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A tanta impresa inettissimi. La congiura de' Pazzi secondo Angelo Poliziano e Niccolò Machiavelli
Un'istantanea di un fatto di sangue, l'evento drammatico del 26 aprile del 1478, passato alla storia come Congiura dei Pazzi. Grazie alle opere di due testimoni di eccezione, Angelo Poliziano con il suo Commentario alla congiura de' Pazzi e Niccolò Machiavelli con le Istorie fiorentine, ci ritroviamo seduti al fianco di Giuliano de' Medici, all'interno di Santa Maria del Fiore, nel momento in cui la congiura scatta contro i due signori di Firenze. Possiamo vedere Lorenzo lottare e poi rifugiarsi in sagrestia, contestualmente veniamo a sapere cosa avvenne per le strade e, allargando ancor di più l'obiettivo, veniamo a conoscenza dell'intrigo 'internazionale' che ha portato il Duca di Urbino, il Pontefice e il Re di Napoli, a partecipare all'organizzazione della congiura. Il Commentario della congiura dei Pazzi è scritto in latino da Poliziano, l'altro testo che si edita, le Istorie fiorentine (Libro VIII) di Machiavelli, è in volgare. Lo scritto di Poliziano è apertamente filomediceo, mentre Machiavelli, se non imparziale, quantomeno tenta un'analisi della politica dei vari stati italiani coinvolti. I contributi storici e letterari del curatore completano il quadro dei quello che è stato definito, da Lauro Maritines, l'Aprile di sangue. Il titolo del testo è il sintetico giudizio che Machiavelli esprime sui congiurati: a tanta impresa inettissimi. -
Robert le petit parisien
Storie di migranti dalla Valle di Comino. -
Studi di storiografia e storia antica. Omaggio a Pier Giuseppe Michelotto
In questo volume sono raccolti sedici saggi che colleghi, amici e allievi hanno voluto dedicare a Pier Giuseppe Michelotto, docente di Storia romana presso l'Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Studi storici). La varietà degli argomenti trattati nei singoli contributi, che spaziano dalla storia della storiografia sul mondo antico, medievale e moderno a temi di carattere amministrativo, archeologico, numismatico, filologico e giuridico, riflette la vastità degli interessi di ricerca che Pier Giuseppe Michelotto ha saputo coltivare nel corso della sua carriera accademica. -
Il tempio del divo Augusto. Tra Palatino e Foro Romano. Gli studi topografici di Giuseppe Lugli
Del tempio del Divo Augusto - templum Divi Augusti - oggi non rimane più alcuna traccia, ma se ne conosce l'esistenza dalle notizie presenti nelle fonti classiche e da alcune immagini numismatiche, uniche e preziose testimonianze iconografiche del monumento. Negli anni '40 però Giuseppe Lugli asserì che ad Augusto furono innalzati due santuari distinti: uno vetus (localizzabile in Palatio con il successivo Aedes Cesarum o Aedes Divorum nel luogo dove Augusto era nato, chiamato Capita Bubula, località situata nell'angolo che guarda l'arco di Costantino) e l'atro novus (nella depressione che divide il Palatino dal Campidoglio, probabilmente nel sito della chiesetta di S. Maria de Gratiis) identificabile nel frammento n. 19 della Forma Urbis severiana. -
Demetrio Cidone. Ritratto di un intellettuale bizantino
Segretario di tre imperatori di Bisanzio, diplomatico, teologo, scrittore, traduttore ed insegnante, Demetrio Cidone - poco noto al grande pubblico ma oggetto di appassionate indagini da parte degli studiosi negli ultimi due secoli - riempie, con la sua attività e le sue opere, quasi per intero il XIV secolo. La sua figura appartiene allo stesso tempo sia al mondo bizantino che a quello latino perché fu tra i primi a diffondere la cultura latina in Oriente e quella greca in Occidente. Tutte le sue energie furono spese nel corso dell'intera esistenza per salvare la patria, gravemente minacciata dall'avanzata turca: per questo volse il suo sguardo soprattutto verso l'Italia, dove soggiornò più volte, consapevole del fatto che solo il papato sarebbe stato in grado di coordinare un intervento bellico efficace. In particolare, però, era attratto dalla cultura latina e fu tra i primi traduttori di Tommaso d'Aquino in lingua greca, per cui la sua fama in campo letterario si diffuse anche da noi. Coluccio Salutati, in uno scritto a lui indirizzato, lo salutava ""vir omnis eruditionis et scientiae"""". Nell'intento di superare anche le distanze religiose che da secoli, come un relitto storico, dividevano la cristianità Demetrio Cidone si convertì al