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Contro la disuguaglianza. Un manifesto
La disuguaglianza è il problema fondamentale del nostro paese e del nostro tempo. Il formidabile spostamento di reddito negli ultimi trent'anni dai salari ai profitti e alle rendite, dal lavoro al capitale, è la causa delle difficoltà politiche, del malessere sociale e del disagio economico attuali. Il risultato è una società divisa tra 'perdenti' e 'vincenti': da un lato classi medie, operai e impiegati, dall'altro la ristretta schiera di dirigenti, manager e professionisti. La crescita delle disuguaglianze mette a repentaglio la tenuta della nostra società e la stessa economia, avvitata ormai da tempo in una fase di stagnazione. Invertire la rotta prima del baratro è ancora possibile. Questo libro non solo ci spiega come ma ci invita a unirci alla lotta per un cambiamento reale in nome della democrazia e della giustizia. -
12 dicembre 1969
Una ricostruzione serrata del ‘giorno della strage’ con uno sguardo incrociato sulle vittime, gli esecutori, i servizi segreti e i politici.rnrnMilano, Piazza Fontana, sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Alle 16,37 del 12 dicembre 1969 esplode un ordigno che provoca 17 morti e 88 feriti. È il più grave atto terroristico sino a quel momento compiuto nel nostro Paese. Un giorno che segna un’epoca e apre una fase nuova, piena di misteri che non troveranno mai piena soluzione.rnrnUna fredda giornata di dicembre, un giorno come un altro. Affari da sbrigare. Cambiali da pagare. Bancarelle. Compere da fare prima di un Natale ormai imminente. Niente di speciale. Poi, improvvisamente, una bomba. E tutto cambia. Segna un prima e un dopo, a Milano e in tutta Italia. Un prima che rigetta la violenza come strumento della lotta politica, un dopo in cui la violenza ne diventa l’arma, tanto da far temere un possibile colpo di Stato. Alcuni protagonisti di questa vicenda hanno nomi scolpiti nel nostro immaginario: il commissario Luigi Calabresi, il questore Marcello Guida, il ballerino Pietro Valpreda, il ferroviere Giuseppe Pinelli. Poi ci sono gli altri, per lungo tempo ignoti, quelli che lavorano sotto traccia manipolando le informazioni, occultando le prove e insabbiando le indagini. Senza contare i misteriosi ‘suicidi’, che come un contagio travolgeranno alcuni uomini coinvolti nella vicenda. Una ricostruzione serrata del ‘giorno della strage’ con uno sguardo incrociato sulle vittime, gli esecutori, i servizi segreti e i politici. -
L' incredibile viaggio delle piante
Se le piante potesserornparlare forse la prima cosarnche ci direbbero è: «Vegetalerna chi? Noi non vegetiamo,rnsiamo dotate di tutte lernfacoltà sensibili e, udite,rnudite, non siamo immobili,rnsolo che voi non ve nernaccorgete».rnrnAttraverso il raccontorndi storie straordinarie,rnuno scienziato di famarninternazionale ci accompagnarnnel viaggio impercettibile,rnintelligente che le pianterncompiono per conquistare ilrnmondo. Sì, perché esse sonornla maggior parte di tuttornciò che è vivo sulla Terra, glirnanimali sono una minoranzarnrisicata e gli uomini dellerntracce irrilevanti.rn«Spostarsi in lungo e in largo per il mondo, raggiungendo i posti più impraticabili: è un'attività difficile da associare a esseri viventi incapaci di muoversi, eppure le piante hanno mostrato una propensione all'esplorazione e alla conquista superiore a quella di qualsiasi giramondo umano» - Il VenerdìrnrnrnrnNel 1896 il botanico tedesco Wilhelm Pfefferrnrealizzò un filmato in time lapse perrnstudiare il comportamento e i movimentirndelle piante. Pfeffer mostrò, davanti ai volti sbigottitirndei colleghi, la fioritura di un tulipano e i movimentirnesplorativi delle radici nel suolo. Per la prima voltarnfu possibile vedere quello che sino a quel momentornsi poteva solo immaginare: a muoversi non sono solorngli animali ma anche le piante. Esse si spostano e sirnmuovono per procurarsi nutrimento, per difendersi,rnper riprodursi. Non potendosi spostare dal luogo inrncui nascono, le piante hanno bisogno di aiuto perrnricevere e inviare all’esterno… messaggi, polline ornsemi. Per questo