, Premio Pulitzer 1962 per questo memorabile libro, rievoca l’inizio della Prima guerra mondiale come se stesse sfogliando un album di famiglia, accompagnando il lettore sui campi di battaglia, stordendolo con il tuono dei cannoni, abbagliandolo con il luccichio delle sciabole e delle baionette. Al tempo stesso, lo costringe a riflettere su quanta stupidità occorra per sprofondare la «saggia» Europa in una carneficina. L’incipit è memorabile. rnTuchman descrive il funerale di re Edoardo vii d’Inghilterra, pochi anni prima della guerra, enumerando i capi di Stato e descrivendo gli sfolgoranti dettagli delle loro uniformi, le rigide e complesse regole del cerimoniale e gli intricati rapporti di parentela tra i presenti. Alle esequie presenziarono l’imperatore di Germania e lo zar di Russia, nipoti dello scomparso e cugini tra loro, il re di Grecia e i re di Danimarca e Norvegia, con lo stesso grado di parentela. Non per nulla, il figlio della regina Vittoria era soprannominato lo «zio d’Europa». Si intuisce, dietro a queste immagini, quale sia lo spettacolo di sfarzo e potere che l’Europa vuole offrire agli occhi del mondo. Ma è anche il primo atto del suo suicidio. Dopo aver descritto i personaggi, Tuchman affronta, con la stessa ricchezza di dettagli e profondità psicologica, l’eccitazione che l’attentato di Sarajevo avrebbe provocato, solo quattro anni dopo, negli invitati a quel funerale. Su questa Europa, chiosa il ministro inglese sir Edward Grey, «si stanno per spegnere le luci». -
Il dizionario del bugiardo
Londra, il Diciannnovesimo secolo è al tramonto quando Peter Winceworth, della rinomata casa editrice Swansby, riceve dal professor Gerolf Swansby in persona l'ingrato compito di aggiornare il Nuovo Dizionario Enciclopedico Swansby alla lettera S. Il lessicografo, che è solito dire neceffario e peccaminofo, sparpaglia sulla scrivania i suoi foglietti azzurri coperti di parole che cominciano per la fatidica consonante, ma voci e lemmi si trasformano subito in fastidiosi sibili e fischi. Non è semplice liberarsi della zeppola, soprattutto se è una zeppola falsa, del tutto artefatta, nata dalla sciocca convinzione, maturata da Winceworth quand'era bambino, che quell'amabile artificio potesse garantirgli in cambio sorrisi e gentilezza. Non è nemmeno semplice liberarsi del maleficio della simulazione per chi ne ha fatto la propria condotta di vita. Soprattutto, per chi ha a che fare con l'artificio piú grande di tutti: la compilazione e la definizione delle parole. Perché dunque non inventare parole nuove, visto che ogni lingua muta con il mutare delle epoche? Londra, in un giorno qualsiasi del Ventunesimo secolo Mallory è al lavoro nel suo ufficio al secondo piano della Swansby House. Accanto vi è una squallida stanza delle fotocopie, poi il ripostiglio della cancelleria e alla fine del corridoio l'ufficio di David Swansby, erede della rinomata casa editrice omonima. Mallory è stata assunta con l'incarico di rispondere alle telefonate che arrivano ogni giorno, provenienti stranamente tutte dalla stessa persona. Telefonate che minacciano di far saltare in aria l'edificio, accompagnate da auspici funesti: «Spero che bruciate all'inferno», «Vi voglio tutti morti». La vita di Mallory si adagerebbe nella routine di queste minacce, se David non le affidasse un nuovo compito: contribuire alla digitalizzazione del dizionario Swansby scovando voci e lemmi bizzarri come aragnasetlazione (la sensazione di camminare tra filamenti di seta di ragno) o asinidoroso (che emette l'odore di un asino che brucia), con cui qualche bislacco lessicografo ha cercato in passato di minare il buon nome delle edizioni Swansby. Tra le mura della Swansby House, tuttavia, la simulazione non si annida soltanto nelle pagine di un vecchio dizionario... Accolto al suo apparire in Inghilterra da un grande successo di critica e pubblico, Il dizionario del bugiardo è uno strabiliante romanzo sul potere piú grande che è dato agli esseri umani: il potere delle parole. -
Così ricostruimmo l'Italia. 1945-1959
