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Il mare colore del vino
È un libro di racconti scritti fra il 1959 e il 1972. Così Sciascia stesso: ""... mi pare di avere messo assieme una specie di sommario della mia attività fino ad ora e da cui vien fuori... che in questi anni ho continuato per la mia strada, senza guardare né a destra né a sinistra (e cioè guardando a destra e a sinistra), senza incertezze, senza dubbi, senza crisi (e cioè con molte incertezze, con molti dubbi, con profonde crisi); e che tra il primo e l'ultimo di questi racconti si stabilisce come una circolarità"""". Una circolarità che non ha per nulla intaccato, e anzi esalta, la felicità e l'efficacia delle storie qui riunite come in un breve compendio delle molte voci narrative di Sciascia."" -
Ti ucciderò, mia capitale
Avventurandosi in questa silloge di scritti inediti, stesi fra il 1940 e il 1982, chiunque pensasse di conoscere Manganelli dovrà ricredersi, giacché l'intera sua produzione risulta illuminata come da una luce radente - quella che emana da un laboratorio segreto e pieno di sorprese. A partire dal tenebroso racconto che dà il titolo al volume: ""M'ero disegnato il suo corpo come una mappa, con vene di strade e arterie di ramblas e avenues carotidee e i crescentes capezzolati e le esedre genitali"""" leggiamo già inquieti, e non tardiamo a comprendere che si tratta del corpo indifeso e passivo - eppure smisurato e minaccioso - di una donna che dorme. C'è un solo modo per sbarazzarsi di quell'atlante infinito, per evadere dalla casa di carne che lei ha costruito, ci spiega la nitida e allucinata voce narrante: accostarle una rivoltella alla tempia e straziarla: """"Ti ucciderò, mia capitale; mio quartiere residenziale; sede del mio deportato governo; mia Stadt; esilio di turbolenti anarchici"""". E non meno fosca, allarmante è la bellezza degli altri racconti, nutriti di poesia barocca e dei prediletti Swift, Lamb e De Quincey, dove si agitano personaggi-paesaggio vittime di alterazioni dimensionali, visitati da incubi, metamorfosi e apparizioni polimorfiche, attraversati da forze oscure e angosce, assediati da un nulla """"popolato di nulla tormentosi"""" - e capaci di parlarci di verità ultime quasi celebrassero una fastosa e gelida cerimonia verbale."" -
La paura
"La grande novità di questo romanzo, il cui titolo rappresentava già di per sé una sfida, era il fatto che nelle sue pagine si diceva: ho paura"""". Così scriveva l'autore presentando, a vent'anni di distanza dalla sua uscita, una nuova edizione dell'opera """"infamante"""" che nel 1939, alla vigilia di un'altra guerra, era stata pudicamente ritirata dalle librerie. Eppure, se """"La paura"""" è un libro unico, diverso da tutti quelli pubblicati a caldo per denunciare la barbarie della prima guerra mondiale, non è solo a causa dell'insolenza con cui dà voce a ciò che a detta di molti andrebbe taciuto: lo è anche, e soprattutto, per la forza visionaria della scrittura. Fin dalle prime pagine, infatti, si resta sbalorditi di fronte all'efficacia di Chevallier, il quale (accompagnando il suo alter ego dal tragicomico """"carnevale"""" dell'arruolamento all'impatto con i campi di battaglia, dal lungo ricovero in ospedale al ritorno al fronte, fino al lugubre silenzio che sembra avvolgere la terra intera dopo il """"Cessate il fuoco!"""") sa coniugare con mano saldissima la verità impietosa della testimonianza con la forza affabulatrice del romanzo. E riesce a farci percepire, quasi fisicamente, l'orrore, lo sgomento e la disperazione; a farci vedere l'""""esplosione di luce irreale"""" dei razzi, i cadaveri dilaniati, il """"labirinto silenzioso e desolato delle trincee""""; a farci condividere la cocciuta voglia di vivere e l'ossessiva paura di morire di tutti." -
In fondo al fiume
