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Pensieri sulla proprietà
Henry David Thoreau ritiene che gli uomini si siano fabbricati da millenni una falsa idea del piacere, che viene erroneamente immaginato come coestensivo all'abbondanza, consustanziale rispetto al lucore ambrato della moneta. Le società occidentali sono vittime di una svista macroscopica: accumulano denaro, beni, proprietà di ogni tipo come se fossero questi stessi dei fini, mentre - ovviamente - la loro funzione dovrebbe essere quella di rendere possibile una vita felice, allontanando lo spettro del bisogno; la moneta dovrebbe essere sempre un mezzo e mai il fine ultimo dell'umano operare. Thoreau, nel pieno del diciannovesimo secolo, osa l'impensabile e mette in questione il dogma del capitalismo occidentale, ovvero l'equivalenza e la costante implicazione reciproca di felicità e possesso. -
Femminile, plurale. Simone de Beauvoir, Azar Nafisi, Simone Weil, Rachel Bespaloff, Rosa Luxemburg. Vol. 2
«Come aveva brillantemente osservato la pensatrice marocchina Fatima Mernissi, ""le donne disturbano non appena appaiono là dove non ce le si aspetta"""". Così, molto spesso, la carica rivoluzionaria del loro pensiero viene annacquata e descritta soprattutto in via difettiva. Simone Weil mancherebbe, allora, di una visione sistematica, Simone de Beauvoir - ridotta a semplice rifrazione di Sartre - sarebbe dunque carente di originalità e autonomia, mentre, sorprendentemente, Rosa Luxemburg - che la rivoluzione l'aveva fatta davvero - sarebbe addirittura priva di realismo politico. Incontrare queste donne significa, invece, fare un'esperienza purtroppo sempre più rara in filosofia, ovvero quella di incrociare forme di pensiero davvero originali: non semplici compilazioni di pallide citazioni epigonali, ma autentiche visioni del mondo. L'unica controindicazione risiede nel fatto che possano, in effetti, creare dipendenza.»"" -
Heidegger
«Quando Franco Fergnani teneva i suoi corsi su Heidegger all'Università Statale di Milano - e appuntava, nel suo stile inconfondibile, le riflessioni sul pensatore tedesco che qui assumono una veste definitiva - i temi e soprattutto il lessico di Essere e Tempo si stavano avvicinando verso un sicuro quanto equivoco successo. Dalla metà degli anni Settanta in poi, e per oltre un ventennio, Heidegger rappresenta uno spartiacque della scena filosofica europea, una sorta di frattura fra il prima e il dopo.» -
Le contraddizioni del marxismo
Parola proteiforme - divinità dalle mille facce - la rivoluzione assume, nelle analisi della Weil, la forma del più atroce degli equivoci. Il suo spettro - continuamente evocato da Marx e dai suoi - illude il proletariato di essere destinato a una missione storica, dialetticamente necessaria, ovvero quella di superare il capitalismo e il suo assurdo cumulo di inganni; illude la classe operaia di avere il vento nelle vele, la scienza dalla propria parte, dunque un futuro felice a portata di mano. Così facendo si lascia intendere ai proletari che le cose saranno facili, mentre si prepara per loro il più deludente dei risvegli. -
Maometto filosofo. Illuminismo ed Islam
«Per un breve periodo, parte dell'intellighentija occidentale vide in Maometto un ""alter-ego"""" del philosophe illuminista e nell'Islam la religione più vicina a quella """"naturale"""" che molti auspicavano. Ciò avvenne dopo un lungo travaglio, suscitò grandi polemiche ed ebbe molte conseguenze. Maometto, ovviamente, non è stato un philosophe. Lui stesso, ma soprattutto i suoi seguaci ed interpreti hanno creato una società in cui religione e Stato si fondono, una società totalitaria ove sono consentiti minimi spazi di critica e di libertà. L'Illuminismo, invece, è stato uno straordinario movimento di pensiero e di liberazione delle coscienze, propugnatore della più netta separazione fra leggi ed istituzioni statali e leggi ed istituzioni religiose. Maometto non è stato dunque un philosophe in senso proprio, ma ha contribuito, certo senza alcuna intenzione, a far nascere quella società liberale e democratica che faticosamente nel corso degli ultimi due secoli si è affermata in Europa e in parte del mondo.»"" -
Sulla guerra
