Sfoglia il Catalogo feltrinelli016
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 1841-1860 di 10000 Articoli:
-
Le stanze del tempo
In queste trame coerenti di storie che si aprono una sull’altra come fossero stanze sconosciute, Piera Ventre conferma il suo grande talento di scrittrice. Ci fa immergere in quel battito del tempo che le case portano con sé. Dentro memorie e vite distanti che rinunciamo a conoscere del tutto, per lasciare alla nostra coscienza un intervallo, un’attesa, una lieve imprecisione in cui poter liberamente inciampare.«Piera Ventre è bravissima. Ha uno stile inconfondibile, un grande talento per le ricostruzioni degli avvenimenti, e una capacità di creare personaggi profondi, molto dettagliati, che ricordano La Storia di Elsa Morante.» – Valeria Parrella«Ventre tesse le storie e scandaglia l’animo con maestria, in un originale impasto linguistico.» – Corriere della SeraCosa significa raccontare delle stanze? Entrare in luoghi privati, nascosti, discreti e cercare tra pareti e corridoi, camere e luci che passano dalle finestre i fili di tante storie? È Piera Ventre a dircelo, nel suo modo, con la sua scrittura densa e precisa. E allora cosa accade se in una casa si accende un fuoco? Oppure se va via la luce, ed entrano insetti e briganti? E se in una casa si smarriscono gli oggetti, saremmo capaci di ritrovarli o dovremmo rassegnarci alla loro misteriosa sparizione? La vita che abita le stanze è quasi sempre segreta e inviolabile giacché le case, in fondo, altro non sono che tane nelle quali ciascuno rivela sé stesso. La donna che dice «io» in queste pagine in realtà dice «noi» e il suo sguardo, che setaccia le abitazioni in cui ha vissuto e le case degli altri, non si posa unicamente sugli oggetti, sulle pareti - e sui corpi che tra quelle pareti si muovono - ma sul quotidiano che talora emerge dalle cose che ci appaiono più innocue e familiari. Nel raccontare questi interni, come nei tableaux vivants, le inesattezze trovano corrispondenze esistenziali. E i dettagli sono specchio di qualcosa di profondo, sedimento del tempo, delle innumerevoli ore che ciascuno di noi trascorre nel luogo che ci ostiniamo a chiamare «casa». -
Gli spettri della sera
«È bello arrivarci col tramonto, a Sansenesio…Con la luce radente che si posa sulle cose sembra, chissà perché, che tutto sia irreale, come sospeso». In un giorno di agosto degli anni Ottanta, Stella, sedici anni e il «sogno americano» in testa, coltivato sulle pagine di On the Road, e suo cugino Michele, dieci anni scarsi e il naso ficcato sempre in qualche libro, arrivano in un piccolo borgo del Monferrato. Partiti dalla stazione centrale di Napoli, si ritrovano in un paesaggio di vigneti arrampicati sulle colline, dove, a ridosso di una strada provinciale cinta da pali della luce su cui si appollaiano spesso falchetti, nibbi e poiane, si erge il cascinale di Rensín. Con i calzoni macchiati dalle gore di grasso del trattore, un rigo nero di terra sotto le unghie, Rensín vive in quella casa da quando è nato. Quando assomigliava a Mastroianni, ha fatto breccia nel cuore di Marina, la zia di Stella che lavorava in una clinica a Napoli come inserviente prima di trasferirsi nel Munfrà, il nomignolo fraterno con cui Rensín chiama il Monferrato. In quel cascinale del Munfrà, Stella, Michele e poi Angela, la sorella di Stella, assisteranno, nel corso degli anni, allo svolgersi delle vite racchiuse tra quelle mura. Alla vita della zia Marina, innanzi tutto, che sarchierà la terra, legherà le viti, raccoglierà le uova dal pollaio, ma resterà sempre prigioniera di un amore impigliato, incapace di sciogliersi dalla trama del destino. A quella di Rensín, che, attaccato alle leggi della terra, tratterà le bestie da bestie finché non si ammalerà. Alla vita, infine, di Lodovina, la nonna piccola, bassina, con la bocca grande e gli occhi enormi e distanziati, che narrerà degli spettri celati in ogni casa, in ogni famiglia, in ogni paese, spettri che non l’aiuteranno, però, ad alleviare la spietata durezza della vecchiaia. Vite appartate, lontane dai clamori della Storia, vite tuttavia che hanno il proprio posto nel mondo e, sapendo che l’amore si nutre soltanto della creatura che lo genera, sono capaci di cogliere gli istanti di felicità che l’esistenza riesce a elargire. -
Il silenzio del mondo