"Questo libro canterà sul vostro scaffale. È troppo soffocato d'amore per suscitare invidia, troppo umile per gli encomi, e tuttavia è così impressionante da non poter eludere lo stupore"""". Così Derek Walcott salutò """"In fondo al fiume"""" - primo libro di Jamaica Kincaid -, che radunava i racconti poetici già accolti dai lettori del """"New Yorker"""" come rari gioielli letterari: a scorci di una natura lussureggiante che suscita inquietudini profonde si alternano i ricordi di un'infanzia caribica fatta di scoperte minute e preziose, di dolenti rapporti familiari dominati da una madre che tutto dona e poi tutto nega - """"Mi cinse con le braccia, stringendomi sempre più la testa al petto, finché non soffocai"""" -, e che verrà magistralmente celebrata nella torrida e furente Autobiografia di mia madre. Nulla è come sembra, in questo libro breve ma inesauribile: e quando i paesaggi si accendono di colori violenti è per meglio accogliere nell'ombra i sentimenti più riposti di una creatura ancora """"primitiva e senza ali"""". La voce della giovane Kincaid (""""il mio nome mi riempie la bocca"""") è schietta, capricciosa e ingannevolmente semplice, e vi risuonano i ritmi laceranti di quella prosa visionaria e incantatoria che sarà soltanto sua." -
Punto contro punto
Un giornalista timido e inconcludente, certo soltanto di non amare più la donna con cui vive; un pittore di fama mondiale, celebre anche per i suoi scandali privati; il direttore di una rivista letteraria, meschino e ipocrita ma dotato di una sorprendente capacità di seduzione; una giovane ereditiera vanesia, amorale e condannata all'eterna insoddisfazione: sono solo alcuni dei personaggi che nella Londra degli anni Venti intrecciano le proprie vite - tra passione e infedeltà, violenza politica e noia esistenziale, volontà di dominio e paura della morte - in questo ""romanzo di idee"""" di Aldous Huxley. """"Il carattere di ciascun personaggio dovrà emergere, per quanto è possibile, dalle idee di cui è portavoce. Dato che le teorie sono la razionalizzazione di sentimenti, istinti e stati d'animo, si tratta di una cosa fattibile"""". La dichiarazione d'intenti, affidata al taccuino di uno dei personaggi, è esplicita quanto la tecnica di composizione, ispirata al contrappunto - come in Beethoven: """"La maestosità che si alterna con la leggerezza. La commedia che di colpo accenna a prodigiose e tragiche solennità"""". Tecnica che Huxley padroneggia mirabilmente, combinando cinismo ed empatia, raziocinio e caricatura nella sua spietata dissezione di comportamenti e moventi psicologici. Il risultato è una satira paradossale che mantiene immutata la sua freschezza, così come immutati restano i conflitti, le paure e i desideri umani."" -
L' amico d'infanzia di Maigret
Ma che coincidenza: proprio in quella giornata di metà giugno, con l'aria tiepida che entra dalla finestra aperta insieme ai rumori di Parigi, e Maigret che, ipnotizzato da una mosca, non può fare a meno di ripensare a certi giorni lontani in cui ""una mosca che svolazzava attorno al suo banco diventava molto più importante della lezione del professore"""" ebbene, proprio in quella pigra mattina inondata di sole si presenta al Quai un vecchio compagno di scuola. E non uno qualsiasi: Léon Florentin, il figlio del miglior pasticciere di Moulins, quello che aveva sempre le tasche piene di soldi, ed era sempre così sicuro di sé, così loquace. Quando entra nell'ufficio di Maigret, però, Florentin non sembra aver più tanta voglia di fare il pagliaccio: anzi, ha l'aria di uno che se la passa male. All'amico d'infanzia è venuto a chiedere aiuto: poche ore prima, infatti, la donna che lo manteneva da anni è stata uccisa con un colpo di pistola. Lui se ne stava acquattato nel guardaroba, dove andava a nascondersi ogniqualvolta uno dei """"visitatori"""" abituali della donna arrivava all'improvviso. Una storia non meno squallida che inverosimile, pensa Maigret: che sarà non poco imbarazzato, nel corso di un'indagine aggrovigliata e fangosa, di aver a che fare con quell'ambiguo mascalzone, uno che non gli è mai piaciuto eppure continua a dargli del tu e che qualcosa, senza che lui neanche se ne renda conto, gli impedisce di sbattere subito in galera."" -
Opere. Vol. 6: Scritti sull'arte.
