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L' indicibile tenerezza. In cammino con Simone Weil
Una vita esemplare e un pensiero folgorante. Eugenio Borgna ha trascorso molto della sua vita in dialogo con gli scritti di Simone Weil, che hanno saputo offrirgli infinite suggestioni per il suo cammino di medico e psichiatra, impegnato nell'ascolto e nella condivisione della sofferenza e della speranza. In questo vero e proprio diario di un lettore d'eccezione, Eugenio Borgna interroga l'enigma di questa giovane donna che ha attraversato un'epoca di guerre e totalitarismi armata della sua fragilità, della sua intelligenza luminosa, della sua febbrile passione per l'amicizia e la trascendenza. Eugenio Borgna rievoca gli anni di formazione di Simone, l'appartenenza alla colta borghesia ebraica della capitale francese, la vicinanza ad alcuni grandi irregolari della cultura del tempo. Mette al centro di questa sua rivisitazione il momento drammatico in cui Simone decide di andare a lavorare in fabbrica con l'idea di condividere la sofferenza degli ultimi in un estremo esperimento con se stessa e con le proprie forze. E indaga in Simone Weil il costante, misterioso intreccio tra una bruciante sensibilità che la avvicina alle grandi figure della mistica e della poesia femminile come Teresa di Lisieux, Etty Hillesum, Madre Teresa di Calcutta, e un impegno politico senza riserve, che la porta alla volontà di partecipare alla guerra civile spagnola e più tardi alla Resistenza francese, morendo a Londra stremata dalla malattia e dalla solitudine. -
Direi di no. Desideri di migliori libertà
Siamo diventati incapaci di un gesto elementare: dire di no. Due lettere, un movimento della testa e del corpo un tempo familiare. L'arma più potente e carica di speranza per chi desiderava libertà diverse da quelle concesse dal presente. Libertà migliori di quelle proposte oggi da un capitalismo che racconta di essere l'orizzonte unico e privo di alternative. Come è stato possibile fino a ieri dire di no? In quale misura potrebbe tornare a esserlo? Quanta radicalità ci è concesso esprimere nel nostro agire quotidiano? Di quanta integrità siamo ancora capaci? Esistono gesti di libertà con cui incidere davvero sul reale? Queste le domande al cuore del libro di Enrico Donaggio. Le sue pagine offrono una serie di incursioni, sensibili e taglienti, nei simboli e negli stati d'animo del disincanto contemporaneo. Attraversano le complicità nascoste, l'autosfruttamento ordinario, l'eccesso di zelo con cui tradiamo ogni giorno i nostri desideri di migliori libertà. Per disegnare l'imprevedibile mappa di una critica e di una resistenza possibili, i contorni di una nuova passione per la libertà e di una nuova intesa con ignoti compagni di speranza. -
Bartolomé de Las Casas. La conquista senza fondamento
L'Europa del Cinquecento, scoperta l'America, stermina in pochi decenni gran parte dei suoi abitanti. Ma nello stesso periodo l'Europa diventa anche uno straordinario laboratorio di pensiero. Chi sono gli ""altri"""", animali da macello, utili schiavi, buoni selvaggi, nostri simili? La Spagna di Cristoforo Colombo e dell'imperatore Carlo V, di Hernán Cortés e dei missionari offre a questo dibattito un terreno particolarmente fertile. Bartolomé de Las Casas (1484-1566) arriva nelle colonie a diciotto anni. Come cappellano dei conquistadores è testimone delle loro stragi e di infinite crudeltà. Inizia a interrogarsi con temeraria onestà sulla sua presunta missione, gradualmente si converte alla causa degli indigeni e spende il resto dell'esistenza per fermare il massacro. Mettendo a frutto i tesori della sua formazione giuridica e teologica e la sua abilità politica apre spazi di dubbio e introduce novità teoriche prima impensabili. Las Casas arriva a negare la legittimità di tutte le guerre di conquista, a riconoscere il pieno valore delle culture indigene, a teorizzare la necessità di restituire ai nativi la libertà e la terra. È stato dipinto ora come il diabolico traditore della missione evangelizzatrice spagnola, ora come l'apostolo e il cantore degli indios. Oggi alcuni lo ritengono un profeta della decolonizzazione, altri un ambiguo corresponsabile dell'etnocidio culturale degli indigeni. Questo libro indaga la sua straordinaria avventura umana, politica e intellettuale."" -