Il silenzio del mondo è un romanzo sulla diversità dell’essere sordi, sul linguaggio, sul dolore del comunicare. Un libro dove i gesti sostituiscono le parole, dove l’ascolto è qualcosa che va inventato nuovamente, ogni giorno. Ma è anche un romanzo che l’autore ha cucito per sé.«L’avrebbe ricordata per sempre, fino a che fosse vissuta: era sorda come lei ma aveva questo misterioso e favoloso potere, la capacità magica di tenere le parole tra le dita».Questo romanzo narra una saga familiare che si svolge in un periodo di tempo che va dall’avvento del fascismo fino ai giorni nostri. È la storia di tre donne: nonna, madre e figlia, tutte non udenti. Rosa viene dal tempo antico e contadino. Impara una lingua simile a quel che vede e tocca: forte e sanguigna. Quella lingua è come una madre, se la porta con sé fino alla fine, e per essa si scontra col mondo civilizzato che non la capisce, e che lei non può comprendere. Da Rosa nasce Laura, che cresce nella grande città, conosce la lingua della gente, la governa, la padroneggia. Ma quella lingua che tutti parlano in realtà non le appartiene. Riconoscerlo è doloroso, richiede fatica, ci vuole coraggio. Una volta accettata la verità, sarà difficile tornare indietro. E da Laura nasce Francesca che è il prodotto dell’oggi. Parla la lingua di tutti, usa codici sofisticati, alterna tivi, evoluti. Ma Francesca sospetta che non bastino, lo capisce poco alla volta mentre l’ansia del mondo lentamente la assale.«È una storia che mi riguarda» ha scritto Tommaso Avati, «perché parla della sordità che io conosco per averla sperimentata sulla mia pelle fin dalla nascita. So cosa voglia dire non udire, vivere in un mondo ovattato e separato, distante e mai davvero raggiungibile dagli altri, persino dai tuoi cari». Ora questo mondo ovattato e separato, per certi versi irraggiungibile, è diventato un romanzo, tutto al femminile, pieno di poesia, sorprendente e di una spietata dolcezza. -
Cavalchiamo la marea
Eulabee e Maria Fabiola hanno tredici, quasi quattordici anni, e non soltanto la vita, ma anche le strade di Sea Cliff, il lindo e ricco quartiere di San Francisco, appartengono a loro. Ogni giorno le percorrono per andare alla loro scuola, appollaiata in alto in faccia al Pacifico, o per scendere alle spiagge affollate di pescatori e di freak. Conoscono ogni angolo, ogni casa di quelle stradine. Quella del mago, ad esempio, col tavolo da pranzo che sbuca da una botola nel pavimento, o quella del cantante della rock band con l’altalena sospesa sul mare. Eulabee e Maria Fabiola girano con altre due compagne: Julia, la pattinatrice con gli occhi a suo dire «cobalto» e una sorella che, coi pantaloni a zampa e i capelli arruffati, non ha ancora capito che corrono gli anni Ottanta, anni puliti e dai colori accesi e netti; e Faith, che fa il portiere in una squadra di calcio e somiglia ad Anna dai capelli rossi per alcuni o a Pippi Calzelunghe per altri. Le vere regine delle spiagge di Sea Cliff sono però lei, Eulabee, figlia di una parsimoniosa famiglia di origine svedese, e Maria Fabiola, che a volte dice di essere italiana, a volte no, ed è di una bellezza così imbarazzante da avere sul viso un’espressione di sorpresa costante, come se fosse lei stessa incredula davanti alla propria fortuna. Un giorno, tuttavia, cambia tutto: nel tragitto verso la scuola, le ragazze si ritrovano al cospetto di un evento oscuro e perturbante. Sarà il punto di non ritorno per la loro amicizia, l’origine di una serie di conseguenze incontrollabili. Rese ancora più gravi da una scomparsa improvvisa, un rapimento, forse, che minaccia di far affiorare verità inaspettate nella privilegiata comunità di Sea Cliff. -
Loro
Un romanzo che, nel suo finale del tutto imprevedibile, è un omaggio alla grande letteratura e, nello stesso tempo, un racconto nitido che si muove dentro uno scenario torbido e sa guardare oltre l’ignoto.rn""Loro cosa vogliono da voi?"""" chiesi. Prima ci fu un lungo silenzio. E poi solo poche parole: """"Niente. Loro ci obbediscono. Questo conta"""".Può il memoriale di una giovane donna sconvolgere a tal punto, da turbare persino coloro che si avventurano abitualmente nei recessi più oscuri della mente? È quanto accade in queste pagine, nelle quali Margherita B. narra dei fatti accaduti nel 2018, quando prende servizio, stando alle sue parole, come istitutrice presso una famiglia aristocratica, gli Ordelaffi, in una magnifica villa progettata da un celebre architetto alle porte di Roma: la casa di vetro. Il compito che le viene affidato è prendersi cura delle gemelline Lucrezia e Lavinia. Nella casa di vetro, tutto sembra meraviglioso quell'estate. Ogni cosa è scelta con gusto, con garbo, con dedizione. Le gemelle, identiche, sono una meraviglia di educazione e di talento. Lucrezia ama il pianoforte, Lavinia l'equitazione. Ma pochi giorni dopo l'arrivo di Margherita cominciano a rivelarsi presenze terrificanti. Sono loro, dicono le bambine, gli antichi ospiti della casa, tornati per riportare in luce l'orrore. """"Loro"""" rivisita le ossessioni che da anni segnano la narrativa di Roberto Cotroneo: il tema della verità e dell'ambiguità, del bene e del male, della violenza, del sacro e della felicità, quando brucia fino a farsi cenere. Le sue pagine, oscure e strazianti, si muovono per territori sinistri, e indagano soprattutto quella terra di nessuno che è la nostra mente. Un romanzo che, nel suo finale del tutto imprevedibile, è un omaggio alla grande letteratura e, nello stesso tempo, un racconto nitido che si muove dentro uno scenario torbido e sa guardare oltre l'ignoto. Alla fine, a prevalere saranno il fallimento di ogni ragione e il trionfo di un mondo che non è di questo mondo. Perché, come ha scritto Nietzsche: «quando scruterai in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te»."" -
