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Fourier e l'utopia societaria
Fourier visse in un'epoca in cui la separazione tra lavoro e non-lavoro assumeva per la prima volta nella storia una veste «tecnologica» e quindi apparentemente razionale. Egli intuì che quella separazione non si sarebbe fermata alle porte dell'officina, inchiodata dalla nuova disciplina dell'organizzazione del lavoro industriale. Essa doveva farsi appunto separatezza. Fourier reagì come poté a ciò che si delineava già allora come una grave minaccia epocale - l'alienazione - e lo fece nel modo che gli parve più coerente, nei termini della sua teoria critica e societaria. -
Gli Chouans o la Bretagna nel 1799
Il romanzo di Balzac è ultracelebre da sempre e non richiede una presentazione. La nuova traduzione di Angelo Leghi è corredata da note esplicative. Nel libro sono inserite molte immagini d'epoca e di copertine di precedenti edizioni. La novità e il valore aggiunto di questa riedizione del romanzo stanno nei saggi che lo accompagnano e che si collocano al vertice di una lunga tradizione di esegesi letteraria. Il lettore cólto dovrebbe essere consigliato di acquistare questa versione del romanzo proprio per i materiali di corredo che l'arricchiscono. Saggi critici in Appendice: ""Balzac, romanziere e storico. Il caso Les chouans"""", di Geneviève Madore. """"Balzac e la Rivoluzione ne Les chouans"""", di Joseph Sablé. """"Il retroterra documentale de Les chouans di Balzac"""", di Gilbert Malcolm Fess. """"Un giudizio di Trotsky su Balzac"""" (nota di Paolo Casciola). Per l'occasione gli si potrebbero proporre alcuni libri di accompagnamento pubblicati negli ultimi tempi, come """"Le grandi leggende di Francia"""" (2021, E. 20 - 9788845703515); """"Le origini dei culti rivoluzionari: 1789-1792"""" (2021, E. 16 - 9788845703393); """"Culto della Ragione e dell'Essere supremo: 1793-1794"""" (2021, E. 20 - 9788845703508)."" -
Red spanish notebook. Taccuino della Guerra di Spagna
Si tratta di un'autentica chicca per appassionati: una vera storia d'amore, ambientata nella prima fase della Guerra civile in Spagna, raccontata come un diario politico da entrambi gli amanti. I due autori erano persone eccezionali: lei inglese cosmopolita e lui cubanissimo (formatosi nelle lotte a Cuba contro la dittatura di Machado). Entrambi trotskisti e volontari tra le file del Poum: la sinistra rivoluzionaria all'interno dell'antifranchismo, guidata da Andrés Nin, e attaccata dagli stalinisti nelle giornate di Barcellona raccontate da Orwell. Entrambi poeti e adepti del surrealismo. Entrambi pieni di una carica di vita che sprizza da ogni pagina. Testimoni preziosi della fase ascendente della Rivoluzione spagnola... sopravvissuti. Il libro ha una storia singolare (dopo il reprint che ne fece Ferlinghetti a San Francisco) che è ovviamente raccontata dal curatore. Ma non era mai arrivato in Italia. Ora ci arriva alla grande: con un notevole corredo iconografico, con l'introduzione di James (l'autore de I giacobini neri) - assente da tutte le successive edizioni - con la recensione di Orwell e altri materiali per i cultori della materia. Con testi in appendice di C.L.R. James, George Orwell, Eugenio Fernández Granell, Giorgio Amico, Roberto Massari. Per l'occasione si possono riproporre 4 titoli collegati: ""Terra e libertà [scritti di Andrés Nin]"""" (1996, E. 13,43 - 9788845702488); """"Spagna libertaria"""" (2007, E. 15 - 9788845702488); """"Storia del trotskismo in america latina"""" (2013, E. 18 - 9788885378841); """"Wifredo Lam. Il grande surrealista cubano"""" (2006, E. 8 - 9788845702396)."" -
Cronache italiane del primo dopoguerra (1920-1930)
Un libro «obbligatorio» per chi s’interessa alla storia italiana del secondo decennio del Novecento. In questo libro si parla della nascita del fascismo, della situazione del socialismo nei primi anni ‘20, della scissione comunista di Livorno, di Giolitti, di Nitti, di don Sturzo, di Fiume, di D’Annunzio ecc., ma soprattutto si parla di Mussolini, fotografato nella sua veste emergente di fascista ancora segnato dal tempestoso transito nel Partito socialista italiano. Il tutto con sereno rispetto dei protagonisti principali della vicenda, senza dogmatismi e toni di parte, pur provenendo da un rivoluzionario dell’epoca. In pratica, si tratta di una cronaca giornalistica di alto livello, redatta dal padre spirituale del marxismo peruviano e latinoamericano, residente in Italia in quegli anni. Questa casa editrice ha pubblicato fin dal 2006 il principale testo teorico di Mariátegui (Sette saggi d’interpretazione della realtà peruviana, 360 pp - € 14 - 9788845702297). Ma sugli stessi temi si raccomanda il libro (scritto dallo stesso Remo Mazzacurati): Gramsci e il «Biennio rosso» (584 pp. formato 17x24 - € 27 - 9788845703102). Oltre alla Storia del trotskismo in America latina di Osvaldo Coggiola (272 pp. formato 17x24, € 18 - 9788845702983), utile perché nell’ultima fase della sua vita Mariátegui maturò posizioni antistaliniste e proprio per questa il suo pensiero ha poi avuto poca accettazione nell’Italia di Togliatti. Infine c’è sempre il libro di Bernocchi-Massari, C’era una volta il Pci.., 192 pp., € 15 - 9788845703485. -
