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Zavattini beyond borders. A leader in international culture (Reggio Emilia, 14 dicembre 2019-1 marzo 2020). Ediz. illustrata
«'Già da allora parlavamo quasi tanto come adesso del cinema che bisognava fare in Sudamerica e di come bisognava farlo, e i nostri pensieri erano ispirati al Neorealismo italiano, che è - come dovrebbe essere il nostro - il cinema con meno risorse e il più umano che sia mai stato fatto'. Queste parole del celebre scrittore colombiano Gabriel Garcìa Màrquez, pronunciate all'Avana il 4 dicembre 1986, durante l'inaugurazione della scuola di cinema intitolata a Cesare Zavattini, offrono una delle numerose testimonianze del grande ruolo che Za, come lo chiamavano gli amici, ha assunto nella promozione, a livello internazionale, di produzioni artistiche sviluppatesi in Italia nel secondo dopoguerra, legate in particolare alla poetica neorealista. A trent'anni dalla scomparsa dello scrittore e intellettuale originario di Luzzara, paese della Bassa reggiana, la Biblioteca Panizzi e la Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia hanno voluto approfondire e valorizzare gli aspetti d'una tale visione cosmopolita, di grande interesse sotto il profilo storico e culturale. L'iniziativa, dal titolo Zavattini oltre i confini, si propone di ampliare le conoscenze sull'attività svolta da Za, sia nei vari ambiti artistici (da cinema e letteratura alla pittura) sia in quelli geografici (dall'Europa al Nuovo Continente), affrontando inoltre argomenti particolari come i temi della pace, del viaggio (seguendo ad esempio le tracce di Van Gogh), i rapporti con Marquez e con gli ambienti cosmopoliti ebraici. Zavattini oltre i confini è dunque il titolo non solo d'un calendario di appuntamenti, ma anche di un originale e nuovo progetto d'indagine che propone, nella nostra città, una mostra allestita nella suggestiva cornice architettonica quattrocentesca di Palazzo da Mosto, recentemente restaurato, e un convegno di studi nel luogo più rappresentativo nel campo della formazione e della ricerca, l'Aula Magna dell'Università di Modena e Reggio. Attingendo a importanti fondi dove sono conservate documentazioni e opere, in primo luogo al ricco patrimonio dell'Archivio Cesare Zavattini donato alla Biblioteca Panizzi da Arturo e Marco, figli dell'autore, e alle raccolte di dipinti dei Musei Civici reggiani e della Pinacoteca di Brera, il risultato dell'intenso lavoro di ricerca svolto dal gruppo di studiosi che hanno partecipato al progetto Zavattini oltre i confini è ora contenuto in questo volume.» (Luca Vecchi, Annalisa Rabitti, Davide Zanichelli) -
All'insegna del «buon corsiero»
Pubblicato all'inizio del 1943 e presto uscito di scena, questo romanzo ripescato da Adelphi negli anni Novanta, è ormai da molti anni fuori commercio. Nel centenario della nascita dello scrittore reggiano, abbiamo scelto di riproporlo, convinti che resti un romanzo di grande stile, il prodotto di un altro «lettore di provincia» con un'atmosfera trasognata e lunare, tra Stevenson e Goldoni, tra la Ferrara metafisica dei dipinti di De Chirico, De Pisis e Carrà e quella delle pagine di Savinio e di Govoni, sotto l'incanto e la suggestione dello stile barocco di Tommaso Landolfi. Ne risulta un libro tutto teatrale, fatto di quinte in cartapesta, fondali lirici e sognanti, maschere e personaggi stilizzati, pagine musicali e levigate tutte artificio e leziosità: All'insegna del Buon Corsiero resta come un'aria d'opera malinconica eppure lieve e suadente con cui uno scrittore appena ventenne provò a cantare l'angoscia della propria tormentata adolescenza, fatta di pudore e di senso di colpa, ma anche di fiducia e di speranza nella letteratura; il tutto, nel bel mezzo della dittatura fascista e della seconda guerra mondiale. -
