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Accanto alla macchina. La mia vita nella Silicon Valley
Scritto nel 1997, quando l'era digitale era ancora alle porte, «Accanto alla macchina» è insieme saggio critico, riflessione personale e memoir, e conserva ancora oggi un'inquietante attualità.rnrnrnrnDopo un dottorato in materie umanistiche, e con un passato da attivista politica alle spalle, Ellen Ullman si ritrova nella mitica Silicon Valley quasi per caso: all'inizio degli anni Ottanta un periodo di crisi del sistema accademico statunitense la spinge a cercare un lavoro temporaneo dove è più facile trovarlo, e cioè in quel settore tecnologico che, nella California del Nord, sta facendo da incunabolo alla rivoluzione digitale. Programmatrice della primissima ora, doppiamente outsider in quanto donna e ultratrentenne, la Ullman racconta il fascino e le insidie legati al trovarsi «accanto alla macchina»: l'irresistibile attrazione esercitata da un lavoro neutro e razionale, tutto numeri e codici, e il rischio di dimenticarne la destinazione e la finalità ultima, che tocca sempre e inevitabilmente altri esseri umani, e spesso proprio i più indifesi e i meno preparati a fare i conti con il trionfo di un'economia immateriale. Scritto nel 1997, quando l'era digitale era ancora alle porte, «Accanto alla macchina» è insieme saggio critico, riflessione personale e memoir, e conserva ancora oggi un'inquietante attualità. Attingendo alla propria esperienza professionale, familiare e sentimentale, Ellen Ullman racconta cosa accade quando, illudendoci di «creare un sistema per i nostri scopi e a nostra immagine», finiamo per proiettare in quel sistema solo la parte di noi «in cui regnano la logica, l'ordine, la chiarezza»: con il rischio concreto che «più tempo passiamo a osservare un'idea ristretta dell'esistenza, più la nostra idea di esistenza si restringe». -
Non ho risposte semplici. Il genio del cinema si racconta
Un'opera che ripercorre le tappe della carriera di un cineasta spesso discusso, talvolta incompreso ma sempre indipendente fino all'ostinazionernrn«Queste interviste permettono di seguire l'evoluzione del rapporto di Kubrick con la macchina-cinema e la formazione parallela di una sua pratica di cinema e di comunicazione sempre più peculiare. È curioso vedere come, nella penna dei vari giornalisti, l'oggetto Kubrick si formi poco a poco, per approssimazioni successive. Man mano, questo regista eccentrico viene visto sempre meno come appartenente a una ""nuova generazione"""" di registi americani del dopoguerra, e trovare termini di paragone per lui si farà sempre più difficile» – dalla prefazione di Emiliano MorrealernrnIn tutto l'arco del Novecento pochi cineasti sono riusciti ad attraversare i decenni e i generi mantenendo una cifra stilistica propria e riconoscibile così come ha fatto Stanley Kubrick. In questo nuovo volume della collana dedicata al grande cinema, minimum fax presenta una raccolta di interviste che delineano con grande precisione il suo genio allucinato e metodico al tempo stesso, che ha accompagnato (e in molti casi creato) l'immaginario visivo degli ultimi quarant'anni. Da """"Orizzonti di gloria"""" a """"Full Metal Jacket"""", passando per """"2001: Odissea nello spazio"""", """"Arancia meccanica"""" e """"Shining"""", quest'opera ripercorre le tappe della carriera di un cineasta spesso discusso, talvolta incompreso ma sempre indipendente fino all'ostinazione, che ci ha regalato alcune delle visioni più belle e profonde della storia del cinema."" -
Non c'è gusto. Tutto quello che dovresti sapere prima di scegliere un ristorante