Dall'alienazione al godimento. Genesi della sociologia del lavoro in Marx ed Engels
Questo è un «classico» fondamentale negli studi sul marxismo e sulla sociologia del lavoro. Fu pubblicato una prima volta nel 1975 dalla Jaca Book, nella traduzione di Antonella Marazzi e Roberto Massari (il quale Massari all’epoca frequentava la casa di Naville come un mussulmano alla Mecca). Ma il libro passò quasi inosservato perché i principali «marxologi» italiani subivano ancora i postumi della sbornia maoista e quindi non avevano gli strumenti teorici per capire che l’alienazione (in senso marxiano) esisteva anche nei paesi presuntamente socialisti. Che ovviamente socialisti non erano, ma di alienazione ne producevano tanta da far concorrenza anche ai paesi capitalistici. Da allora è passato quasi mezzo secolo, il maoismo e il marxismo-leninismo sono oggetti di studi archeologici, e forse è arrivato il momento di «godere» veramente l’ampio respiro teorico e la dilatazione mentale che la ricerca contenuta in questo libro regala al lettore. La revisione di Massari non ha apportato grandi modifiche. Nel frattempo questa casa editrice ha pubblicato altri due libri di Naville: ""Ricordi e pensieri. L’ultimo quaderno"""" (2019), 224 pp., € 12 - 9788845702679; e """"Il tempo del surreale. Corpi"""" (2019), 368 pp. € 20 - 9788845703300."" -
Reazionari sinistri. Quelli del «io-non-me-la-bevo» tra guerre e pandemie (2007-2022)
Libro assolutamente di nicchia, anche se il suo tema conduttore sarebbe degno di grande attenzione: la trasformazione antropologica dell’ex estrema sinistra (quelli a sinistra del Pd, partito che l’autore da tempo non considera di sinistra), arrivata in gran parte a coincidere con il peggior mondo paranoico e narcisistico degli affezionati del Web: quelli che l’autore definisce il popolo del «io-non-me-la-bevo», ma che con termine più appropriato si potrebbe chiamare «sinistra reazionaria». Tale nuova espressione della diffidenza diffusa verso il sistema era entrata in scena, in misura non ancora rilevante, con la comparsa del Covid-19, coi negazionisti del virus e gli avversari di ogni provvedimento che potesse ridurre il numero dei morti in Italia e nel mondo. Questo strato di sinistra reazionaria ha poi trovato una nuova possibilità di manifestarsi con la recente aggressione russa, schierandosi contro la Resistenza ucraina e andando a confluire con quei settori della ex estrema sinistra che non hanno mai vissuto una vera destalinizzazione nelle loro teste. Negazionismo e antiucrainismo si sono così dati la mano, annunciando ufficialmente la nascita della «sinistra reazionaria», in Italia e nel mondo, della quale si dovrà tornare a parlare nel futuro. Per il resto il libro contiene vari altri materiali dell’autore e si va a collocare come 6° volume nella serie dei suoi Scritti inediti, dopo I. Dentro e oltre gli anni ’60 [€ 16 - (2005) 9788845702143]; II. Il centrismo sui generis [€ 17 (2006) 9788845702327]; III. Il ’77 e dintorni [€ 16 (2007) 9788845702457]; IV. Rapimento moro e declino della sinistra [€ 17 - (2007) 9788845702471]; V, Dal piombo allo stagno [€ 20 (2014) 9788845702891. -
Invasioni russe. Polonia 1939-Ucraina 2022
Nobile - una delle principali teste teoriche esistenti in Italia, ma non riconosciuto «ufficialmente» tale perché fuori dalle accademie, dalla televisione, dai partiti e dai giornali - lavorava da tempo alla ricostruzione storiografica ed economica delle conseguenze del Patto Hitler-Stalin siglato nell'agosto 1939, che permise la duplice invasione della Polonia e l'inizio della Seconda guerra mondiale. Ha poi scritto alcune analisi molto attuali sulle motivazioni dell'imperialismo russo nel reprimere i pochi Stati dell'ex Urss in cui può permetterselo, spiegando che la logica è sempre la stessa: il sogno dittatoriale di ricreare l'Impero euroasiatico dell'epoca zarista. Quelle analisi e altro sono confluite in questo libro. Un libro che attacca duramente la «sinistra reazionaria», cioè quella parte della ex sinistra che si è schierata contro la Resistenza ucraina. Quindi un libro polemico che affronta un tema d'attualità politica fornendo tutte le analisi indispensabili sul piano storico, economico, politico e anche militare. (di M. Nobile si veda il recente 'Un solo mondo, una sola salute. Capitalismo, pandemie ed ecosistemi', pp. 352 - E. 20 (2021) 97888-457-0341-6). Fin dai primi giorni dell'invasione russa dell'Ucraina, Michele Nobile, il polacco Zbigniew Kowalewski, l'argentino Horacio Tarcus, il francese Michel Antony, Antonella Marazzi e Roberto Massari avviarono su Utopiarossa.blogspot.com una campagna d'informazione sui precedenti