Irlandesi
«L'anima dell'Irlanda salta fuori con orgoglio da questa lettura che Bertoni ha saputo condurre modulando la voce su accenti di rabbia, solitudine, malinconia, baldoria, amore, felicità, disperazione e ironia. Perché l'Irlanda è un po' tutto questo messo insieme, e la sua poesia, che è conosciuta in più parti del mondo al pari della sua musica e del suo whiskey, fa l'effetto di una lunga cantata in cui le voci del passato continuano a vivere in quelle del presente e in cui anche il peso della storia, che aveva così ossessionato l'artista joyciano, non è più un incubo da cui fuggire ma il presupposto stesso della coscienza collettiva. Nell'ascoltare tutte queste voci che si susseguono, tutti questi toni che si alternano mescolandosi alla musica, tutte queste parole che stanno bene in bocca perché è lì che devono stare, si ha la sensazione che in esse non vi sia niente di artificioso, di fasullo o di pretenzioso, ma che tutto esca come un prodotto naturale della terra. Quella stessa terra che, per parafrasare Heaney, una volta veniva scavata con la vanga, e che ora viene scavata con la penna...» (Dall'Introduzione di Daniele Benati) -
Cosa resta dei vetri
Finestre, riflessi, frammenti restituiti alla riva: queste e altre le forme dei vetri che incontrano il dolore, la paura e la speranza di fronte alla malattia inaspettata della madre. Nel libro l'esperienza personale si stringe e si allarga sulla fragilità umana e dei paesaggi, in una varietà cromatica e affettiva che, dal contesto urbano modenese e bolognese, spazia fino ai monti dell'Appennino Tosco-Emiliano e al mare Romagnolo. Col venir meno delle certezze, il timore della perdita diventa motore di ricordi, riapre ferite, ma innesca una sfida necessaria. Quando tutto viene messo in discussione qualcosa cambia e il dettaglio più piccolo si salva dall'indifferenza dell'occhio che scorre. -
Endotatos
La poesia di Eleonora Giusti, a dimostrazione che la scrittura lirica non è affatto di per sé astrattiva e meramente impressiva, si preannuncia del tutto estranea alla linea -oggi invero molto estesa - di un intimismo autobiografico, confessionale, sentimentale, a favore piuttosto di un quadro di rappresentazione profetico e figurale. A colpire, in primo luogo, sono la maturità e l'autocontrollo dei meccanismi prosodici, alle prese con un verso libero privo d'infin-gimenti e di falsi mimetismi dentro le pieghe della tradizione. [.. .] Eleonora Chiara Giusti sa intrecciare molto bene grammatica e scarto, lineare assertività e improvvisa, straniante, non di rado esclamativa apertura di campo immaginativo. A ciò si associa anche una capacità davvero inusitata di fusione (ma senza obbligo di choc, o meglio con effetto di choc a scoppio ritardato) tra oggettività del reale (e in particolare del mondo misterioso di Natura) e abissi dell'interiorità sensibile, fusione ottenuta spesso attraverso il ricorso a frasi nominali, prive di verbo e d'azione. Si pensi in questa chiave all'efficacissimo frammento di Sorriso: «Favilla!/ lavica/ sciamante gittata,/ la soleggiata latitudine benedetta/ del tuo respiro nel mio». (Dalla nota critica di Alberto Bertoni) -
La neve e il sangue. La resistenza letteraria di Gesualdo Bufalino