Malinconia di sinistra. Una tradizione nascosta
La sinistra è malinconica. Lo è da un secolo a questa parte, in Italia, in Europa, nel mondo. Enzo Traverso, uno storico fuori dagli schemi, un intellettuale appassionato, ci spiega perché.rnrnNell'Ottocento la sinistra viveva la speranza, la fede nel progresso, la convinzione di dominare le leggi della storia, l'orgoglio di saper combattere lotte giuste e vittoriose. Nel Novecento il panorama cambia radicalmente. La sinistra incarna ormai lo spirito del dubbio, la constatazione che la storia è imprevedibile, la consapevolezza che i totalitarismi possono nascere e rinascere in ogni istante. Essere di sinistra significa ormai abbandonare le speranze false e ideologiche; essere di sinistra significa essere critici, sapersi esporre senza finzioni alla dura prova della realtà, tenere gli occhi bene aperti davanti alla catastrofe. Essere di sinistra diventa sinonimo di essere malinconici. Enzo Traverso rianima quella galassia in tutte le sue sfaccettature; riattraversa il pensiero dei mostri sacri della sinistra, Marx, Lenin, Trockij, Benjamin, Bensaïd; si immerge nel cinema di Theo Angelopoulos e Ken Loach; analizza i murales messicani di Diego Rivera e la statuaria dei regimi sovietici; attinge alla cartellonistica politica e ai ritornelli della propaganda lontana e recente. E riemerge dal suo viaggio dando di quella malinconia di sinistra una nuova lettura, facendone uno stile di pensiero e una forma di vita, uno sguardo che rinuncia a piangere il passato perduto per disporsi a costruire un futuro diverso. -
Soggettività e verità. Corso al Collège de France (1980-1981)
Il continente della sessualità è al centro di questo corso di Michel Foucault. Dopo aver studiato l'età moderna in libri e lezioni memorabili, Foucault fa un passo indietro di alcuni secoli e si rivolge al mondo antico. rnrnLo fa per cogliere alla radice il delinearsi di un intero campo di pratiche e riflessioni che nell'antichità classica investono il corpo, i suoi piaceri, le turbolenze che l'esperienza dell'erotismo impone al soggetto. Foucault studia un ampio spettro di testi e documenti classici: medici, pedagogici, morali, religiosi. Tra il IV secolo a.C. e il II secolo d.C. questo insieme di riflessioni definisce un universo di atti sessuali, gli aphrodisia di cui parlano i greci, i veneria di cui parlano i latini, che si annunciano con precise caratteristiche: la violenza del desiderio, l'intensità del piacere che vi si accompagna, la passività del soggetto a fronte di queste forze intime quanto estranee, la difficoltà e insieme la necessità di governare questo insieme di esperienze soverchianti. Ciò che Foucault mostra, risalendo alla radice di queste riflessioni sulla sessualità, è che nell'evento sconcertante degli aphrodisia il mondo antico ha pensato che il soggetto sia chiamato a riconoscere una verità che lo riguarda intimamente, una verità che egli dovrà interrogare e approfondire, una verità preziosa quanto sfuggente, enigmatica quanto pericolosa. Primo lontano annuncio, per Foucault, di quanto verrà ereditato dalla riflessione successiva e dalle forme di vita occidentali, in una sostanziale continuità fatta di lenti slittamenti, trovando ad esempio nella prima morale del cristianesimo e nell'istituzione della confessione, o nell'invenzione moderna della psicoanalisi e del colloquio psicoanalitico, due lontane e sorprendenti riconfigurazioni. -
La società orizzontale. Liberi senza padri