Gli ultimi giorni del potere imperiale. I dodici
Nell’aprile del 2018, Blok termina Gli ultimi giorni del potere imperiale, un resoconto preciso, scandito da un ritmo angoscioso, della fine della Russia zarista, poi smette di scrivere. Muore improvvisamente tre anni dopo dicendo nell’addio «la Russia mi ha mangiato come uno stupido maiale mangia il suo porcellino». I due testi, attentamente tradotti e curati da Igor Sibaldi, sono qui riuniti per la prima volta in un’unica edizione.«Blok, a suo modo, aveva creduto nella Rivoluzione: nel 1917 diceva e scriveva continuamente di sentire, per le strade di Pietrogrado, la “musica” della rivolta, fatta di canti e marce e del fracasso del vecchio mondo che veniva travolto, portandosi dietro nell’oblio tutto il peso dello zarismo» - Andrea Tarabbiarn«La poesia di Blok è trascinante ed estremamente musicale» - Wlodek Goldkorn, RobinsonrnrnNel febbraio del 1917 Aleksandr Blok è di leva, soldato semplice in una compagnia di genieri acquartierata nelle paludi di Pinsk, in Bielorussia. Non ha visto le violente dimostrazioni nelle vie di Pietrogrado né ha assistito al rapido sfacelo del potere imperiale. L’eco del crollo del regno di Nicola II, quel lungo disastro cominciato con i milletrecento morti nei giorni dell’incoronazione e proseguito poi con una feroce e sciagurata politica interna, è arrivata però chiara al suo orecchio. Blok sa che Nicola II ha abdicato ed è agli arresti. Ne gioisce a tal punto da fare richiesta di trasferimento, tornare nella capitale e farsi nominare redattore capo delle registrazioni stenografiche della «Commissione inquirente straordinaria per l’inchiesta sulle attività illegali degli ex ministri, dirigenti amministrativi e alti funzionari».rnNella fortezza di Pietro e Paolo assiste, in un misto di atrocità, confusione e cinismo, agli interrogatori dei dignitari che per vent’anni sono stati i padroni assoluti della nazione. Uno spettacolo miserevole, dinanzi al quale si rafforza in lui l’assoluta convinzione che la tempesta della Rivoluzione sia necessaria, che per lasciarsi alle spalle la «falsa, sporca, tediosa, mostruosa vita» del potere imperiale occorra, «con tutto il corpo, con tutto il cuore, con tutta la coscienza», ascoltare la Rivoluzione.rnLa quasi totalità dell’intelligencija russa, tuttavia, fraintende. Crede che Blok sia salito sul carro dei vincitori bolscevichi. Il poeta risponde allora con la lingua che gli è propria, scrive di getto e pubblica I dodici, il grande poema mistico in cui Gesù Cristo, cinto da una bianca coroncina di rose, capeggia una pattuglia di guardie rosse. La pubblicazione suscita il disprezzo e l’indignazione sia degli intelligenty, per i quali Blok diventa definitivamente un traditore, sia dei bolscevichi, per i quali il poeta, con il suo misticismo, non è altro che un nemico di classe. -
Il grande Gatsby
Impeccabile ritratto di un'epoca, quella dei ruggenti anni Venti, dove tra luci sfavillanti e sfarzosi party si cela una spietata oscurità, e dove il mito americano si sgretola pagina dopo pagina, Il grande Gatsby viene offerto in questa edizione nella nuova traduzione a cura di Alessandro Fabrizi, una traduzione che permette di comprendere il senso profondo di un'epoca sintetizzata in una cifra linguistica originale e incisiva: la prerogativa di un classico.«Il primo passo avanti per la narrativa americana dai tempi di Henry James» – T.S. EliotNella primavera del 1922 il giovane Nick Carraway si trasferisce a West Egg, sulla Gold Coast di Long Island, per imparare il mestiere dell'agente di Borsa. Per ottanta dollari al mese affitta una villetta di cartone logorato dalle intemperie a soli cinquanta passi dal mare, strizzata fra due enormi dimore. Quella a destra è una magione mastodontica da ogni punto di vista, con una torretta da un lato, una piscina in marmo e più di quaranta acri di prato e giardino. È la villa del misterioso Jay Gatsby, un gentiluomo su cui si vociferano le cose più assurde – si pensa che abbia ucciso un uomo, che durante la guerra fosse una spia tedesca, che si arricchisca con il contrabbando –, famoso in tutta la baia per le sfarzose e stravaganti feste che organizza nella sua dimora. Affascinato dalla enigmatica personalità del suo vicino, Nick si avvicina a Gatsby, un uomo che si tiene a curiosa distanza da tutto ciò che sfoggia: offre lo champagne in coppe più grandi delle ciotole che si usano per sciacquarsi le dita, senza berne nemmeno una goccia; possiede camicie che non ha mai indossato, libri che non ha mai letto, ed estende inviti a fare il bagno in una piscina dove non si è mai tuffato. L'unica cosa che sembra attrarre e ossessionare Gatsby è la luce verde che brilla dall'altra parte della baia, dove sorgono i bianchi palazzi della modaiola East Egg, e dove vivono i Buchanan: Tom, un uomo rozzo e infedele, e sua moglie Daisy, cugina di terzo grado di Nick, la donna di cui Gatsby è perdutamente innamorato... -