1945-1959: gli eventi e gli uomini della rinascita nazionale dell’Italia nell’industria, nella politica e nella cultura.rnrn«A poco meno di 100 anni dalla nascita l’Italia si è messa in cammino».All’inizio del giugno 1945, dopo un mese di pace in Italia, i mezzi di trasporto ferroviario, rispetto all’anteguerra, sono a un sesto, gli autocarri a meno della metà, la flotta mercantile a un decimo. Servono sette ore per andare da Roma a Napoli, trentasei da Torino a Roma su un unico treno giornaliero, trentatré da Milano.rnPer il trimestre estivo, gli approvvigionamenti di carbone sono valutati a un decimo del fabbisogno, pure lo zucchero è a un decimo, la carne a un quarto. Il Nord della Penisola è attraversato da una scia di odio sanguinario; i partiti politici si sbranano sul futuro assetto statuale, monarchia o repubblica; l’indipendentismo minaccia la Sicilia; Tito ha allungato le mani su Trieste e il Friuli Venezia Giulia.rnEppure in quindici anni l’Italia stupirà il mondo con una rinascita che non ha precedenti.rnAd accompagnare i sogni arriva subito la schedina, prima con il «12», poi con il «13». Il Grande Torino, Coppi, Bartali ridanno un minimo di orgoglio a un Paese umiliato dal fascismo e annichilito dalla guerra persa. La scuola, il diploma, la laurea diventano il traguardo di moltissime famiglie convinte che il «pezzo di carta» consentirà ai figli un domani migliore. Scandali, imbrogli, misfatti rimangono spesso sotto il pelo dell’acqua e in ogni caso non infrangono l’ottimismo di fondo. La guerra fredda, lo scontro fra le grandi ideologie scavano baratri incolmabili, tuttavia permane una solidarietà di fondo tra le diverse anime della Nazione. Sia a destra, sia a sinistra in diverse occasioni l’interesse di bottega viene sacrificato davanti all’interesse generale.rnCapo del governo per sette anni, l’asburgico De Gasperi tiene a freno i grandi nemici della sinistra, Togliatti e Nenni, e quelli dell’oltranzismo cattolico rappresentati da Luigi Gedda, il pupillo di Pio xii. Dalle ceneri dell’agip il monopolista a fin di bene Mattei costruisce l’eni e lo usa per rompere il predominio petrolifero delle sette sorelle. Dall’inventiva di Enzo Ferrari e di Enrico Piaggio nascono due gioielli invidiati dal mondo. Gli italiani sostituiscono la Vespa alla bici in attesa di salire prima sulla Seicento, poi sulla Cinquecento. La nascente televisione regala una lingua al Paese, lo racconta e lo fa conoscere ai tanti, che mai si sono mossi dal borgo natio. Il cinema italiano conosce il suo periodo più fecondo contrassegnato dagli oscar a De Sica e a Fellini, dai trionfi di Rossellini al festival di Cannes.rnÈ la grande stagione della ricostruzione, un periodo della nostra storia in cui le accese divisioni sociali e politiche si accompagnano al comune desiderio di rinascita di una Nazione. -
Notizie dal mondo
Western mozzafiato, Notizie dal mondo è la storia di una toccante amicizia, un potente romanzo sull’universale sentimento dell’onore e della fiducia, al di là delle differenze di popoli e di culturern«Il capitano Kidd entra a far parte di diritto del pantheon dei grandi personaggi western». - Charles Frazierrnrn«Notizie dal mondo è un delizioso romanzo sulle gioie della libertà, sull’avventura nella natura selvaggia di un Texas inospitale e sulla riconciliazione tra culture molto diverse». - New York TimesTexas, 1870. All'indomani della Guerra civile, l'anziano capitano Jefferson Kidd, veterano di guerra e stampatore in pensione, si guadagna da vivere spostandosi da una città all'altra e leggendo ad alta voce i giornali per un pubblico pagante e affamato di notizie dal mondo. Un giorno, a Wichita Falls, Kidd viene avvicinato da Britt Johnson, un nero libero che fa il trasportatore. Sul suo carro c'è una bambina di una decina d'anni, vestita alla maniera Comanche con una tunica di pelle di daino con quattro file di denti d'alce cuciti sul petto. I capelli sono del colore dello zucchero d'acero, con una penna d'aquila e due piumini legati a una ciocca, e gli occhi, azzurrissimi, di una bambola di porcellana. A quanto ne sa l'agente che l'ha riscattata, si tratta di Johanna Leonberger, catturata dagli indiani quattro anni prima, quando ne aveva sei. I genitori e la sorellina più piccolo sono morti nell'assalto, ma ci sono dei parenti, uno zio e una zia, a San Antonio. Per cinquanta dollari, Kidd potrebbe affrontare un viaggio di tre settimane e riportarla alla sua famiglia? Uomo d'onore, il capitano accetta, sapendo che altrimenti nessun altro aiuterà la bambina. L'incarico, tuttavia, si rivela ben più arduo del previsto. Nei quattro anni trascorsi con i Comanche, Johanna ha dimenticato la lingua materna e le buone maniere, non intende salire sul carro né mettersi le scarpe, e tenta di scappare appena se ne presenta l'occasione. Una volta avventuratisi nel deserto, in una terra ostile e crudele, popolata da ambigui e pericolosi personaggi, al capitano e alla bambina non resta che imparare a conoscersi e fidarsi l'uno dell'altra per sopravvivere. Da questo libro l'omonimo film diretto da Paul Greengrass con Tom Hanks e Helena Zengel. -