La società orizzontale esiste già ed è intorno a noi, nelle sfere della politica, della religione e della famiglia. Un'indagine sociologica che rivela il nuovo modello di democrazia egualitaria.rnrnC'è un falso mito nella nostra società che deve essere sfatato. È l'idea apocalittica che sia in corso una crisi d'autorità che ha portato la democrazia all'eccesso, avvelenandola. Come se la democrazia, per funzionare, avesse bisogno di un principio d'ordine autoritario. Marco Marzano e Nadia Urbinati rispondono con la descrizione di un modello orizzontale di società, in cui non esistono gerarchie di valori e non c'è devozione nei confronti di alcun potere autoritario. Con una dettagliata indagine sociologica, i due autori analizzano le sfere strutturali della società, quali la religione, la politica e la famiglia, e vi individuano la tendenza a costituirsi secondo un'eguaglianza reale dei diritti e delle opportunità. E al posto di un principio d'ordine gerarchico il motore della comunità diventa la diversità, un elemento che non omologa e non divide, ma piuttosto unisce e pluralizza. Nella società orizzontale tutti sono usciti dallo stato di minorità e per questo possono essere cittadini autenticamente liberi ed eguali. -
La grande regressione. Quindici intellettuali da tutto il mondo spiegano la crisi del nostro tempo
Bauman, Zizek, Mason, Streeck, Appadurai... Il nostro è il tempo di una grande regressione. Quindici grandi intellettuali lanciano una sfida globale: creare una nuova narrazione, capace di interpretare il presente.rnrn«I problemi che oggi abbiamo di fronte non ammettono bacchette magiche, scorciatoie e cure istantanee, ma richiedono niente meno che un’altra rivoluzione culturale. Servirà un’autentica visione globale a lungo termine – e tanta pazienza» - Zygmunt BaumanrnrnNon c’è stata alcuna “fine della storia”, nessuna affermazione globale della democrazia liberale. Piuttosto, assistiamo a una grande regressione. Mentre lavoro, ricchezza e stabilità si assottigliano pericolosamente nelle società occidentali, la retorica della sicurezza prende il posto della rivendicazione dei diritti umani e civili e i principi di cooperazione transnazionale sono sostituiti da violenti appelli per il rafforzamento della sovranità degli stati, come “Make America Great Again!” e “Les Français d’abord!”. I flussi migratori diretti verso i paesi dell’Unione europea aumentano giorno dopo giorno. La crisi economica, forse, non è mai finita. E improvvisamente ci troviamo di fronte alla necessità di misurarci con alcuni fenomeni che credevamo appartenere a un’epoca passata: l’ascesa di partiti nazionalisti come il Front National francese, l’imporsi di una demagogia come quella impersonata da Donald Trump, le tendenze autoritarie che attraversano l’Europa centrale e orientale, un’ondata di xenofobia e odio, la brutalizzazione del discorso pubblico, l’inversione protezionistica della Brexit.rnDi fronte a questi fenomeni dobbiamo prendere atto che tutti gli strumenti che consideravamo efficienti per affrontare le crisi si sono esauriti. È questa la denuncia di quindici grandi intellettuali da tutto il mondo, da Bauman a Žižek, da Arjun Appadurai a Paul Mason, che ragionano insieme per scoprire e analizzare le radici di questa involuzione, e cercano di inserirla nel suo contesto storico, di tracciare gli scenari possibili e di ideare le strategie per contrastare le tendenze inquietanti che stanno dando forma a un mondo nel quale non vogliamo vivere. Quindici voci diverse e autorevoli, riunite per la prima volta in un libro che fornisce le coordinate necessarie per orientarsi nel nostro tempo. -
Sei lezioni sulla città
L'ultima opera del più grande sociologo urbano italiano: uno studio fondamentale per capire le mutazioni della città e dei suoi abitanti.rnrnMartinotti compie un ribaltamento definitivo delle categorie tradizionali dell'ecologia sociale e dimostra che la città è un sistema complesso. Un enorme organismo che rifiuta qualsiasi tentativo di comprensione intenzionato a rinchiuderlo in una teoria rigida e unitaria. Le forme spaziali e le popolazioni insediate in un certo territorio interagiscono costantemente e producono configurazioni sociali che meritano di essere studiate nella loro singolarità e nella loro contingenza. Perché la città è uno spazio in perenne trasformazione. Al centro degli studi sugli spazi urbani, allora, deve essere l'analisi dei loro abitanti. Con l'esposizione delle ""contraddizioni del fenomeno metropolitano"""", Martinotti si fa interprete della città come specchio di un tempo segnato dalla competizione tra i diversi tipi di popolazione per lo spazio urbano."" -