L' uomo del vicerè
Ci sono indagini e indagini. Alcune obbediscono alla logica e al distacco. Altre sono figlie di un grumo di peccati, attraversano il dolore, rendono inspiegabili le cose del mondo. Siamo nel 1783, in una Palermo rancorosa e fetida. La nobiltà è in lotta contro il nuovo Vicerè: l'illuminista e intellettuale marchese Caracciolo. Ma mentre accade questo vengono ritrovati i cadaveri di alcune bambine: martirizzate, torturate, uccise e poi abbandonate per strada. Atrocità macabre che sembrano arrivare da un mondo buio e feroce. Così il Vicerè manda a chiamare Maurizio di Belmonte, un nobile fuggito da Palermo e da lui incontrato a Londra. Maurizio torna di malavoglia a Palermo. Alle sue spalle c'è uno scandalo familiare e soprattutto il lungo amore con Viola Inzerillo, ora sposata con un francese. Le sue indagini si rivelano subito difficili: la società palermitana gli sbarra la strada, si mette di traverso e persino il Vicerè viene visto come il diavolo che porta il male. Ma presto con l'aiuto dell'avvocato illuminista Francesco Di Blasi qualcosa si muove. Le bambine uccise portano strane medagliette e tutte andavano a «parlare con i morti» da un barone seguace di Cagliostro. E le torture dicono una cosa chiara: sono assai simili a quelle dei monaci dell'Inquisizione. Ma chi applica ancora quelle torture alle povere disgraziate? Anche Sofia Schulz, «la pittora dei morti» come la chiamano in città, dà una mano alle indagini, non solo per umanità, ma anche per una passione improvvisa per il giovane barone di Belmonte. Ma per risolvere questo caso non basteranno i libri e la limpida ragione del Vicerè Caracciolo. Neppure l'arguzia e il fascino di Maurizio Belmonte. Si tratterà di affondare le mani nel male. In un male che una città intera si porta sulle spalle come fosse un antico supplizio. -
Hotel degli insonni
In Hotel degli insonni, raccolta di undici magistrali storie, questo procedimento giunge a uno dei suoi esiti più riusciti. Tutti i protagonisti vi compiono il proprio «passo verso il nulla», rivolgendo lo sguardo verso il cuore di tenebra della propria condizione. Nel racconto che dà il titolo al libro, Vassilij Mihailovicˇ Blochin, il boia della Lubjanka, si ritrova al cospetto di Isaak Babel’, scrittore ebreo caduto in disgrazia presso il governo sovietico dopo aver pubblicato l’Armata a cavallo, un’implacabile cronaca dell’Armata Rossa guidata da Budënnyi, il generale amico di Stalin. Prima di piantare la Walther, la sua fidata pistola tedesca, nella nuca del poeta, Blochin ingaggia un breve duello verbale con Babel’, che osa giustificarsi adducendo la responsabilità della letteratura «davanti alla vita, davanti alla verità». «La verità vera» controbatte il boia, «la verità definitiva… la pronuncia solo la pallottola». Nella scioccante drasticità di questa affermazione si mostra, in tutta la sua bestialità morale, la crudele sovranità della tirannia, il suo diritto di vita e di morte. I restanti dieci racconti sono raggruppati attorno a questo nucleo del libro come sottili variazioni sul tema. Nel primo, la rottura della corda di un violino, proprio quando i suoni fluivano limpidi, è il preludio del punto di rottura che irrompe bruscamente nella vita dei personaggi delle storie seguenti. Rothmann non si appella, narrandole, a nessuna consolazione, a nessuna solennità o atroce eleganza della fine. Come dice un impresario di pompe funebri protagonista di uno dei racconti, «Anche la morte – è solo una povera disgraziata…». -
La gazza
La porta grigia, i mattoni del colore delle nocciole tostate, la strada alberata e silenziosa per Londra, il quartiere ben frequentato: una casa perfetta per Marisa, illustratrice di libri per ragazzi, il rimedio a tutto ciò che nella sua vita chiede di essere riparato. Come lo è Jake, naturalmente, confortante come una pietra calda sul palmo della mano. Certo, quando la signora dell'agenzia immobiliare ha aperto la vetrata sul giardino, un uccello è volato dentro. Una gazza bianca e nera, che ha sbattuto contro le pareti prima di sfrecciare fuori, mandando in frantumi un vaso. Per Marisa, però, quell'apparizione improvvisa ha prodotto soltanto una lieve punta di disagio. Nessun segno infausto può offuscare il suo sogno di vivere con Jake e formare con lui una famiglia. rnNei mesi successivi trascorsi in quella casa, la vita si svolge perciò, per la giovane illustratrice, come una vera e propria commedia romantica in cui le basta un semplice sguardo di Jake per capire che quell'uomo, cosí poco espansivo nei gesti e nelle parole, è la persona con cui condividere il resto dei suoi giorni. Finché un mattino arriva Kate, l'inquilina destinata a occupare la stanza di sopra, dato che i soldi non bastano mai. Bruna e disinvolta – l'esatto opposto di Marisa nell'aspetto –, trentaseienne critica cinematografica, Kate fa subito suo lo spazio comune della