«Il grande errore di quasi tutti gli studi sulla guerra è quello di considerare la guerra come un episodio di politica estera, mentre essa costituisce in primo luogo un fatto di politica interna, il più atroce di tutti. Qui non si tratta di considerazioni sentimentali, o di un rispetto superstizioso della vita umana; si tratta invece di una osservazione molto semplice, ovvero che il massacro è la forma più radicale dell'oppressione e che i soldati non sono semplicemente esposti al rischio di morire, ma sono inviati al massacro.» -
La ragione in guerra
«Non tutte le voci della filosofia d'Occidente rincorrono l'ideale classico del pensatore astratto, eternato nel racconto di Talete che cade in un pozzo fra le matte risate della servetta tracia, oppure scolpito nel bronzo in forma ascetica dalla perizia fuori-tempo di Rodin. Se Montaigne, nel pieno delle guerre di religione che stavano insanguinando la Francia rinascimentale, aveva sentito il bisogno assoluto di ritrarsi, cercando nelle visioni del mondo del passato una via di fuga dal generale orrore, molti pensatori e pensatrici del Novecento hanno invece messo in atto il movimento contrario: l'esito del ritorno a sé che inaugura il ritmo della riflessione è il radicamento nel mondo, anche se disordinato e addirittura impazzito. [...] Si compie un passo indietro solo per vedere meglio, per scegliere un'altra luce e tornare all'azione. Fare filosofia allora - dall'Illuminismo in poi, ma soprattutto nel Novecento - non necessariamente implica il chiamarsi fuori dalla polvere del mondo, non obbliga implicitamente al disconoscimento della prassi.» Con saggi di M. Alborelli, M. Ghidotti, P. Necchi, A. Panzera, M. Trentadue. -
Ma quali sogni, poi. Pensieri sulla morte
«Proprio dalla consapevolezza della morte scaturisce il più acuto desiderio della vita. Sisifo, se è vero ciò che si racconta, ne ebbe esperienza quando, essendo già morto, ed avendo ottenuto da Plutone il permesso di soggiornare ancora un poco sulla terra, non volle più ritornare nell'ombra infernale per aver gustato di nuovo ""l'acqua e il sole, le pietre calde e il mare"""".» Patrizia de Capua - lucida e rapida come una freccia d'argento - riesce a dis-allontanare la morte, a renderla familiare, convocando a rapporto l'intera tradizione filosofica d'Occidente. In questo modo ne disinnesca il potenziale distruttivo."" -
L'Iliade
Per quanto possa apparire incredibile, Rachel Bespaloff e Simone Weil non si sono mai incontrate. Per un raro gioco di prestigio del destino, ad un certo punto delle loro vite hanno guardato entrambe in uno stesso punto e quasi nello stesso momento, per provare a capire meglio lo spietato presente nel quale erano immerse. Sono nati in questo modo due testi gemelli che hanno illuminato il nostro tempo, splendidi per diversità e vulcanici per azzardo. L’Iliade, risorta dall’orizzonte asettico cui pareva irrimediabilmente consegnata, ha assunto così per le due pensatrici la centralità di una stella polare; entrambe hanno interrogato il poema omerico con uno sguardo talmente innovativo da apparire spiazzante, anomalo, divergente rispetto a qualunque paradigma interpretativo visto in precedenza. -
Per Djamila Boupacha
«Quando dei dirigenti di un Paese accettano che si commettano crimini nel nome della Patria allora tutti i cittadini si ritrovano a far parte di una nazione criminale. Siamo disposti a consentire che questo capiti anche a noi? Il caso di Djamila Boupacha riguarda tutti i Francesi.» Simone de Beauvoir non era algerina, non conosceva Djamila Boupacha, era al culmine della fama, non era in crisi creativa e non aveva certo bisogno di farsi dei nemici in più: eppure si spese con tutta l’energia possibile, come se la pelle della giovane algerina fosse la sua. Per Simone de Beauvoir l’impegno del filosofo non è una opzione ma un fatto: l’etica non la fanno gli altri ma noi. -
Il caso Djamila Boupacha
«E allora usate tutti gli strumenti pratici per conferire efficacia al vostro rifiuto. Non c’è una terza via e spero che questo libro contribuisca a convincervi. La verità vi morde da ogni lato, non potete più continuare a balbettare: “Non lo sapevamo...”; ma, adesso che lo sapete, potrete fingere di ignorare o semplicemente limitarvi a qualche gemito inerte? Spero proprio di no.» Simone de Beauvoir non aveva interessi in Algeria, non conosceva personalmente la ragazza della quale stava prendendo le difese e poteva contare su un vasto pubblico. E invece, avvertita dall’avvocatessa Gisèle Halimi di quello che era successo a Djamila Boupacha, Simone de Beauvoir iniziò a far vorticare la penna sulla carta: in questo modo presero forma un articolo incendiario, che fulminò l’opinione pubblica sulla prima pagina di Le Monde il 3 giugno 1960, e un più sostanzioso e argomentato resoconto dell’intera questione che assunse più avanti lo spessore di un saggio. -