Refrattario alla retorica e ai vezzi di molta accademia, Solmi non fu critico d'arte istituzionale ma, amico e sodale di pittori e scultori, potè seguirne passo dopo passo i percorsi, affascinato dalla creatività unica e irripetibile del vero artista: ""... vane sono formule e programmi, vano persino l'altissimo esempio degli antichi quando difetti, nell'artista, il vivo sentimento, sempre eretico e individuale, della vita vivente che nell'arte cerca la sua forma"""". Senza mai cedere alla semplicistica tentazione di """"incasellare nomi ed opere sotto le bandiere degli astratti """"programmi"""", """"correnti"""" e """"tendenze"""", e in un'epoca senza centri come il Novecento, in cui """"il vero artista è, in ogni senso, solo"""", Solmi riesce nondimeno a tracciare un panorama tanto composito quanto coerente, scoprendo gli occulti reticoli che connettono fenomeni all'apparenza distanti. Dagli scritti raccolti in questo volume nasce così, inattesa, una vera e propria storia dell'arte italiana della prima metà del secolo scorso (non senza uno sguardo prensile anche a ciò che succedeva oltre confine e al passato). Arte che Solmi osserva con lo stesso magistrale discernimento che ha sempre fatto valere nella critica letteraria, intuendo spesso il genio e l'originalità di molti artisti - da Carrà a De Pisis, da De Chirico a Sironi, da Modigliani a Morandi a Casorati - ben prima della loro piena affermazione pubblica. Con una nota di Antonello Negri."" -
Luci nella notte
È l'ultimo week-end d'estate e Steve e Nancy partono per il Maine verso il luogo dove i bambini hanno passato un mese di vacanza. Non sanno che il viaggio segnerà una svolta drammatica nella loro esistenza. Fin dal pomeriggio Steve è, come dice lui, ""entrato nel tunnel"""": ha iniziato cioè ad affogare nell'alcol le sue insoddisfazioni e viltà. E poche ore prima che lasciassero New York, dal carcere di Sing Sing è evaso un uomo, e il destino ha deciso che la sua strada incroci la loro."" -
Il bene sia con voi!
Nel 1960 Vasilij Grossman porta a compimento ""Vita e destino"""", subito confiscato dal KGB, e va incontro alla sorte del reietto. Alla stessa stagione e allo stesso universo di quel capolavoro, che descrive le manifestazioni del male e la sua sconfitta in nome della """"bontà illogica"""" dei singoli, appartengono i racconti qui radunati. I ricordi e le testimonianze di prima mano del periodo bellico, che ruotano intorno al destino degli ebrei, ispirano le note drammatiche del """"Vecchio maestro"""" e la dichiarazione di fede nella vita e nel """"miracolo della libertà"""" che conclude """"La Madonna Sistina"""". """"Fosforo"""" è una riflessione tristemente autobiografica sull'amicizia misconosciuta, mentre """"Riposo eterno"""", """"Mamma"""", """"L'inquilina"""","""" In periferia"""" fotografano momenti diversi della lunga stagione sovietica, tra gli sconvolgimenti causati dal meccanismo delle repressioni staliniane e la corruzione morale che ne consegue, all'insegna dell'indifferenza e dell'egoismo. """"La strada"""", parabola sul modello tolstojano di Cholstomer, è il racconto delle disavventure di un mulo italiano sulle strade della Russia in guerra: la mostruosità di un mondo in cui Treblinka e il Gulag, nazismo e comunismo gareggiano in efferatezza colpisce in modo ancora più brutale se vista con gli occhi di un animale. E infine """"Il bene sia con voi!"""", dove le note di un viaggio in Armenia nell'autunno del 1961 si traducono in una sorta di luminoso poema."" -
Su Freud