Non solo un libro di consigli, ma un viaggio nell'Italia di ieri e di oggi attraverso l'inesauribile varietà della sua ristorazione. Dai ristoranti stellati alle osterie di quartiere, Gianni Mura ci mette in guardia su tutto ciò che è opportuno fare prima di sedersi a tavola per evitare solenni fregature: ad esempio, per scegliere il posto giusto è meglio fidarsi del consiglio degli amici, consultare le guide storiche o le recensioni di TripAdvisor? E quali insidie (e quali indizi) può nascondere la telefonata con cui prenotiamo un tavolo per quattro alle nove di sera? Ma già che c'è, tra una dritta e l'altra, Mura ci racconta di grandi ristoratori che danno alle loro invenzioni nomi di pittori rinascimentali, di cuochi arroganti che per partito preso negano ai clienti una fetta di formaggio, di posate scomode e di mangiate omeriche nelle leggendarie trattorie battute dai camionisti. ""Non c'è gusto"""" è la celebrazione ostinata e non pentita del gusto imbattibile di condividere cibi e bevande con le persone che ci piacciono, di dedicare tempo e vita a ciò che aiuta a mantenere umani. Parafrasando Vinicius de Moraes: """"La tavola, amico, è l'arte dell'incontro""""."" -
I vivi e i morti
Premio Letterario Internazionale Mondello 45a edizione - Sezione Opera ItalianaCon una scrittura visionaria e sapienzale, Andrea Gentile incanta, stupisce e scuote il lettore e, con sicurezza di sciamano, disgregando lo spazio-tempo narrativo, sposta il confine di quello che è possibile fare con la forma romanzo.rnrnA Masserie di Cristo, lungo le pendici del Monte Capraro, nel cuore di un Sud viscerale, fantasmagorico e magico, i vivi e i morti s'incontrano, talvolta senza riconoscersi. E non sono né vivi né morti. In questo luogo inesistente e remoto, la giovane Assuntina è scomparsa, e tutto il villaggio non si dà pace. Tebaldo costringe la piccola figlia Italia a ucciderlo, e la madre la punisce rinchiudendola in una cantina. In un infernale carcere sotterraneo un Custode meticoloso e malinconico assegna punizioni terribili a rei e innocenti e scrive lettere amareggiate a se stesso, mentre la guerra fra le fazioni del paese disarticola l'ordine già precario del mondo. Il tempo ricomincerà ancora una volta - ma si tratta di Genesi o Apocalisse? - e un Noi collettivo, transitorio e ipnotico, potrà narrare finalmente la follia degli uomini. Esiste solo il movimento infinito, il racconto che si racconta sempre di nuovo, per i vivi e per i morti.rnIn questa storia ogni luce danza con le ombre, ogni spiegazione semplice e razionale dei fatti precipita in uno strapiombo di colpe oscure e inconfessabili che ci interrogano profondamente e ci scherniscono. -
Sei stato felice, Giovanni
Un libro che parla con parole vere, prepotenti e insostituibili ai nostri tempi. A chi è giovane, a chi lo è stato, a chi sta per partire, a chi ritorna.rnrnLeggere l'esordio di un classico è come assistere a un fenomeno naturale. In fondo, scrisse Calvino per tutti, il primo libro è il solo che conta, e forse bisognerebbe scrivere quello e basta. ""Sei stato felice, Giovanni"""" è il grande strappo che Arpino diede alla sua vita. L'occasione fatale di esprimersi. Il nodo da sciogliere per sempre o mai più. Aveva ventitré anni e alloggiava in una pensioncina di Genova, lurida e malfamata. Ci mise venti giorni. Venti giorni per inventare una voce. E un paesaggio. Per dire addio agli amici, alla giovinezza, agli amori impossibili, alle tante allegrie e disperazioni di ogni età precaria. Per gettarsi alle spalle gli Hemingway e gli Steinbeck, Vittorini e Pavese, il cinema francese. E il lungo intervallo della guerra. Il primo libro di Arpino è un libro di congedi. Una storia da ultima sbronza, in attesa dell'età adulta e del porco avvenire. L'avventura di chi portava la solitudine come un berretto e si sentiva un proiettile disperso, un reduce, anche se non ricordava più da cosa. Il suo protagonista sa che deve muoversi, cercare un lavoro. Ma intanto si ubriaca, litiga, si innamora, contrae debiti e sfortune. È pigro, crudele e prodigo. E non può che abitare un porto, averne l'odore, appartenere a un'umanità di marinai, di prostitute, di vagabondi. Un porto che si chiama Genova, con quell'aria svelta e sottile di mare, ma che potrebbe essere Buenos Aires o avere qualsiasi altro nome. Perché """"Sei stato felice, Giovanni"""" è un libro che parla con parole vere, prepotenti e insostituibili ai nostri tempi. A chi è giovane, a chi lo è stato, a chi sta per partire, a chi ritorna."" -