Scene da un matrimonio futurista
«Con la nuova luna, il 28 agosto del 1913, al municipio del 14° distretto di Parigi, un giovane pittore italiano sposò una giovanissima parigina. Lui, Gino Severini, aveva trent'anni, lei, Jeanne Paul Fort, sedici.»Il 28 agosto del 1913, a Parigi, Gino Severini sposa Jeanne Fort. Suoi testimoni sono Guillaume Apollinaire e Filippo Tommaso Marinetti. Tra gli invitati, e tra coloro che accorrono al caffè Voltaire per i festeggiamenti, figurano Stuart Merrill, Alfred Vallette, Max Jacob, André Salmon, Rachilde, Francis Carco, Fernand Léger, alcuni tra i più importanti letterati e artisti dell'epoca. All'ingresso del Comune del 14° arrondissement, Paul Fort, il padre della sposa detto il «Principe dei poeti», non esita a definire l'unione «le mariage de la France avec l'Italie». Di certo quelle nozze rappresentano un momento esemplare non soltanto dei rapporti tra avanguardia italiana e francese, ma dell'avanguardia storica in generale e della sua indiscussa capitale del tempo: Parigi. Colma di artisti provenienti da diverse parti dell'Europa, Parigi è allora il centro in cui convergono tutti coloro che, nel vecchio Continente, generano scandalo e turbamento, ma schiudono anche all'arte nuovi e importanti traguardi estetici. Un milieu artistico e letterario che di lì a poco sarà spazzato via dalla tragica mattanza della prima guerra mondiale. Nelle pagine di questo libro, Lino Mannocci offre un'originale rivisitazione di quelle nozze e, a un tempo, un omaggio alle vite di alcuni degli invitati, e di altre forme di unioni e sodalizi che direttamente coinvolsero questi artisti e poeti durante quel fatidico 1913. Un ritorno al mondo proprio dell'avanguardia storica, prima che il nostro tempo la riducesse a un'accademia refrattaria alla creatività. -
Storia spregiudicata di Venezia. Come la Serenissima pianificò il suo mito
In milleseicento anni Venezia è divenuta una potenza europea temuta e riverita ben oltre le sue potenzialità militari. La sua vocazione marinara e commerciale da sola non è sufficiente a spiegare una tale longevità, superiore a quella dell'Antica Roma. Altre repubbliche marinare, italiane e del Nord Europa, conobbero uno splendore simile al suo ma per periodi di tempo infinitamente più brevi. E anche dopo la sua decadenza, la Serenissima è riuscita a tenere in vita il proprio mito. Come è stato possibile? Pieralvise Zorzi propone una nuova e intrigante interpretazione. Esaminando la sua vicenda millenaria alla luce dei moderni strumenti di analisi, ci si accorge che la chiave del successo è frutto di una spregiudicata ed efficace strategia di marketing e comunicazione. Venezia, più che uno Stato, fu una multinazionale ante litteram, una società per azioni dove gli azionisti erano i patrizi, famiglie che ponevano il proprio interesse personale al servizio dell'impresa comune. L'ascesa e il successo erano il risultato di una pianificazione dove nulla era lasciato al caso. A partire dai testimonials, che erano scelti con cura: a chi esaltava Venezia venivano conferiti onori, denaro, beni mobili ed immobili; chi la criticava veniva ridicolizzato e osteggiato se non perseguitato. Per secoli la Serenissima coltivò religiosamente il dogma della propria indipendenza dalla Chiesa romana creando la leggenda di san Marco e, sotto la protezione dell'evangelista, fece risalire la propria inviolabilità alla volontà divina. Al papa Alessandro vi Borgia che gliela contestò, chiedendo dove fosse scritto che il mare Adriatico fosse il Golfo di Venezia, l'ambasciatore veneziano Girolamo Donà rispose, imperturbabile nonostante apparisse come una minaccia al potere temporale della Chiesa: «Sta scritto sul retro della Donazione di Costantino, Santità». Consapevoli che l'immagine e l'opulenza erano gli strumenti per intimidire la concorrenza, i patrizi crearono una fiabesca porta d'ingresso alla città, il Bacino di San Marco, e la sua ideale continuazione: il Canal Grande, che serviva a trasmettere al visitatore, che lo percorreva partendo dalla Punta della Dogana, un'immagine di meraviglia, ricchezza e cultura. Venezia SpA costruì poi la più raffinata rete di spionaggio e una rete diplomatica che superarono per cinismo ed efficienza quella di tutti gli altri potentati. Traendo le conclusioni: quale fu il segreto di Venezia? Zorzi lo svela muovendosi perfettamente a suo agio tra i palazzi e nel millennio in cui la Serenissima guardò l'Europa dall'alto in basso. -