Attraverso una serie di documenti inediti e testimonianze dirette Giulia Cacciatore ricostruisce la biografia giovanile dello scrittore Gesualdo Bufalino, e in particolare il periodo della guerra e della Resistenza trascorso in Emilia-Romagna. Gli elementi emersi dal confronto tra documenti eterogenei erano tutti riconducibili a Reggio Emilia e ai fatti che accaddero in quella provincia dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 e, al tempo stesso, mostravano con sempre maggiore evidenza che Bufalino, per comporre il romanzo dell'esordio, aveva tratto ispirazione dall'esperienza vissuta in prima persona in una delle zone nevralgiche della guerra di Liberazione. Dopo l'armistizio, Bufalino non rientrò a Comiso ma rimase a Scandiano, a due passi dalla Linea Gotica, nel territorio dove la stretta nazifascista si espresse sin da subito nella ""politica"""" delle stragi contro i civili, nella progressiva attuazione di un regime di terrore e di violenza che non risparmiava nessuno, tantomeno un disertore come lui..."" -
Ligabue fandango
A quasi vent'anni dalla prima edizione, si ripropone questo romanzo, veloce e intenso, in cui la follia padana assume ritmi di danza, mentre Roberto Barbolini dà vita a un insolito ritratto del favoloso Ligabue, tanto più vero quanto reinventato, lunatico e strampalato.rn«Con il piglio visionario e lo stile picaresco che lo distinguono Barbolini mette in scena un coinvolgente bestiario umano e animale, tra i cui protagonisti spiccano figure di lunatici e di birrarri, di idealisti e di artisti, il pittore - narratore Pietro Ghizzardi e il vulcanico sognatore Antonio Ligabue» - Gino Ruozzi, Il Sole 24 OrernrnrnNelle terre della Fabbrica Ducale, che si stendono tra il fiume e l'Appennino, in una Bassa padana simbolica, un mongolo, degradato erede di Gengis Khan, vaga per la pianura a ridosso del Po con i tedeschi alle calcagna, a loro volta insidiati da un coccodrillo ferocissimo, finché incappa in Antonio Ligabue, pittore matto che ama ritrarre tigri e motociclette. «Ligga è un om che scappa perfino quando sogna»: e il romanzo, nei toni di un'epica minore, racconta con una scatenata fantasia picaresca gli incubi e le fughe dalla vita del pittore e dei suoi bizzarri compagni d'avventura: l'amico, anche lui pittore, Pietro Ghizzardi; Angelica, donna sensuale dal nome ariostesco, con suo figlio Bilìn; un Tenore dalle ambigue predilezioni sessuali e varie altre creature che formano uno stralunato bestiario umano. Sullo sfondo, il rombo di una guerra in parte vissuta, in parte immaginata entro i confini d'un piccolo ducato, dove la Storia sembra essersi fermata: un territorio compreso tra l'ampio fiume e le colline franose, percorso da insidiosi alleati teutonici e presidiato dalle Bande Nere, milizie dell'invisibile sovrano proprietario della Grande Fabbrica Ducale, che produce con metodi da lager piastrelle di ceramica da esportare in tutto il mondo. -
Rifiorire. Storie e pensieri sul diritto alla felicità
Rifiorire, cioè mettere di nuovo foglie e petali dopo che qualcosa ci ha buttato giù, ci ha fatto sfiorire. Questo libro pone il lettore dinanzi a una serie di situazioni, ognuna illustrata attraverso una o più storie: tratte dalla giurisprudenza, dai libri, dai film, dai giornali. Può esserci capitata una brutta malattia, ad esempio, magari una pandemia; rifiorire vorrà dire qui guarire, riuscire a cavarsela, andare oltre l'incubo. O può trattarsi di una brutta dipendenza, in cui si è piombati: alcol, gioco, droga, schiavitù amorose, anoressia: cosa si può fare per aiutare le vittime a riemergere dal buio? C'entra anche la natura poi, che spesso ci conforta e ci rianima, e che è oggi tanto minacciata; c'entra il denaro, che spesso ci aiuta a rifiorire, ma che può diventare pericoloso; ci sono gli amori sbagliati, i lutti in famiglia, le conversioni religiose, le violenze sessuali, i pregiudizi che offuscano la mente, i disagi psichici, le fughe dalla prigione, i pentimenti. Il diritto può dare una mano talvolta a rifiorire prima, a non sfiorire troppo. -
La ruota
