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Caravaggio e Vermeer. L'ombra e la luce
Da un lato la lotta ancestrale tra ciò che è limpido e ciò che è tenebroso. Dall'altro un senso di laica religiosità e di mistero inespresso. Il confronto inatteso tra due pittori che nulla avevano in comune, se non la prodigiosa attitudine a dipingere la luce.I due artisti sono a grande distanza l’uno dall’altro, ma all’interno di una stessa civiltà che è quella del secolo della scienza all’origine di qualsivoglia concetto di modernità. Si guardano da lontano ma quasi si potrebbero toccare rispetto al loro universo espressivo. L’uno, per cosí dire, è figlio della notte, l’altro è figlio del giornoPunte di diamante delle piú importanti scuole pittoriche del loro tempo, Caravaggio e Vermeer hanno praticato generi diversi e vissuto vite agli antipodi. Eppure entrambi, ciascuno a suo modo, sono stati maestri nell’uso della luce. Considerato un rivoluzionario già dai suoi contemporanei, Caravaggio ha abbandonato la mediazione dello sfumato rinascimentale per lasciare spazio a una luce abbacinante, che emana direttamente dal buio senza passaggi intermedi. Quella di Vermeer è invece la luce dell’illuminazione interiore, l’aura che si forma intorno ai personaggi ritratti nell’intimità delle loro case. Con un’attenzione rivolta alle connessioni profonde e alle inevitabili differenze, Claudio Strinati ci presenta i due artisti come Minerve uscite dalla testa di Giove: entrambi sembrano nascere perfetti, con uno stile già compiuto, ed entrambi muoiono dopo una parabola breve e intensa, consegnando alla storia i capolavori che ancora oggi ammiriamo. -
L' era del singolo
Essere individui non basta piú. Ognuno è singolo e dunque originale e speciale, alla ricerca della felicità su misura, personalizzata e non personale. E allora ogni singolo realizza un'opera d'arte unica e irripetibile: la propria vita.«Pensavamo di vivere nell'era dell'individualismo, nel regno della libertà e dell'autonomia della volontà? Errore, segnala con brio in questo illuminante saggio Francesca Rigotti: siamo entrati ormai da tempo nell'era del singolo e del singolarismo.» – Marina Valensise, Il MessaggeroSiamo nell'era del singolo. Un'epoca in cui un numero sempre maggiore di persone, spesso inconsapevoli di far parte di una tendenza generale, non si aspetta piú il generale ma sempre lo speciale; non si volge a ciò che è standardizzato e regolato ma a ciò che è originale e particolare; non è interessato alla produzione di massa ma a ciò che è specifico e individuale. Per esempio, per i nostri figli cerchiamo non piú un'istruzione uguale per tutti, ma scuole che valorizzino il profilo individuale, i talenti, l'unicità e la singolarità di ognuno dei nostri rampolli. Lo stesso vale per l'economia e la sanità, dirette entrambe sempre di piú a offrire non uno standard anche eccellente di servizi, ma prodotti, eventi, servizi singolari, appunto. Questo sta dunque a cuore alle persone, questa è la società dei singoli al centro dell'affascinante indagine di Francesca Rigotti. -
La buona guerra
Ci sono una gallina gringa e un maiale colombiano. La prima propone al secondo di entrare in affari e vendere sandwich: basta che ciascuno fornisca la metà degli ingredienti. «Io metterò le uova», dice la gallina gringa. «E io?», chiede il maiale colombiano. «Tu, mio caro, metterai il bacon». Gira questa storiella negli ambienti intellettuali di sinistra della Colombia. A Juan Pablo, che lavora nell’esercito come un tempo suo padre, non fa ridere. Perché sa che c’è qualcosa di vero. La realtà, però, è complessa, e quella del suo tormentato paese ancora di più. Per lui, chi vive in mezzo alla violenza vuole una cosa sola: ordine. Lisette, una giornalista americana cresciuta tra le dolci colline della Pennsylvania e appena rientrata esausta dall’Afghanistan, vuole invece una «buona guerra» e va a cercarla proprio in Colombia. In Colombia è andato anche Mason, sottufficiale di collegamento delle Special Forces che ha cominciato la carriera militare in Iraq e che, dopo essere diventato padre, ha capito di averne abbastanza di carri armati e ordigni esplosivi. Abel, che in Colombia è nato, al contrario non ha avuto scelta. E nemmeno la sua famiglia, finita nel tritacarne delle lotte tra guerrilleros, paras e narcos che seminano sangue e terrore in ogni angolo della giungla. Dopo Fine missione, raccolta di racconti frutto dell’esperienza come marine in Iraq, Phil Klay torna a parlare di guerra, ma stavolta allarga l’inquadratura includendo anche Afghanistan, Colombia e Yemen. È una scelta letteraria, ma la globalizzazione bellica non è fiction: le forze all’opera da una parte trafficano intanto anche da un’altra; i soldati e i mercenari un giorno utili qua il giorno dopo servono là; e ogni bomba che cade ha dietro una sofisticatissima tecnologia messa a punto in lindi laboratori sparsi per mezzo mondo. Connessi in una macchina mostruosa, i personaggi di Klay, nel silenzio che segue scoppi e fanfare, si ritrovano soli di fronte al tribunale della loro coscienza. -