Vita cinica
«Entrava a teatro dall’uscita; gli chiesero il perché. Rispose: “Mi esercito a fare questo da tutta la vita”.» Andare contro corrente, per Diogene, significava insistere su un modo differente di immaginare il ruolo e il compito del filosofo, rispetto a quanto la recente tradizione aveva stabilito come consuetudine. Egli non fondò una scuola, non scese a compromessi con il potere, non immaginò mai un’alleanza fra filosofia e classe dominante, reagì sempre con fastidio al perbenismo. Andare contro corrente, per Diogene, dovette significare battersi perché la ragione dei filosofi non tradisse la vita, non la barattasse con i sogni della metafisica, non pretendesse che la perfezione della logica si tramutasse in protesta contro il disordine del mondo. Per Diogene di Sinope l’ambiguità dell’esistenza - la sua spigolosità irriducibile - merita infinitamente più attenzione rispetto al pallore anonimo della verità del sillogismo. -
Chiedo notizie o di vita o di morte. Lettere a Don Giovanni Rossi cappellano militare nella grande guerra
Il libro raccoglie una selezione delle lettere indirizzate a don Rossi, cappellano militare nel corpo dei Granatieri durante la Grande Guerra. La richiesta di ""notizie di vita o di morte"""" da parte di parenti e conoscenti è il denominatore comune di questi documenti, conservati dal sacerdote. """"Di questo documento collettivo a molte voci si possono dare due letture, non alternative, perché tutte due valide e reciprocamente in grado di completarsi"""", scrive Mario Isnenghi, autore di un'ampia prefazione. La prima """"scorrerà queste pagine doloranti come un reliquiario di vittime: corpi trafitti e devastati, angosce vissute, speranze coltivate sino all'estremo, una terribile contabilità e serialità di figure, situazioni e ruoli, che tornano ogni volta a profilarsi come unici accanto a ogni 'caduto'"""". La seconda lettura è più propriamente storica: """"Ciò che vediamo in atto è un altro rilevante capitolo di delega dello Stato e della società alla Chiesa, o di supplenza cattolica. Stavolta ciò che viene affidato alle cure di vescovi, parroci, cappellani non è buona parte del tempo libero del soldato, cioè il corpo e l'anima del militare da vivo; sono il corpo e l'anima del militare da morto""""."" -
Dalla lontana infanzia di guerra
Il volume presenta una memoria autobiografica della campagna di Russia vista e raccontata da Alim Morozov, un ragazzo che vive la sua infanzia nel tempo della guerra e dell'occupazione straniera. Nel 1942 Morozov ha dieci anni e la sua città, Rossoch, viene abbandonata dai reparti dell'Armata Rossa in ripiegamento e per qualche mese diventa sede del comando del Corpo d'Armata alpino, fino al successo dell'offensiva sovietica e alla ritirata delle truppe italiane. Le pagine di Morozov sono improntate ad una profonda pietà, senza indulgenza verso la prepotenza inumana e distruttrice della guerra. Prefazione di Mario Rigoni Stern. -
Dalle trincee alle nubi (1915-1918)
Mario Ceola (Pergine 1894 - Rovereto 1969) è stato personaggio determinante nella storia del Museo della Guerra di Rovereto, di cui fu direttore dal 1924 per quasi vent'anni. Autore di numerosi contributi storici, fu un infaticabile ""costruttore"""" della memoria, anche attraverso l'opera appassionata a favore dell'Ossario di Castel Dante. Questo libro presenta il racconto autobiografico degli entusiasmi, degli amori, delle delusioni e degli eroismi di un giovane volontario di guerra: dalle battaglie interventistiche come studente irredento a Torino, all'arruolamento e all'apprendistato militare sui monti delle Giudicarie, al culmine drammatico dei combattimenti sull'altopiano di Asiago, nei mesi cruciali della primavera-estate 1916. Dopo qualche mese di inquieta convalescenza nelle retrovie, viene infine per l'autore il tempo della guerra aerea, l'avventura delle rischiose missioni come osservatore nei cieli del Trentino. In appendice il testo originale del diario, del quale Dalle trincee alle nubi è un'elaborazione."" -