casa, abbandona le scarpe all'ingresso, si intrufola in ogni angolo, lascia lo spazzolino da denti accanto al loro anziché nel bagno di sopra, rivolge indelicate domande sul loro desiderio di avere un figlio, lancia sguardi insistiti a Jake. La sua invadenza si fa via via insopportabile per Marisa. Jake tenta di rassicurarla, ma nemmeno la notizia della sospirata gravidanza riesce a distogliere Marisa dalla sensazione sgradevole di avere un ospite ingrato in casa. Qualcosa non va in Kate: quella donna coltiva qualche oscuro disegno e non si fermerà finché non l'avrà realizzato. Dopo il successo de Il party, Elizabeth Day ritorna con un romanzo psicologico che ha ottenuto grande consenso di critica e di pubblico in Inghilterra. Un'opera che parla di maternità desiderata, di relazioni disfunzionali, dell'irreparabile danno del dolore, della realtà che prende la forma dell'ossessione. Con due voci narranti che si contendono la scena in un gioco di prospettive dal finale sorprendente. -
Il corpo e il cosmo. Per un'archeologia della persona
«L'ipotesi che guida questo lavoro è semplice: la nostra esperienza del mondo e di noi stessi non ha potuto iniziare a declinarsi in termini personali, se non a partire dal momento in cui è venuta meno una certa attitudine metafisica. La nascita della persona e la ""fine della metafisica"""" sono intimamente legate...»Il corpo e il cosmo è, come spiega il sottotitolo, una archeologia della nozione di persona. Si inserisce dunque, per metodo e stile, nelle ricerche storiche inaugurate da Michel Foucault. È un testo che illustra come la nostra idea di individualità personale si sia costruita storicamente, nel conflitto con una visione del mondo metafisica che non la prevedeva: la persona, così come la intendiamo oggi, è l'effetto di una perdita delle nostre relazioni con il mondo, l'effetto di un progressivo ripiegamento del cosmo nell'interiorità del corpo. Il libro si divide in due parti. Nella prima, dedicate soprattutto all'epoca tardo-antica, nella quale nasce e viene a imporsi la cultura cristiana, si mostra che la valorizzazione della personalità individuale implica, come sua condizione di possibilità, un privilegio conferito al corpo umano in quanto corpo carnale. Allontanandosi dalle ricostruzioni che, sulla scia di Nietzsche, stigmatizzano la mortificazione cristiana della carne, il testo dà prova del fatto che la vera novità portata dal cristianesimo consiste invece in una esaltazione senza precedenti della nostra corporeità. La seconda parte del testo, che focalizza l'attenzione sull'età moderna, rileva sino a che punto la «persona» sia legata all'emergere della «vita», come nome che sostituisce quelli metafisici di «essere» e di «natura», ovvero come dispositivo che ripiega l'infinità dell'essere e della natura nell'interiorità finita del vivente. Da qui anche la convinzione tipicamente moderna che ognuno di noi viva sostanzialmente all'interno di sé, isolato dal tutto, determinato da tendenze o pulsioni che definiscono la nostra unicità. Come ogni lavoro archeologico, anche questo si propone di ricostruire la genesi della persona solo per tentare di aprire uno spazio per pensare altrimenti."" -
Il mistero di Anna
Siamo nel 1968. La piccola Anna Cannavò, di dieci anni, frequenta la quinta elementare a Siracusa. È una bambina poverissima. La famiglia vive ai margini della società. Eppure la piccola Anna non se ne accorge. È tutta protesa a carpire il mistero delle parole poetiche che sta impa - rando ad amare. Quando la maestra annuncia in classe che il ministero della Pubblica istruzione ha indetto un concorso e che il premio consiste nel trascorrere una intera settimana a Milano in compagnia di una famosa scrittrice, Anna Cannavò decide di partecipare. Il concorso consiste nello scrivere una lettera alla scrittrice raccontandole la propria giornata. La destinataria è Anna Maria Ortese. Con grande stupore di tutti la piccola Anna Cannavò viene selezionata e parte alla volta di Milano per trascorrere un’intera settimana con la «signora Anna». Arrivata a destinazione, però, la bambina avrà una grande sorpresa. Non c’è solo una signora Ortese, ma due: Anna e la sorella Maria. La piccola Anna si immette nel mondo delle due sorelle Ortese rompendo le solitudini di Anna Maria e accostandosi alla malattia degenerativa della sorella con tenerezza. Attraverso questa e altre storie intrecciate Simona Lo Iacono compie un altro viaggio dei suoi, di quelli che il pubblico in questi anni ha imparato ad amare: alla ricerca di un femminile che è talento e misura, forza e umiltà. -
La cucina in valigia