hanno messo in piedi una specierndi sistema postale. Le piante aviatori si affidanornall’aria, le naviganti all’acqua, ma più spesso usanorncome postini gli animali, soprattutto quando sirntratta di incarichi molto delicati come la difesa o larnriproduzione. La bardana, ad esempio, produce deirnsemi dotati di uncini che si attaccano in manierarntenace al pelo degli animali. Se avete un cane e lornportate a passeggio in campagna sapete di cosarnparlo. I semi delle naviganti possono percorrerernmigliaia di chilometri e passare anni in acquarnprima di approdare in luoghi sicuri dove germinare:rnsappiamo di noci di cocco entrate nella corrente delrnGolfo e approdate sulle coste dell’Irlanda, oppure delrngiacinto d’acqua scappato da un giardino botanico dirnGiava che ormai abita quasi ogni continente. -
Piccola città. Una storia comune di eroina
Decine di migliaia di tossicodipendenti, una ‘generazione scomparsa’ su cui si è steso un velo di oblio. Un libro di storia, un memoir che squarcia un muro di silenzio e lo fa partendo dal punto di vista più difficile e doloroso: quello personale.rnrn«Guardate questa bambina. Questa bambina sono io. Ho un buffo cappello di lana colorato, lo so perché c’è un’altra foto a colori che me lo dice. Sto con M. Deve essere il 1977. Sono felice. La città per me è ancora una soltanto. Nessun muro la divide in due. Per ora. Dopo non sarà mai più così. Quando arrestano mio padre per spaccio di eroina ho 15 anni, frequento il ginnasio, nell’unico liceo classico di Grosseto. Un liceo di provincia, frequentato dai figli dei professionisti della città. Quando lo arrestano io non dico niente a scuola. Non trovo le parole per farlo, non credo di averle neanche cercate, è qualcosa che accade, e basta. Quando le cose accadono a me io non so come raccontarle. Per questo faccio la storica, racconto le cose che accadono agli altri, eppure questa di mio padre voglio raccontarla, così inizio a parlarne con gli altri, ma solo all’università, quando mi sento ormai protetta dalla distanza, ne parlo e ne parlo, e una giovane storica senza immaginazione si domanda se sono matta ad andare a dire in giro che mio padre si è fatto di eroina. Perché questa è una cosa che non si racconta. Non è neanche un fatto degno di storia. È una piccola storia ignobile.» -
Paradiso e dintorni. Il paesaggio rurale dell'antico Oriente
La nostra civiltà comincia il suo viaggio in uno spazio mitico. Un ‘giardino dell’Eden’ in cui l’uomo trovava soddisfatte tutte le sue necessità. Per secoli studiosi e ricercatori si sono interrogati sulla realtà storica di questo paesaggio primigenio. Oggi finalmente è possibile rispondere alla domanda: ma com’era fatto questo paradiso?rnrnQuando l’Europa iniziò la sua esplorazione del Vicino Oriente, le notizie riguardanti quest’area erano sommarie e spesso facevano riferimento a un passato leggendario e mitico. In particolare, due miti ne avevano simboleggiato il paesaggio: la ‘Torre di Babele’ come metafora per la città e il ‘Giardino dell’Eden’ come metafora per la campagna. Entrambi erano caratterizzati da un elemento di crisi e di collasso: la torre di Babele era rimasta incompiuta e abbandonata, il giardino dell’Eden era stato chiuso all’uomo, costretto a migrare verso ambienti meno ospitali. Invece di città, i primi viaggiatori nel Vicino Oriente trovarono rovine, e invece di giardini trovarono il deserto. Col progredire dell’indagine storica e archeologica, le informazioni sulle antiche città (da Ninive a Babilonia) crebbero, mentre le informazioni sulle campagne rimasero scarse e quasi nulle. La storia orientale antica divenne una questione di re e dinastie, di città e palazzi, di scribi e artigiani e mercanti. Si sapeva che la stragrande maggioranza della popolazione antica era costituita da contadini e pastori, ma la ricostruzione della loro vita e del loro ambiente venne a lungo esclusa dal quadro. Oggi le condizioni sono cambiate. Possiamo provare, per la prima volta, a dare un volto al ‘giardino dell’Eden’, a quel paesaggio in cui è germinata alcuni millenni fa la nostra civiltà. -
«Con la cultura non si mangia» Falso!