Post punk 1978-1984
Il post punk non è un «genere» come tanti, non è la diligente coda del punk, a cavallo tra due decenni, quando la rivoluzione è finita e i giochi sono fatti; è, al contrario, la musica e il tempo in cui tutto diventa possibile. I confini cadono, i divieti sono ignorati, le regole vengono sovvertite in una sperimentazione continua, selvaggia e colta insieme. Il post punk non è retromaniaco - per usare la categoria critica che lo stesso Simon Reynolds ha creato e che si è imposta come definizione della nostra epoca - ma è il «suono» del presente e delle sue possibilità infinite. Per questo motivo, a distanza di quarant'anni, ancora appassiona e influenza. La musica degli inglesi Joy Division, PiL, Gang of Four e Slits, degli americani Pere Ubu, Devo, Talking Heads e di altri gruppi noti e meno noti continua a essere fonte d'ispirazione per migliaia di artisti in tutto il mondo. Con Post punk Simon Reynolds scrive il suo libro più personale e coinvolgente, mostrando l'erudizione enciclopedica, la raffinatezza d'analisi e l'abilità divulgativa che ne fanno il critico musicale più importante della nostra epoca. I suoni e le emozioni, le speranze e l'euforia escono fuori da ogni pagina e ci invitano all'ascolto amorevole di una musica e di un tempo che non può essere ripetuto ma solo reinventato. -
Political TV. Informazione e satira, da Obama a Trump
Contenuti dalla forte valenza politica attraversano da sempre la televisione americana. In anni recenti la presidenza di Barack Obama, abilissimo nel costruire la sua narrazione anche attraverso i mezzi di comunicazione, e quella di Donald Trump, star della reality television prima di approdare alla Casa Bianca, hanno enfatizzato ulteriormente sia lo stretto rapporto tra tv e politica, nelle rappresentazioni e nell'immaginario, sia le conseguenze di questo intreccio. ""Political tv"""" offre una panoramica completa e ragionata sul tema, indagando tanto i generi televisivi più tradizionalmente legati alla necessità di informare (i telegiornali, le reti ali news), quanto quelli dove la politica è solo uno tra i molti ingredienti (le serie tv, i reality, la satira, il late night). Con rigore storico e chiarezza d'analisi Chuck Tryon esplora la costruzione televisiva di concetti fondamentali come la cittadinanza e l'identità nazionale, l'impatto di temi e idee sulle narrazioni (e viceversa), le contaminazioni con le logiche dell'intrattenimento e della pubblicità, lo statuto della tv politica nello scenario mediale post network. La postfazione al volume è stata scritta appositamente per questa edizione italiana e allarga lo sguardo al presente della presidenza Trump e al suo rapporto inedito con i media."" -
Pastoralia
In un futuro prossimo in cui il consumismo e l'aziendalismo regnano incontrastati, i personaggi sono ingabbiati in esistenze assurde e umilianti: chi deve interpretare il cavernicolo in un parco a tema, scuoiando capre di giorno e facendo rapporto via fax al capo ogni sera; chi fa lo spogliarellista in uno strip club dove le clienti compilano severissime ""Classifiche dei carini""""; chi cerca l'autostima in improbabili incontri motivazionali o l'amore nell'aula di un corso di recupero per automobilisti indisciplinati. George Saunders descrive un mondo grottesco e tragicomico, rivelandosi però un maestro nel cogliere i piccoli gesti di umanità e gentilezza capaci di far rinascere la speranza."" -
A Coney Island of the mind
Pubblicata originariamente nel 1958, e da allora tradotta in tutto il mondo, «A Coney Island of the mind» è l'opera più celebre di Lawrence Ferlinghetti. Irriverenti, psichedeliche, libertarie, queste quarantanove poesie nascono dalla volontà di rappresentare «senza censure le tragicomiche pagliacciate di quelle creature bipedi note col nome di esseri umani». E scavando nel significato delle piccole cose comuni ricompongono nel loro insieme ciò che annuncia il titolo: una ""Coney Island mentale"""", un luna-park dell'anima."" -