Lei e il suo gatto
Quattro gatti, tutti diversi eppure amici. Quattro donne che pensavano di salvare dei randagi e invece ne verranno salvate. Quattro storie che diventano una, in un valzer di incontri, amicizie fortissime e amori inaspettati, legami che si creano e rinsaldano grazie alla presenza, silenziosa e potente, dei gatti.In un giorno di pioggia di primavera Miyu cammina lungo i binari della ferrovia mentre torna da lavoro e si imbatte in un gattino abbandonato dentro uno scatolone. Decide di portarlo a casa, dove lo ribattezza Chobi. Miyu si è appena trasferita, e lasciata col fidanzato, dunque ha la possibilità di ospitare il nuovo arrivato. Inizia in questo modo la vita quotidiana di Miyu e del suo cucciolo, tra la delicata routine e lo scorrere lento del tempo. Chobi cresce, e nei giorni in cui la sua padrona è fuori casa per lavoro comincia a scorrazzare per il vicinato. In una di queste occasioni incontra Mimi, una gattina randagia che di tanto in tanto va a mangiare a casa di un'umana, Reina, che frequenta una scuola d'arte e non sa quale strada intraprendere in futuro. Sembra una ragazza forte, ma quando il tutor del suo apprendistato tenterà di molestarla, si scoprirà fragile come tutti... Inizia cosí un valzer di incontri, amicizie fortissime e amori inaspettati, legami che si creano e rinsaldano grazie alla presenza, silenziosa e potente, dei gatti. Un intenso romanzo sulla solitudine di una generazione e la sua ricerca di un baricentro sentimentale. -
Isole di grazia
Nel raffinato scenario della Bath vittoriana, Jane Adeane, anche nota come l'«Angelo delle Terme», si sente destinata a grandi imprese. Solo quando si trova divisa tra una pericolosa relazione con la spregiudicata Julietta e la promessa di una vita rispettabile come moglie di un medico, Jane si rende conto della portata delle sue decisioni. Dai salotti della bohème londinese alla giungla inesplorata del Borneo, un romanzo storico vivido da una maestra indiscussa del genere.«Da molto tempo Tremain è una delle nostre migliori romanziere, e questo libro ne è l'ulteriore conferma» – The ObserverQuasi un metro e novanta di altezza, abiti rigorosamente bianchi e un tocco che ha fama di essere taumaturgico, la statuaria infermiera Jane Adeane giorno dopo giorno offre conforto e guarigione ai malati in cura da suo padre, medico nella Bath del 1865. A dispetto del soprannome che cosí si guadagna, l'«Angelo delle Terme» ha passioni e ambizioni umanissime, e non ha paura di sconvolgere i benpensanti. Jane nutre infatti l'intima convinzione di essere destinata a grandi imprese. Quali non è ancora dato saperlo, anche se di certo il piano che il fato ha in serbo per lei non contempla il matrimonio con l'irruento Vincent Ross, giovane collega di suo padre. Perciò, quando nella sala da tè dell'intraprendente Clorinda Morrissey il dottor Ross le chiede la mano, lei sfugge alle convenzioni che la vorrebbero sposa di un uomo facoltoso e affermato e si rifugia a Londra dall'amata zia Emmeline, unico vero spirito libero della famiglia, grande artista nonché modello di vita per la giovane nipote. È proprio qui, durante un ricevimento, che Jane incontra Julietta Sims, moglie di un importante editore londinese dotata di rara bellezza e celebre per le sue molte amanti. Tra le due scatta il colpo di fulmine, e Jane, alle prime esperienze amorose, è risucchiata nel turbine di emozioni di una relazione che, se venisse alla luce, esporrebbe entrambe le donne allo scandalo e forse anche a conseguenze penali. Frattanto, a Bath, il deluso dottor Ross riceve una lettera da cui apprende che suo fratello minore Edmund, partito già da tempo per andare a studiare fauna e flora dell'arcipelago malese, ha contratto una grave forma di malaria. Rischierebbe di morire, se non venisse salvato in extremis da Sir Ralph Savage, una sorta di eccentrico rajah locale, che lo ospita nella sua magione e lo cura. Procedendo su questo triplo scacchiere – l'elegante Bath, la Londra bohémienne e il selvaggio Borneo – la trama si fa sempre piú incalzante fra matrimoni, morti e passioni, mentre ciascuno dei personaggi va alla ricerca della propria isola di grazia in un luogo diverso del mondo. -
Groppi d'amore nella scuraglia