tLa cultura non è affatto il ""petrolio dell'Italia"""" Però è un diesel. Una battutaccia? Per niente. È la tesi di Paola Dubini, docente alla Bocconi di Economia - Corriere della Serarn«Visto che la cultura viene reputata spesso materia per anime belle, può essere utile questo saggio che sfata un po' di luoghi comuni attraverso i dati: primo fra tutti che la cultura non sia un motore di sviluppo economico. Gli idoli, se falsi, vanno abbattuti» - Robinson, La Repubblicarnrn«Se i monumenti, le opere d'arte fossero risorse come il petrolio, sarebbero innanzitutto non rinnovabili e destinate ad esaurirsi. E invece è esattamente il contrario: per il solo effetto dello scorrere del tempo, la consistenza fisica del patrimonio cresce» - Paola DubinirnrnrnrnLa cultura non serve, interessa a pochi, non rende... Non è così. Paola Dubini lo dimostra in questo saggio con cifre, fatti e argomenti, a proposito di libri e di musei, di teatro e di cinema, di musica, arte e patrimonio storico. La cultura è parte della nostra vita come l'aria che respiriamo."" -
La solitudine di Francesco. Un papa profetico, una Chiesa in tempesta
«L'autorevole vaticanista Marco Politi descrive uno spaccato drammatico della vicenda del papa e, insieme, della Chiesa. La scrittura è limpida, gradevolmente narrativa, il contenuto decisamente drammatico» - Corrado Augias, Il Venerdì«Seguiremo la strada della verità ovunque possa portarci», promette Francesco. È un combattente solitario. Sa che i nemici lo aspettano al varco, pronti ad attizzare il fuoco dell'opinione pubblica. Un viaggio negli ultimi anni del pontificato, i più difficili e tormentati, in un mondo divenuto improvvisamente ostile. Nel cattolicesimo è in corso una guerra sotterranea per mettere Francesco, il pontefice riformatore, con le spalle al muro. Preti, blogger e cardinali conducono un'opera sistematica di delegittimazione e, mese dopo mese, si va compattando un fronte conservatore con notevole forza organizzativa e mediatica. Debole, invece, è la mobilitazione dei sostenitori della linea riformatrice di Francesco: vescovi e cardinali si affacciano poco sulla scena per difendere il papa e appoggiare gli obiettivi di cambiamento. Spira un vento di forte opposizione: «Vogliono un altro conclave», dice il cardinale Kasper. Francesco ha cambiato i rapporti con ortodossi, luterani, musulmani e Cina. Su pace, ambiente, giustizia sociale è un'autorità morale mondiale. Ma anche lo scenario internazionale si è fatto più complesso: l'America di Trump respinge gli accordi su clima e migrazioni, temi non negoziabili per il pontefice; in Italia, intanto, su migranti e integrazione circola un populismo anti-papale; in Europa orientale divampa un cattolicesimo xenofobo. Altre preoccupazioni incombono. La Chiesa è travagliata dalla piaga degli abusi sessuali, dalla insoluta questione del ruolo delle donne, dal sensibile calo delle vocazioni. Confessa il gesuita Antonio Spadaro, intimo collaboratore di Francesco: «È un pontificato drammatico in cui ci sono cardinali che attaccano il papa e atei che lo sostengono». -
Storia della Resistenza
A 75 anni dalla fine della seconda guerra mondiale,rnfinalmente una storia della Resistenza italiana conrnl’ambizione di proporre uno sguardo complessivo surnfatti e momenti che hanno cambiato per sempre ilrnnostro paese.rnrnI due anni che vanno dall’8 settembre 1943 al 25rnaprile 1945 rappresentano un momento crucialerndella storia d’Italia. Sono gli anni della guerrarnmondiale, con le truppe straniere che occupanornil paese. Sono gli anni della guerra civile, conrnlo scontro tra italiani di diverso orientamento.rnSono gli anni della guerra di liberazione, in cui sirncombatte contro il nazifascismo