cattolicesimo e fu un convinto seguace del vescovo Barlaam Calabro, favorevole alla riunificazione delle Chiese ortodosse a quella cattolica, nonostante la dottrina ufficiale bizantina fondasse le sue basi sulle teorie del monaco Gregorio Palamas, mistico e anti occidentale. L'autrice di questo saggio biografico, Margarita Polyakovskaya, a proposito dell'epistolario di Demetrio Cidone, composto di circa 450 lettere, nota: """"Sembra il diario di una persona di cultura sull'agonia di un impero, ma dobbiamo riconoscergli il coraggio civile e umano di aver chiamato con il loro nome tutte le disgrazie di uno Stato"""". La complessa personalità di Demetrio Cidone si colloca nella ristretta cerchia degli intellettuali bizantini che amaramente presero coscienza del fatto che stava approssimandosi la fine di un'epoca e se la sua concezione ottimistica dell'attività intellettuale sembra da ricondurre ad una visione preumanistica, la soluzione teleologica in campo filosofico denuncia invece un'idea del mondo ancora medievale. Aveva comunque un preciso concetto del fine dell'esistenza umana: """"Chi non si dedica prima di tutto alla ricerca della verità non è degno del nome di uomo"""". Ponte fra passato e presente e tra Oriente ed Occidente, Demetrio Cidone pare perciò il simbolo di quegli intellettuali bizantini che giustamente nel suo pregevole libro - la cui versione italiana appare qui per la prima volta - Margarita Polyakovskaya definisce """"mediatori culturali tra il mondo greco-romano e quello contemporaneo"""". Un'operazione, quella di scoprire o fissare legami tra culture diverse nel tempo e nello spazio, che in generale dovrebbe costituire l'obiettivo di ogni studioso di buona volontà"" -
I russi in val d'Aniene
I rapporti tra Russia ed Italia risalgono all'epoca medievale. Basti ricordare ad esempio, nel XV secolo, il matrimonio della principessa bizantina Zoe Paleologo, promessa sposa con la benedizione di papa Sisto IV al gran principe di Mosca Ivan III in una cerimonia svoltasi nel 1472 nella basilica romana di san Pietro. Dal Cinquecento in poi i rapporti si intensificarono: molti artisti italiani si recarono a lavorare in Russia mentre i loro colleghi russi sarebbero venuti in Italia a trarre ispirazione per le loro opere. Il Grand Tour, in seguito, coinvolse anche diplomatici, letterati, commercianti e nobili signori per i quali la visita di città d'arte, quali Roma, Napoli, Venezia, Firenze, finì per costituire quasi un dovere sociale. -
Alonso Chacón e i primi studi sulla Roma sotterranea
Prefazione di Massimiliano Ghilardi. -
Mangiare futurista. Aerobanchetti e polibibite. Ricette scelte dalla cucina futurista
Più di duecento formule rallegranti e spesso sorprendenti, che nella tavola futurista assumono i contorni di un divertentissimo gioco di equilibrio tra forma, colore, gusto e sperimentazione, anche lessicale. Così le ricette diventano formule (denominate come opere d'arte), il cocktail è chiamato polibibita (da ordinare al quisibeve e non al bar), il sandwich prende il nome di traidue, il picnic di pranzoalsole, il dessert di peralzarsi. Tutto contribuisce ad esaltare l'esperienza creativa del cibo. L'abolizione della forchetta e del coltello rientra nella strategia gastronomica futurista per favorire il piacere tattile prelabiale. Viene inoltre consigliata l'aspersione di profumi, l'ascolto della poesia o della musica, il contrasto, in uno stesso piatto, di dolce-salato, caldo-freddo, la creazione di bocconi simultanei che hanno nella cucina futurista la funzione analogica e amplificante che le immagini hanno nella letteratura. A distanza di quasi un secolo queste creazioni, ardite e geniali, mantengono intatto tutto il loro spirito innovativo. ""Tutte le persone abbiano la sensazione di mangiare, oltre che dei buoni cibi, anche delle opere d'arte..."""" (Marinetti)."" -
Ercole
La tragedia, composta probabilmente tra il 423. e il 420 a.C. e rappresentata nel 416 a.C., è un trittico che raccoglie episodi non conseguenziali: Ercole che strappa i figli alla morte minacciata da un usurpatore, Ercole, che, colpito da demenza, li uccide di sua mano, e l'arrivo di Teseo che prolunga l'azione verso una meta inattesa. Ma il dramma si sviluppa con unità ed equilibrio, un diagramma sentimentale. Dalla prima parte, il cui pathos è tale che qualsiasi intensificazione ne parrebbe impossibile, si arriva nella seconda, ad un tal vertice d'orrore, che la prima parte sembra, per contrasto, mite. Ma rimanere a questo livello sarebbe riuscito sgradevole; e nella terza parte si effettua la defervescenza, che qui fa pensare in qualche modo alla catarsi, anche se non sembri assoluta l'identificazione fra la realizzazione artistica e la definizione aristotelica. -