Questo poemetto giunge alla terza edizione dopo quelle, in altre collane einaudiane, del 2005 e del 2010. Ed è un'edizione nuova per interventi strutturali dell'autore, oltre che per l'aggiunta di un testo in appendice. In questi quindici anni di vita la saga comica e poetica di Scatorchio, che per fare dispetto al suo rivale in amore aiuta il sindaco a trasformare il paese in una discarica di rifiuti, ha avuto molti lettori e molti spettatori dato che il poemetto, di intima natura teatrale, è stato più volte messo in scena. È un libro originalissimo, scritto in una lingua dialettale inventata, sapientemente primitiva. Nel monologo si affollano le voci di personaggi come l'amata ma non bellissima Sirocchia, la vidova Capecchia, che scoprirà di non essere tanto vedova, lu nonnio, maestro di educazione sentimentale... E un bestiario di esseri non meno infelici e desideranti degli uomini: lu gatto gattaro, lu cane canaglio, lu rundenello, lu surcio pantecano. Scatorchio parla con loro come parla con Gesù e con la Maronna e Iddio Patro in una lingua che attinge alle parlate centro-meridionali ma anche ai volgari delle origini. Proiettando una questione d'attualità (lo smaltimento dei rifiuti, la protezione della natura) in una storia senza tempo, un mito archetipico, una preghiera universale. -
Oliva Denaro
Libro candidato da Concita De Gregorio al Premio Strega 2022La colpa e il desiderio di essere liberi in un romanzo di struggente bellezza. Dopo lo straordinario successo de Il treno dei bambini, Viola Ardone torna con un'intensa storia di formazione. Quella di una ragazza che vuole essere libera in un'epoca in cui nascere donna è una condanna. Un personaggio femminile incantevole, che è impossibile non amare. Un rapporto fra padre e figlia osservato con una delicatezza e una profondità che commuovono.«L'intensa storia di formazione di una ragazza che vuole essere libera in un'epoca in cui nascere donna era una condanna» – La StampaIo non lo so se sono favorevole al matrimonio. Per questo in strada vado sempre di corsa: il respiro dei maschi è come il soffio di un mantice che ha mani e può arrivare a toccare le carni.È il 1960, Oliva Denaro ha quindici anni, abita in un paesino della Sicilia e fin da piccola sa – glielo ripete ossessivamente la madre – che «la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia». Le piace studiare e imparare parole difficili, correre «a scattafiato», copiare di nascosto su un quaderno i volti delle stelle del cinema (anche se i film non può andare a vederli, perché «fanno venire i grilli per la testa»), cercare le lumache con il padre, tirare pietre con la fionda a chi schernisce il suo amico Saro. Non le piace invece l'idea di avere «il marchese», perché da quel momento in poi queste cose non potrà più farle, e dovrà difendersi dai maschi per arrivare intatta al matrimonio. Quando il tacito sistema di oppressione femminile in cui vive la costringe ad accettare un abuso, Oliva si ribella e oppone il proprio diritto di scelta, pagando il prezzo di quel no. Viola Ardone sa trasformare magnificamente la Storia in storia raccontando le contraddizioni dell'amore, tra padri e figlie, tra madri e figlie, e l'ambiguità del desiderio, che lusinga e spaventa, soprattutto se è imposto con la forza. La sua scrittura scandaglia la violenza dei ruoli sociali, che riguarda tutti, uomini compresi. Se Oliva Denaro è un personaggio indimenticabile, quel suo padre silenzioso, che la lascia decidere, con tutto lo smarrimento che dover decidere implica per lei, è una delle figure maschili più toccanti della recente narrativa italiana.Proposto da Concita De Gregorio al Premio Strega 2022 con la seguente motivazione:«Per la potenza della voce della protagonista, che ci parla da un tempo e da un luogo in cui la parola libertà, per una giovane donna di sedici anni, era da inventare. Per la forza del racconto corale di un paese di Sicilia che custodisce la matrice di caratteri e dinamiche certamente arcaici, ma tuttora presenti nel comune sentire e capaci di retroilluminare l'origine del nostro senso comune. Per il pudore, la riconoscenza e la grazia con cui rende omaggio alla storia di una donna realmente esistita, celebre e vivente, che pur essendo fondamento e simbolo di emancipazione ha scelto di condurre il resto della sua... -
I Greci e l'arte di fare i conti. Moneta e democrazia nell'età di Pericle