Il senso della possibilità. Sei lezioni
Un saggio necessario e profondo, capace di mostrare che anche in tempi di chiusura, di inimicizia e di muri l’utopia è un mondo sociale possibile.rn«Il senso della possibilità presuppone la libertà per le persone di esplorare, immaginare, delineare i tratti di mondi sociali possibili più degni di loderndel mondo attuale. Oggi questa libertà fondamentale è minacciata.»rnrnQuesto libro è un elogio della libertà di esplorare mondi possibili. Essere aperti al mondo significa trovarsi nella condizione di sperimentare costantemente una molteplicità infinita di incontri possibili con il mondo stesso e scoprire, al contempo, il valore inestimabile della sua incompletezza. Sono due le figure che fanno da guida lungo questo percorso alla scoperta del senso della possibilità: l'esploratore di connessioni e il coltivatore di memorie. Il primo va alla ricerca di verità e di validità e s'imbatte in un ventaglio di alternative, mentre il secondo ha lo sguardo rivolto al passato, repertorio sconfinato di possibilità. La tensione tra queste due figure spalanca una consapevolezza: l'utopia è un mondo sociale possibile, costruito con i materiali del mondo attuale. «I frammenti di un discorso utopico ci invitano a esplorare lo spazio delle possibilità, entro i confini che il mondo ci concede». In un confronto serrato con i più grandi pensatori della filosofia occidentale, Veca dimostra che il senso della possibilità si nutre di incertezza e di incompletezza e si oppone a ogni dittatura del presente, tutelando invece lo spazio per gli esercizi dell'immaginazione, e dunque per la visione politica e per la libertà. Un saggio necessario per riconquistare il futuro senza arrendersi mai nella ricerca incessante della giustizia sociale. -
L' amore che cura. La medicina, la vita e il sapere dell'ombra
Per curare il corpo la medicina deve imparare a riconoscere il suo oggetto, la malattia, come inseparabile dalla totalità della vita e della persona.rnrnSpesso si confonde la diagnosi di una malattia con la diagnosi di una persona affetta da una malattia, perdendo di vista il carattere specifico che quella malattia assume in quella persona. Ma la malattia, insediandosi in persone diverse, dà luogo a forme morbose diverse, a quadri sintomatologici diversi e, in ultima analisi, a malattie diverse. La persona, con le sue risorse particolari, le sue difese e le sue fragilità, configura la malattia in maniera assolutamente individuale. E la risposta individuale alla minaccia della malattia incide sulla presentazione clinica dei sintomi, sulla prognosi e sull'adesione alle cure. Incide sul destino della persona malata. Allora, dimostra Giovanni Stanghellini, la persona e la sua irriducibile singolarità non costituiscono solo un'opzione etica, ma un vero e proprio vincolo epistemologico per la buona prassi della cura. Psichiatra e psicoterapeuta, Stanghellini dedica questa sua ricerca all'integrazione tra psicologia, psicopatologia, filosofia e neuroscienze, sulle orme di Karl Jaspers, per il quale ""il trattamento medico deve basarsi sulla vita non compresa"""". E dimostra che, per curare la malattia, la medicina deve cessare di detestare il proprio oggetto. Deve abbandonare l'ossessione per l'astrazione e la classificazione che la vincola alla freddezza di una ragione dicotomica capace di distinguere tra sano e malato, tra esogeno ed endogeno, tra innato e acquisito, tra psichico e somatico, ma impermeabile al carattere specifico della persona e dunque della sua malattia."" -
Marx e la follia del capitale
A duecento anni dalla nascita di Marx, cosa ha da dirci sulla nostra economia globalizzata?rnrnNel corso della sua vita, Marx ha dedicato tutti i suoi sforzi a capire come funzionasse il capitale. Era ossessionato dalle modalità in cui le leggi del movimento del capitale incidevano sulla vita quotidiana delle persone comuni. Senza sosta ha indicato, nello sfruttamento del lavoro e nella diseguaglianza, il cuore e il motore del capitalismo. Voleva capire a tutti i costi perché questo sistema economico fosse così incline alla crisi. David Harvey sa mettersi sulle tracce del pensiero di Marx per ricostruire l'architettura del capitale e aggiornare all'evoluzione tecnologica e industriale degli ultimi centocinquant'anni il classico che ha cambiato definitivamente il modo di pensare l'economia, stravolgendo il destino di popoli e paesi. -