storici di tale invasione: come l'Ucraina avesse patito sotto lo zarismo, poi sotto il bolscevismo, sotto lo stalinismo (il genocidio noto come holodomor), il breznevismo e infine sotto l'imperialismo del regime putiniano, nonostante l'indipendenza conquistata nel 1991. Fu poi lanciata - sempre sullo stesso blog - una campagna internazionale a sostegno della Resistenza ucraina, riscuotendo un successo sbalorditivo: alcune migliaia di firme da 46 Paesi o nazionalità. Ebbene, alcun testi di M. Nobile che furono in gran parte alla base di quella campagna internazionale (tuttora in corso) sono confluiti in questo lavoro comparativo tra le invasioni del 1939 e le mire espansionistiche (imperialistiche e coloniali) del regime putiniano. In appendice, un testo polemico di Massari sul neutralismo pacifista che in realtà concede una copertura all'aggressione di Putin e una spiegazione del termine da lui coniato di «hitlero-comunismo» per coloro che sostengono tutte le aggressioni russe, comprese quelle sovietiche fatte in alleanza col nazismo. -
Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2017
Il Rapporto annuale dell'Istat torna a offrire una riflessione documentata sul presente dell'Italia, utilizzando dati e analisi per descrivere le trasformazioni intervenute nel recente passato e al tempo stesso individuare le prospettive per il futuro e le potenzialità di crescita del Paese. Questa edizione affronta il tema della struttura sociale, letta attraverso le caratteristiche dei gruppi. Proseguendo su una linea che ha caratterizzato le ultime due edizioni del Rapporto, i fenomeni vengono descritti e interpretati da più punti di vista: ciascun gruppo sociale racchiude un insieme di dimensioni che possono evolversi in direzioni diverse. -
La società italiana e le grandi crisi economiche 1929-2016
Al centro di questo volume c'è il racconto dei cambiamenti sociali ed economici che si sono succeduti in Italia, nel corso del tempo, per effetto delle grandi crisi che hanno investito l'Italia negli ultimi novant'anni. Nelle cinque relazioni di esperti e docenti universitari qui presentate viene affrontato il tema delle trasformazioni della società italiana, alla luce delle grandi crisi economiche, identificate da una tassonomia inedita delle espansioni e recessioni avvenute nel nostro Paese. Il cambiamento viene raccontato sia in una prospettiva macroeconomica, sia attraverso l'analisi di variabili di tipo micro. Particolare rilievo viene dato agli effetti dei diversi cicli economici sui fenomeni che riguardano la demografia, l'integrazione, le disuguaglianze, la povertà, il cambiamento generazionale, le diverse prospettive di genere, la salute e infine sulla domanda di istruzione in Italia. -
Opere complete. Vol. 6: Al di là del bene e del male. Genealogia della morale.
«Questo libro è composto di annotazioni da me fatte durante la nascita di Così parlò Zarathustra, o – più esattamente – durante gli intermezzi di quella nascita, sia per ristorarmi sia anche per interrogare e giustificare me stesso nel pieno di un’impresa estremamente ardita e densa di responsabilità...». Così, in un abbozzo (poi abbandonato) di prefazione per Al di là del bene e del male, Nietzsche scrive sulla composizione di questa sua opera. Alcuni aforismi, e non dei meno importanti, risalgono veramente all’autunno del 1881, ma la stesura organica e definitiva si colloca tra la primavera del 1885 e l’inverno del 1885-86; il libro vide poi la luce nell’autunno del 1886, a spese dell’autore. Lo «scritto polemico» Genealogia della morale nacque invece nell’estate del 1887 e fu pubblicato agli inizi dell’inverno di quello stesso anno. Un filosofo, che sente di non essersi ancora pienamente realizzato come tale, che ha parlato dei Greci, si è espresso come psicologo, moralista, storico, è giunto infine all’effusione lirica di Così parlò Zarathustra, ma vuole anche cimentarsi sul terreno teoretico, mira, forse con un’intenzione sistematica, a legiferare sui princìpi dell’esistenza: è questo il Nietzsche dell’ultimo periodo, che con Al di là del bene e del male comincia appunto a manifestarsi. Si può anzi affermare che a un trasparente riaccostamento a Schopenhauer si accompagna in lui un recupero sostanziale, se pure in apparenza sconfessato, della metafisica. Infatti, la costruzione di un «sistema» della volontà di potenza prende inizio proprio in questo periodo, anche se Nietzsche si mostra tuttora riluttante a condurre un’indagine teoretica, o addirittura metafisica, con i termini appropriati. Questo avverrà soltanto nelle sue note postume, a partire dal 1884. Qui, invece, l’elaborazione del concetto filosofico di «volontà di potenza», continua ad appoggiarsi alle esperienze moralistiche e psicologiche, a giovarsi cioè delle immagini e dei concetti già forgiati in precedenza. -
Opere complete. Vol. 63: Il caso Wagner-Crepuscolo degli idoli-L'Anticristo-Ecce homo-Nietzsche contra Wagner.