Dicono che in famiglia tutti si lamentassero dell'avarizia di Pericle, ma che al contrario gli Ateniesi gli fossero ben grati quando esponeva loro con precisione – con acribia si comincia a dire – i rendiconti delle spese di denaro pubblico per una guerra o un monumento o un'impresa di conquista. Moneta e trasparenza, gloria futura e investimenti attuali, democrazia ed esattezza: un saggio brillante per scrittura e competenza ci racconta in modo nuovo le strategie economiche di chi inventò ad un tempo la bellezza e la «cosa pubblica».«Il libro quindi parla a un pubblico non limitato alla casta degli antichisti: confinati i materiali d'appoggio in apparati pudicamente celati alla vista, il discorso si apre a una scrittura non accademica. Però non vira verso l'intrattenimento, come nella divulgazione odierna, ma piuttosto verso la pedagogia.» – Alias - Il Manifesto«I Greci dei tempi di Pericle», scrive Giovanni Marginesu parlando del V secolo a. C., «resero l'uso del denaro qualcosa di molto simile a un'arte, informandolo a principî improntati ad alcune leggi elementari e a una buona dose di etica e di estetica condivise». E poi il saggio cede il passo al racconto, parlandoci di come fosse famosa l'avarizia di Pericle, malvista in casa, ma molto gradita nelle occasioni pubbliche in cui si trattava di soldi pubblici, e di come acribia e democrazia, quando la prima significava estrema e fredda precisione e la seconda caldo sentimento etico, andassero a braccetto nella polis prima fra tutte, Atene, nell'epoca d'oro dell'arte, della letteratura, della potenza e della civiltà. Marginesu lavora da archeologo su frammenti e stele per narrarci la storia dei rendiconti greci, che venivano incisi con raffinata maestria sulla pietra ed esposti, in città e sull'acropoli, a uno sguardo quasi «ossessionato» dalla contabilità, in quanto gli Ateniesi erano ben consci di come fossero la «preziosa radiografia» del loro mondo. «I rendiconti sono l'architettura, l'arte, la guerra. Solo che, scarnificate dal genio artistico, dall'abilità tecnica, dall'eroismo, ne vediamo in dettaglio lo scheletro amministrativo e l'intelaiatura gestionale. Uno scheletro le cui cellule si chiamano monete». Da questa prospettiva, Marginesu narra una volta ancora, ma con grande novità e sorprendente ritmo, di vicende e personaggi che credevamo di conoscere bene: la protezione del tesoro della Lega delio-attica, la famosa statua crisoelefantina di Atena eretta da Fidia, che quasi rovinò per sempre l'artista e la sua fama, le guerre e i «prestiti a interesse» che gli dèi, ovvero i tesori dei loro santuari, facevano continuamente ad Atene. «Sappiamo ormai», scrive Marginesu, «che non c'è nulla di paradossale nel fatto che la razionalità del documento contabile sia una delle maschere che la democrazia ateniese indossa di fronte al mondo, e anche allo specchio, davanti a se stessa». Ecco perché, quando veniamo a sapere che Pericle amava essere ritratto mentre faceva di conto, proviamo la paradossale ma consueta sensazione che i Greci abbiano ogni volta qualcosa di nuovo da raccontarci. -
La figlia che non piange
«Sarò puntuale quando sarai notte, starò dalla tua parte a ravvisarti gli anni di molte insonnie e passi calmi. Avrò quel viso che non so di avere, dirò parole appena per fermarti sull'unico confine che scompare.»«In controcorrente rispetto alla media, questa poesia ci ricorda che per dire il mondo è, in certo senso, necessario il poco. Scrivere versi resta un'arte in levare, cui collaborano ""il garbo e la misura""""» – Massimo Natale, Alias - Il ManifestoScarabicchi è morto nell'aprile del 2021 e questo libro esce purtroppo postumo. È uno dei suoi piú belli, senz'altro il piú commovente. Queste sue ultime poesie vanno alla ricerca dei sogni, delle cose, delle idee avute e scomparse nel corso degli anni («Si decida il contabile del tempo a restituirci gli anni non vissuti»). Con uno sguardo al mondo che andrà avanti, alle generazioni che, come sempre, si succedono alle precedenti. Il lirismo sommesso ed essenziale tipico del poeta marchigiano è qui al servizio di un libro testamentario in cui il poeta fa pacatamente i conti con la fine della vita, avvertita ormai come imminente. Senza mai indulgere al pathos, attenendosi a quella sobrietà linguistica, a quel «monachesimo lessicale», come scrisse Enrico Testa, che chi ha letto Il prato bianco e gli altri suoi non numerosi libri ha imparato a intepretare come indicazione etica non meno che come scelta stilistica. Con una Notizia bio-bibliografica di Massimo Raffaeli."" -
Saggi 2006-2017