Gesù lava più bianco. Ovvero come la chiesa inventò il marketing
In questo tour de force documentato e irriverente sulla storia della comunicazione pubblicitaria nella Chiesa cattolica, Ballardini decostruisce senza falsi ossequi la dottrina, la ritualità, la teologia, l'architettura, l'evangelizzazione nei loro elementi propagandistici e, in senso linguistico, pragmatici, e fornisce così un contributo a un'altra, nuova controstoria della Chiesa - la grande azienda con il settore marketing più efficace e capillare di tutta la storia occidentale. Del resto, come ha dichiarato monsignor Ernesto Vecchi nel 1997: «Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa...» -
La sinistra che verrà. Le parole chiave per cambiare
Ventidue parole chiave, ventidue autorevoli studiosi italiani e internazionali. Un obiettivo comune: dare forma al lessico della «sinistra che verrà».rnrnUna riflessione collettiva sui punti di crisi e di ambiguità del presente, sulle mutazioni delle società in cui viviamo, sugli strumenti per delineare una cultura politica che sappia confrontarsi con le sfide del cambiamento. Parole vecchie e nuove – democrazia e reddito di base, femminismo, ecologia, giustizia e pace – come campi di prova sui quali misurare la capacità di affrontare le grandi questioni del nostro tempo: le migrazioni, i populismi, la globalizzazione, il cambiamento climatico, le trasformazioni del lavoro. Rispetto al lungo dominio neoliberista, un'alternativa autentica e concreta. Un lessico rinnovato, ma fondato sulle vecchie discriminanti tra destra e sinistra: la giustizia contro il privilegio, la democrazia contro l'autoritarismo, i diritti contro lo sfruttamento, l'inclusione contro l'esclusione. -
Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi)
Un lui, una lei, la Roma di oggi, la classica storia d'amore che potrebbe ricominciare; ma il confidente del protagonista, fra partite a scacchi e tazze di caffè al bar, è... Lev Tolstoj. Con un linguaggio serrato ed elegante, un'ironia feroce, un continuo sovvertimento dei piani narrativi, Lagioia si diverte a trasformare la più convenzionale delle trame in «una macchina per la distruzione di cliché letterari» che non risparmia «Guerra e pace», le madeleines di Proust, il mito della droga e quello del ritorno all'infanzia: un romanzo d'esordio in cui si mescolano lo sperimentalismo europeo e il postmoderno americano. -
Tennis, Tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)
Sei saggi sui generis in cui Wallace ci offre un'analisi caleidoscopica della società e della cultura postmoderna condotta al tempo stesso con lo sguardo acuto e distaccato del critico e quello entusiasta del fan, e percorsa da una vena inesauribile di ironia.rnrnPubblicata dopo il successo mondiale di Infinite Jest, che consacrò Wallace come uno dei migliori narratori americani contemporanei, questa raccolta ne rivelò anche il talento di saggista e osservatore del proprio tempo. Esilaranti reportage «dietro le quinte» da un'edizione degli Open Canadesi di tennis e dal set di Strade Perdute di Lynch; fotografie inedite della vita di provincia americana in un Midwest animato da bizzarie metereologiche e chiassose fiere campionarie; geniali riflessioni sul rapporto di odio/amore fra la televisione e la narrativa contemporanea. -
Aspettando i Naufraghi