Oltre l'infinito. Storia della potenza dal sacro alla tecnica
La crisi del mondo contemporaneo è giunta a un punto di non ritorno. Ora serve un cambio di direzione.rnrnNel 2008 la società della potenza tecnica, affermatasi a partire dal 1989, è entrata in crisi. L'epoca della globalizzazione e della sua idea di potenza si è arrestata di fronte a un vortice di recessione che, forse, è irreversibile. O meglio, la crisi in corso sta imponendo alla storia una torsione inedita e inaspettata. La potenza tecnica dispiegatasi in modo formidabile in quei vent'anni si trova nella drammatica impossibilità di risolvere i problemi che essa stessa ha generato. Ogni catastrofe, ogni crisi, richiede un cambio di paradigma. Mauro Magatti compie un atto rivoluzionario e ragiona sulla deriva del mondo contemporaneo recuperando un'idea antica: la potenza. Perché la potenza, spiega Magatti, è l'elemento che caratterizza la nostra specie dal punto di vista biologico e sociale. «La vita umana non è mai determinata solo dal dato biologico o storico. Benché vincolata o limitata, la sua forma più caratteristica è quella di essere ""possibilità"""". È qui che si radica la libertà creativa dell'uomo». La potenza è la capacità di sottrarsi all'immediatezza e alla necessità della natura, è la consapevolezza della soggettività, dunque è la facoltà di cogliere l'apertura delle possibilità per imprimere una propria direzione. E da qui si deve partire per uscire dalla crisi del mondo contemporaneo. Recuperare il senso della possibilità in ogni ambito della vita significa rinunciare alla dittatura del presente, cambiare prospettiva, «riflettere sulla potenza che, come singoli e come collettività, siamo diventati capaci di produrre». In fondo, l'obiettivo è uno solo: migliorare il nostro mondo."" -
L' arte sopravvivrà alle sue rovine
Kiefer è uno dei più noti e controversi artisti contemporanei. Con queste pagine chiunque può immergersi nell'universo titanico, profondamente riflessivo, della sua arte.rn“Soltanto nell’arte ho fede, e senza di essa sono perduto. Non riuscirei a vivere senza poesie e senza quadri, non solo perché non so fare nient’altro, perché non ho imparato nient’altro, ma per ragioni quasi ontologiche. Perché diffido della realtà, pur sapendo che, a modo loro, anche le opere d’arte sono un’illusione.”rnrnrnAnselm Kiefer ha fatto irruzione sulla scena artistica tedesca nel 1969 con una serie molto controversa di opere dedicate alla Seconda guerra mondiale, capaci di risvegliare dall'amnesia collettiva che regnava in Germania in quel periodo. Da quel momento, la produzione artistica di Kiefer ha espresso ogni volta il rifiuto per il limite, non solo nella sua monumentalità e nella potenza della sua materialità, ma anche nell'infinita ricchezza di risorse con le quali sonda le profondità della memoria e del passato. Tra dicembre 2010 e aprile 2011, Kiefer è stato il primo artista visuale a occupare la cattedra di Creazione artistica al Collège de France di Parigi, dove ha tenuto otto lezioni, seguite dai rispettivi seminari. Questo volume raccoglie le otto lezioni, insieme al discorso inaugurale con cui l'artista ha dato inizio al corso. In risposta all'invito del Collège de France, Kiefer attinge alla letteratura, alla poesia, alla filosofia e ai suoi ricordi personali, nel tentativo di districare e rivelare il processo di sedimentazione e rielaborazione dei temi che circolano, si incrociano e si aggregano per formare la costellazione della sua arte. Queste lezioni formidabili e preziose gettano luce sulla dimensione universale di un artista, la cui opera è attraversata dalla storia, dal mito - greco, assiro e germanico -, dalla religione, dal misticismo ebraico, dalle donne, dalla poesia. Una raccolta di scritti cruciali per la comprensione dell'arte di Anselm Kiefer. -
Il gioco dell'esistenza. De-coincidenza e libertà
