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Opere mondo. Saggio sulla forma epica dal «Faust» a «Cent'anni di solitudine»
Ci sono tantissimi libri. Ci sono tanti grandi libri. E ci sono poi alcuni libri che vogliono essere un'altra cosa: monumenti, cattedrali letterarie. Testi sacri, se possibile. È il caso di Faust e di Moby Dick, dell'Anello del Nibelungo e dei Cantos, dell'Ulisse e dell'Uomo senza qualità, di Cent'anni di solitudine. Tutti casi singoli, ha sempre sostenuto la storia letteraria: tutte eccezioni, anomalie. Ma forse, a guardarle bene, tutte opere epiche: enciclopediche, polifoniche, aperte, coltissime, stratificate, didascaliche, interminabili... Certo, è un'epica moderna: che non vuol piú rappresentare una patria, ma il mondo intero: quel mondo che l'Europa ha «scoperto», sottomesso e unificato. Impresa di straordinario interesse e che stimolerà via via le grandi tecniche della polifonia e della rêverie, dell'allegoria e del Leitmotiv, dello stream of consciousness, del collage, della complessità. Impresa di straordinaria ambiguità, anche: divisa com'è tra la critica della violenza occidentale e il fascino di un disegno cosí grandioso. Infine impresa di straordinaria difficoltà: perché il nostro mondo è ormai forse troppo grande, e troppo complicato, per star tutto in un libro. -
La lezione
Quotidianità e culmine di una via alla conoscenza, la lezione, cosí come la pensa e desidera Gustavo Zagrebelsky, è insieme un tempo e un luogo di amicizia – di filía –, creativo tanto per gli studenti quanto per il professore. «La lezione è una sorta di chiamata a raccolta intorno al sapere». La lezione mette insieme persone diverse e parole diverse: è, anzi, una «casa delle parole», parole con le quali professore e studenti creano il mondo nominandolo. «La scuola e la lezione, che si nutrono necessariamente di parole, hanno di conseguenza questo dovere primario: usarle con tutte le cautele del caso, sapendo che il veleno dell'equivoco è sempre in agguato». Lezione si fa insieme, come una passeggiata fra amici. Amici, però, soprattutto della conoscenza. Se il professore inevitabilmente deve sedurre, deve farlo non verso se stesso, bensí verso la materia che tratta. A lezione c'è «fascino» se c'è «voglia» di partecipare... «con allegria, commozione, paura, turbamento: insomma con l'intelletto e l'emozione». A lezione, nessuno può permettersi di «ripetere» e basta, se si fa sul serio. Né gli studenti né il professore. Tutti, ognuno per la parte che gli compete, devono partecipare al processo della ricerca. La lezione pensa se stessa mentre si sviluppa, con pause, digressioni, interventi di qualche studente, per poi riprendere il filo, il cammino. Per tutto il resto basterà il manuale, quello sí, per forza, fisso e ripetitivo, semplice strumento di supporto, sostituto impossibile della creatività e, di piú, della vivacità della lezione. Come voti ed esami del resto, che, con un simile tipo di lezione, diventano quello che sono da sempre: mero controllo degli «strumenti» di base per addentrarsi nella materia. L'organismo vivente della «classe» è una società in miniatura e cosí «la costruzione di una classe può essere vista come una prefigurazione, una promessa, un'immagine della società che vogliamo costruire, competitiva, discriminatoria, violenta oppure cooperativa, ugualitaria, amichevole». Ciò che in fondo la scuola richiede è di pensarsi in modo utopico, come qualcosa cui si lavora incessantemente ben sapendo che la perfezione è irraggiungibile. Solo allora vale la pena di essere severi. E, quando occorre, eretici. -
Animali in versi. Un nuovo canzoniere
Parlano in versi cani e gatti, uccelli, asini, lucertole, tartarughe e tanti altri esseri viventi, osservati con inesauribile curiosità, con slancio amoroso e una innocente invidia per la loro vita, dotata di un'immediatezza e intrisa di un'armonia con i meccanismi naturali, per noi umani irrimediabilmente perdute. In un bestiario insieme realistico e fantastico, Marcoaldi coglie in modo sorprendente l'anima animale, cosí intimamente connessa con l'anima del mondo. E lo fa con l'agio di una voce poetica capace di alternare il ritmo disteso della narrazione a improvvise accensioni aforistico-epigrammatiche, la semplicità dell'eloquio domestico alla riflessione morale. Uscito nel 2006 e piú volte ristampato, Animali in versi rinasce in quest'ultima versione, con venticinque poesie inedite, che infondono nuova energia a un personalissimo canzoniere. -