Nel corso della sua lunga vita, Sigmund Freud è stato costretto a spendere una parte consistente delle proprie energie nel tentativo di stabilire una versione ortodossa del suo stesso pensiero. Quasi sempre invano. Come tutte le galassie nascenti, anche quella freudiana era infatti squassata da conflitti interni, e dallo scontro con infinite altre costellazioni. Quanto e più del marxismo, la psicoanalisi sembrava addirittura non poter sussistere senza un corredo caotico e frastornante di oltranzismi, eresie e furori iconoclasti che talvolta impediva di intendersi anche sui concetti fondamentali. Dopo Freud, la cacofonia intellettuale non ha accennato a spegnersi, ed è quindi a dir poco sorprendente che proprio a uno dei suoi discepoli italiani più eterodossi, Elvio Fachinelli, sia dovuta una delle guide al pensiero freudiano più nitide, precise e affidabili fin qui redatte: questa. Dove il lettore troverà tutto quello che Freud ha effettivamente detto, più almeno un'idea destinata a rimanere. Qualsiasi teoria di Freud si può discutere, dice in sostanza Fachinelli, ma quello che non si può mettere in dubbio è il suo stupefacente talento di narratore, in nulla inferiore a quello di Charles Dickens. Sempre terrorizzato da qualsiasi possibile lesione allo statuto scientifico della sua disciplina, l'interessato avrebbe energicamente smentito: ma chi oggi continua a leggere Freud (e Fachinelli) non riesce a reprimere, per quanto si sforzi, un cenno di assenso. -
In un amore felice
In quella partitura frammentaria per pianola meccanica che si può considerare l'opera di Guido Ceronetti, la parola amore era stata fin qui accostata a ogni genere di condizione della mente e del corpo, tranne forse al più improbabile di tutti: la felicità. E finalmente cominciamo a intuire perché. Se infatti le filosofie, le religioni e ogni altra forma di sapienza si affannano a smentire anche solo la possibilità statistica di una congiunzione del genere, nell'universo del romanzo qualcosa come un amore felice, sostiene Ceronetti, può invece esistere. Anche se ha come quinta il contesto meno propizio, una città notturna e sinistra. Anche se i suoi due protagonisti - un vecchio fotografo di guerra piegato dagli anni e dai dolori, Aris, e una donna molto più giovane ma altrettanto segnata, Ada - non sembrano adatti per la parte. E anche se contro il loro pericolante nirvana, per ragioni che sarebbe inopportuno svelare, cospira addirittura una razza di insetti alieni, che minaccia i cieli di tutte le città del mondo. Fin qui, nessun lettore era in grado di prevedere con esattezza in quali abissi del pensiero un aforisma di Ceronetti, anche il più innocente, lo avrebbe condotto. Ora, invece, nessun lettore riuscirebbe a immaginare dove lo condurrà il racconto dell'unica felicità che alla nostra specie sia dato toccare. -
Taccuino di Talamanca. Ibiza (31 luglio-25 agosto 1966)
Scritto nell'estate del 1966 durante un soggiorno a Ibiza, sull'orlo di un abisso tutt'altro che metaforico, un quaderno di pagine roventi, tra le più intense e radicali mai vergate da Cioran. -
Viaggio a Urewera
In un taccuino riempito da Katherine Mansfield a diciannove anni, durante un viaggio fra i Maori, la materia quasi psichedelica di cui saranno fatti i suoi racconti neozelandesi. -
Le Alpi nel mare
In quattro schegge di prosa, una Corsica di luce e fantasmi che nessuno ha mai visto. L'ultimo vagabondaggio, mai portato a termine, di Sebald. -
Il padrone