Una nuova chiave interpretativa delle radicirndella cultura occidentale e della sua storia,rncapace di svelare l’origine comune del pensiero,rndell’arte e dell’esistenza.rnrn«Nel paradiso terrestre, Adamo ed Eva ""coincidevano"""": vivevano """"felici"""" (ma lo sapevano?) ma non esistevano. Vivevano in maniera adeguata (in accordo con l'ordine della Creazione) e non ne dubitavano. Neanche immaginavano di poterne dubitare. In questo mondo improntato al perfetto adattamento, senza nemmeno un abbozzo di disgiunzione o dissidenza, Adamo ed Eva non potevano immaginare un Fuori a cui aggrapparsi per tenersi fuori, esistere, avventurarsi. Mangiando la mela, però, hanno introdotto la fecondità di un'incrinatura in quell'ordine stabilito, hanno aperto uno scarto che li estraeva da quel mondo e dalla sua saturazione-soddisfazione». Il concetto di de-coincidenza, di scarto, descrive l'ontologia dell'esistenza, che non risponde alla legge della necessità né a quella del caso, ma procede secondo un caos ordinato che sfugge alla rigidità di qualsiasi sistema di regole. È un processo di apertura che libera risorse inimmaginabili, disfacendo dall'interno ogni ordine illusoriamente prestabilito. E per questo è «un concetto in grado di esprimere la vocazione non solo dell'arte ma anche - in primo luogo - dell'esistenza. Se de-coincidersi implica l'uscita dall'adeguamento a un """"sé"""", dal proprio adattamento a un mondo, allora significa propriamente esistere». In un'analisi aperta a tutti i campi del sapere, dall'arte alla religione, fino alle scienze naturali, Jullien va alla ricerca dei casi esemplari della de-coincidenza nell'esperienza umana. Così formula una lettura originale della figura del Figlio della Trinità divina e dell'incipit del Vangelo di Giovanni, dialoga con la teoria evoluzionistica di Darwin e dà una nuova interpretazione della pittura di Picasso."" -
Teorie e istituzioni penali. Corso al Collège de France (1971-1972)
Con questo volume si conclude la pubblicazione delle lezioni tenute da Michel Foucault al Collège de France, cominciata in Francia nel 1997.rnrnrnrn«È un testo seminale, che segna il passaggio di fase della ricerca foucaultiana dall'archeologia del discorso alla genealogia della relazioni tra saperi e poteri» - Massimiliano Panarari, Il Venerdìrnrn""Ciò che caratterizza l'atto di giustizia non è il ricorso a un tribunale e a dei giudici; non è l'intervento dei magistrati (anche quando si limitavano a essere dei mediatori o degli arbitri). A caratterizzare l'atto giuridico, il procedimento o la procedura in senso ampio, è lo sviluppo regolato di una controversia. E in questo sviluppo, l'intervento dei giudici, il loro parere o la loro decisione costituiscono sempre e soltanto un episodio. Ciò che definisce l'ordine giuridico è il modo di affrontarsi, la maniera in cui ci si scontra. La regola e la lotta, la regola nella lotta: è questo il giuridico."""" """"Teorie e istituzioni penali"""" è il titolo scelto da Michel Foucault per il corso che tenne al Collège de France dal novembre 1971 al marzo 1972. In queste lezioni Foucault ha teorizzato per la prima volta la questione del potere, che sarà al centro della sua ricerca fino alla scrittura di """"Sorvegliare e punire"""" nel 1975 e oltre. A partire dallo studio minuzioso della repressione architettata da Richelieu per respingere la rivolta dei Piedi scalzi (1639-1640), il corso analizza la nascita di un dispositivo del potere che rompe con le istituzioni giuridiche e giudiziarie del Medioevo e si sviluppa in un apparato di repressione statale, la cui principale funzione è difendere il proprio ordine. Con lo studio delle """"matrici giuridico-politiche"""" prende forma l'approccio sistematico alla storia della verità, già avviato l'anno precedente con le Lezioni sulla volontà di sapere, ed emerge il ruolo centrale della relazione tra sapere e potere."" -
Riconoscimento. Storia di un'idea europea