Scavi di Gabii (1965). Ediz. spagnola e italiana
Volume pubblicato in coedizione con Editorial CSIC, Madrid. Diario di Scavo di Emilio Rodriguez Almeida per il sito archeologico di Gabii, arricchito di apparati, note, trascrizione e traduzione. -
Colonna aureliana. La colonna coclide di Marco Aurelio e il basamento della Colonna Antonina. Disegni, intagli e commenti di Pietro Santi Bartoli e Pietro Bellori (1740)
Edizione limitata, in 4° oblungo, carta avoriata palatina da gr. 130, 86 pp. con 77 Tavole delle incisioni della colonna di Marco Aurelio, 3 Tavole con incisione del basamento della colonna di Antonino Pio e 1 Tavola ripiegata f.t. con incisione della colonna aureliana per intero. -
Storia dell'edificio scolastico di San Donato Val di Comino
Intorno alla costruzione dell'edificio scolastico realizzato negli anni 1934-1942 si scheggiano sprazzi di legislazione, attività didattica pre e post-unitaria, ritratti nitidi ed essenziali di maestri e maestre che hanno insegnato a tante generazioni di giovani la nobile arte del leggere e dello scrivere, profili di cittadini in grado di affrontare la vita in ogni campo in patria e all'estero consapevoli che il diritto è il frutto del dovere compiuto. -
Il cosiddetto «Relitto di Pignataro di Fuori» di Lipari. Una revisione del contesto dell'età del Bronzo a cinquant'anni dalla sua scoperta
Il volume contribuisce in maniera sostanziale allo studio della preistoria Eoliana e in generale all'archeologia del Mediterraneo. In questo manoscritto vengono presentati dati aggiornati e criticamente rivisitati sugli studi effettuati negli ultimi 50 anni sul tema. Per cui esso costituisce di per sé un valido aggiornamento utile a tutti gli studiosi interessati sia alla preistoria siciliana che alla navigazione antica e ai relitti. Inoltre, grazie all'approccio interdisciplinare vengono introdotti quei temi di ricerca trasversali che sono sempre più contemplati nella letteratura di settore, quali i cambiamenti del paesaggio, la variazione del livello del mare, la geologia e la geomorfologia. Il volume si inserisce nel crescente filone di ricerca dell'archeologia dei paesaggi costieri e delle variazioni climatiche, e pone quindi il tema trattato al passo di una crescente letteratura interdisciplinare e di una metodologia ampiamente condivisa in ambito nazionale e internazionale. -
Medicamina faciei. Rimedi per il viso delle donne
Celebrazione del bimillenario della morte di Publio Ovidio Nasone. Più potenti dei filtri amorosi, più efficaci di trucchi e belletti, i rimedi di Ovidio assicuravano alle sofisticate donne romane risultati davvero eccezionali. Ingredienti bizzarri e costosi, conservati in pissidi e unguentari, da spalmare prima di addormentarsi per curare la pelle del viso e farla risplendere di bianco candore. Dai cento versi rimasti del parvus libellus, come lo stesso autore lo definisce (Ars Amatoria, vv. 2015-208), si apprende la complessità delle ricette cosmetiche in uso a Roma durante l'impero di Augusto. Originalità e rarità di alcune sostanze, tra cui guano di alcione e corna di cervo tritate, fanno dei Medicamina ovidiani pozioni riservate alle matrone di alto rango. -
Rostra. Le tribune rostate del Foro Romano dall'epoca repubblicana alle invasioni vandaliche
Soggetto a varie modifiche strutturali nel corso dei secoli, il podio dal quale gli oratori e i politici parlavano nel Foro Romano al popolo fu chiamato, già in epoca antica, ""Rostra"""" perché era ornato, sul fronte, dagli speroni tolti alle navi di Antium nel 338 a.C. La vittoriosa battaglia permise ai romani di avere la loro prima flotta da guerra, infatti le navis longae anziate migliori furono porta-te nei ricoveri dei navalia sul Tevere, mentre le altre furono distrutte e i rostri di queste vennero utilizzati come cimeli per ornare appunto il Comizio del Foro. Secondo Livio l'area dei rostri era sacra come quella di un tempio e lo definisce oculatissimo loco. In un denario del 45 a.C. sono raffigurati in modo schematico i Rostra repubblicani con una tribuna semicircolare, sorretta da arcate dalle quali spuntano le prue rostrate delle navi da guerra, similmente al riparo dei navalia fluviali, e con un subsellium, seduta allungata sorretta da quattro sostegni, che simboleggia il podio. Giulio Cesare trasferì i Rostra in una zona più centrale del Foro e Augusto terminò l'opera rivestendo di marmo l'emiciclo e fornendolo, nella parte interna verso il Campidoglio, di una scala per salire sul piano della tribuna."" -