Gli scritti del 1888, ultimo anno di attività di Nietzsche, suonano come un «finale» tempestoso: nel giro bruciante di pochi mesi si allineano, perfettamente compiute, brevi opere dal potere dirompente: Il caso Wagner, Crepuscolo degli idoli, L’anticristo, Ecce homo e Nietzsche contra Wagner. Su questi scritti è stata sempre accesissima la disputa: in quanto immediatamente precedenti alla follia, molti vi hanno voluto vedere una sorta di rabbiosa degenerazione di tutto il pensiero di Nietzsche; altri, invece, sono restati ammirati di fronte alla straordinaria perfezione formale, al taglio perentorio, al grandioso respiro di queste ultime, lucidissime pagine. Ma si può dire a buon diritto che solo con la presente edizione, a distanza di più di ottanta anni, abbiamo in mano questo materiale in una disposizione rigorosa, arricchito di alcune eccezionali scoperte testuali, che mutano radicalmente le prospettive precedenti. Infatti, nel luglio del 1969, Mazzino Montinari scopriva a Weimar, in una copia fatta da Peter Gast, un paragrafo inedito di Ecce homo, contenente dichiarazioni violentissime contro la Germania, la madre e la sorella. Da successive ricerche è risultato che l’autografo di quella pagina, e presumibilmente altri passi di Ecce homo, erano stati distrutti dalla sorella e da Peter Gast. Altre scoperte si collegano a questo ritrovamento: il lettore le troverà esposte e analizzate nel poderoso apparato di note che Montinari ha scritto per questo volume. Alla fine della sua minuziosa ricostruzione egli arriva a rovesciare totalmente la prospettiva in cui i più recenti editori avevano inserito Ecce homo, l’opera più controversa ed enigmatica dell’ultimo anno. Non è vero che Nietzsche, ormai travolto dalla follia, non riuscì a compiere Ecce homo e a ordinarlo, dovendosi così attribuire la forma attuale del testo alle cure di Peter Gast. Al contrario, Nietzsche aveva realizzato compiutamente Ecce homo, apportandovi mutamenti estremamente significativi fino agli ultimissimi giorni di Torino – la pagina inedita fu spedita all’editore Naumann il 29 dicembre del 1888, cioè meno di una settimana prima della grande crisi –, ma il testo che noi abbiamo oggi ha subìto una mutilazione censoria da parte dei suoi primi editori, mutilazione che per la prima volta con questa edizione viene documentata e in parte eliminata. -
L' altra parte. Un romanzo fantastico
Nel 1908, appena trentunenne e disegnatore già noto e apprezzato, Kubin è profondamente scosso dalla morte del padre, che lo coglie in uno stato di tormentosa sterilità succeduto a lunghi periodi di crisi psichica. Per liberarsi dalle visioni che lo perseguitano e a cui, in quelle condizioni di paralisi creativa, non sa dare espressione grafica, egli decide di mettersi a scrivere e, nel giro di dodici settimane, butta giù un romanzo: L’altra parte. Nelle otto settimane che seguono egli riesce ad aggiungere al libro (che sarà pubblicato l’anno successivo e che attirerà l’attenzione dei più sensibili tra i suoi contemporanei) una cinquantina di disegni. È una discesa agli inferi, e una liberazione. Poco dopo avrà inizio la fase più matura di Kubin, il quale diventerà quel grande disegnatore fantastico, uno dei maggiori del nostro secolo, che entusiasmerà i surrealisti e le cui opere saranno conosciute anche in Italia grazie alla mostra del 1952, organizzata dalla Biennale di Venezia. Che cos’è Perla, la città immaginaria di Alfred Kubin, lo scenario del suo unico romanzo? È una città gravata da un mistero permanente, concepita come un mosaico di ruderi, di antichità, di avanzi decrepiti e corrosi del passato, tratti dai più famosi angoli del mondo. È una città artificiale, una messinscena perfetta, nella quale si muove una popolazione di nostalgici, di nevrastenici, di gente che fugge la vita del suo tempo e preferisce crogiolarsi in stati d’animo e sensazioni tra il mistico e l’estetizzante, tra il poetico e il morboso. Ma dietro l’apparente grigiore della vita quotidiana di questa città si nasconde un mistero: un sovrano, un essere inafferrabile e proteiforme tiene sotto il suo magico incantesimo uomini e cose, si insinua in esse facendole diventare mere parvenze, e le accomuna in un unico allucinante e assurdo disegno. Kubin era boemo e il romanzo è impregnato dei chiaroscuri di Praga, luogo d’incontro di una cultura raffinata e stanca di forze brutali: città del Golem e di alchimisti, di anditi oscuri e di pericoli in agguato. È la città di Kafka, il quale conobbe Kubin, l’ammirò e ne subì l’influenza, tanto che nelle sue opere si ritrovano, soprattutto nel Castello, alcuni dei motivi fondamentali di L’altra parte. Se per Kubin è la storia di una crisi superata, L’altra parte è per noi un libro terribile e profetico. La distruzione della città e del regno immaginario, in un crescendo di incubi apocalittici e attraverso tutte le fasi della disgregazione e della rivolta delle forze naturali scatenate, preannuncia di pochi anni la guerra del ’14 e l’inizio del crollo della vecchia civiltà europea. Kubin visse così a lungo da vedere, nella seconda guerra mondiale, le estreme conseguenze di questo processo. Egli morì nel 1959. -