Uno dei più grandi filosofi contemporanei, l'ultimo erede della Scuola di Francoforte, racconta la storia dell'idea che ha fondato il pensiero democratico in Europa.rn«Un lavoro di bruciante attualità» - Il VenerdìrnrnrnAxel Honneth dirige l'Istituto per la ricerca sociale fondato da Max Horkheimer e Theodor Adorno e oggi è uno dei maggiori filosofi europei. Dopo «L'idea di socialismo», questo saggio ricostruisce l'idea di riconoscimento nella molteplicità dei significati che ha assunto fin dall'inizio della modernità in Europa. Secondo Honneth, l'idea di riconoscimento ci permette di pensare una società dinamica e conflittuale, capace di ospitare il dissenso e per questo democratica. Così Honneth ci conduce lungo un viaggio tra la Francia, l'Inghilterra e la Germania e disegna i percorsi delle diverse declinazioni di questa idea e delle sue interpretazioni, raccontando ogni volta le sfide politiche e sociali che ne hanno dettato l'urgenza. In Francia Rousseau scrive «Il contratto sociale» e inventa la volontà generale, in Inghilterra David Hume, Adam Smith e John Stuart Mill mostrano che la società è possibile solo se ciascun individuo si misura con gli altri per sviluppare l'esercizio morale di un giudizio normativo del proprio libero arbitrio, in Germania Kant e Hegel vedono nel riconoscimento la chiave per la costruzione della comunità a partire dalla capacità di ogni soggetto di autodeterminarsi. Queste declinazioni dell'idea di riconoscimento affondano le proprie radici nel Diciassettesimo secolo e hanno formato la tradizione culturale europea, interagendo e contaminandosi tra loro fino a oggi. In una società sempre più divisa, il riconoscimento è una risorsa preziosa e necessaria per difendere un'idea di democrazia che non possiamo più dare per scontata. Perché l'idea di riconoscimento, spiega Honneth, è la coscienza di una reciproca appartenenza. -
Le vite ineguali. Quanto vale un essere umano
Oggi le vite umane non si equivalgono. La vita di un migrante non vale quanto quella di un cittadino occidentale. Si può dire qualcosa su cosa sia la vita nella contemporaneità, a partire da come viene trattata?rnrnCome può la vita essere concepita nella sua duplice dimensione del vivente e del vissuto, della materia e dell'esperienza? A questa domanda, la filosofia e, più recentemente, le scienze sociali, hanno portato ogni tipo di risposta, spesso favorendo l'una o l'altra di queste dimensioni: quella biologica o quella biografica. Tuttavia, è possibile pensarli insieme e riconciliare gli approcci naturalistici e umanistici? La scommessa di Didier Fassin è uscire dall'astrazione dei concetti filosofici per tentarne una verifica empirica e rivelare quindi qualcosa di concreto, capace di interrogare la sociologia e la politica. Fassin unisce critica filosofica e ricerca etnografica sul terreno e mostra che negli ultimi decenni la vita biologica ha preso un assoluto sopravvento gerarchico su quella biografica. Se oggi si concede facilmente un permesso di soggiorno per ragioni sanitarie mentre è molto più difficile ottenere un diritto d'asilo, è perché della vita si sacralizza la sua dimensione impolitica. Ma non tutte le vite si equivalgono (neri d'America, stranieri e migranti, richiedenti asilo), e lo dimostra empiricamente la differenziazione liberista del valore, cioè del prezzo, che emerge ad esempio nel rimborso delle vittime di omicidi, incidenti eccetera. Una volta assemblati, come in un puzzle, i pezzi di questa composizione antropologica, appare dunque un'immagine: quella inquietante delle vite ineguali. -
L' Europa è ancora cristiana? Cosa resta delle nostre radici religiose
Il passato cristiano dell'Europa è diventato un'arma insidiosa nelle mani della politica populista. Olivier Roy lo libera dal pregiudizio e dall'abuso mediatico per farlo tornare a essere una parte essenziale della storia della società liberale.rnrnPer anni le radici cristiane dell'Europa sono state al centro di un dibattito sull'integrazione politica dei popoli che vi abitano. Esiste dunque un modo laico di vedere nel cristianesimo non un fronte di divisione, ma un elemento irrinunciabile della nostra storia e della nostra cultura. Oggi l'Europa è cristiana? E se lo è, in che modo si esprime questa sua identità? Olivier Roy racconta il lungo processo della secolarizzazione, entra nella storia della Chiesa