Con uno stile potente e attraverso continui sconfinamenti nel fantastico, Orso Tosco riesce a darci una rappresentazione quanto mai reale delle motivazioni segrete che ci spingono a vivere, fino all’ultimo respiro. E, forse, persino dopo.rnrnTra i partecipanti a una festa sfrenata che si conclude con un suicidio collettivo, Massimo è l’unico a non premere il grilletto. Eppure la fine è vicina, per tutti. La guerra incombe, e i Naufraghi stanno arrivando. In pochi mesi, quello che inizialmente sembrava soltanto un gruppetto di invasati è cresciuto in modo inarrestabile, tanto da sovvertire l’intero ordine globale. L’unica caratteristica che lega i suoi componenti è l’abbandono di ogni comunicazione verbale. I Naufraghi si esprimono mediante le loro azioni, azioni che sono violente, distruttive, definitive. Per uccidersi o farsi ammazzare, un posto vale l’altro, Massimo lo sa bene. Ma all’ultimo momento decide di trascorrere il poco tempo che gli rimane con Piero, suo padre, confinato all’Hospice San Giuda, un sanatorio incastonato tra le valli di un entroterra che somiglia molto a quello ligure. Massimo non è mai riuscito ad accettare la malattia del padre, ma ora, sentendosi ugualmente spacciato, è lui ad avere bisogno della sua presenza. Un analogo cambio di prospettiva consentirà anche agli altri abitanti dell’Hospice di resistere al peso della disperazione. Che si tratti del Dottor Malandra, timido chirurgo morfinomane; di Guido, infermiere, alcolista, ultras; di Olga, suora in lotta contro la felicità e contro il proprio passato, tutti comprenderanno l’ultima, possibile verità: che ci può essere speranza senza speranza. -
Country dark
Dopo la sua raccolta d'esordio Nelle terre di nessuno, Chris Offutt ci riporta in Kentucky, con un romanzo potente e teso come una corda di violino: una storia di violenza e vendetta che appassiona come un noir e illumina i lati più nascosti e oscuri del sogno americano.rnrnTucker è appena tornato nel suo Kentucky dopo aver partecipato a una delle guerre più sporche e dimenticate della storia americana, quella di Corea. Ha combattuto in condizioni estreme, non ha esitato a uccidere, come se fosse la cosa più naturale al mondo, è un reduce senza medaglie e senza rimorsi. Vuole solo ricongiungersi alle terre aspre e isolate nelle quali è cresciuto, costruirsi una famiglia e vivere in pace, anche se per farlo deve lavorare alle dipendenze di un contrabbandiere di alcol. Ma quando il suo fragile equilibrio e i suoi affetti più cari vengono messi in pericolo non ha la minima titubanza: riprende in mano le armi, che sa usare come pochi, e si prepara a difendere ciò che ama nell’unico modo che conosce. -
Il paese dove non si muore mai
Esordio letterario nel 2005 con Einaudi, Il paese dove non si muore mai è uno dei libri capofila di una nuova generazione di scrittori immigrati e segna l'approdo sulle nostre coste di un accento nuovo, irripetibile, sensuale e sconvolgente.rnrnNel paese dove non si muore mai, per le donne la morte è invece sempre presente. Muoiono in seguito ad aborti domestici oppure impiccandosi insieme a un'amica, con un filo elettrico che i bambini usano per giocare. O si annegano in un lago, per una storia d'amore disperata. Gli uomini spariscono soltanto e non vengono sepolti; forse sono stati fucilati, o forse no. Siamo in Albania, terra di polvere e fango, ai tempi della dittatura, ma il paesaggio di Ornela Vorpsi è un territorio letterario per eccellenza: esemplare, metaforico, universale. È Europa, ma potrebbe essere Africa, Asia, Sudamerica, un compendio tragico della condizione femminile e umana in ogni parte del mondo. In un italiano adottato come si adotta una speranza, e carico di espressività e di dolore, Ornela ci racconta l'antieducazione sentimentale di tutte le donne in mezzo alla violenza e alla solitudine, le loro storie di puttaneria e vergogna, di proverbi e cucine seminterrate, con una lingua simile a un bisturi. -
Romanzi: Il gioco preferito-Beautiful losers
"Il gioco preferito"""", pubblicato originariamente nel 1963, è un esuberante romanzo di formazione, paragonato dalla critica al """"Ritratto dell’artista da giovane"""" di Joyce, che narra la giovinezza di Lawrence Breavman, figlio unico di una ricca famiglia ebrea di Montreal e alter ego dell’autore, dalla reazione alla morte del padre al controverso rapporto con la religione e la cultura ebraica; dalle scorribande notturne con l’amico Krantz alle ambizioni letterarie, le avventure sessuali e infine la scoperta dell’amore.rn""""Beautiful Losers"""", scritto in Grecia nell'estate del 1965, quando Cohen