Poesie d'amore 1913-1930
Ancora nel 1972 Angelo Maria Ripellino stimava necessario farsi largo «a furia di gomitate» tra «le turbe di glossatori saccenti» che «continuano a impoverire questo grande poeta d'amore», confinandolo alla sola dimensione politica. Con un ritardo di mezzo secolo, ora che il culto forzoso del poeta capace di incarnare l'utopia divenuta realtà è definitivamente alle spalle, quell'invito a Rileggere Majakovskij! può essere raccolto tentando una scelta di alcuni dei momenti che meglio incarnino questa sua fisionomia piú privata e universale al tempo stesso. Con una dose inevitabile di arbitrarietà, procedendo per esclusioni obbligate e motivate inclusioni, e avendo a che fare con un tema rintracciabile in ogni piega della sua poesia, un tema di cui la sua anima trabocca. Il profilo amoroso del poeta delle masse è estrapolato qui attraverso una cernita che abbraccia momenti molto distanti tra loro, che vanno dal Majakovskij futurista agli ultimi abbozzi intimisti, mettendo insieme le rime livide di un rancore insanabile e i toni del piú delicato sentire, dove il cuore è a nudo, a perpendicolo sul mondo. E trascegliendo dalla tetralogia dei poemi d'amore – quattro pezzi da leggersi a coppie, frutto di due flussi creativi separati l'uno dall'altro da un settennio – due opere che restituiscono stagioni creative diverse, riflesso di profondi cambiamenti sul piano personale come su quello storico: Il flauto di vertebre, che germina dalla Nuvola in calzoni, «come perfetta miniatura di una sua parte, quella specificamente amorosa», e Amo (necessaria premessa a Su questo), in cui sono scolpiti i capisaldi autobiografici da offrire al suo giovane pubblico sovietico. (Dall'Introduzione di Paola Ferretti) -
La gatta sul tetto che scotta
La nuova traduzione di Paolo Bertinetti si basa sulla versione del testo che Tennessee Williams scrisse per la messa in scena del 1974 e si discosta significativamente da quella originaria scritta per il primo allestimento del 1955. Il testo del 1955 aveva subito una revisione importante da parte del regista Elia Kazan. Quando sull'onda dell'enorme successo teatrale venne pubblicato, Williams volle presentare due versioni del terzo atto: una, chiamata Broadway Version, era quella andata in scena; l'altra, chiamata Cat Number One, cioè «la Gatta numero uno», era la versione originale prima degli interventi di Kazan. Poi nel 1958 arrivò la famosa trasposizione cinematografica con Paul Newman e Liz Taylor (che a Williams non piacque affatto), basata sulla Broadway Version ma ancora piú edulcorata, nascondendo l'omosessualità di Brick dietro ambigui accenni poco decifrabili. La versione del 1974 è stata considerata dall'autore quella a tutti gli effetti definitiva, l'unica che rispondeva pienamente alle sue scelte di scrittura drammatica. Possiamo cosí leggere per intero lo scontro verbale tra Brick e il padre che ha il suo climax proprio sul tema dell'omosessualità (ma il padre, splendido personaggio, è assai piú tollerante di quanto Brick, e il lettore, si aspettino). Possiamo cosí comprendere come si articola piú esattamente il tema della falsità, che è il tema fondamentale del testo, per non dire assoluto: il dilemma tra vivere nell'ipocrisia o autodistruggersi per evitare di farlo. -
La zia Julia e lo scribacchino
Pedro Camacho, detto il «Balzac creolo», è uno strano e fecondissimo inventore di trame melodrammatiche e truculente per un programma feuilleton di Radio Lima. Tutti in città attendono con impazienza le «puntate» della sua fantasia, fatte di arresti misteriosi, morti segrete, incesti, sangue e passioni. In parallelo scorre la storia di Mario – pallidamente autobiografica, come il nome del protagonista lascia intendere – giovane aspirante scrittore attratto da questa curiosa macchina dell'immaginario. Ma anche lui ha la sua storia complicata da raccontarci: s'innamora, quasi con platonica indifferenza, d'una zia vedova e piú matura, che finirà per sposare, prima di trasferirsi in Europa e affermarsi come scrittore. Saggio critico e traduzione di Angelo Morino. -
Quota Albania