Il naufrago e il dominatore. Vita politica di Napoleone Bonaparte
La parabola di Napoleone invita il lettore a riflettere su temi di grande attualità, come le radici profonde dell’identità europea, l’influenza sulla società della propaganda e di un’oculata gestione dell’immagine pubblica da parte dei leader politici, i meccanismi e le distorsioni di un ideale rapporto diretto fra una guida carismatica e il proprio popolo.«Con prosa agile, senza apparato di note e con una bibliografia ridotta all’osso, Antonino De Francesco tratteggia una “vita politica” del còrso che si segnala per la chiarezza con cui sostiene una tesi in parte originale» - Stefano Folli, RobisonLa vita politica dell’uomo che più di ogni altro visse la rivoluzione e che di questa fu alla volta il naufrago e il dominatoreIl mito di Napoleone è nato con le straordinarie vittorie in Italia. Il generale seppe sapientemente orchestrarlo per legittimare il colpo di stato che segnò la sua ascesa da primo console della Repubblica fino all’incoronazione a imperatore dei francesi e a re d’Italia. Da allora, memorie e resoconti di dubbia affidabilità hanno alimentato la leggenda, oscurando la sua autentica vicenda umana e politica nel quadro della stagione rivoluzionaria.rnScoprire come realmente il giovane e controverso ufficiale venuto dalla Corsica sia diventato il Napoleone dei francesi non è, però, meno affascinante di molta storia costruita ad arte. È quanto accade in queste pagine che riportano al centro della sua biografia la complessità dei fattori che lo guidavano (e condizionavano) nelle sue scelte, innanzitutto lo stato di continua tensione interiore fra poli diversi, talvolta anche opposti, che lo indussero spesso a soluzioni contraddittorie.rnIn Bonaparte convissero, da un lato, l’ardente patriota còrso votato all’indipendenza dell’isola, il fervente sostenitore dei valori dei Lumi, della Rivoluzione e della Repubblica, il riformatore, padre dell’identità della Francia moderna, il politico all’ossessiva ricerca della legittimazione tramite il consenso popolare e della conciliazione delle esigenze di tutte le parti sociali; dall’altro lato, il rappresentante della piccola nobiltà di provincia ossequiosamente legato ai capisaldi d’antico regime (la famiglia, l’aristocrazia), lo spregiudicato uomo d’armi disposto a ricorrere alla forza per sconfiggere gli avversari, non solo militari (come l’acerrima nemica Inghilterra), ma anche politici (quale il duca d’Enghien), il conquistatore che non esitava a condurre guerre coloniali contro popoli ritenuti barbari e inferiori, nonché il fondatore di una dinastia imperiale, quando i tempi sembravano suggerire un altro indirizzo al corso della storia. -
L' ultimo movimento
Uno struggente romanzo sulla vita del compositore e direttore d'orchestra austriaco Gustav Mahler, dalla penna di uno dei più raffinati autori contemporanei.rn«Fino all’ultima frase un romanzo fantastico». - Die Tageszeitungrn«Elegiaco, poetico ma senza sentimentalismi. Un vero regalo». - Welt am Sonntagrn«La lingua di Seethaler è qualcosa di speciale». - Der Spiegelrn Gustav Mahler si trova a bordo di una nave che lo riporterà da New York all’Europa. Mahler è famoso in tutto il mondo, è all’apice del successo, la folla lo adora, ma fisicamente è un uomo finito: la malattia lo sta consumando. E mentre un giovane mozzo lo accudisce, gli porta il tè e le coperte e si prende cura di lui, Mahler ripensa alla sua vita, alla figlia Maria, morta da bambina, al suo grande amore, Alma, che lo ha tradito, e all’altra figlia Anna, che è sottocoperta con Alma. È il suo ultimo viaggio. Sa che sta morendo, che ha perso l’amore di sua moglie e che la vita continuerà senza di lui. Struggente e malinconico, ma anche intenso e poetico, L’ultimo movimento è il ritratto di un grande artista, dal carattere non facile, che compie un doloroso ma inevitabile bilancio di quella che è stata la sua esistenza. rnCOME COMINCIAA capo chino, il corpo avvolto in una calda coperta di lana, Gustav Mahler sedeva in una parte a lui riservata del ponte di passeggio dell’Amerika, aspettando il mozzo. L’oceano era una distesa grigia e inerte nella luce mattutina. Non si vedeva niente tranne i fuchi di mare, che galleggiavano in superficie in isolotti viscosi, e un bagliore piuttosto strano all’orizzonte che però, come gli aveva assicurato il capitano, non significava assolutamente nulla. Era seduto su una cassa d’acciaio, con la schiena appoggiata alla parete di un container, e avvertiva sotto di sé il martellare cupo e regolare dei motori della nave. Sulla cassa c’era un rotolo di gomena, da cui spuntava un gancio di ferro. Il gancio era arrugginito in punta, la gomena sfilacciata e nera di grasso. Gli avevano raccontato del profumo dell’oceano, ma lui non lo sentiva. Là fuori c’era solo l’odore dell’acciaio, del lubrificante per le macchine e del vento, che arrivava da nord e sembrava non girare mai. A Mahler piaceva il vento. Aveva l’impressione che gli spazzasse via i pensieri futili dalla testa. -