In questi saggi Coetzee, immergendosi nella scrittura di autori come Defoe e Beckett, Flaubert o Roth, sembra riportare alla luce una verità tanto ustionante da apparire ancora pulsante di vita.«Ogni saggio di questo libro vale come una ""master class"""" nell'arte di leggere e scrivere romanzi, un corso di perfezionamento in cui imparare le cose da fare e non fare quando ci mettiamo a scrivere» – The Guardian«Coetzee è un pensatore tanto raffinato e originale che, anche quando affronta romanzi già dissezionati migliaia di altre volte come """"Madame Bovary"""", è in grado di allargare gli orizzonti della nostra lettura» – Financial TimesQuesti Saggi danno la sensazione che Coetzee abbia fissato negli occhi gli scrittori di cui parla. Non importa che molti siano uomini e donne di decenni e secoli passati: ogni volta Coetzee, immergendosi nella scrittura di autori come Defoe e Beckett, Flaubert o Roth, sembra riportare alla luce una verità tanto ustionante da apparire ancora pulsante di vita. Il gusto per il dettaglio biografico inatteso (Robert Walser soffriva di «crampi psicosomatici» che attribuiva ad un'avversione per la penna; Irène Némirovsky scriveva «finali affrettati» perché cominciava sempre un altro romanzo prima di concludere il precedente), la capacità di cogliere e interpretare ogni sfumatura dei personaggi piú emblematici, il passo narrativo e una scrittura che anche nello spazio di un breve saggio conserva la sua potente precisione, rendono questo volume un compendio di critica letteraria impareggiabile."" -
Tantra. Illuminazione e rivoluzione. Ediz. illustrata
Riccamente illustrato con capolavori di scultura, pittura, stampe e oggetti rituali provenienti da India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Tibet, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti, il volume offre nuove prospettive su una filosofia che cattura la nostra immaginazione da oltre un millennio.«Il particolare interesse del volume e della mostra, sta nell'appuntarsi sulle produzioni figuratiche che restituiscono, a differenza della trattatistica, un volto più vasto del fenomeno. Ovvero una proliferazione iconografica che veicola concetti particolarmente espliciti ed espressione universale di più vaste aree delle società rispetto alla lingua scritta» – Simone Verde, RobinsonrnI Tantra sono una celebre raccolta di testi sacri dedicati a pratiche volte al raggiungimento dell’illuminazione spirituale, ma anche all’ottenimento di poteri terreni e sovrannaturali attraverso riti destinati a risvegliare la nostra divinità interiore. Questi antichi testi hanno trasformato e influenzato in profondità il panorama religioso, culturale e politico dell’India e dell’Asia. Concentrandosi sul potere di feroci divinità maschili e femminili, essi sono parte integrante di fondamentali pratiche meditative e filosofiche dell’induismo e del buddhismo. Originatasi nell’India medievale, questa filosofia radicale, spesso ricondotta in Occidente alla dimensione puramente erotica, si è diffusa in tutto il mondo, generando successive ondate di pensiero rivoluzionario: dalla sua emersione nel vi secolo d.C., alla lotta indiana per l’indipendenza, fino all’espansione mondiale della controcultura negli anni Sessanta. Animato dall’immenso potere della divina energia femminile, il Tantra ha ispirato la straordinaria ascesa del culto della dea in India, arrivando persino a influenzare il pensiero femminista contemporaneo e alcune pratiche artistiche.«La percezione tantrica del corpo segna una profonda trasformazione negli atteggiamenti nei confronti della corporeità: invece di considerare il corpo un portatore imperfetto e decadente di sostanze impure e un ostacolo alla liberazione spirituale, come nelle tradizioni induiste e buddhiste ortodosse, gli insegnamenti tantrici lo considerano lo strumento per eccellenza dell’autodeificazione e lo specchio microcosmico dell’universo. Le pratiche mentali tantriche comprendono la visualizzazione di divinità, attraverso l’uso di strumenti materiali come dipinti, sculture e diagrammi geometrici (yantra e mandala); inoltre per invocare la presenza del divino si possono usare ritualmente sillabe sanscrite che incarnano la natura di un dio o di una dea (mantra) […] Mentre i percorsi dell’induismo e del buddhismo ortodossi consideravano il moksa e il nirvana obiettivi ideali ma remoti, la cui realizzazione è possibile solo gradualmente nel corso di molte vite, si credeva che i rituali tantrici avanzati trasmessi dal guru al discepolo fossero così potenti da consentire di raggiungere l’illuminazione nel corso di una sola esistenza». -
Schiuma di quanti. Testo originale a fronte