Un enigma da risolvere in un luogo che è esso stesso un enigma. A disposizione, 326 giorni, un notes e una matita. Un intreccio di vite, in apparenza distanti, mosse in un'unica direzione da un'insolita coscienza, figlia di un errore di partenza. Serve coraggio per arrivare alla fine partendo dal principio: «Sono qui per mia volontà. Ora, appartengo alla ruota e lei, inumana umana, appartiene a me. Mi guarda e spia da ogni angolazione, lo so. È tutta intorno. È dentro. È. Attendo il sibilo: domanda farò, risposta sarò...» La soluzione è nascosta nell'impensabile. Per salvarsi, non basterà decifrare codici o mettere insieme le tessere di un puzzle, prima, servirà annullarsi nella cantilena di un suadente indovinello. Una discesa rapida negli abissi di un vortice di parole guidate da nevrosi e ossessioni. Una risalita lenta, possibile solo a patto di firmare un contratto di rinuncia alla libertà, per tutto il tempo necessario. In condizioni igieniche estreme e in regime alimentare restrittivo, la prigionia diventerà l'ultimo dei problemi. -
Medida. Note di un amore
Quella di Miriam e Lele è una passione che si divide tra Barcellona e Istanbul, tra Torino e Bologna. Una relazione appena nata, bruciante, nella quale si intrecciano personaggi, si accavallano storie di vita e di morte, inizi e addii. I giorni trascorrono, nella lontananza fisica e nell'attesa di un nuovo incontro, scanditi dal ritmo serrato di messaggi vocali attraverso i rispettivi telefoni cellulari, accompagnati da una colonna sonora pop-rock che ha cresciuto una generazione, raccontandone i sentimenti, gli slanci, le passioni. Ne risulta una specie di epistolario contemporaneo, una corrispondenza amorosa come quelle dei secoli scorsi, ma nuova, veloce, costruita attraverso le note degli smartphone, che finiscono col definire la misura (medida, in spagnolo) di un amore. -
L' ombra mi è amica
Lungo il tratto modenese della via Emilia, si snodano e si intrecciano le vite di mancate promesse del calcio, clienti di night, musicisti in crisi creativa, ragazzini solitari, nani, ballerine, afoni cronici, mariti formalmente perfetti, giornalisti d'assalto, bariste tutte d'un pezzo. I protagonisti di questi racconti, conducono esistenze apparentemente lineari, fino al momento in cui, sulla scena, irrompe l'elemento onirico e surreale, che spiazza ogni volta il lettore facendogli domandare: è sogno o realtà? I personaggi e le loro storie, spesso carichi di tensioni esistenziali e metafisiche, si susseguono ad un ritmo travolgente, legati dal filo rosso del sogno, trasformandosi pagina dopo pagina e approdando a finali inattesi che lasciano aperte molteplici porte. -
I bambini del soldato Martin
Martin Adler è un giovane americano, figlio di immigrati ebrei ungheresi; poco più che ventenne decide di arruolarsi e partire per combattere il nazifascismo in Europa. Prova sulla propria pelle l'odio razziale da parte di alcuni commilitoni, ma non demorde e nel 1944 sbarca alle pendici del Vesuvio. Diventa parte della compagnia D del 339° reggimento, una squadra da combattimento con armamento pesante: mortai, cannoni e mitragliatrici. Avanzando verso nord, dapprima sulla linea Gustav e poi sulla linea Gotica, diventa un cecchino, perdendo la propria innocenza. Martin, tuttavia, esorcizza l'orrore della guerra scattando centinaia di fotografie e disegnando cartoline, che spedisce alla famiglia in America. Nei pressi di Monterenzio, nel bolognese, si fa ritrarre in uno scatto che, alcuni decenni dopo, ha fatto il giro del mondo: il soldato è insieme a tre bambini, che la madre aveva nascosto in una cesta di vimini, per proteggerli dai tedeschi. Quell'incontro rimane impresso in modo indelebile nei suoi ricordi e, grazie a un appello lanciato sui social network, Martin Adler riesce a realizzare il desiderio di ritrovarli. Sarebbe, però, un errore pensare che la sua storia, durante la campagna d'Italia, sia tutta qui. Martin è un uomo che ha cercato la leggerezza anche nelle situazioni più drammatiche, regalando