Un perfetto gentiluomo
Un perfetto gentiluomo narra, con le armi dello humour e dell'ironia, delle peripezie di un ""gentleman"""" ebreo nel cuore della vecchia Inghilterra.«Preparatevi a restare affascinati da questo delizioso romanzo» – The Times«In """"Un perfetto gentiluomo"""" una coppia di profughi ebrei arrivata in Gran Bretagna negli anni Trenta viene respinta dalla buona società e si deve inventare un percorso di rivalsa» – Robinson - la RepubblicaJack Rosenblum ha un sogno. Da quando lui e sua moglie Sadie, ebrei tedeschi in fuga dalla Germania nazista, sono sbarcati a Harwich, nell'agosto del 1937, non c'è nulla che desideri di più che diventare un perfetto cittadino britannico. Un metro e sessantuno di pura tenacia, Jack non è come gli altri rifugiati, che nella maggioranza dei casi si accontentano di formare i loro shtetl all'interno della grande città. Sebbene sia d'accordo con i suoi vicini nel pensare che il ruolo dell'ebreo sia quello di non farsi notare, è stanco di essere diverso. E poi, a differenza di Sadie, incapace di adattarsi alla nuova vita, gli inglesi e le loro eccentricità gli piacciono e vuole a tutti i costi essere uno di loro. Per farlo, si affida con cieca fiducia all'opuscolo che gli è stato consegnato al suo arrivo in Inghilterra, """"Informazioni utili e consigli amichevoli per il profugo"""", a cui, giorno dopo giorno, aggiunge di suo pugno tutto ciò che apprende. Ora, dopo anni di studio e scrupolosa osservanza delle regole, Jack ha soddisfatto quasi tutti i requisiti della lista: indossa l'abito giusto, possiede l'automobile adatta a un gentiluomo inglese e la casa in una zona verdeggiante della città. Il suo cappello proviene da Lock di St James's Street, e lui non manca di dare sempre l'angolazione giusta alla tesa. Pranza tre volte alla settimana nei migliori ristoranti cittadini e porta sua moglie al Covent Garden e alla Wigmore Hall. Resta un solo punto sulla lista, una cosa di fondamentale importanza: un gentleman inglese deve essere membro di un golf club. L'iscrizione a un golf club sembra, però, un'impresa altamente proibitiva, come la ricostruzione di Gerusalemme o la preparazione di un perfetto panino alla carne salata. Nessun golf club inglese pare, infatti, disposto ad accettare un profugo ebreo tra i suoi membri. Jack Rosenblum, tuttavia, è tenace fino all'ostinazione, e non sarà un rifiuto a mettere fine al suo sogno. Romanzo con cui l'autrice de I Goldbaum fece il suo esordio sulla scena letteraria mondiale, Un perfetto gentiluomo narra, con le armi dello humour e dell'ironia, delle peripezie di un """"gentleman"""" ebreo nel cuore della vecchia Inghilterra."" -
La banda degli uomini
Un libro intenso, che indaga personaggi capaci di lasciarci addosso anche il ritmo del loro respiro.«Se nessuno crede alla caduta» fece Andrea, «allora cosa è successo?» Era strano, ma ci voleva coraggio a dirlo, a rendere reale un brutto pensiero: «Qualcuno l'ha ammazzato di botte». Le parole rimasero sospese nell'aria per qualche istante, poi la loro pesantezza le portò a terra con uno schianto.Questo romanzo ha la scrittura tenue delle lampadine da poche candele che si utilizzavano negli anni Trenta. Dove il termine tenue vuole dire ombre, vaghe certezze, il mistero del silenzio quando la sera imbrunisce. È ambientato durante il fascismo, in un regime che in queste pagine è una seccatura, una parata inutile: per tutti, anche per i gerarchi in divisa. In un quadrilatero della vecchia Milano operaia, tra via Porpora e Lambrate, un uomo, un anarchico con il vizio dell'alcol, che si è perduto nonostante figli e famiglia, muore apparentemente per cause naturali. Ma per uno dei figli la versione ufficiale non regge. E comincia a indagare, aiutato dal fratello, da alcuni amici e da un meccanico ebreo. Ne esce un racconto che ha il giallo come pretesto ma che è la magistrale narrazione di un'epoca di mezze tinte, di espedienti e di furbizie, di antagonismi e di invidie, di opere d'arte importanti e collezionisti senza scrupoli, di opportunisti con la vocazione al fallimento, attratti