Manoscritto trovato a Saragozza
Destinata a diventare uno dei classici della letteratura polacca, quest'opera scritta in francese all'inizio del 1800, ha avuto peripezie tra le più singolari che la storia della letteratura ricordi. Si deve al noto critico e scrittore Roger Caillois di averla riscoperta per il lettore occidentale pubblicando in Francia, nel 1958, la parte del testo originale arrivata fino a noi, e facendola precedere da una prefazione che racconta la complicata storia del libro: una storia di manoscritti smarriti, di pubblicazioni parziali a Pietroburgo e a Parigi, di plagi successivi (in cui troviamo implicati anche alcuni nomi illustri, come quelli di Charles Nodier e di Washington Irving) che mettono capo a un piccolo scandalo tra letterati e a un processo. Del testo integrale, andato smarrito, esiste solo, da oltre un secolo, una traduzione polacca, non sappiamo quanto fedele. Jan Potocki, l'autore di questo libro, è un nobile polacco, appartenente all'alta società cosmopolita della fine del Settecento, di casa in tutte le capitali d'Europa, viaggiatore curioso e attento che soggiorna a lungo nel Marocco e si spinge persino, al seguito di un'ambasceria russa, ai confini tra la Mongolia e la Cina. Uomo politico illuminato, legato ad ambienti giacobini, poi consigliere privato dello zar Alessandro I, studioso infaticabile d'antichità, autore di lucide relazioni di viaggio e di opere storico-etnografiche (oggi lo si considera uno dei fondatori dell'archeologia slava), Potocki diede sfogo al sottofondo raffinatamente morboso del suo temperamento nel «Manoscritto trovato a Saragozza», un'opera di fantasia che lo tenne occupato negli ultimi dodici anni della sua vita, fino al suicidio avvenuto nel 1815. Il «Manoscritto» è una serie di storie di fantasmi, incapsulate l'una nell'altra come scatole cinesi: «un decamerone nero», si potrebbe definire, che tuttavia si stacca dal decorativismo esteriore e gratuito dell'«orrido» romantico per raggiungere l'allucinante suggestione dei grandi simboli indecifrabili. In esso si ritrovano tutti gli elementi del romanticismo nero, banditi e zingare, forche e cabalisti, caverne misteriose e locande malfamate, amori scabrosi e apparizioni diaboliche; ma al lettore attento non potrà sfuggire come tutto questo armamentario tradizionale soggiaccia all'ambivalenza di fondo dell'autore, che, da un lato, sente l'attrazione del magico e anche del macabro, dall'altro il bisogno «illuministico» di liberarsene. In questa tensione intima, una forza visionaria, che crea figure e favole che ci toccano profondamente, si apre la strada in mezzo a situazioni francamente comiche, buffonesche, spesso di puro stampo libertino. Gli effetti sorprendenti che ne derivano, forse anche per l'atmosfera spagnola di cui le storie sono impregnate, richiamano vivo alla nostra mente il nome di Goya, che Potocki conobbe e a cui è attribuito un suo ritratto. Puškin rimase affascinato dal «Manoscritto», tanto da cominciarne una traduzione in versi. Ma è solo oggi, dopo la riscoperta di Caillois, che questo libro si è rivelato a noi come un anello dei più preziosi in quella catena di narrativa che, partendo dalle Mille e una notte di Galland, e passando per il Vathek di Beckford, arriva alle sfrenate fantasie di Hoffmann e alla letteratura onirica dei nostri giorni. -
Il segreto del Teatro Nô
Zeami Motokiyo (1363-1445), figlio del capostipite della più celebre tra le scuole di attori di no oggi esistenti è stato definito «lo Shakespeare giapponese» in quanto attore lui stesso e autore di quasi tutto il repertorio no. Egli ha lasciato numerosi trattati su quest’arte, che è la forma più nobile e raffinata del teatro orientale, e se, a stretto rigore, non può esserne considerato l’iniziatore, è però colui che ne ha fissato i canoni fondamentali. Scritti a uso e insegnamento esclusivo dei discendenti della sua famiglia, accompagnati dalla consegna formale di preservarli come «segreti», questi trattati, che costituiscono il nucleo essenziale del libro che presentiamo, restarono effettivamente sepolti in Giappone per cinque secoli, e cominciarono a essere riscoperti e studiati solo nel primo decennio del Novecento. Per una singolare coincidenza, ciò avvenne appunto negli anni in cui in Europa nasceva una viva curiosità per il teatro no, sia grazie al movimento verso un linguaggio scenico per simboli che prese l’avvio con Gordon Craig, sia, ancor più, per merito di Yeats che volle utilizzare le tecniche del no nei suoi stessi drammi e che offrì a Pound l’occasione di presentare, tradotti da lui e da Fenollosa, testi del repertorio no, soprattutto di Zeami. Oltre a essere la via maestra per la comprensione del teatro no, i trattati di Zeami rappresentano, in modo più generale, una delle migliori introduzioni a un mondo di sensibilità e di idee che in questi ultimi decenni ha esercitato