Le gioie sepolte. Scultura greca del periodo arcaico
Un periodo della Scultura Greca, generalmente trascurato rispetto a quello dei grandi capolavori del V secolo a.C. Eppure nei cinque secoli che precedono le opere del quinto secolo sono intuibili i motivi di ricerca e d'invenzione delle opere del classicismo. In essi si cercano e sviluppano tutte quelle caratteristiche e doti d'invenzione iconografica, di capacità tecniche e, infine, di realizzazione artistica che, unite saranno idonee a creare, nella loro perfezione, la più umana raffigurazione dell'uomo. -
Sinodi Sabini. Il cammino sinodale della Chiesa Sabina (1512-1902)
La storia della Sabina attraverso i suoi Sinodi. -
Michelangelo and the dream of the Sistine Chapel
In lingua inglese il libro ha come obiettivo far comprendere il percorso che portò Michelangelo a realizzare uno dei capolavori più famosi e ammirati al mondo, approfondendo il contesto e le difficoltà che l'artista si trovò ad affrontare. Il testo è molto semplice e immediato: mira a stimolare la curiosità dei ragazzi, non solo verso l'iconografia dei dipinti (cosa è rappresentato? cosa ci voleva dire?) ma anche verso l'aspetto tecnico (come ha fatto?). Vi è una scheda specifica sull'affresco e sui colori che spiega passo, passo i vari livelli di preparazione della parete e le conseguenze, in termini di resa, della suddivisione del lavoro in giornate, della reazione chimica dei pigmenti a contatto con la calce e tanti altri dettagli che permettono di entrare in contatto con un'opera in maniera più diretta. Le immagini sono evocative, accompagnano e completano il testo invitando i giovani lettori a immedesimarsi in Michelangelo e nella sua avventura, ripercorrendo gli anni della formazione, il rapporto con papa Giulio II, con i suoi aiutanti e i grandi incarichi nella cappella Sistina, per la volta e per il Giudizio Universale. Età di lettura: da 10 anni. -
Pellerossa. Antologia dal Sandcreek
Immagini e voci, è l'antologia dal Sandcreek, la Spoon River dei nativi americani (o pellerossa come si diceva nei film di qualche anno fa), la risposta dei nativi americani alla versione eurocentrica di Edgar Lee Masters. Le immagini sono i fieri volti dei capi indiani, le voci i testi che ne raccontano la verità. Il fiume Sand Creek è il luogo in cui nel 1864 si consuma uno dei più noti e feroci massacri ad opera dell'esercito degli Stati Uniti contro un villaggio di nativi, purtroppo non è stato l'unico. -
Il pensiero di Giovanni Giolitti fondatore dello stato sociale, tra guerra e pace
Il ricordo di Giovanni Giolitti non ha la valenza di una mera laudatio temporis acti, con lo sterile rimpianto e le struggenti nostalgie dei bei tempi andati, bensì della riscoperta di un pensiero di straordinaria modernità che è in grado ancora oggi di proporsi come esempio di un alto senso dello Stato, di dedizione al bene comune, di politica intesa come servizio e non come fonte di personali utilità, di promozione dei diritti speculare al puntuale adempimento dei doveri. Esiste una copiosa letteratura sullo Statista di Dronero - la più documentata ed aggiornata è costituita dagli scritti di Aldo Mola - prevalentemente favorevole, anche se non mancò nel passato qualche voce critica come quella di Salvemini, che in seguito peraltro ebbe a rivedere il proprio giudizio. Qual è allora il quid novi di questo libro? È la peculiare indagine giuridico-politica sul Giolitti fondatore dello Stato sociale, svolta dall'Autore prendendo le mosse dall'impegno dell'illustre Statista in tale direzione sin dall'età umbertina. ""Chiedere al proprio popolo solo quel che esso può dare, e non di più"""", fu il principio guida del cinque volte Primo ministro dronerese. Grandi concetti, espressi in parole semplici e chiare ma men che mai banali, caratterizzarono la sobria eleganza dello stile di Giolitti, oratore di straordinaria efficacia nella forma come nei contenuti, costantemente connotati da una ragionevolezza sulla quale potevano trovarsi a consentire gli uomini politici delle più varie tendenze.""