per preparare e farrnnascere una paese democratico e libero. È il ‘temporndelle scelte’ per una società italiana schiacciatarnsotto il tallone nazista e fascista, lacerata trarncollaborazionismo e ribellismo. Una nazionerndivisa politicamente, militarmente e moralmenternall’interno di un’Europa in fiamme.rnPer fare i conti con la storia della Resistenzarnitaliana, il libro ripercorre le varie fasi dellerndiverse Resistenze: le specificità della guerrigliarnurbana, l’attestamento nelle regioni di montagna,rnl’organizzazione dei gruppi partigiani nelle zonerndi pianura. Affianca alla lotta armata le variernforme di supporto fornito ai ‘banditi’ da settorirndelle popolazioni, si addentra nella cosiddetta zonarngrigia, evidenzia la peculiarità delle deportazionirnpolitica e razziale, nonché l’internamento deirnmilitari.rnL’interazione con gli Alleati è colta nel contributornfornito alla campagna d’Italia, nelle rischiosernmissioni militari paracadutate dietro le linee, nelrnrilevante lavoro informativo svolto dai ‘ribelli’ perrni servizi segreti angloamericani, senza tralasciarernla ricostruzione del sostegno finanziario e armatornpreordinato dai centri Alleati in Svizzera.rnUna ricostruzione nuova, originale, vivida in cuirnlo sguardo d’insieme si alterna costantemente conrnl’attenzione a vicende personali e collettive pocornconosciute o inedite. Un libro necessario oggi,rnquando il venir meno degli ultimi testimoni direttirndi queste vicende sta dando sempre più spaziorna un uso politico della Resistenza che deforma ernrimuove i fatti, le fonti e la storia. -
Napoli, Belle Époque (1885-1915)
L'immagine predominante di Napoli, tra il 1860 e i1 1915, è quella di ex-capitale di un grande regno, 'città regià' in decadenza incapace di trasformarsi in 'città borghese', metropoli tra le più popolose d'Europa, il cui fascino è compromesso dalle miserabili condizioni di vita della gran parte dei suoi abitanti. Ma Napoli, fino alla grande guerra, non è solo questo: è anche una metropoli europea moderna, una città dall'elevato livello culturale dove si realizzano esperienze di rilievo sul piano professionale, sul terreno commerciale, nel conflitto sociale tra industriali, per lo più stranieri o settentrionali, e operai organizzati sindacalmente. La Belle Époque napoletana non è solo fatta di luminosi café chantant ma di iniziative economiche e progetti politici e delle prime originali forme della cultura di massa. Le classi dirigenti hanno, per lo più, una loro dignità e si preoccupano degli interessi pubblici. Questa fase di grande fervore e di grande vitalità si interromperà con lo scoppio della prima guerra mondiale. La guerra, infatti, si sarebbe rivelata un pessimo affare per la città e per tutto il Mezzogiorno, sempre più sfavoriti dalla spesa pubblica rivolta al Nord. Fino al 1915 Napoli è ancora una capitale europea. Dopo non lo sarà più. -
La congiura. Potere e vendetta nella Firenze dei Medici
La storia dei Medici, famiglia-icona del Rinascimento italiano, è anche la storia di una successione quasi ininterrotta di congiure e complotti volti a eliminare i suoi esponenti più prestigiosi. Esiste però un momento cruciale, la 'congiura per eccellenza': quella che, nell'aprile 1478, doveva mettere fine al dominio della famiglia su Firenze e sopprimerne la guida, Lorenzo il Magnifico. Lorenzo è all'apogeo della sua fortuna. Incontrastato signore di Firenze, anche se la città ama definirsi una repubblica, ben accolto in tutte le corti italiane, ha in attivo un matrimonio prolifico e prestigioso con Clarice Orsini, erede di una delle più antiche e illustri famiglie di Roma. Alcuni errori, però, minacciano la sua stabilità: l'ostilità del nuovo papa Sisto IV, che toglie ai Medici il lucroso incarico di banchieri pontifici. L'odio di Volterra, tiranneggiata per impadronirsi delle sue risorse naturali. La vendetta della famiglia Pazzi, cresciuta in potenza e ormai temibile concorrente. L'invidia verso un uomo che sembra costantemente baciato dalla fortuna cementa il legame dei nemici e li determina all'azione. L'epilogo fu tragico. -