Diario 1943-1945. Il tempo delle bombe
Edizione introdotta e commentata di un diario di don Antonio Rossaro, l'artefice della Campana dei Caduti di Rovereto e vivace animatore culturale e ideatore di iniziative commemorative. Il diario documenta, per appunti frammentari e convulsi, la vita quotidiana a Rovereto dal 25 luglio 1943 ai primi giorni del maggio 1945, quelli che videro la ritirata dei tedeschi sconfitti, l'arrivo degli alleati, il rinascere di una vita democratica. Il testo è la cronaca di una città occupata e di un tempo stravolto, scandito dalle sirene e dalle campane degli allarmi. -
I campi dei soldati. Diari e lettere di internati militari (1943-1945)
Il volume raccoglie quattro storie di soldati prigionieri del Terzo Reich in Germania e negli altri territori occupati dai tedeschi negli anni 1943-1945, la cui esperienza è meno nota rispetto a quella degli ufficiali e meno frequentemente affidata alla scrittura. Gli scritti raccolti sono estremamente diversi per tipologia e per la vicenda che testimoniano. Quello di Carlo Calzà è un diario scritto giorno per giorno su supporti diversi, a testimonianza della condizione di precarietà in cui avviene la scrittura: due piccole agende, dei fogli ripiegati e, infine, un calendarietto tedesco annotato a matita. Il testo di Claudio Busolli è una memoria, scritta per intero in prigionia con sguardo retrospettivo. Lettere sono quelle scritte alla madre da Fernando Manfredi dai lager di Macedonia e di Croazia e quelle di Arturo Cortiana, emozionanti documenti sulla violenza della prigionia. Gli autori sono tutti accomunati dalla condizione popolare, dalla predisposizione all'impegno nella vita sociale, dalla formazione cristiana. -
La Valle di Gresta e la Valle del Cameras nella prima guerra mondiale (1915-1918)
Il volume presenta la ricerca di Fioroni sulla Grande Guerra nel territorio del Trentino meridionale, corredata da ampio materiale fotografico e documenti. L'attenzione si concentra sul settore tra il lago di Garda e la Vallagarina, con particolare attenzione all'organizzazione delle linee austro-ungariche in valle di Gresta. L'autore, oltre ad occuparsi delle operazioni militari al fronte e nelle retrovie, affronta gli avvenimenti anche dalla prospettiva dei civili, attraverso la memoria della popolazione locale evacuata nella primavera del 1915 e trasferita in Austria superiore, Boemia e Moravia. -
Libia. Una guerra coloniale italiana
Catalogo della mostra che il Museo della Guerra di Rovereto ha allestito tra il 2011 e il 2012, in coincidenza con il centenario della guerra italo-turca, dedicata ai lunghi scontri che l'Italia condusse in Tripolitania e in Cirenaica per sottomettere le popolazioni ivi residenti (tra il 1911 e il 1931). Il volume raccoglie tre saggi, accompagnati da una ricca selezione di materiali iconografici: i primi due sono dedicati alle vicende militari (Nicola Labanca, La guerra di Libia del 1911-1912 vista dal 2011. Considerazioni su parole, immagini, luoghi comuni; Gabriele Bassi, Una colonia per l'Italia. Italiani e libici dalla guerra italo-turca alla ""pacificazione"""" della Cirenaica 1911-1931), il terzo saggio analizza l'immagine della Libia, dei libici e della guerra diffusa dalle cartoline illustrate nel 1911-12 (Enrico Sturani, """"Un saluto da Tripoli italiana"""". Le cartoline della guerra di Libia 1911-1912)."" -
Sui campi di Galizia (1914-1917)
Il volume raccoglie interventi di studiosi di diverse nazionalità dedicati al fronte orientale nella Prima guerra mondiale e dell'esperienza degli italiani d'Austria arruolati nell'esercito asburgico. La prima parte è dedicata alla storia della Galizia, regione dell'Impero austro-ungarico posta sul confine con l'Impero russo; la seconda, analizza la vicenda della vasta piazzaforte di Przemysl, simbolo del fronte orientale, analogo per numerosi aspetti a quello che Verdun rappresentò per il fronte occidentale; la terza parte è dedicata ai soldati trentini e triestini che fin dal 1914 combatterono in divisa austro-ungarica contro i Russi nelle pianure galiziane e sulle aspre montagne della catena carpatica, e ai prigionieri dispersi nell'immenso impero zarista. L'ultima sezione è imperniata su una accurata ricerca che cerca di accertare il numero dei caduti trentini nella Prima guerra mondiale.