Un anno di guerra e due campagne militari, in Francia e in Grecia, ricostruite grazie a due taccuini fortunosamente salvati. Ed eccolo il diciannovenne caporale Rigoni, conoscitore infallibile di ogni sentiero e bosco, sulle Alpi valdostane, nella breve campagna di giugno contro la Francia, a far conoscenza della prima fame e della tristezza di combattere senza un perché. Poi l'Italia dichiara guerra alla Grecia e tocca agli alpini prendere posizione su quelle desolate montagne albanesi, remote e irreali come crateri sulla Luna. E l'unico a sapersi orientare è Rigoni, che corre imperterrito per chilometri nel fango e nella neve, trovando un modo per sentirsi libero, per riavvicinarsi idealmente ai suoi monti e ritagliarsi l'illusione di una pace dove la vita nel bosco ha ancora il suo antico significato. Cronologia della vita e delle opere a cura di Giuseppe Mendicino. -
La felicità negata
Domenico De Masi analizza qui due concezioni opposte dell'individuo, della società, dell'economia, la cui contesa verte proprio sul ruolo, il valore e l'organizzazione della vita attiva nelle sue espressioni del lavoro e dell'ozio. Da un lato la concezione della Scuola sociologica e marxista di Francoforte; dall'altro quella della Scuola economica e neoliberista di Vienna. Purtroppo ha vinto la seconda, grande nemica della felicità. -
Storia del Piemonte. Dalla preistoria alla globalizzazione
Il Piemonte è oggi una regione italiana, con una propria amministrazione e precisi confini. Ma non è sempre stato cosí: molte zone dell'attuale Piemonte sono appartenute in passato a stati diversi e rivali. L'identità piemontese corrisponde da meno di un secolo ai confini geografici cui siamo abituati, ma la storia della regione risale ai primi insediamenti umani del Neolitico. Questo libro traccia la storia delle popolazioni vissute in quello che oggi è il Piemonte attraverso tutte le epoche della storia umana, fino ai nostri tempi, svelando con l'esempio di un territorio specifico la straordinaria stratificazione di genti diverse che nel corso dei secoli hanno dato vita all'Italia di oggi.Questa è una storia della terra che oggi chiamiamo Piemonte e dei popoli che l'hanno abitata, dallo spartiacque alpino e appenninico fino al Ticino. Una storia che riporta in vita l'intera stratificazione di vicende storiche e di esperienze umane che qui hanno avuto luogo, senza pretendere in alcun modo che quelle vicende si siano collocate in un quadro geografico unitario. Perché l'area che attualmente conosciamo come Piemonte, e che s'identifica con i confini amministrativi della regione, non si è sempre chiamata cosí. Né i suoi abitanti sono sempre stati noti come piemontesi. Non bisogna neppure pensare che sia sempre stata considerata, magari sotto altri nomi, come un'entità geografica unitaria, individuata da confini naturali. Le frontiere attuali del Piemonte non hanno nulla di naturale ma sono il frutto di una lunga successione di vicende politiche. E anche il suo nome, in uso ormai da ottocento anni, ha ricoperto nel corso dei secoli diverse accezioni prima di applicarsi all'odierna configurazione amministrativa. L'ambizione è di far sí che chiunque oggi viva in Piemonte possa ritrovare in queste pagine la storia dei luoghi in cui abita, dalle prime tracce di insediamento umano fino all'inizio del terzo millennio. In un continuo confronto con le vicende, non di rado anche molto diverse, di tutte le altre zone che nel tempo si sono poi integrate fino a condividere oggi un'unica amministrazione e una stessa identità regionale. -
Macchine ingannevoli. Comunicazione, tecnologia, intelligenza artificiale
Il dibattito pubblico sull'intelligenza artificiale si concentra spesso su scenari futuribili come la creazione di macchine capaci di pensare e provare sentimenti, o un conflitto alla Terminator tra umani e robot. Ma il futuro a cui dobbiamo prepararci potrebbe essere molto diverso. Il problema su cui è piú urgente interrogarsi non è la possibile comparsa di macchine senzienti, quanto la perdita progressiva della nostra facoltà di distinguere gli umani dalle macchine. Portando in dialogo informatica, sociologia, psicologia sociale, studi su tecnologia e media ma anche storia dell'arte e delle credenze religiose, Simone Natale mostra come questo futuro sia in parte già attorno a noi. Fin dalle