Viandanza. Il cammino come educazione sentimentale
Decine di migliaia di persone ogni anno percorrono a piedi la via per Santiago e la via Francigena. Nuovi pellegrini che rinnovano la secolare tradizione del viaggio nei luoghi santi per trovare risposte nuove a domande eterne. Gli antichi tracciati - che costituiscono la memoria profonda di un continente ci raccontano quello che siamo stati e come potremmo essere. Sullo sfondo dei paesaggi che incastonano le più antiche strade d'Europa, Luigi Nacci ci fa conoscere il cammino vero, quello lungo che affatica e sfianca e trasforma. Un viaggio in cui emergono con forza inaudita i sentimenti più profondi: paura, spaesamento, nostalgia, disillusione, stupore e allegria. La viandanza diventa uno straordinario modo per conoscere anche se stessi. -
Cleofonte deve morire. Teatro e politica in Aristofane
Tanta capacità di analisi, tanta erudizione, tanta curiosità intellettuale. Luciano Canfora, straordinario protagonista della cultura italiana ed europea, chiama in causa in queste pagine la struttura stessa del rapporto tra politica e intellighentzija. Franco Cardini, “Avvenire” Canfora squaderna davanti agli occhi del lettore la vita di una città in perenne fibrillazione, lacerata da scontri sempre più violenti, incapace di resistere alle passioni che la travolgono. Ad Atene, tutto è politico. Mauro Bonazzi, “la Lettura - Corriere della Sera” Il comico che fa politica ha molti privilegi. Può parlare a ruota libera, spararle grosse, insultare chi gli pare. Al massimo, messo alle strette, dirà che stava solo scherzando. È quanto faceva già il padre di tutti i comici, l’ateniese Aristofane, al quale Luciano Canfora dedica un libro che impressiona per dottrina e finezza. Giorgio Ieranò, “La Stampa” La storia di come Aristofane, con l’arma del teatro, diede man forte alla liquidazione fisica di Cleofonte, l’ultimo leader della democrazia ateniese. -
Le guerre del Barbarossa. I comuni contro l'imperatore
Paolo Grillo si sofferma con precisione da storico e con verve di romanziere su battaglie, papi, sogni bizantini, epidemie, violenze sui civili e mastri costruttori di macchine d’assedio. Bruno Ventavoli, “Tuttolibri” Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero, vuole riacquisire il controllo perduto sul Regno d’Italia per poi assoggettare il Mezzogiorno normanno. Ma durante l’assenza del potere imperiale le città italiane sono cambiate: sono città ricche, militarmente potenti, che pensano a se stesse come collettività di uomini liberi. Quando l’esercito teutonico cala sulla penisola si trova a fronteggiare i comuni italiani. Sarà uno scontro fisico ma anche ideologico tra due società agli antipodi. È la guerra, durata oltre vent’anni – dal 1154 al 1176, prima di giungere a una pace definitiva nel 1183 – che vede Federico Barbarossa tentare di piegare i comuni italiani. Una aristocratica cavalleria teutonica contro masse di fanti comunali appiedati. Un ambizioso progetto di governo universale contro l’autogoverno di città libere. Una società fortemente gerarchizzata contro comunità di uomini eguali in grado di autodeterminarsi. -
Il testamento di Alessandro. La Grecia dall'impero ai regni