«Durs Grünbein scrive testi di solida sostanza, penetrando con il suo pensiero poetico nella varia densità della materia, nella sua vastità o nel minimo in cui noi stessi siamo immersi, in un gioco di particelle e «schiuma di quanti» - Maurizio Cucchi, Robinsonrn«Molta di questa poesia fa pensare al barocco. Grünbein ama le nature morte, gli oggetti emblematici, la pittura del Seicento. Storia e natura gli appaiono anzitutto come un luogo di rovinem un trionfo della morte, Ma è anche un poeta sempre inteso a cucire e ricucire, nel tentativo di mettere insieme i tanti pezzi in cui la nostra identità sembra essersi dispersa» - Roberto Galaverni, la LetturarnSempre al tuo fianco il nulla baluginante,/quel muto migrante secondo/che canta sempre un meno - mai un piú.rnrnAndando per le piccole città/il vuoto del sottopassaggio, poi la piazza./Eccoti, ma non ci sei, non ci sei mai stato.rnQuando il sole è al culmine, in tutto/rnsi fa la conta: un due tre,/ombra indiscreta, ed è già finita.Spesso nella poesia di Grünbein tutto parte da un'immagine colta al volo: un gruppo di migranti sdraiati in un prato, due moto incastrate dopo un incidente, una barca rovesciata da un'onda... Ma poi da quell'immagine nascono altre immagini, per associazioni a volte sorprendenti, sempre illuminanti. E riflessioni che coinvolgono le più varie branche del pensiero, non ultime le neuroscienze e la fisica quantistica. Queste connessioni improvvise e impreviste sono espresse in maniera lucida, non sentimentale, ma a partire dallo spiazzamento mentale toccano poi corde sempre più profonde e coinvolgenti. Oppure, se non da immagini, si parte dalle parole: da metafore come quella del cervello-ripostiglio in Umanista misantropo, una delle poesie più emblematiche; o da serie di parole legate tra loro da nessi fonetici e semantici, come nei Verbi bianchi. E si procede di lì, introducendo anche elementi autobiografici, in un argomentare a briglia sciolta, sempre sul filo delle analogie e delle evocazioni. I versi di Grünbein sono quanto di piúù ambiguo si possa pensare. Da un lato, con la loro lunghezza e la sintassi articolata, dànno l'impressione di un ragionamento logico e controllato, dall'altro propongono salti sfrenati in universi di senso a cui è possibile accostarsi solo con l'intuizione. È l'ambiguità dei grandi poeti-filosofi, categoria alla quale Grünbein appartiene ormai con piena sicurezza. Schiuma di quanti raccoglie poesie dalle ultime tre raccolte di Grünbein pubblicate in Germania, più una serie di versi ancora inediti. -
I taccuini di Randolph Carter
Stelle si dilatarono fino a farsi albe e albe esplosero in fontane d'oro, carminio e viola - e ancora il sognatore cadevarn«La prima volta che Randolph Carter fa la sua comparsa è in un breve racconto datato 1919. Come spessissimo accade in Lovecraft, la scintilla creativa che ha dato origine alla scrittura va rintracciata in un sogno; la sua inarrestabile vita onirica lo spinse col tempo a darsi un compito: afferrare l'impalpabilità delle visioni prodotte dal suo subconscio per poter riversare ogni cosa sulla pagina. Svegliandosi nel pieno di un incubo - con le immagini ancora vivide impresse nella memoria, cercando di prolungare a dismisura lo stato di dormiveglia - si metteva a scrivere tutto quanto riuscisse a ricordare prima che svanisse ogni traccia. E fu cosí che in una notte di dicembre Lovecraft sognò, e poi trascrisse sul suo taccuino nella maniera piú accurata possibile, la storia di un uomo (se stesso, a cui avrebbe dato il nome di Randolph Carter) che insieme a un amico si avventura in un cimitero spingendosi «nelle spire del puro orrore». Il suo alter ego piú importante era appena nato». - dalla prefazione di Marco PeanornNoto soprattutto per i «Miti di Cthulhu», Lovecraft ha parallelamente edificato un universo di altipiani desolati, lande sterminate, abissi senza fine, giardini lussureggianti e antiche rovine. Un paesaggio inafferrabile eppure concretissimo che testimonia un passato fatto di palazzi dalle guglie dorate e di mari tempestosi a cui si può accedere soltanto sognando. Sono luoghi dove la nostalgia e il fantastico compongono un impasto unico e prezioso. È proprio in questo contesto che si muove e agisce Randolph Carter, riconoscibilissimo alter ego dell’autore e protagonista di un ciclo di storie composte tra il 1919 e il 1932: questo volume vuole illuminare una zona meno esplorata della narrativa di Lovecraft, quella onirica, dove l’orrore è soltanto suggerito, bisbigliato, intravisto. Un tassello fondamentale nel percorso di un autore che non cessa di parlare al nostro presente. -
Si potrebbe andare tutti al mio funerale
Accade tutto in una villa in Romagna, un posto dove parenti, amici e colleghi sono riuniti per dare l'ultimo saluto a Diego Abatantuono e dove ogni cosa sembra possibile. Enzo Jannacci fa iniezioni a base alcolica, Paolo Villaggio trascina un carrello coi bolliti, Ugo Conti spinge un'altalena, i Gatti di Vicolo Miracoli si radunano intorno a una piscina. Tra gli spettri amati del passato e gli affetti ancora vivi e presenti, Diego si muove incerto: è vivo anche lui o è morto davvero? Nell'arco di una serata immersa in un'atmosfera onirica dal sapore felliniano, ogni incontro diventa il pretesto per scavare nella memoria. Il risultato è un racconto corale in cui, con passione e ironia, si rievocano difficoltà, successi, lunghi sodalizi e momenti di intimità mai rivelati prima.«Sono morto.È un sogno, vero? Un sogno che comincia dalla fine. La mia.Un fatto eccezionale, parlandone da vivo.No, dico, siamo sicuri che sia vivo?Siedo sul letto. La stanza adesso è deserta, ci sono io soltanto. Mi vedo. Oppure vedo uno seduto sul letto che mi somiglia da matti. Alzo il braccio. Lo alza anche lui. Mi tocco il naso. Lo fa anche lui. Sembro dentro una comica di Stanlio e Ollio. Oddio, piú Ollio, dato il girovita». -