tanto influsso sull’arte occidentale, in particolare sulla pittura e sulla poesia. Sul fondo delle dottrine zen, i trattati tessono una tela affascinante di regole stilistiche riguardanti i quattro elementi di cui si compone il no, poesia e mimica, musica e danza: sono regole che testimoniano di una concezione elevatissima della professione dell’attore e della funzione del teatro in una società, e che spesso ci sorprendono per l’estrema, raffinata penetrazione psicologica che le ha dettate. Alcune formulazioni, dominanti in questi testi, come quelle del «fiore» e dell’«incanto sottile», sembrano cogliere, nell’unico modo possibile che è quello dell’immagine poetica, il punto medesimo nel quale le doti naturali e la tecnica dell’artista attingono l’essenza misteriosa dell’arte. Chiamare «trattati» questi scritti è improprio: essi sono piuttosto un insieme di precetti che derivano dall’esperienza vissuta, con l’impegno più totale, da un grande uomo di teatro. Il libro, a cura di René Sieffert, uno dei più esperti iamatologi mondiali, è completato da una lunga introduzione e da un nutrito corredo di note, che ci forniscono tutti gli strumenti per comprendere testi le cui premesse culturali ci sono lontane. Chiude il volume una cosiddetta «Giornata di no», cioè una scelta di testi no e kyogen (farse necessarie all’economia generale dello spettacolo per allentare la tensione emotiva dello spettatore), ordinati secondo lo schema classico, indicato dallo stesso Zeami e ancora oggi valido, con cui le rappresentazioni devono susseguirsi. -
Lezioni e conversazioni sull'etica, l'estetica, la psicologia e la credenza religiosa
Nei testi raccolti in questo volume, tutti appartenenti al periodo compreso fra la pubblicazione del Tractatus (1921) e la composizione delle Philosophische Untersuchungen (1941-1949), Wittgenstein tratta alcuni temi fondamentali della ricerca filosofica: la natura del «bello» e delle proposizioni di fede, l’interpretazione psicologica, soprattutto in riferimento a Freud, e i fondamenti dell’etica, temi cioè che, pur presenti nell’unica opera da lui pubblicata e negli scritti postumi finora editi, non vi hanno né rilievo né trattazione particolare. Questi scritti, quindi, sia nella forma definitiva data da Wittgenstein stesso, come nella Conferenza sull’etica, sia nella forma di appunti, presi da Friedrich Waismann durante e dopo conversazioni con Wittgenstein e Moritz Schlick, e da allievi durante lezioni tenute a Cambridge nel 1938, costituiscono un’aggiunta e un chiarimento indispensabili alla comprensione di una personalità filosofica così singolare e determinante per la nostra cultura. In particolare gli appunti, proprio per la forma diretta della conversazione filosofica, conservata nella trascrizione non elaborata dagli allievi, suggeriscono il modo di procedere della sua intelligenza creativa e il rigore non soltanto intellettuale della ricerca, poiché, come dice Erich Heller: «Per Wittgenstein, la filosofia non era una professione; era una passione divorante; e non solamente una passione, ma la sola forma possibile della sua esistenza: pensare di poter perdere la propria capacità di filosofare era per lui esattamente come pensare al suicidio». -
Cella d'isolamento
L’ultima guerra, per aver prodotto condizioni inaudite di vita e di morte, ha anche rivelato, come contraccolpo, forme nuove dell’umano, facilmente riconoscibili, perfino troppo omogenee se nella massa immensa di memorie, cronache, diari che da quegli anni ci vengono, raramente accade che il peso dei fatti non finisca per imprimere sulla persona che racconta il marchio del risentimento, e che una voce si levi al di sopra della paura, del sangue e delle sterili rivendicazioni. Tra le poche eccezioni, quasi tutte ben note al pubblico italiano, ve n’è una che, forse per l’estrema, britannica discrezione che la caratterizza, ci è ancora sconosciuta: è il caso di Christopher Burney, eroe dissimulato, solitario per elezione, che durante la guerra incontrò nella sua sventura un’esperienza decisiva, a cui questo libro, pubblicato per la prima volta sette anni dopo la fine del conflitto, è dedicato. Lanciato col paracadute in Francia nel 1942 per stabilire contatti con elementi della Resistenza, Burney venne arrestato poco dopo e rinchiuso per diciotto mesi a Fresnes, in cella d’isolamento, da cui uscì soltanto per un paio d’interrogatori. Sarà poi deportato a Buchenwald, «l’affollato, rumoroso, disgustoso opposto» della cella di Fresnes, ma di questo periodo l’autore non ci parlerà. È del suo «esercizio di libertà» nella solitudine che Burney vuole rendere testimonianza: in un procedimento lento, cauto, senza rivelazioni improvvise, ma con un progresso costante verso una sempre maggiore trasparenza, egli riscopre, nella sua cella, il mondo, non più dalla parte del continuo eccesso e della sovrabbondanza della vita, ma da quella più oscura e rara della spoliazione, della prossimità della morte, dell’irriducibile. Nelle varie tappe di questa esplorazione, che mai si