La celebre frase di Aby Warburg: «il buon dio si nasconde nel particolare» è perfetta per raccontare questo piccolo libro. Solo che qui è un susseguirsi di particolari, e attorno a questi particolari più che il buon dio c'è il mondo intero, frequentato, cercato, raccontato, alle volte persino ricreato, di Gaia Servadio. Un libro laterale, ufficialmente di ricette di cucina, dalle più semplici a quelle più bizzarre. Ma attorno alla cucina ci sono le storie, attorno al cibo c'è il racconto di una vita, c'è uno sguardo diverso. Gaia Servadio racconta i suoi viaggi, i luoghi che l'hanno colpita, le inchieste che ha condotto per giornali e televisioni, a cominciare dalla BBC. Londra, l'Italia, in particolare la Sicilia («prima dell'arrivo di Dolce & Gabbana»), la Cina, e naturalmente il Medio Oriente, ma in generale un po' tutto il mondo. L'autrice non dà ricette sulla vita e sull'esistenza, le ricette di questo libro sono proprio vere e servono a preparare una buona cena, o un pranzo. Attraverso gli alimenti sa spargere una leggerezza che contagia il lettore. Una leggerezza di storie, incontri, eventi, che sembra dirci molto più del mondo di tanti libri e di tanti saggi seri e rigorosi. Alla fine, la lettura di queste storie ci conferma ancora una volta, come la vita sia sempre e solo una questione di stile e di misura. «Secondo alcuni la vita è un viaggio. Lo è senz'altro nel mio caso, e in valigia mi porto dietro la cucina. Non una necessità, ma una passione che ha accompagnato la mia storia». -
Angelica
Sono molti i romanzi che approfondiscono un personaggio letterario, raccontando una parte rimasta segreta che l’autore aveva deciso di tralasciare. Così Silvana La Spina torna a visitare Il Gattopardo, romanzo iconico e intoccabile della tradizione letteraria italiana, e va alla ricerca di Angelica: narrandone la vita, le passioni, i fallimenti. La figlia di don Calogero Sedara, amministratore dei feudi del principe di Salina, è una ragazzina come tante. Ma il padre, arrivista senza scrupoli, che fa affari loschi anche con i banditi locali pur di arricchirsi, la avvia a conoscere la buona società. Angelica diviene amica di Concetta, la primogenita del principe di Salina, va a studiare in un collegio raffinato di Firenze, incontra il giovane Tancredi, al momento garibaldino.rnAngelica è bella, Tancredi ha bisogno di soldi per fare carriera, così deciderà di sposarla, abbandonando la cugina Concetta con cui era vagamente fidanzato. A quel punto Angelica cambierà posizione nel mondo, divenendo principessa, una dama alla moda, bellissima, che legge, suona, si intende di arte. La sua vita si svolgerà a Palermo, a Roma, dove il marito fa di tutto per diventare deputato, anche con l’aiuto mafioso del suocero. Fino a Vienna, dove Angelica finirà per infilarsi nelle maglie della politica, aiutando l’imperatrice Sissi a risolvere un grave problema del figlio Rodolfo.rnAngelica è un romanzo moderno. Per Silvana La Spina, la Sicilia non è mai un pretesto, una maniera, una moda: è un cantiere aperto, un laboratorio di passioni scritte in una mappa letteraria originale e spiazzante. -
Appuntamento con la morte. I delitti dello Yorkshire
A bordo della sua moto rossa, Samson O'Brien ritorna dopo dieci anni di lontananza a Bruncliffe, un'accozzaglia di fabbricati bassi cinta su tre lati dalle ripide colline delle Yorkshire Dales. È nei guai, come ogni agente di polizia sospeso dal servizio e in attesa del giudizio. Sa bene anche che a Bruncliffe non festeggeranno di certo il suo arrivo, considerati i suoi trascorsi in paese. Tuttavia, cosa gli resta se non il ritorno a casa, dove reinventarsi magari come investigatore privato? A Bruncliffe anche Delilah Metcalfe non se la passa tanto bene. La Dales Dating Agency, DDA per i clienti desiderosi d'avventura, l'agenzia di appuntamenti on line che ha fondato da esperta informatica, è sull'orlo della bancarotta. Affittare il piano terra della DDA è perciò l'unica soluzione per salvare il salvabile. Quando però scopre che l'affittuario è Samson O'Brien, i cui nefasti trascorsi a Bruncliffe la riguardano profondamente, e quando soprattutto scorge il nome della società destinata a occupare il piano terra, la Dale Detective Agency, Delilah va su tutte le furie. Va bene tutto, ma non un'agenzia con le stesse iniziali della sua! Le cose, tuttavia, prendono una piega inaspettata dopo il presunto suicidio di un cliente della Dales Dating Agency, Richard Hargreaves, travolto da un treno, e dopo il rinvenimento, in fondo a Gordale Scar, del cadavere di un altro cliente della DDA, Martin Foster. A Delilah non resta infatti che mettere da parte il risentimento nei confronti di Samson e chiedere il suo aiuto per dare un volto all'assassino. Sarà l'inizio di una bizzarra e avvincente indagine che, tra folklore, colline verdeggianti e antichi rancori mai sopiti, segna l'esordio di una nuova, straordinaria coppia di detective. -
Appuntamento con il male. I delitti dello Yorkshire