cattolica e di quella protestante per mostrare che il cristianesimo nell'Europa contemporanea non conta più tanto come religione, ma come un'eredità di grande rilevanza civile, perché ha contribuito a costruire il sistema di valori della società liberale. Eppure, avverte Roy, oggi il cristianesimo sotto forma di identità culturale è anche un facile strumento nelle mani della politica populista, che può usarlo come categoria di esclusione dello straniero. Una delle posture di chi si definisce cristiano è infatti quella nostalgica e autoritaria che ai ""valori del cristianesimo"""" oppone una società troppo laica o un Islam conquistatore. Questo libro spiega in che modo siamo europei rimasti orfani del nostro passato cristiano e ci aiuta a riscoprirne la portata, per sottrarlo alla retorica vendicativa e nazionalista della politica contemporanea."" -
Bauhaus
Per il centenario della fondazione di Bauhaus, una raccolta che restituisce un'epoca rivoluzionaria e insieme ""l'irrinunciabile voglia di cercare, con tutti i mezzi, di dare risposte socialmente e culturalmente innovative alle esigenze della fase storica in cui ci tocca in sorte vivere"""".rnrnUna serie di testi che Tomás Maldonado ha scritto nel corso della sua lunga carriera di docente e studioso, attraverso i quali ha preso, in diverse circostanze, """"posizione nei confronti della 'tradizione Bauhaus'"""". Si tratta in parte di saggi già editi, ai quali si aggiunge il testo «Ist das Bauhaus aktuell?» (È attuale il Bauhaus?) scritto in occasione delle commemorazioni del novantesimo anniversario della fondazione della Scuola e oggetto della sua open lecture a Weimar. Le ragioni di questa ripresa non sono celebrative, ma puntano a testimoniare lo sguardo critico di un protagonista che con l'esperienza del Bauhaus aveva dovuto fare i conti quando nel dopoguerra in Germania aveva avuto, con altri, l'onere di avviare la Hochschule für Gestaltung a Ulm, la nuova scuola di progettazione che ha segnato indelebilmente la storia della formazione in design del secondo Novecento. Guardare ai due modelli, e soprattutto alle discontinuità con il passato che Maldonado ha impresso con il nuovo progetto pedagogico, significa oggi avere materiale per discutere dell'eredità delle due Scuole, ma anche - per usare le parole di Maldonado - per condividere del Bauhaus """"l'irrinunciabile voglia di cercare, con tutti i mezzi, di dare risposte socialmente e culturalmente innovative alle esigenze della fase storica in cui ci tocca in sorte vivere"""". Il volume comprende - oltre allo scambio epistolare con Walter Gropius - alcuni documenti inediti che arricchiscono la conoscenza diretta degli avvenimenti, in particolare il carteggio fra Maldonado e Max Bill."" -
Storia della sessualità. Vol. 4: confessioni della carne, Le.
Dopo più di trent'anni di attesa, esce una pietra miliare del pensiero occidentale: il quarto volume della Storia della sessualità.rnrnFoucault cominciò a scrivere il quarto volume della «Storia della sessualità» già nel 1976, subito dopo «La volontà di sapere», e lo lasciò incompiuto a causa della sua morte prematura. «Le confessioni della carne» è l'ultimo atto, quello che ci permette di seguire la direzione del pensiero di Foucault alla fine della sua vita. Scritto fino a pochi giorni prima di morire, questo libro segue «L'uso dei piaceri» e «La cura di sé», ma anche i corsi al Collège de France, nella ricerca sulla costituzione del soggetto nel mondo antico. Qui l'attenzione si sposta alle regole e alle dottrine elaborate durante i primi secoli del cristianesimo. I protagonisti sono quindi i Padri della Chiesa, che tra il Secondo e il Quarto secolo posero le basi dell'etica cristiana. La sessualità della prima trattatistica cristiana deve essere compresa secondo le regole e le dottrine dello stoicismo e della tarda filosofia platonica, perché il suo sistema prescrittivo non è altro che un retaggio dell'autodisciplina elaborata dai filosofi greci e latini dell'antichità classica e tardo-antica. Si trova espressa qui l'idea di soggettività che dominerà l'etica cristiana dei secoli successivi e poi tutta la storia dell'Occidente.