dalla rovina come fosse una fosca forma di successo. Un mondo che sfocerà nel dramma della seconda guerra mondiale, ma senza clamori, come una fredda necessità della storia. Con lentezza, senza alzare la voce, con moderazione e misura, Flavio Villani si muove nella ruvidezza delle malinconie, descrivendo esistenze impaurite e ipocrite, senza valore e senza morale, che non ambiscono neppure alla forza, alla retorica della disperazione. La banda degli uomini è un libro intenso, che indaga personaggi capaci di lasciarci addosso anche il ritmo del loro respiro. E alla fine sapremo quello che è accaduto, ma soprattutto capiremo un po' di più di ciò che siamo e avremmo potuto essere. Un libro sottile e godibile che non rinuncia mai a farsi letteratura. -
Le tombe di Whitechapel
Tra false piste, intuizioni geniali e un’indagine dal ritmo serrato, l’autrice della Quattordicesima lettera ritorna con un avvincente thriller che trasporta il lettore nelle incantevoli, oscure atmosfere della Londra vittoriana.rn«Irresistibile». - Daily Mailrnrn«Una trama esuberante e una scrittura brillante. Un piacere leggerlo». - TimesLondra, 1882. Conosciuto come «il paladino degli innocenti», l’avvocato Cage Lackmann non ha mai perso una causa, nemmeno quando si è trattato di difendere i peggiori tagliagole. L’arte teatrale, del resto, così come l’inganno e la simulazione, ce le ha nel sangue: sua madre, Honor Dossett, è una consumata attrice.rnOra, però, la carriera di Cage Lackmann rischia di essere travolta da uno scandalo che scuote la buona società londinese.rnCinque anni prima, Cage ha difeso con successo Moses Pickering, accusato di uno di quegli omicidi spettacolari che sono la delizia dei quotidiani: il figlio quindicenne dell’abbiente famiglia Crewler, presso cui Pickering alloggiava, era stato trovato vestito da donna, violentato e strangolato. In realtà, l’accusa non aveva in mano niente contro il gentile e sofisticato Moses Pickering. Certo, Moses si trovava in quella casa la sera in cui il ragazzo era stato ucciso, ma erano presenti anche il fratello maggiore della vittima e l’intera servitù. A far cadere il sospetto su di lui erano stati solo e unicamente i suoi modi effeminati.rnIl caso vuole, però, che a un tiro di sasso dalla casa di Cage, in una delle strade più pericolose di Whitechapel, cinque anni dopo il caso Crewler, venga rinvenuto il corpo di un altro ragazzo vestito da donna e strangolato. Gli indizi sembrano condurre nuovamente a Pickering, svanito nel nulla proprio il giorno dell’omicidio.rnIncalzato dall’ispettore Jack Cross, più che mai intenzionato a smascherarlo come il peggior bugiardo che abbia mai calcato le aule di un tribunale, l’infallibile avvocato deve trovare Pickering al più presto e provare a salvarlo per la seconda volta con una delle sue magie. -
Frida in America. Il risveglio creativo di una grande artista
L’avvincente storia di come i tre anni trascorsi negli Stati Uniti abbiano trasformato Frida Kahlo nell'artista che conosciamo oggirn«Celia Stahr chiarisce il profondo impatto che il soggiorno di Frida a San Francisco, Detroit e New York ebbe sull’arco della sua creatività». - Booklistrn«Con una ricerca meticolosa ed eleganti giri di parole, l’avvincente resoconto di Stahr fornisce un’analisi accademica ma accessibile sia per le femministe che per gli amanti dell'arte». - Publishers Weeklyrn«Celia Stahr si concentra sul periodo della grande pittrice messicana in America, un periodo di trasformazione per la Kahlo e la sua arte». - Washington Independent Review of BooksrnQuando, a ventitré anni, giunse negli Stati Uniti insieme al marito, il muralista Diego Rivera, la giovane Frida Kahlo era una pittrice alle prime armi, da tutti considerata null’altro che la «piccola moglie messicana» di un artista all’apice della fama. La loro prima fermata fu San Francisco, dove Diego era stato invitato dall’architetto americano Timothy Pflueger per dipingere un murale sulla parete del Pacific Stock Exchange. Sebbene entusiasta di partire, Frida fece fatica a dire addio alla propria famiglia mentre lasciava l’amata patria messicana per Gringolandia, come lei chiamava gli Stati Uniti. Le incognite erano tante: com’era davvero quella terra straniera? Sarebbe stata in grado di comunicare, vista la sua scarsa padronanza dell’inglese? Ma, soprattutto, avrebbe trovato ispirazione per la propria arte? Frida era una figlia della rivoluzione messicana, come amava dire, una paladina appassionata dei diseredati e degli ultimi della terra. Eppure le ci volle la permanenza