attraversava il tormentato periodo di crisi spirituale che si sarebbe concluso di lì a poco con l’inizio della sua trionfale carriera di cantautore, ruota attorno a tre personaggi – il narratore, la moglie defunta e un amico – coinvolti in un triangolo amoroso e ossessionati dalla figura di una santa pellerossa vissuta nel Canada del Seicento. Più che seguire una trama lineare, si sviluppa come un flusso di coscienza o una serie di illuminazioni, attingendo ai temi che saranno cari al Cohen musicista – la religione, il misticismo, l’eros, la critica alla società contemporanea – e traducendoli in una prosa visionaria e psichedelica che riscosse l’ammirazione, tra gli altri, di Lou Reed." -
Biancaneve
Dimenticate Walt Disney e i fratelli Grimm: la Biancaneve di questo romanzo è una donna annoiata, che scrive poesie erotiche, ha una difficile relazione col suo psicanalista, studia letteratura italiana e, in attesa che arrivi il principe azzurro, vive (in maniera decisamente promiscua) in una comune con sette uomini. Il genio comico di Donald Barthelme scompone la fiaba tradizionale in mille pezzi e li infila tutti nel frullatore, condendo la gustosa miscela di riferimenti alla cultura trash e citazioni colte, provocazioni, parodie e irresistibili nonsense. Uscito originariamente nel 1967, questo romanzo è uno dei grandi classici ""nascosti"""" della letteratura americana: come scrive Ivano Bariani nella sua prefazione, «stemperate in quarant'anni di contaminazioni culturali, le tecniche innovative di Barthelme sono diventate gli strumenti di sopravvivenza e affermazione per un'intera generazione di narratori»."" -
Parigi-New York andata e ritorno
Scritto nei primi anni Trenta, nel periodo di massima creatività artistica di Henry Miller e cioè a cavallo delle pubblicazioni di ""Tropico del Cancro"""" e """"Tropico del Capricorno"""", questo libro è stato pubblicato per la prima volta in Italia da minimum fax. Mentre è a bordo della nave che lo traghetta da una sponda all'altra dell'Atlantico, Miller scrive in prima persona raccontando il proprio stato d'animo di esule volontario in Europa che si ritrova a tornare in patria, con il tipico sguardo trasversale e rutilante rivolto tanto agli Stati Uniti trafitti dalla recente Grande Depressione quanto all'Europa impantanata nel fascismo e nel nazismo. Parigi-New York andata e ritorno si legge d'un fiato, ed è una lettura perfetta tanto per i numerosissimi fan di Miller, quanto per chi voglia avvicinarsi allo scrittore per la prima volta. È infatti un compendio, un concentrato di tutti gli elementi che hanno fatto di Henry Miller uno degli autori più amati del Novecento: la vita bohémienne, gli amori travolgenti, il sesso sfrenato, l'idillio per l'arte e per la scrittura, un forte senso etico, la voglia di vivere ogni secondo con l'intensità di una vita intera. Questo libro è puro Henry Miller al 100%!"" -
Undici solitudini
Dopo la pubblicazione di ""Revolutionary Road"""", il primo romanzo di Richard Yates, il critico americano Alfred Kazin scrisse: «Questo romanzo riassume la nostra epoca con più spietatezza di ogni altro, ma anche con più pietà». Le undici storie qui raccolte, pubblicate per la prima volta nel 1962, presentano un altro momento della stessa ricerca e contengono forse quanto di più definitivo Yates abbia mai scritto: in ogni racconto non si potrebbe dire di più con meno parole, perché si intuisce sempre che è accaduto molto più di quanto è detto. La lezione di Hemingway - l'essenzialità della scrittura - è qui portata alle sue estreme conseguenze grazie alla capacità di far scaturire il significato di un'esistenza da un semplice fatto illuminante. I personaggi di Yates (impiegati mitomani, ragazzi disadattati, reduci senza gloria, coppie sprofondate nel mutismo postmatrimoniale) possono sembrare tratti da un libro di sociologia; ma un dialogo esatto, un ritmo infallibile, l'attenzione discreta ai particolari li rendono assolutamente unici, inconfondibili e per ciò stesso universali.""