L’affascinante, intricata e violenta storia di alleanze e inimicizie tra i vari dinasti che portò alla dissoluzione dell’impero universale sognato dal Macedone e alla nascita di un nuovo equilibrio multipolare nel Mediterraneo orientale. L’inizio del mondo ellenistico, politicamente diviso, ma culturalmente omogeneo. Andrea Brunelli, “Tuttolibri” Queste pagine raccontano il primo, intenso momento di osmosi tra Oriente e Occidente: gli anni, dopo la morte di Alessandro Magno, nel corso dei quali il suo immenso impero venne frazionato in regni affidati ai suoi principali generali, i diadochi. Cinquant’anni di effimere alleanze e ripetuti tradimenti che portarono al fallimento del sogno del macedone: costruire una struttura politica che fondesse e integrasse la stabilità dell’Impero achemenide e la dinamicità dell’Occidente greco. Edoardo Castagna, “Avvenire” Alessandro Magno, il Grande, il Conquistatore; i suoi due ultimi eredi; uno scacchiere politico-militare che va dalla Grecia all’Egitto, passando per l’Anatolia, la Siria e la Mesopotamia: questo lo scenario della storia che segnò l’inizio del mondo ellenistico. -
Non c'è più la Sicilia di una volta
La Sicilia di oggi non è più quella degli stereotipi incrostatisi sulla Trinacria nel corso dei secoli. E di storie e di voci nuove che la raccontano, questo libro ne contiene davvero tantissime. Giuseppe Culicchia «Non ne posso più di Verga, di Pirandello, di Tomasi di Lampedusa, di Sciascia. Non ne posso più di vinti; di uno, nessuno e centomila; di gattopardi; di uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà. E sono stanco di Godfather, prima e seconda parte, di Sedotta e abbandonata, di Divorzio all’italiana, di marescialli sudati e baroni in lino bianco. Non ne posso più della Sicilia. Non quella reale, ché ancora mi piace percorrerla con la stessa frenesia che afferrava Vincenzo Consolo ad ogni suo ritorno. Non ne posso più della Sicilia immaginaria, costruita e ricostruita dai libri, dai film, dalla fotografia in bianco e nero. Oggi c’è una Sicilia diversa. Basta solo raccontarla.» Con buona pace del Gattopardo, non è vero che in Sicilia tutto cambia perché tutto rimanga com’è: sull’isola, negli ultimi anni, quasi tutto è cambiato. -
Psiche
Dagli incunaboli pre-omerici al tramonto della civiltà ellenica, attraverso i misteri di Eleusi, la religione 'dionisiaca' e 'apollinea', l'orfismo, Platone e il neoplatonismo, Erwin Rohde scardina la ricorrente tesi della Grecia 'olimpica' terra di pacata razionalità e riconduce l'origine della fede greca nell'immortalità dell'anima all'estasi dionisiaca, un'esperienza religiosa antichissima, devota a potenze infere e permeata dal senso tragico dell'esistenza. -
L' età della gloria. Storia d'Europa dal 1648 al 1815
Tim Blanning racconta quegli anni dominati dalla ricerca del progresso e della gloria, personale o nazionale, da parte dell'élite europea. Una storia avvincente, a tutto campo, politica, economica e culturale.rnrn«La storia al suo meglio... Un esempio di come si dovrebbe scriverla.» - Literary Reviewrnrn«Uno splendido libro.» - New York Timesrnrnrnrnrn«Nel 1648 la credenza che la terra fosse il centro del mondo era condivisa quasi universalmente; nel 1815 era ormai screditata anche negli ambienti più conservatori. Nel 1648 per scongiurare le tempeste elettriche si recitavano preghiere e si suonavano le campane; nel 1815 venivano installati i parafulmine. Nel 1648 in tutta Europa si bruciavano ancora gli eretici e le streghe; nel 1815 erano i loro accusatori a trovarsi nella condizione di imputati.» Il prima, era la società degli ordini, della ricchezza fondiaria e del governo autoritario; il dopo, il mondo delle classi, del capitalismo, della democrazia e delle rivoluzioni. -
Le divergenze parallele. Politica, governo e società nell'Italia di oggi