negli Stati Uniti perché le fondamenta su cui poggiava la sua idea di casa e di paese natale vacillassero, costringendola a vedere una realtà diversa. In questa terra straniera lottò e incespicò, talora maledicendola, tal’altra accettandola, raffigurandola tuttavia sempre con occhio attento all’umorismo che ribolliva sotto la superficie della sofferenza. E alla fine il soggiorno a Gringolandia la mutò profondamente, come artista e come donna, trasformando la Señora Rivera nella Frida Kahlo dei suoi dipinti più ispirati. Da quando, nel 1983, Hayden Herrera ha dato alle stampe il suo Frida (Neri Pozza, 2016), non ci sono state altre biografie di rilievo sulla pittrice. E nessun autore ha esplorato in profondità il corpus di opere creato dall’artista durante la sua permanenza negli Stati Uniti. Concentrarsi su questi anni cruciali della sua evoluzione consente di capire più a fondo questa donna e artista geniale. Schiude una porta su molti dei temi, degli atteggiamenti e delle norme con cui Frida si scontrò in questo periodo significativo della sua vita, che gettò le basi della sua identità, della sua immagine pubblica e del suo maturo stile artistico a venirernCOME COMINCIA Varcare le pareti blu della casa di Frida Kahlo a Coyoacán significa entrare nel santuario dell’artista. Si avverte lo spirito di Frida non appena si attraversa il vestibolo rettangolare e si accede al patio centrale, colmo di piante e alberi verdi e frondosi circondati da quei muri blu carico. Un incanto. All’interno, la cucina è disseminata di piastrelle gialle e blu, nella sala da pranzo le mensole... -
Ivy
Salutato dalla stampa americana come «Il talento di Mr. Ripley nell'era di Instagram» («Bustle»), Ivy consegna alla narrativa contemporanea un personaggio indimenticabile, prigioniero della fragilità dei suoi sogni e dell'oscurità delle sue ossessioni.«Susie Yang si inoltra nella guerra di classe, e nei suoi inganni, nel più grande debutto della stagione» – Entertainment Weekly«L'attraente, serrato ritratto di una giovane donna la cui ossessione per gli aspetti superficiali del successo la conduce nel più profondo degli abissi» – Washington Post«Un libro favoloso... impossibile da dimenticare» – Joshua Ferris«Jane Austen mescolata con l'acutezza iperrealista di Donna Tartt» – Irish Times«Una lettura che produce dipendenza» – GlamourIvy Lin è una ladra. Una ladra e una bugiarda insospettabile. Ha l'aspetto di un'esile ragazza asiatica dagli occhi bellissimi, con ciglia folte e nere e gli angoli allungati che affondano morbidamente nella piega delle palpebre, ma sostituirebbe volentieri sè stessa con una versione bionda con gli occhi azzurri. Ivy Lin è, infatti, una ladra e una bugiarda perchè non vuole essere quella che è, una ragazza asiatica negli Stati Uniti d'America. Non vuole la stessa vita di sua nonna Meifei, un'esistenza governata da noia e da regole ferree. Soprattutto, non vuole un marito buono soltanto a procurare un visto ai parenti o una vita rispettabilmente mediocre ai suoi. L'amore per Ivy deve esistere per sè stesso. Deve contemplare desiderio, eccitazione, libertà, avventura. Quando conosce Gideon Speyer, un rampollo di sangue blu del New England, con un ciuffo di soffici capelli biondi che gli scende dalle tempie fino alla sommità delle orecchie, una pronuncia impeccabile e una casa che sembra un castello in vetro e pietra, Ivy crede perciò di aver trovato una via d'uscita al suo mediocre destino. Certo, Gideon non è come Roux Roman, lo sfrontato ragazzo rumeno che affronta la vita a muso duro e che, con quell'aria da cattivo ragazzo, la attrae irresistibilmente. Gideon ha il successo scritto nei geni, è un giovane bianco destinato a un dottorato a Stanford e ad avere il cognome in qualche lista annuale di Forbes. Ma Ivy, dalla sua, ha la furbizia della nonna Meifei, quell'abilità mimetica, quella propensione a fingere tipica di chi non ha niente e vuole tutto. Così, anni dopo, durante una vacanza trascorsa in un lussuoso cottage degli Speyer, Ivy esercita le sue arti e, tra cene eleganti e gite al mare, riesce a farsi accettare da Gideon e dal suo clan. Ma proprio mentre sta per avere quello che ha sempre desiderato, il passato riaffiora, minacciando la vita quasi perfetta per cui ha lavorato così duramente. -
Il maestro e l'infanta