Le bestie giovani
Un orrore che riemerge dal passato. Una strage di cui il commissario Arcadipane cerca invano il motivo, finché non fa i conti con una verità che già avrebbe dovuto conoscere: «Cosí giocano le bestie giovani, prima di scoprire che i loro artigli non sono fatti per giocare».«Chiedo, e trovo gente che non ha mai letto la saga di Bramard e Arcadipane. Oh, ma vogliamo scherzare? Quei due sono la risposta del Nord al commissario Montalbano! Sono l’invenzione del poliziesco piemontardo! Fango e pioggia, schiene diritte, tristezza, amori disperati, humor impassibile, violenza sepolta, sogni poetici, anarchia. E i corpi? Altro che la siciliana fisicità splendente. Qui i corpi sono una debolezza, un incidente, uno scandalo, una scusa. Scritture di cui si è persa la chiave. Solo nelle nebbie del Nord, dove “il sole è un lampo giallo al parabrise”, c’è gente del genere, e Longo la racconta da dio, con quel suo scrivere che ho studiato a lungo, come potrei studiare un cocktail, e adesso credo di aver capito: due parti di Fenoglio, due di Simenon, una di Paolo Conte e cinque di Davide Longo. Aggiungere una spezia che non so (qualcosa come una goccia di disperazione, direi, ma non so) e servire. Ne butti giú uno e poi non smetti piú. Giuro». - Alessandro BariccornForse dipende dalla struttura fisica solida, resistente, eredità di miseria e fatica, ma per Arcadipane mollare è fuori questione. Perciò, quando in un cantiere alla periferia di Torino vengono alla luce le ossa di dodici corpi – uomini e donne uccisi con un colpo alla nuca – e una squadra specializzata in crimini della Seconda guerra mondiale lo taglia fuori dal caso, lui non ci pensa nemmeno a farsi da parte. E dire che di fastidi ne avrebbe a sufficienza. Ma c’è un bottone di jeans trovato vicino ai cadaveri che proprio non gli dà pace. Comincia da questo indizio la sua indagine parallela, nella quale coinvolge Isa, una giovane agente dal carattere impossibile, e Corso Bramard, suo vecchio capo e maestro. Con loro porterà alla luce una trama eversiva maturata nel buio degli anni Settanta. Un tentativo di cambiare la storia politica del Paese che qualcuno vuole insabbiare per la seconda volta. -
Il caso Bramard
Lo ha inseguito per una vita, ma Autunnale è sempre stato un passo davanti a lui. Fino a adesso. Fino all'inizio di questa indagine epica e disperata dove più che mai Bramard avrà bisogno di Vincenzo Arcadipane, l'allievo, l'amico di sempre. Corso Bramard è un uomo silenzioso, riservato. Ha la stessa eleganza contenuta delle montagne di Torino. È stato il commissario più giovane d'Italia, un investigatore di talento. Poi la moglie e la figlia di pochi mesi sono state rapite e uccise dal serial killer cui stava dando la caccia. Da allora, abbandonata la polizia, trascina un'esistenza fatta di giornate solitarie e notti trascorse a scalare senza protezioni, nella speranza di sbagliare un movimento e cadere. A impedirgli di lasciarsi il passato alle spalle ci sono le lettere che Autunnale – così si firma l'assassino – gli scrive da vent'anni. Tra loro è in atto una partita mentale che ha raggiunto una situazione di stallo. Finché Autunnale commette un errore, piccolo: quanto serve a Bramard per ritrovare una parte dell'uomo che era. Arcadipane, che ha ereditato il suo posto, e la spigolosa agente Isa Mancini lo aiuteranno a riaprire il caso. Ma all'appuntamento con la giustizia li attende una verità più sfaccettata e costosa del previsto. -
La follia di Hölderlin. Cronaca di una vita abitante (1806-1843)