sue origini, l'intelligenza artificiale ha stimolato la nostra tendenza a proiettare intelligenza e umanità su macchine in grado di comunicare, anche in assenza di un'autentica capacità di pensiero o empatia. Una delle caratteristiche fondamentali dell'essere umano, ci ricorda infatti questo libro, è la sua vulnerabilità ai giochi dell'illusione e dell'inganno. Ogni interazione con macchine capaci di comunicare, come gli assistenti vocali, i chatbot e i bot sui social media, porta con sé la possibilità di risvegliare questa caratteristica, facendoci proiettare su questi strumenti le stesse convenzioni e le stesse dinamiche a cui ci hanno abituato le interazioni con persone in carne e ossa. Macchine ingannevoli rovescia il dibattito su tecnologie che sono ormai parte integrante del nostro mondo contemporaneo, portandoci a riflettere non solo sul funzionamento di queste macchine, ma sui modi in cui ci relazioniamo ad esse. -
Verso il mondo moderno. Una storia culturale
Tre i nuclei tematici fondamentali analizzati da Sebastian Conrad. In primo luogo la riconsiderazione dell'Illuminismo interpretato come fenomeno storico collettivo e globale, e non piú inteso come prodotto esclusivo degli intellettuali europei. In secondo luogo la metamorfosi alla quale andò incontro alla fine del XVIII secolo l'ordine temporale. Il passato e il futuro entrarono in conflitto e la modalità millenaria di misurazione su base naturale venne via via sostituita dal moderno sistema di controllo del tempo. Infine il ruolo delle religioni nel mondo che si andava globalizzando. A differenza di quanto pensavano le avanguardie progressiste del XIX secolo, le religioni non si eclissarono a causa della secolarizzazione e del «disincanto del mondo», ma si trasformarono a livello globale, acquistando un nuovo significato e una fino ad allora sconosciuta forma di rilevanza sociale. -
Verso un'economia mondiale. Una storia dei mercati. 1870-1945
Questo saggio offre al lettore uno sguardo inedito sugli scambi commerciali durante la seconda rivoluzione industriale, descrivendo un mondo di materie prime (grano e riso, caffè e tabacco, petrolio e gomma) messe in movimento nell'intero pianeta da una rete di produttori, trasformatori, trasportatori e acquirenti. Steven C. Topik e Allen Wells ci spiegano in che modo le innovazioni nella produzione industriale e agricola, nei trasporti, nel commercio e nella finanza trasformarono l'economia mondiale dal 1870 al 1945. I due autori tracciano l'evoluzione delle catene globali di materie prime – dagli alimenti di base e gli stimolanti come il tè e il caffè fino ai materiali industriali di importanza strategica – che misero in collegamento le aree agricole e minerarie dell'America Latina, dell'Asia e dell'Africa con gli industriali e i consumatori europei e nordamericani. Le vite di persone che risiedevano a grandi distanze si intrecciarono economicamente, come mai era accaduto prima di allora. Tuttavia, trovandosi agli estremi opposti delle catene delle merci, i lavoratori e i consumatori rimasero l'un l'altro in gran parte invisibili. E man mano che le catene di merci si andavano estendendo in tutto il mondo, i prodotti legati ai mercati portavano benefici soltanto ad alcuni paesi. Un saggio che chiarisce meccanismi ed eredità dei primi anni della globalizzazione, quando la popolazione mondiale raddoppiò, il commercio quadruplicò, la produzione industriale quintuplicò, e il divario tra regioni ricche e povere crebbe in modo esponenziale. -
Gigacapitalisti
I ricchi sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Ma se quelli di una volta erano megacapitalisti, quelli di oggi sono gigacapitalisti. La pandemia, il periodo piú calamitoso di sempre per i nove decimi dell'umanità, è stata una pacchia per loro. Jeff Bezos ha aggiunto un'ottantina di miliardi di dollari al suo già cospicuo patrimonio. Elon Musk, per un momento, l'ha superato come uomo piú ricco al mondo. La nazione virtuale da due miliardi di utenti fondata da Mark Zuckerberg, se fosse reale, sarebbe la piú popolosa al mondo. Ma il punto non è soltanto la quantità del denaro in sé. È che tale quantità dà a singoli individui un potere che, un tempo, competeva solo agli Stati sovrani. Come si fa a fermare la cavalcata verso nuovi tipi di monopoli di questa manciata di plutocrati che non ambiscono a influenzare solo che cosa compriamo ma anche che cosa pensiamo? Con tasse giuste, leggi migliori, piú diritti ai lavoratori sfruttati e una nuova consapevolezza collettiva. Perché se continui a dire di mangiare brioche a moltitudini senza pane, la storia insegna, di solito non va a finire bene. -