sorrisi e ""cioccolata"""" da Napoli al Trentino, realizzando persino un vino """"da trincea"""". Una volta rientrato in America, ha lottato appassionatamente per i diritti dei più fragili. «Sono felice, di non aver premuto il grilletto quel giorno di ottobre del 1944 nella valle dell'Idice sull'Appennino bolognese. Invece di uccidere, scattai una fotografia e ora mi accorgo che non solo salvai tre bambini, ma tutte le persone che sono nate grazie a quel gesto. Nate proprio da Giuliana, Mafalda, Bruno, diventati madri, padri, nonni e bisnonni. Come me. Ecco l'importanza generazionale di un piccolo gesto di vita [...] Per tutta la vita, nel mio piccolo ho cercato di trasmettere quello che questi volti sconosciuti, immortalati tante volte dalla mia 35 millimetri, proprio come quelli di Bruno, Mafalda e Giuliana, mi hanno insegnato. Dona, senza chiedere nulla in cambio e riceverai vero amore»."" -
Cacciacuore
Una storia d'amore attraverso la metafora classica della caccia, affidata al talento immaginifico di Michele Ferri, per dire quanto conta guardarsi dentro e confidare sulla possibilità di un amore unico, vero, inevitabile. -
L' altra scoperta. Dal Cinquecento dei conquistatori al Duemila della prima senatrice nativa americana
L'altra scoperta è un'analisi psico-sociologica volta a fornire notizie, ma soprattutto elementi base, di ragionamento e di formazione del pensiero sulla cosiddetta scoperta dell'America. L'autrice si propone di fare luce su un periodo storico troppo spesso dimenticato: il secolo immediatamente successivo all'arrivo dei primi conquistatori nei territori americani, regalando finalmente ai nativi le parole che per troppo tempo sono state loro tolte. Nulla è stato scoperto in quel fatidico 1492, piuttosto si è verificato un incontro tra due mondi, ognuno con la propria civiltà e la propria storia, entrambi vecchi in termini umani. Imponendo i suoi valori come gli unici possibili, l'Europa ha causato la cancellazione di molte civiltà dando origine a un olocausto non solo fisico, ma anche morale e culturale. La religione come ricatto sociale, la parola manipolata, l'omologazione degli indios a ""buoni selvaggi"""" ma soprattutto l'assordante silenzio dell'altro sono gli aspetti più atroci della conquista. Moltissime persone hanno subito e stanno ancora subendo le conseguenze di questo trauma storico che dura da secoli."" -
Casa d'altri
Romanzo breve esistenzialista in cui una vecchia lavandaia e un vecchio prete di montagna incrociano le proprie storie intorno al senso della vita e alla possibilità di finirla prima. -
Ferite
I primi tre racconti - un trittico di solitudini femminili - prendono spunto da altrettante vicende di attualità o notizie di giornali: nel primo, un trafiletto sulla scoperta di una antica mummia innesca l'esperimento estremo di una pensionata; nel secondo, un evento catastrofico getta nel mondo una creatura insolita, destinata a ricreare il luogo della propria origine; nel terzo, l'esempio di un vecchio indiano trasformatosi per devozione nella moglie defunta spinge una vedova a un progetto di vendetta. I due racconti finali, invece, colgono spunti esplicitamente letterari: il primo si ispira a un racconto di Katherine Mansfield, che si conclude con la rivelazione improvvisa della mediocrità di un uomo amato per un attimo dalla protagonista; il secondo svela, attraverso le parole di un uomo dalla vita avventurosa, il segreto di uno dei più grandi romanzi europei del secondo Novecento, Memorie di Adriano, e al tempo stesso illumina scorci della biografia di Marguerite Yourcenar. -
Ricerche storiche (2021). Vol. 131
Rivista semestrale dell'Istituto per la storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia. -
Don Vittorio Chiari. Che spettacolo una vita così!