allontana, volutamente, da un senso molto lucido e pratico della realtà, Burney s’inoltra nella zona più dubbia, più insidiosa e paradossale dell’esperienza umana, quella in cui riconosciamo a un tempo, nella solitudine assoluta, la tortura del distacco ma anche il bene più prezioso e liberatore. Così, quando a un certo punto del suo viaggio interiore, Burney decide di non rispondere ai messaggi che un ignoto tenta di trasmettere attraverso il muro della prigione, il suo gesto ci coinvolge ormai in una vicenda che non riguarda tanto un caso particolare, quanto la scoperta di un certo livello di esistenza, quel livello in cui non si accettano più i fatti per una qualche giustificazione o ragione, ma semplicemente in quanto sono. Un’altra conferma del carattere inconfondibile di questo libro di guerra, dove non troviamo una parola che possa fomentare il vittimismo dei buoni perseguitati, ci è dato dal taglio del racconto, tutto concentrato sui fatti e pensieri essenziali alla comunicazione di una esperienza ben determinata, da una misura anche formale, personalissima, che ubbidisce a quella disciplina impervia, serena, alla quale l’autore deve, forse, di essere riuscito a sopravvivere alle sue vicende e, soprattutto, di averle sapute vivere. -
L' anima della formica bianca
Le termiti – o «formiche bianche», come anche furono denominate – hanno attirato sempre, fin da quando Linneo, nel 1748, le classificò, un interesse violento e di specie affatto particolare: questi esseri arcaici e ciechi, provvisti di un imponente potere costruttivo e distruttivo, ordinati rigidamente nella loro esistenza sotterranea, guidati da un centro immobile e nascosto, come il regno cinese era retto dall’Immobile Figlio del Cielo, suscitano naturalmente una serie di interrogativi, proiezioni e provocazioni. La ricerca sulle termiti è stata perciò, sempre, inestricabilmente connessa con temi generalissimi che coinvolgono anche l’uomo – basti pensare come il vocabolo «termitaio» sia venuto a designare l’immagine minacciosa e ipnotica di una società perfettamente organizzata, inferno o paradiso. Una tappa importante in questi studi è stata segnata dal libro che qui presentiamo. Il suo autore, Eugène N. Marais, era un ricercatore affatto singolare: uomo solitario, schivo, vissuto quasi sempre nel Sud Africa, dove era nato, egli condusse per anni e anni, senza stretti legami con la scienza ufficiale, i suoi studi sulla vita animale, arrivando perfino a vivere per tre anni in mezzo a un branco di babbuini. Così egli applicava già, a suo modo, il metodo di osservazione di molti etologi di oggi, che studiano il comportamento degli animali in libertà. Di fronte alle termiti, Marais non si pone tanto delle questioni tassonomiche, fisiologiche e biologiche; egli cerca piuttosto di individuare l’essenza termite nella sua particolarità, di scoprire in questi esseri, per molti aspetti unici, l’inquietante archetipo di una remota forma di vita. Forse, proprio grazie a questa sua esclusiva concentrazione su un punto, Marais è arrivato a formulare un’intuizione fondamentale, veramente illuminante – e cioè che il termitaio, più che a una società, è paragonabile a un corpo, per esempio il corpo umano, ed è quindi ciò che oggi si chiama un superorganismo. Come nelle sue ricerche Marais seguiva procedimenti particolari, piuttosto da outsider che da scienziato ortodosso, così nell’esposizione delle sue opere egli scelse una strada del tutto sua. L’anima della formica bianca non si presenta come un trattato sulle termiti, ma piuttosto come il resoconto di una ricerca appassionata, di un’avventura in una terra incognita, che procede con sempre maggiore suspense fino all’ultimo emozionante capitolo, in cui Marais racconta come, una volta, gli riuscì di vedere il cervello del termitaio, l’immobile regina nella sua cella, fonte di ogni vita e di ogni attività specifica. L’anima della formica bianca è apparso per la prima volta nel 1950. -
Ecce homo. Come si diventa ciò che si è
Ecce homo è l’ultima opera compiuta di Nietzsche prima della follia, scritta, nelle sue grandi linee, in tre settimane di immensa esaltazione dell’autunno 1888, a Torino. La pubblicazione di questo testo fu ritardata dalla sorella fino al 1908 – e non è difficile intuirne la ragione: in poche pagine qui Nietzsche pone le esigenze estreme del suo pensiero, esaspera i termini dell’accusa e dell’affermazione; fra l’altro è la Germania, e soprattutto lo spirito dell’Impero germanico, a essere qui vittima di un attacco che per virulenza e acutezza non è stato finora superato. Ma dietro questa drasticità della formulazione, dietro il grandioso gesto teatrale che regge il tutto, molte cose sono da scoprire in questo testo misterioso, dove Nietzsche stesso vuole configurare il proprio destino, dove anche la sua arte labirintica dà una prova suprema – e non meraviglia che molti si siano spersi nei meandri di queste poche pagine. Di fatto, Ecce homo è stato sempre uno dei testi più dibattuti di Nietzsche, di esso sono state