I risultati delle elezioni del 4 marzo hannornportato alla formazione di una granderncoalizione populista. Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e IlvornDiamanti analizzano i risultati, le ragionirne le identità alla base dell’ultimo voto,rnfotografando una mappa inedita del nostrornpaese.rnrn«Ci sono eventi che segnano un passaggio significativo, se non una vera frattura, rispetto al passato. Recente e (più) lontano. Le elezioni del 2013 possono essere considerate tali. Quelle del 4 marzo 2018 si sono spinte oltre. Alla ricerca di ""precedenti che possano dare senso storico a quel voto, si sentono richiamare le elezioni politiche del 1976. Fino ad allora, la DC aveva governato senza alternative e senza avversari, durante il dopoguerra. Ma in quella consultazione il suo primato venne insidiato dal Pci. Che ottenne oltre il 34% dei voti: sette punti in più delle precedenti elezioni.» – Ilvo DiamantirnrnrnLe elezioni politiche del 2018 hanno sancito larncompresenza in Italia di due tipi di populismo. Da unarnparte, un populismo di destra radicale, in linea con la tradizionerneuropea, interpretato dalla Lega. Dall’altra parte, l’originalernmiscela di populismo di sinistra e di destra suggerita dal M5S.rnDue varianti che peraltro hanno dato luogo a un peculiarernfenomeno di ‘spartizione territoriale’: se la Lega è rimasta forternal Nord espandendosi al centro e addirittura nel Mezzogiorno, ilrnM5S, che nel 2013 mostrava un tratto decisamente nazionale,rnora raccoglie la maggioranza dei voti a Sud.rnMa in cosa, secondo le indagini demoscopiche, convergono e inrncosa si distinguono gli elettori dei due partiti? Qual è oggi, più inrngenerale, l’identikit degli elettori dei vari partiti italiani? Comernsi compone la geografia sociale e territoriale del voto? Perchérnnel clima politico attuale i partiti tradizionali affondano? Inrnqueste pagine, Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Ilvo Diamantirnritraggono i cambiamenti avvenuti nei partiti e nell’elettoratorndurante gli ultimi cinque anni. Emerge, in questo quadro, forsernil più interessante elemento di rottura rispetto al passato: ilrnconfigurarsi di una nuova linea di divisione, alternativa rispettorna quella tra destra e sinistra, che oppone le forze pro-sistemarne anti-sistema, pro e contro l’Europa, globalisti e nazionalisti,rnpartiti mainstream e forze populiste."" -
Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo
Un viaggio nella granderndistribuzione organizzata delrncibo (GDO) guidati da duerngiornalisti, autori delle piùrnimportanti inchieste sulle filierernagroalimentari.rnUn’inchiesta che disvela i segretirnche si nascondono dietro glirnscaffali dei supermercati.rnrn«Il grande carrello mette in guardia sulle strategie usate dalla Grande distribuzione organizzata per indurci a spendere» - Giusy Cascio, Tv Sorrisi e CanzonirnNonostante un'apparenza quasi innocua, il supermercato è il terminale ultimo di un intreccio di rapporti produttivi, sociali ed economici di cui l'acquirente finale nulla sa e nulla deve sapere. Questo libro scompone e disvela la realtà dietro gli scaffali: dai rapporti con i fornitori ai contratti con i lavoratori, dal vero costo delle offerte ai segreti del marketing. Attraverso l'indagine sul campo e le testimonianze dei principali protagonisti del settore, ci racconta un mondo che è parte integrante della vita di ognuno di noi. E che la influenza molto più di quanto pensiamo. -
5 cose che tutti dovremmo sapere sull'immigrazione (e una da fare)
• Perché ci muoviamo• Perché si muovono loro• Perché arrivano in questo modo• Perché proprio qui? E per fare cosa?• Perché la diversità ci fa paura. E ci attraeUna cosa da fare (da cui discendono tutte le altre)