Scrittura dell'anima nuda. Taccuini 1976-1992
«Ricordare è tutto: l'etica fondamentale della vita». È con questa consapevolezza che l'esperimento giocoso di compilare taccuini diventa per Goliarda Sapienza un'abitudine, un esercizio letterario e mnemonico, e infine un vizio di cui non può fare a meno. Nelle ottomila pagine di quaderni, agende, fogli irregolari, si trova la sua vera voce. Quella riservata a se stessa, intima e diretta, che allo stesso tempo confida al lettore la sua storia, senza omettere nessun dettaglio: gli umori incostanti, gli inciampi e le sorprese nella quotidianità e nella scrittura, gli autori piú amati e i viaggi che hanno modificato per sempre la percezione dello spazio. Tra le pieghe degli appunti spiccano poi le riflessioni politiche e l'analisi delle differenze generazionali. Ma è sicuramente il tocco personale e profondo di Goliarda a illuminare e rendere preziosi i suoi taccuini. A cura di Gaia Rispoli. Prefazione e Ritratto di Goliarda Sapienza a cura di Angelo Pellegrino. -
American tabloid
Pochi romanzi hanno inciso nell'immaginario collettivo come questo. Nel crime, c'è un prima e un dopo American Tabloid. Una rottura che è una sorta di perdita dell'innocenza: con le sue frasi cadenzate come raffiche di mitra, la vastità dell'impianto e la durezza dello sguardo, James Ellroy ha portato il noir nell'età adulta e costretto i suoi lettori a fare i conti con il passato. American Tabloid mette in scena gli uomini e le donne che hanno contribuito all'ascesa e alla caduta di John Fitzgerald Kennedy. Traccia la parabola, ipnotica e spietata, di un mito americano, dalle elezioni truccate del 1960, passando per il disastro della Baia dei Porci, fino all'iconico e fatidico mattino di Dallas, pochi istanti prima che il vestito di Jackie venga sporcato di sangue e sostanza cerebrale. Il risultato è un affresco storico magistrale che racconta la corruzione, la sete di potere e la violenza che hanno reso l'America quella che è. Con un'introduzione inedita dell'autore.«I miei romanzi riscrivono la storia inserendola in un contesto criminale e romantico. Ritraggo la nostra storia politica come fosse un crimine di alto livello a cui partecipano golpisti innamorati in maniera turbolenta di donne forti. Tre di questi criminali formano il nocciolo di American Tabloid. Contribuiscono all'ascesa di John F. Kennedy e pianificano il suo omicidio». -
Il cinema e le arti visive. Nuova ediz.
In questo saggio, che amplia e approfondisce la precedente edizione apparsa nel 2002 e piú volte ristampata, Antonio Costa esplora i rapporti tra il cinema e le arti visive idealmente collocati all'incrocio dei tre spazi analizzati da Éric Rohmer: pittorico, architettonico e filmico. L'interazione tra vari modelli di rappresentazione è studiata con particolare attenzione alle problematiche dell'iconografia e dell'intertestualità, sia negli attuali assetti dei rapporti tra cinema e nuove frontiere del visivo, sia in quelle fasi in cui piú vivace è stata la dinamica degli scambi. Oltre al riesame del dibattito sui film «pittorialisti» degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso e della grande stagione della riflessione teorica (Ragghianti, Arnheim, Panofsky, Warburg, Ejzenštejn), i vari capitoli discutono quelle realizzazioni filmiche che piú si prestano alla riflessione teorica e metodologica: dai critofilm dello stesso Ragghianti ai film-saggio, dalla produzione delle avanguardie storiche al recente fenomeno del film-evento che segna un rilancio, sia pure con esiti controversi, del documentario d'arte. La trattazione, attenta ai rapporti con l'architettura e con la pittura, fa riferimento agli autori che meglio illustrano la tipologia degli scambi, da Godard a Pasolini, da Tarkovskij a Greenaway, da Visconti a Lynch, da Antonioni a Hitchcock, da Fellini a Paolo Sorrentino. -
Ñamerica