Attraverso una cronaca puntigliosa e appassionata degli anni della follia e un commento di testi che sono stati spesso considerati illeggibili, questo libro cerca di descrivere e rendere per la prima volta comprensibile una vita, che il poeta stesso ha definito abituale e «abitante». Che cosa significa abitare? Che cos'è un'abitudine? E vivere non significa forse per gli uomini innanzitutto abitare?«La vita abitante di Hölderlin neutralizza l'opposizione fra pubblico e privato, li fa coincidere senza sintesi in una posizione di stallo. In questo senso, la sua vita abitante, né privata né pubblica, costituisce forse il lascito propriamente politico che il poeta consegna al pensiero. Anche in questo ci è vicino, a noi che della distinzione fra le due sfere non sappiamo piú nulla. La sua vita è una profezia di qualcosa che il suo tempo non poteva in alcun modo pensare senza sconfinare nella follia».La vita di Hölderlin è divisa esattamente in due metà: i 36 anni dal 1770 al 1806 e i 36 anni dal 1807 al 1843 che trascorre come pazzo nella casa del falegname Zimmer. Se nella prima metà il poeta vive nel mondo e partecipa nella misura delle sue forze alle vicende del suo tempo, la seconda metà della sua esistenza trascorre del tutto fuori del mondo, come se, malgrado le visite saltuarie che riceve, un muro la separasse da ogni relazione con gli eventi esterni. Per ragioni che forse risulteranno alla fine chiare a chi legge, Hölderlin ha deciso di espungere ogni carattere storico e sociale dalle azioni e dai gesti della sua vita. Secondo la testimonianza del suo piú antico biografo, egli ripeteva ostinatamente: «non mi succede nulla». La sua vita può solo essere oggetto di cronaca, non di una biografia e tanto meno di un'analisi clinica o psicologica. E, tuttavia, l'ipotesi del libro è che in questo modo Hölderlin ha consegnato all'umanità un'altra, inedita figura della vita, il cui significato genuinamente politico resta ancora da misurare, ma ci riguarda da vicino. -
1984
Uno dei piú importanti classici moderni, un tassello fondamentale per comprendere la Storia del Novecento e purtroppo anche la nostra.Londra, 1984, un futuro distopico in cui il mondo è stato spartito fra tre superpotenze dittatoriali. In cielo volano elicotteri e le strade, tappezzate di manifesti del Grande Fratello, il tiranno che tutto vede, sono pattugliate dalla psicopolizia. Winston Smith lavora per il Ministero della Verità, il suo compito è fabbricare menzogne. La sua vita però non è cosí distante da quella di un qualsiasi impiegato. La sua storia è la storia senza tempo di chiunque si senta prigioniero di un sistema opprimente, schiacciato da una quotidianità grigia, schiavo della routine e intrappolato in una serie di relazioni inumane. A salvarlo potrà essere soltanto l'amore. Quello per una vita diversa, che abbia davvero un senso, di cui prova nostalgia pur senza averla mai vissuta. E, soprattutto, quello per una donna: Julia. Sarà lei ad aprirgli le porte di un'esistenza libera dal controllo sui sensi e sui sentimenti; sarà lei, con la sua fisica ingenuità, a dargli il coraggio per provare a ribellarsi davvero. -
La fattoria di animali
Una favola morale senza tempo che mette in guardia dal tremendo fascino del potere, valida oggi come nei giorni in cui è stata scritta.Tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono piú uguali degli altri. È questa l'amara lezione che le umane bestie della Fattoria Padronale imparano dopo aver detronizzato il fattore Jones, e aver instaurato il loro governo. In poco tempo infatti una grufolante élite, guidata dal maiale Napoleone, trova il modo di salire sullo stesso trono che prima era stato del fattore. Cosí gli altri animali scoprono che uguaglianza e libertà, in bocca a chi desidera il controllo assoluto, sono soltanto parole, e si ritrovano sotto il giogo di una nuova tirannia dal volto diverso ma identica alla precedente. Perché come è accaduto sempre nella Storia, e come continuerà ad accadere, a un potere immancabilmente se ne sostituisce un altro. -
L' esile filo della memoria. Ravensbrück, 1945: un drammatico ritorno alla libertà
Un romanzo. Una testimonianza. Una storia privata. Una voce da salvare: la guerra e la pace raccontate da una donna.«Nel terribile Lager femminile di Ravensbrück dal 1939 al 1945 passarono circa 110 000 donne. 92 000 di loro non fecero ritorno. Invece Lidia ritornò, e raccontò questo ritorno, come Primo Levi raccontò il suo in ""La tregua"""", in un libro bellissimo, """"L'esile filo della memoria""""» – Anna Foa Ravensbrück1945: Lidia Beccaria Rolfi, deportata politica, liberata dagli Alleati, inizia la lunga marcia verso l'Italia. Russi, americani, donne e bambini, prigionieri nazisti, malati e moribondi: tutti insieme incontro a una pace ancora da inventare. I primi anni di libertà. L'Italia del postfascismo: anni di speranze e delusioni, ingiustizie e discriminazioni, persino tra i familiari, gli amici, gli ex compagni. Il Lager è una colpa che non si deve cancellare. Un romanzo. Una testimonianza. Una storia privata. Una voce da salvare: la guerra e la pace raccontate da una donna. Questa edizione contiene anche i Taccuini del Lager , vergati dall'autrice durante i mesi di prigionia, che testimoniano lo sforzo quotidiano per restare vivi e l'uso della memoria come forma di resistenza.""