Un pugno di case con i tetti in ardesia annidate nel fondovalle, una rupe torreggiante alle spalle, una quinta di verdissime colline: benvenuti a Bruncliffe, paesino delle Yorkshire Dales, dove tutti gli abitanti hanno opinioni da esprimere con veemenza e, con rare eccezioni, vantano radici autoctone da plurime generazioni. A Bruncliffe è ritornato l'ex poliziotto Samson O'Brien, dopo un'assenza di molti anni che è sembrata più una fuga, aprendo la Dales Detective Agency proprio nello stabile di proprietà della bella Delilah Metcalfe, sua vecchia conoscenza dal carattere pepato e la lingua sciolta, che sempre lì ha avviato la Dales Dating Agency, agenzia per cuori solitari. Stesso edificio, stesso acronimo, stesso episodio biblico, Sansone e Dalila: i potenziali clienti spesso sbagliano piano quando cercano un investigatore o un'anima gemella. In ogni modo Samson, dopo anni nella polizia metropolitana di Londra, sta cercando di riabituarsi ai ritmi torpidi di Bruncliffe, dove la gravità dei problemi da risolvere, salvo qualche rara impennata, è a misura del numero delle anime. Perciò, quando in un gelido mattino di dicembre si trova di fronte la svaporata Mrs Shepherd che gli chiede aiuto perchè teme per la propria vita, non trova le parole per convincere l'inquilina della residenza per anziani Fellside Court che, forse, quel pericolo esiste solo nella sua testa. A conferma del suo declassamento professionale, irrompe nel suo ufficio Clive Knowles, un allevatore collerico in allarme per la scomparsa del suo campione di riproduzione ovina. Ma quando poi proprio a Fellside Court cominciano a verificarsi fatti inquietanti, Samson deve ricredersi e iniziare a indagare, a costo di riprendere i rapporti col vecchio padre, alcolista forse redento. A costo di coinvolgere anche Delilah, che non rinuncia mai a punzecchiarlo, in quella che potrebbe essere l'occasione per lui, la pecora nera di Bruncliffe, di riconquistare la fiducia dei suoi diffidenti abitanti. In Appuntamento con il male torna la coppia di investigatori dei Delitti dello Yorkshire, Samson e Delilah, in un altro intricato caso ambientato nel piccolo villaggio della verde provincia inglese che tutto sa e nulla dimentica. -
Shock
Chi era Ugo Cerletti? La scarna biografia di quest’uomo dice che nacque a Conegliano nel 1877 e che morí nel 1963. Di professione era uno psichiatra, formato nel tempo in cui la psicoanalisi freudiana si imponeva in tutta Europa. Ma Cerletti inseguiva altre idee e altre terapie: soprattutto una, quella che lui stesso chiamò con il termine di elettroshock. Inventare e soste - nere una pratica che in pochi decenni è diventata sinonimo di brutalità, di sofferenza e persino di tortura è stato per Cerletti una sciagura. Un uomo che ebbe un ruolo fondamentale nella storia della medicina diventò, agli occhi di molti, il carnefice dei pazzi. Un’onta che investí lui e la sua invenzione, di cui si mise in dubbio l’efficacia. Carlo Patriarca, medico, scrittore, ma soprattutto uomo abituato a leggere tra le righe di documenti d’archivio, capace di muoversi tra le pieghe della storia con rigore e precisione, in una sorta di romanzo-biografia prova a raccontare questa storia dal punto di vista di un ipotetico assistente di Cerletti. Un assistente che ha avuto la sfortuna di avere un fratello pazzo. Ne esce un romanzo suggestivo, vertiginoso, dove è in gioco il progresso della medicina ma anche l’orrore sociale verso la malattia mentale. Ne esce la storia drammatica di uno scienziato che pagò il suo modo di trattare e curare la follia. Il paradosso è che molti anni dopo la sua morte Cerletti sarebbe stato riabilitato, per quanto parzialmente. Quella macchina per curare i pazzi è stata riconsiderata. Ma questo l’inventore dell’elettroshock non avrebbe mai potuto immaginarlo. -
Delitto/Colpa/Castigo
Friedhelm Fähner, rispettabile medico ultrasettantenne, massacra senza motivo la moglie a colpi d’ascia dopo quarant’anni di matrimonio. La giovane Theresa Tackler uccide l’amato fratello per salvarlo dalla vita. Una donna è accusata di aver ammazzato il marito in un piccolo villaggio bavarese, a seguito di una pratica sessuale estrema. Un giovane fa a pezzi il cadavere di un uomo trovato in casa sua, pensando che sia stata la sua fidanzata ad assassinarlo. Un uomo senza nome elimina a mani nude due skinhead armati di coltello e mazza da baseball per legittima difesa: è un killer di professione. Un altro viene assolto dopo aver ferito la sua ragazza: voleva mangiarla, ci riproverà. I membri di una banda di paese, bravi padri di famiglia, durante una festa di piazza si tramutano in mostri. rnPer la sua intera esistenza, Ferdinand von Schirach si è occupato delle infinite manifestazioni del male. Non soltanto per gli oltre ottocento procedimenti penali che lo hanno visto nel ruolo di avvocato della difesa, ma anche per il suo desiderio di fare i conti, come molti della sua generazione, con le pagine oscure della storia nazionale. La sua ricerca, umana ancor prima che professionale, tende alla comprensione di quell’attimo in cui il male può impadronirsi, senza motivo e senza preavviso, di un uomo o una donna inducendoli a perdersi, a infliggere dolore, a uccidere. Da questo lungo viaggio è nato uno dei piú noti scrittori tedeschi contemporanei. -
Il mulino di Leibniz