proposte le definizioni più discordanti: proclama cosmico? documento psicopatologico? autoritratto? pamphlet antitedesco? Certo è che quest’opera è un unicum e con essa deve confrontarsi alla fine chiunque si avvicini a Nietzsche: vi troverà un essere che con la sfrontatezza del buffone e del veggente annuncia cose che in buona parte aspettano ancora di essere capite. Il lettore troverà in questo volume anche un ampio saggio di Roberto Calasso dove la tradizionale interpretazione «degenerativa» degli ultimi scritti di Nietzsche viene capovolta sulla base di un’analisi penetrante dei documenti del 1888 e di una intuizione profonda del loro senso. Ecce homo è così inteso come una coerente e lucida conclusione del pensiero di Nietzsche, che da esso viene illuminato retrospettivamente. La stessa follia, suggerisce Calasso, sarebbe un rifugio quasi volontario, la «caverna» per chi ha pronunciato l’ultima parola, compiuto l’ultimo gesto. -
Mitobiografia
Durante i trent’anni in cui Ernst Bernhard (1896-1965) praticò la psicoterapia junghiana a Roma si creò intorno alla sua figura una grande fama sotterranea, legata essenzialmente al rapporto – non solo medico, ma di vera guida – che egli aveva con i suoi molti e diversissimi pazienti e, negli ultimi anni, con i suoi allievi. Bernhard fu per altro sempre restio a pubblicare i suoi scritti e fino a oggi solo poche sue pagine sono state stampate. Eppure era evidente che in lui continuamente si sviluppava un pensiero vasto, una visione audace, che spesso si spingeva oltre le stesse formulazioni estreme di Jung e l’àmbito della psicoanalisi in genere. In quest’uomo enormemente complesso agivano e si mescolavano componenti opposte: l’ebraismo, piuttosto di stampo chassidico, che lo spinse per tutta la sua vita a cercare per sé, e ad affermare come compito attuale della coscienza, l’innesto della sapienza religiosa ebraica su un nuovo ceppo; l’eredità germanica, che lo riconduceva alla tradizione dei filosofi romantici della natura, una cui ultima propaggine può essere riconosciuta anche in Jung; infine il rapporto con la ‘madre mediterranea’, l’apertura al mondo delle immagini, che dava a Bernhard una capacità di penetrazione immediata nel segreto dei simboli. L’opera di Bernhard che qui si presenta è una scelta dai suoi quaderni e dagli appunti da lui dettati ad amici e allievi, dove vediamo articolarsi su un fronte larghissimo le sue speculazioni: passiamo da una teoria degli strati e dell’entelechia, in rapporto all’evoluzione cosmica, all’analisi dell’inconscio familiare, alla legge del karma, dal senso dei grandi miti e archetipi alla tematica del pensiero indù e cinese, dalla delineazione dei conflitti della nostra società ai problemi della presa di coscienza collettiva. Continuamente intrecciati a questi temi compaiono, a specchio del pensiero, i sogni fondamentali della vita di Bernhard, spesso commentati a distanza di anni: ciò che ne risulta è, come Bernhard stesso scriveva, una mitobiografia, il progressivo enuclearsi di un destino e di un mito personale nel pensiero e attraverso il pensiero. Così, non solo per la novità e l’arditezza della tematica, ma per la sua forma stessa, che non ha riscontro nella letteratura psicoanalitica, questo libro ha gli stessi tratti di potente singolarità che sempre avvertivano coloro che avvicinarono Bernhard in vita. -
Filosofia dell'espressione
La Filosofia dell’espressione di Giorgio Colli è un saggio teoretico che si azzarda a ripensare ex novo alcuni temi essenziali della metafisica, situandosi in posizione di evidente rottura e incompatibilità con le correnti dominanti della filosofia contemporanea. Qui la prospettiva privilegiata è quella della conoscenza, ma non certo in rapporto alle preoccupazioni epistemologiche dell’età moderna: piuttosto siamo di fronte a un tentativo di risalire all’indietro il corso involutivo della storia, con gesto di sovrana inattualità, per tornare ai termini del primo pensiero greco. La parola-guida espressione viene qui intesa in senso metafisico, come ‘la sostanza del mondo’, che rimanda ad altro, senza che questo altro possa essere nominato. Nel suo aspetto perennemente duplice di giuoco e di violenza il mondo si articola davanti a noi, sullo schermo illusionistico della rappresentazione, in serie espressive variamente complesse, che si allontanano sempre più dall’immediato e sempre più cercano di recuperarlo. A seguire l’intrico di questi rapporti in cui la ragione costruisce il mondo, trasformandosi, non verrà certo di pensare alla ragione strumentalizzata del pensiero moderno, ma piuttosto al senso greco del logos, quale traspare nelle enigmatiche formule dei Presocratici o ancora nella immensa summa aristotelica, nel cui alveo confluisce l’intero pensiero greco. E di fatto è soprattutto in riferimento ad Aristotele, in continuo dialogo e contrasto con le sue enunciazioni, che Giorgio Colli ha concepito la parte centrale di quest’opera, dove si dipana una elaboratissima teoria delle categorie e della deduzione.