C'è una regione del mondo dove venti paesi e più di quattrocento milioni di persone condividono una lingua, una storia, una cultura, preoccupazioni e speranze. La conosciamo male; conosciamo soprattutto i suoi miti, i suoi tratti salienti, i suoi luoghi comuni. La pensiamo allo stesso modo del tempo passato. Questa regione si chiama, o si potrebbe chiamare Ñamerica e questo libro cerca di raccontarla e di comprenderla così come è adesso. Martín Caparrós ha trascorso molti anni a rincorrerla e l'ha scrutata da ogni lato: dalle sue grandi città ai suoi piccoli villaggi, dal suo reggaeton alla sua economia, dalla sua violenza al suo cibo, dai suoi governi al suo football, dalla sua disuguaglianza alle sue insurrezioni, dai suoi migranti ai suoi libri, dai suoi nuovi ricchi ai suoi sempre poveri, dalla sua storia ai suoi futuri così diversi. Con tutto questo, Ñamerica compone un affresco che mostra come la Ñamerica non sia ciò che credevamo. Libro meticcio, incrocio di parole, Ñamerica è, come il precedente La fame, una cronaca che pensa, un saggio che racconta, un grande racconto forgiato con quello stile che definisce il suo autore come uno dei narratori decisivi del nostro tempo. -
L' albero nella pittura
Questa storia illustrata della rappresentazione dell’albero in pittura ci consente di comprendere la costruzione, lo sviluppo e le molteplici soluzioni di un motivo che nei secoli è diventato un importante soggetto a sé stante nelle arti figurative occidentali. Che sia solitario o parte di un insieme, frondoso, spoglio, in gemmazione o fiorito, la rappresentazione di un albero impone il superamento di una serie di difficoltà tecniche e costituisce una vera sfida formale per l’artista. Molteplici fonti consentono di tracciare efficacemente le diverse pratiche messe in atto dai pittori: lo sviluppo di ricette d’atelier, la circolazione di modelli arborei esemplari, la pratica pittorica svolta nel cuore stesso della natura; sono tantissimi gli approcci e i percorsi che ci permettono di entrare nel grande laboratorio artistico legato agli alberi e al paesaggio in epoca moderna. E come interpretare quelle opere che pongono in primo piano la figura dell’albero? Dalle rappresentazioni nel XVI secolo di foreste selvagge che evocano deserti eremitici alla precoce consapevolezza ecologica nel XIX secolo, da Giotto e Dürer a Klimt e Hockney, dai romantici tedeschi agli impressionisti francesi, l’ampio spettro di interpretazioni ci obbliga a interrogarci sulla costruzione e l’intensità dei nostri rapporti con il paesaggio e la natura. -
Le avventure di Tom Sawyer
Dal 1876 Tom Sawyer e i suoi compagni di avventure Huck Finn, Joe Harper e Becky Thatcher hanno conquistato intere generazioni che hanno letto e fatto leggere le mirabolanti storie di cui sono protagonisti i ragazzi (e un po' gli adulti) di St Petersburg sul Mississippi, un vero centro del mondo proprio perché isolato dal resto della terra. Qui, ai confini della società civile, prima che scomparissero le frontiere e in una natura incontaminata, Mark Twain ambienta il suo romanzo piú amato insieme con Huckleberry Finn, che ne è il seguito: le vicende dei giovani protagonisti scuotono il villaggio dal suo pacifico torpore e diventano, come ha scritto Cesare Pavese, «autentiche storie di un'anima – di un corpo, – memorie, per cui il reale non è un dato, ma una scoperta inesausta». Con un saggio di Vernon Louis Parrington. Traduzione di Enzo Giachino. Introduzione di Gianni Zanmarchi. -
Gli inconsolabili
Tutto inizia con quella che sembra essere soltanto una strana forma d'amnesia: un pianista di fama internazionale, Ryder, arriva in un albergo della città in cui deve tenere un concerto. E mentre Gustav, un facchino pieno di idee, lo accompagna alla sua stanza, Ryder prende atto, con un'imperturbabilità appena venata d'ansia, di non sapere quasi nulla del soggiorno che lo attende. Eppure, probabilmente, ha già abitato in quella città; e forse c'era una donna ad aspettarlo, o addirittura un bambino. Ma perché ha dimenticato il passato? Kazuo Ishiguro disegna qui un universo fragile e complesso, malinconico e labirintico, dove il mistero è la chiave di volta di ogni vicenda, e la speranza resiste alla forza distruttiva della città degli inconsolabili. Perché potrebbe sempre succedere che «una corda si spezzi all'improvviso e uno spesso sipario cada a terra, rivelando un mondo pieno di luce e di calore».