Come fosse un affresco del Tiepolo, Alberto Riva fa entrare il lettore in una storia intensa e nitidissima. E ci regala, attraverso una scrittura misurata e attenta, una trama figurativa che alterna realismo e suggestioni d’oltremare.rn«Cosa sono esattamente queste cose che componete, maestro?»rn«Esercizi».rn«D’accordo, ma la musica dov’è?»rn«La musica è dentro di voi, maestà».Nell’estate del 1720 un giovane compositore parte dall’Italia per arrivare a Lisbona, alla corte di re João v. Comincia così l’avventura umana e musicale di Domenico Scarlatti, figlio del grande Alessandro. Uomo mite e tormentato, per nulla sicuro del suo talento, capace di stare un passo indietro a tutto, anche a sé stesso.rnIl suo compito a corte è insegnare musica alla figlia del re, Maria Bárbara di Braganza, che andrà poi in sposa a Fernando di Borbone diventando regina di Spagna. Il rapporto tra Domenico Scarlatti e questa donna durerà per tutta la vita. E sarà la vera linfa, il vero snodo del talento del compositore napoletano. Le sue celebri Sonate, eseguite dai più grandi pianisti del Novecento, nascono come esercizi per le mani di Maria Bárbara.rnIl romanzo narra di questo sodalizio, di questo scambio tra maestro e allieva che si concluderà solo con la morte di Domenico Scarlatti. Un sodalizio in nome della musica che è anche il racconto di un’epoca di guerre, rivalità tra famiglie reali europee, complotti, poteri contrapposti. -
La morte viene di notte
Primo libro di una serie di gialli ambientata sull’isola di öland, in Svezia, La morte viene di notte, un thriller dal ritmo implacabile e dall’ambientazione suggestiva, ha segnato l’avvento sulla scena letteraria internazionale di Johanna Mo, nuova regina del romanzo criminale svedese.«Hanna è un’investigatrice senza fronzoli, ostinata e riflessiva. Johanna Mo promette davvero bene». - Publishers WeeklyNon c’è fuga dal passato. La detective Hanna Duncker lo comprende davvero solo tornando a öland, l’isola da cui è scappata a diciannove anni e dove aveva giurato di non rimettere mai più piede. Ma dopo la morte di suo padre, l’autunno precedente, Hanna ha capito che è proprio öland il posto a cui sente di appartenere, sebbene viverci significhi confrontarsi ogni giorno col fatto di essere la figlia di Lars Duncker, un nome tristemente noto nella contea. In una piccola comunità, non ci si può nascondere a lungo e, tra le occhiate di sbieco degli isolani e i pettegolezzi dei colleghi, Hanna si ritrova a lavorare gomito a gomito proprio con Ove Hultmark, il poliziotto che quindici anni prima ha arrestato suo padre. A complicare ulteriormente le cose, durante il suo primo giorno di lavoro al commissariato di Kalmar, viene rinvenuto un corpo nella palude di Möckel. La vittima è un ragazzo sui tredici o quattordici anni, con indosso una felpa con il cappuccio e, stretto nella mano destra, un piccolo fiore rosa che sta appassendo. Il cadavere giace accanto a una pozza di sangue; il volto è completamente tumefatto. Hanna è scossa dalla visione, soprattutto perchè il ragazzo è Joel Forslund, il figlio di Rebecka, che molti anni prima era stata la sua migliore amica. Si getta perciò a capofitto in un’indagine in cui la caccia alla verità diventa una resa dei conti con i fantasmi del suo passato, innanzi tutto con gli oscuri eventi che hanno riguardato suo padre anni prima. -
L' ombra del giglio
Tutti a Öland conoscono il nome di Hanna Duncker, per via di suo padre, condannato per incendio doloso e omicidio. Dopo la sua morte, Hanna ha scelto di tornare a lavorare sull’isola e affrontare il suo passato. È metà agosto quando lei e il collega Erik Lindgren vengono chiamati per investigare su un caso di persona scomparsa. Thomas, un agente immobiliare quarantenne, ha appena iniziato il suo congedo parentale quando una sera svanisce nel nulla insieme al figlio neonato Hugo. È la moglie a lanciare l’allarme e presto l’intera isola si mobilita nelle ricerche. Squadre di volontari passano al setaccio l’isoletta in cerca di padre e figlio, mentre Hanna ed Erik indagano nel passato dell’agente immobiliare per scovare indizi che li aiutino a capire il perché della sua scomparsa. È così che scoprono che l’uomo, da una relazione precedente, ha avuto una figlia ormai adulta mai riconosciuta, che ha trascorso l’estate sull’isola. Che sia in qualche modo implicata in ciò che è accaduto? Quando Thomas infine viene trovato morto in una casa venduta da poco dall’agenzia per cui lavorava, Hanna ed Erik si trovano per le mani anche un caso di omicidio. Ma Hanna non è completamente concentrata sulle ricerche, deve sempre combattere con i fantasmi del passato, portando avanti la sua indagine ufficiosa sulla morte del padre. Esiste un confine netto tra colpa e innocenza? Quanti segreti può contenere una famiglia?