Nell'autunno del 1964, dopo cinque anni di silenzio, Parise pone fine a un nuovo romanzo, ""Il padrone"""", che gli appare simile a una favola """"minuziosa e crudele"""". Da una favola, in effetti, sembra uscita la ditta commerciale (ma non sarà difficile riconoscervi la casa editrice dove Parise lavorò a lungo) in cui il giovane protagonista, appena sbarcato dalla provincia in una grande città, trova lavoro: un palazzo di vetro che, con la sua cuspide scintillante, esercita una irresistibile forza di attrazione. E da una favola (parodistica) o da un cartoon sembrano usciti i personaggi che lo popolano: il malinconico, nevrotico dottor Max, il padrone, diviso fra la passione per la filosofia e l'ansia di scalzare il potere del padre, il vecchio Saturno; Uraza, sua madre e principale alleata, che si serve dell'enorme massa di capelli soffici e fiammeggianti come di un potentissimo strumento sensorio; la fidanzata Minnie, che accompagna ogni gesto con un'onomatopea da fumetto; il fedele autista-infermiere-spia Lotar, incarnazione della forza bruta e della più ottusa fedeltà; e la folla di collaboratori e dipendenti, dall'immenso e infido dottor Bombolo agli inermi Pluto e Pippo. Ma, soprattutto, rinvia a una favola (filosofica) il gelido incantesimo che imprigiona la ditta trasformandola in una immane trappola mortuaria: far parte del suo organismo significa infatti essere proprietà del dottor Max, e dunque - prigionieri delle involuzioni e delle allegorie del suo pensiero."" -
Il futuro del libro
Nell'era digitale il libro resisterà, andrà in crisi o addirittura rinascerà a nuova vita? Google Books rappresenta una minaccia per il mercato, un'opportunità per la democratizzazione della conoscenza, o un'incognita per entrambi? Internet sarà la nuova biblioteca di Alessandria o un'incarnazione alienante e distopica della biblioteca di Babele? Nessuno meglio di Robert Darnton, insigne storico del libro e direttore di uno dei più importanti sistemi bibliotecari d'America, a Harvard, poteva affrontare simili interrogativi. Chi tuttavia si aspetta l'ennesima, retriva difesa del libro tradizionale rischia di rimanere deluso: bibliofilo nel senso più puro del termine, ma per nulla intimorito dalle sfide dell'innovazione, Darnton è convinto che il matrimonio fra libri e tecnologia possa essere felice. E per convincere anche noi innesca una serie di illuminanti cortocircuiti fra passato e futuro: spiega i rischi dell'euforia digitale leggendo un best seller fantascientifico del 1771; il funzionamento delle nostre scelte di lettura analizzando i commonplace books d'epoca Stuart; i meccanismi della produzione libraria pedinando un contrabbandiere settecentesco lungo l'itinerario Neuchâtel-Marsiglia-Montpellier. E racconta piccole e grandi verità, spesso scomode, sul mondo del libro: scopriamo così che le biblioteche di tutto il mondo distruggono moltissimi volumi per (presunta) mancanza di spazio, che la pirateria editoriale è vecchia quanto l'invenzione di Gutenberg. -
Lontano dal pianeta silenzioso
«Lontano dal pianeta silenzioso» racconta l'avventura di Elwin Ransom, professore di filologia in vacanza, che due scienziati rapiscono per un loro losco disegno e trasportano sul pianeta Malacandra. Sfuggito ai rapitori il giorno stesso dello sbarco, solo in un mondo dalle tinte di acquerello, dove le foreste sono labirinti di fragili steli violetti alti dodici metri, Ransom incontra Hyoi, del popolo dei ""hrossa"""", agricoltori e poeti dal nero corpo lucente, e gli altri abitanti del pianeta: gli altissimi e sapientissimi sorn e i """"pfifltriggi"""" simili a ranocchi, maestri di tutte le arti della pietra e del metallo. Scoprendo, con il loro aiuto, i segreti del pianeta Malacandra, Ransom scoprirà anche il segreto della Terra, il """"pianeta silenzioso"""" che da millenni ha cessato di conversare con gli altri mondi."" -
E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche
13 agosto 1944: il giovane Lucien Carr, per difendersi dalle avances dell'amico David Kammerer, lo ammazza e ne getta il corpo nelle acque dello Hudson. Due altri suoi amici, William Burroughs e Jack Kerouac, vengono arrestati per non aver denunciato l'omicidio. Forse anche per elaborare a modo loro l'accaduto, i due scrittori ne tracciano in seguito un resoconto a quattro mani iperrealistico e visionario, dissepolto solo in anni recenti. Raccontando a capitoli alternati, Burroughs e Kerouac assumono il punto di vista di due personaggi-narratori: Burroughs quello di Will Dennison, barista originario del Nevada, sempre preceduto dalla sua ""ombra di un metro e novanta"""", Kerouac quello del marinaio Mike Ryko, """"un finlandese diciannovenne dai capelli rossi"""". Attraverso il loro sguardo e intorno ai protagonisti del tragico fatto di cronaca vediamo così delinearsi una folta compagnia anarco-utopista e sgangherata, euforica e malinconica, che trascorre giorni e notti bevendo e fumando in pub luminescenti, leggendo Faulkner e sognando di raggiungere Parigi. Sullo sfondo, una New York caotica, atterrita e aggressiva, una metropoli di fine guerra in cui il caos visivo è tutt'uno con quello acustico, con le radio che trasmettono le note della Prima Sinfonia di Brahms o il reportage concitato di un giornalista su un circo in fiamme dove """"gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche""""."" -
Triangolo di lettere
"L'idea dei tre, di vivere in comune per mandare avanti un progetto di studi filosofici, diventa a un certo punto un grandioso pettegolezzo collettivo. Madri e sorelle, amici e conoscenti si rilanciano attraverso un'Europa ancora sonnacchiosa e vittoriana la grande questione: Nietzsche è forse impazzito? Tra equivoci da vaudeville, viaggi a Bayreuth per sentire il Parsifal, incontri e incomprensioni tra Roma, Lucerna e Lipsia, la storia si ingarbuglia. Sia Nietzsche che Rée si innamorano della """"giovane russa""""... Tre anni dopo, a Torino, Nietzsche si butterà al collo di un cavallo picchiato dal padrone chiamandolo fratello. Prima che impazzisse Lou von Salomé aveva detto del suo pensiero: """"Sembra quasi che, dalla segreta oscurità del manicomio, il suo spirito si affacci ancora con un'opera - sia pure una gigantesca smorfia"""". Ed è giusto dentro quella gigantesca smorfia che questo romanzo epistolare ci sprofonda: tra immoralisti sublimi e un po' ridicoli, mamme gelose e filosofi egoisti, proposte di concubinaggio e romanzi metafisici, ben dentro un pensiero segreto e inesauribile, in una ferita che può ancora non far dormire la notte: """"l'amore è sempre al di là del bene e del male"""".""""" -
Viola di morte
La prosa di Landolfi, lascia intravedere in filigrana un'ambizione poetica dirompente ma al tempo stesso messa a tacere, forse per l'oscuro timore evocato in un racconto del 1937, ""Night must fall"""" - che a lasciarsi andare """"ne sarebbe venuto fuori qualcosa di troppo bello ... e allora tutto sarebbe finito e riprecipitato in una voragine senza fondo """". Ancorché non esercitata, tuttavia, quella """"divina facoltà"""" non poteva che riaffiorare: non a caso, fra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, mentre si accentua il suo sdegnoso isolamento, Landolfi abbandona ogni progetto di romanzo per dedicarsi a una scrittura diaristica, e dunque 'innocente', che prepara il ritorno alla poesia. """"La prosa m'opprime: Non la parola che dirime, Mi giova, Ma l'avventurosa prova Del verso gettato al vento"""" leggiamo in """"Viola di morte"""", diario in versi apparso nel 1972, dove Landolfi ci mostra quel volto che sempre aveva velato """"in modo quasi ossessivo, come se fosse dominato da un puro istinto di sopravvivenza che lo costringa a ripetere continuamente il suo nome"""" (Citati). Ed è il volto lunare e tenebroso, talora deformato dal rancore, di chi, murato in """"queste aride sedi Di terrore e d'angoscia"""", non conosce che la """"Soverchiante fatica Della vita vissuta"""", il dileguarsi dell'amore e il dilagare della morte - castigo terribile di un Dio livido e iniquo.""