"Che spettacolo una vita così!"""" è un titolo che mantiene ciò che promette, poiché racconta parole e azioni di un salesiano singolare, don Vittorio Chiari. Grazie alle brevi narrazioni di testimoni viene composto un mosaico di frammenti di vita, che diventano una biografia affettuosa e onesta di un prete - uomo di teatro - educatore - giornalista - scrittore. La metafora che guida la scrittura è quella di una grande passione di don Chiari, che nelle sue mani fioriva anche a formidabile esperienza educativa: il teatro. Lo spazio e i tempi del palcoscenico scandiscono il racconto guidando il lettore dalle prove all'uscita di scena di questo personaggio che ha lasciato una traccia indelebile di esempi e di realizzazioni culturali ed educative a Reggio Emilia fra il 1988 e il 2003. Qui si racconta di un prete vicino agli ultimi e ai penultimi, di giovani attirati a migliaia, di una città che si fidava e di un grande cuore che aveva la forma di un naso rosso da clown." -
L' ombra che mi fredda l'anima
"Vorrei avere meno confidenza con me stesso, mi accorgo col tempo di quanto poco rispetto ho avuto nei miei confronti... ormai è tardi io e la mia ombra non ci possiamo più prendere in giro, lei è sempre stata più veloce di me, nel decidere, nell'amare, in tutto ciò che mi ha tenuto lontano dalla luce. È il filo sottile che mi scappa dalle mani, non lo posso legare, non lo posso nemmeno stringere. Lascio solo che mi guidi, sempre più lontano, sempre più distante da quella foresta dove nessuno ha mai visto il sole... Sono nato domani, sono nato tante volte, sono nato in un giorno qualunque... sono morto ieri, sono morto tante volte, sono morto in un giorno qualunque. Nulla mi porterà via da questa vita e nessuno strapperà il filo... lontana come una notte dimenticata, più lontana di una voce mai sentita... è l'ombra che mi fredda l'anima..."""" In questo libro l'autore ripercorre le canzoni che ha scritto nel corso degli anni sulla vita e la morte, sui miracoli, sull'eterna battaglia tra giusto e sbagliato, tra bene e male, sui bagliori di gloria, le strade sbagliate, i sensi di colpa e gli amori finiti..." -
Self-reflection. Omar Galliani. Tintoretto. Lorenzo Puglisi
L'Art Museum Riga Bourse, sezione del Latvian National Museum of Art specializzato nella promozione dell'arte internazionale, propone una riflessione sull'autoritratto e lo fa invitando due artisti italiani tra i maggiori di oggi, Omar Galliani e Lorenzo Puglisi, scegliendo di affiancarli a un maestro del passato, Jacopo Robusti, meglio noto come il Tintoretto (Venezia, 1518-1594). Grazie alla collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, la Teterev Foundation (Lettonia) e l'Ambasciata d'Italia di Riga, giungerà infatti per la prima volta al Museo Nazionale della capitale lettone il celebre Ritratto d'uomo, capolavoro del Maestro veneziano. Quest'opera diviene fulcro di un confronto intorno al quale si sviluppa il racconto di sé, per immagini, dei due artisti contemporanei che la curatrice della mostra, Astrida Rogule, ha scelto per rappresentare i vertici dell'autoritratto nell'arte italiana di oggi: Omar Galliani e Lorenzo Puglisi. I due artisti, che hanno esposto insieme in luoghi unici e suggestivi come la cappella dell'incoronazione del Museo Riso di Palermo (2016), il Pio Monte della Misericordia di Napoli (2017), il Museo Francesco Messina di Milano (2018) continuano la loro proficua collaborazione creativa, oltre i confini italiani per la mostra Self-Reflections. Ad accogliere la mostra, nell'occasione del decimo anniversario della sua fondazione, è l'Art Museum Riga Bourse, situato in un edificio della seconda metà dell'Ottocento che richiama nella sua struttura architettonica proprio la Venezia di Jacopo Robusti. Nel grande salone principale, un tempo sede della Borsa di Riga, Omar Galliani e Lorenzo Puglisi presentano ciascuno sei opere di grandi dimensioni e un autoritratto (già acquisito per la collezione delle Gallerie degli Uffizi) con le quali si pongono in un dialogo empatico e oltre il tempo con il Ritratto d'uomo di Tintoretto. La mostra intende condurre il visitatore a riflettere sull'atto della creazione artistica, laddove a essere rappresentato è il mondo interiore dell'artista che sublima nelle sembianze di sé anche il mondo esteriore: il frutto di un processo di ""autoriflessione"""" sempre avvenuto in epoche diverse. Omar Galliani e Lorenzo Puglisi oggi, attingendo alla secolare tradizione testimoniata dal grande Maestro rinascimentale, offrono l'opportunità di ammirare l'evoluzione di questo percorso: Tintoretto è il loro """"antenato"""" e il suo capolavoro può essere considerato come una luce che mostra la profonda comprensione di sé e della natura dell'essere umano. Filosofia e pratica creano una connessione tra Rinascimento e Arte contemporanea attraverso le infinite possibilità della pittura e del disegno. È importante far vedere che l'arte italiana ancora oggi è protagonista nel contemporaneo, a livello internazionale. La mostra Self-reflections, dedicata all'arte italiana del passato e del presente, è un grande dono agli spettatori lettoni e ai turisti che visitano Riga, in occasione del decimo anniversario dell'Art Museum Riga Bourse.""