Il protagonista, il colpevole di questo giallo efferato e cupo, è indicibile. Non puoi dargli un nome e non puoi svelarlo. Ma quando uno storico della scienza come Paolo Mazzarello decide di scrivere un romanzo, e un romanzo di delitti e di misteri, ha una sola strada possibile: mettere nel libro tutto quello che un lettore non si aspetterebbe, ovvero filosofia e logica. Ma non solo, l'autore racconta una storia di omicidi, compiuti da qualcuno, che sembrano obbedire a una logica, a un disegno, come nella migliore tradizione giallistica, che seguono un filo, unico appiglio per degli investigatori sgomenti e turbati. Peccato che questo filo sia governato dal caos, dall'imponderabile, da una mente superiore che si ha persino paura di scoprire, perché il fatto stesso che possa esistere cambia il nostro modo di guardare il mondo, e mette in profonda crisi la nostra idea positiva della scienza e della tecnologia. È una terra di nessuno quella in cui si muovono i personaggi di questo libro, che comincia con un delitto in un mulino negli Stati Uniti e con un rapimento, e continua a crescere come fosse una foresta, un bosco narrativo che non ha disegnato nessuno, dove non ci sono sentieri. Mazzarello ci porta in un mondo diverso da quello frequentato dai giallisti tradizionali. Non si tratta soltanto di commissari e di pazzi maniaci che mandano mail misteriose, non si tratta di capire cosa accade ma soprattutto perché accade. E in quel perché c'è una vera e propria teologia, c'è il male e il caso, l'orrore e l'indifferenza. Con grande abilità l'autore del Mulino di Leibniz ci conduce dove nessuno di noi saprebbe arrivare con le proprie forze. E conferma la vecchia ipotesi di Borges: l'unico giallo che si deve ancora scrivere è quello dove l'assassino è il lettore.Proposto da Gian Arturo Ferrari al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:rn«Il mulino di Leibniz è una singolare commistione tra un romanzo giallo – inizia con un misterioso delitto –, un’immersione nella scienza contemporanea e nella storia della filosofia, una stupefacente riflessione sulla natura della cosiddetta rete che qui acquista una propria, e nefasta, personalità. Un’opera singolarissima e per questo meritevole di partecipare alla gara dello Strega.» -
Anni Sessanta. Quando eravamo giovani
Raccontare a un giovane d'oggi la vita quotidiana dei ragazzi che avevano la sua età negli anni Sessanta è come trasportarlo in un mondo parallelo. C'erano orizzonti illimitati, tutte le possibilità erano aperte, le autostrade crescevano come funghi insieme al Pil e l'ascensore sociale permetteva di realizzare molti sogni. Sei per i Beatles o per i Rolling Stones? ci si chiedeva. Paul McCartney ricorda ancora la prima volta che i ragazzi di Liverpool fumarono marijuana, iniziati da Bob Dylan. I Rolling Stones, con i capelli scodellati in avanti, i pantaloni a sigaretta, gli stivaletti, erano idoli potenti. In Italia c'era una ragazza lunga lunga che urlava, dimenava gambe, braccia e mani e con la sua voce fantastica poteva fare qualsiasi cosa. Si chiamava Mina. Però la trasgressione attraeva e intimoriva al tempo stesso, andava presa a dosi omeopatiche. Nel 1964 Aldo Moro inaugurò l'autostrada del Sole. Si cominciò a partire stipati sulla 600 chi per la villeggiatura, chi per tornare nel paese da cui era emigrato. Stavano arrivando anche la lavatrice, che avrebbe cambiato la vita delle mamme, e la pillola quella delle figlie. Prima le signore andavano in tubino, tailleur e giro di perle, al massimo un tamburello in testa come Jacqueline Bouvier in Kennedy. La minigonna irruppe come un fulmine, fiorì nella Londra in veloce trasformazione nel cuore di Chelsea, a due passi dallo studio del fotografo Antony Armstrong-Jones conte di Snowdon, appena entrato nella famiglia reale sposando Margaret, la sorella della regina Elisabetta. C'erano i playboy nei Sessanta, gli eroi delle lunghe estati, c'era Gigi Rizzi orfano di Brigitte Bardot, Porfirio Rubirosa che fra i suoi flirt annoverava Marilyn Monroe, Ava Gardner e Rita Hayworth. Sulle dune di Sabaudia si ritrovavano gli intellettuali: Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Enzo Siciliano, Dacia Maraini, Laura Betti. C'era chi da Milano andava a Kathmandu, paradiso dell'oppio, ritrovo internazionale dell'hippismo, ma anche del principe dei viaggiatori, Bruce Chatwin, che andò in Afghanistan nel 1969 in compagnia del gesuita Peter Levi e presagì la fine di quell'incanto. Anche le mode letterarie sono nate allora, quando si cominciò a leggere i libri senza subire solo la biblioteca di famiglia e a manifestare passioni totali. Per scrittori che suonavano un po' trasgressivi come Pablo Neruda o Henry Miller o il D.H. Lawrence dell'Amante di Lady Chatterley. E poi l'Antologia di Spoon River, Ernest Hemingway, Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso... Attraverso i ricordi, le sensazioni, le idee di chi allora era una ragazzina, si è trasportati in questo libro nella magica decade in cui cambiò tutto. In un mix di madeleine private e pubblici cambiamenti.