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Karoo
Saul Karoo è lo ""script doctor"""" più pagato di Hollywood, e se si tratta di espungere da un copione le scene più melense o grottesche non c'è nessuno come lui - che quel tipo di situazioni sembra conoscerle piuttosto bene, sul piano personale. Ma adesso deve risolvere alcuni problemi. Primo, cinquant'anni di vita malsana hanno accentuato, dice il medico, la sua naturale inclinazione a """"contrarsi in verticale, ed espandersi in orizzontale"""". Secondo, la delirante separazione da sua moglie è una storia d'amore al contrario, molto divertente per noi, ma molto tormentosa per lui. Terzo, il suo signore e padrone, l'onnipotente produttore Jay Cromwell, gli ha chiesto di massacrare l'ultimo capolavoro di un vecchio regista di genio, Arthur Houseman, che Cromwell considera veleno al botteghino. Eppure, quando sul banco della moviola scopre che a risplendere in una delle scene tagliate è la madre di Billy, suo figlio adottivo, Karoo intuisce che da quegli scarti di pellicola può nascere qualcosa di molto, molto sorprendente. Così come con gli scarti delle pellicole che abbiamo più amato sembra costruito questo romanzo, fatto di una materia grassa, speziata e molto poco """"kosher"""" che ci procura in parti uguali riso, lacrime e notti insonni, e che per comodità continuiamo a chiamare cinema."" -
Cristianesimo dell'inizio e della fine
La parola profetica ed escatologica è perduta da secoli: la perdita del linguaggio è la perdita dei contenuti, che, attraverso le diverse trascrizioni, si diluiscono, diventano ambigui e infine vengono abbandonati. Eppure il linguaggio della immemorabile religione apocalittica e messianica non è mai morto del tutto e le sue varie reviviscenze segnano dei risvegli parziali e contraddittori nella storia. Ciò che questa parola dell'inizio e della fine può esprimere non è misurabile solo con i metri culturali di cui dispone l'attuale civiltà. Altra è la dimensione a cui quella parola si riferisce, e in essa vuole porsi questo libro. È una dimensione che esige risposte estreme e perentorie, perciò forse inudibili: come è inudibile tutto ciò che non è fondato sul già acquisito, sul conforme, in definitiva sulla permanenza della situazione data. Ma i significati necessari stanno al di là di quella accettazione passiva che è, ai nostri giorni, la cultura. In tre parti distinte di un unico discorso vengono qui considerati i segni sparsi delle cose perdute eppure cercate nel mondo contemporaneo: il nucleo essenziale del messaggio di Gesù attraverso un commento delle parole che gli vengono attribuite dal primo dei Vangeli, quello di Marco; la vicenda percorsa dall'attesa del ""regno di Dio"""" nelle metamorfosi profane subite lungo i venti secoli della sua storia; la situazione paradossale del presente, dove riecheggiano, contraffatte, esperienze antiche e incancellabili."" -
Un tentativo di colmare l'abisso. Lettere 1968-1996
È sotto il segno delle divergenze, e al tempo stesso della comune esigenza di una lettura insieme rigorosa e appassionata, che si apre e si chiude, nell'arco di ventotto anni, l'amicizia epistolare tra Ceronetti e Quinzio: due adelphiani della prima ora. Due vite segnate dalla abissale contaminazione con il sacro e con la parola, da quella poetica a quella scritturale, che l'epistolario restituisce in una policromia di sfumature e di rimandi serrati. Due fedi assolute, infrangibili, irriducibili: da un lato quella paolina, teologicamente ""scandalosa"""", di Sergio Quinzio nella resurrezione della carne, nella consolazione finale; dall'altro quella, filosoficamente tenace, di Guido Ceronetti nel potere della gnosi. Due anime che, ciò nonostante, non cessano di interpellarsi e di ascoltarsi a vicenda, e non soltanto su argomenti teologici, ma anche sui grandi dibattiti che investono la società e la politica (l'aborto, il conflitto israelo-palestinese), fino ai problemi della vita quotidiana (la salute, il cibo, i traslochi)."" -
Labirinto filosofico
All'origine dei diversi discorsi, molti dei quali ""alla moda"""", sulla """"fine della filosofia"""" che, almeno da Nietzsche, caratterizzano tanto pensiero dell'Occidente, sta la """"sentenza"""" hegeliana: che la philosophia cessi di chiamarsi """"amante"""" e si affermi finalmente come puro sapere, Sophia ovvero Scienza. Amore e Sapere debbono dirsi addio. Che il """"sophós"""" dismetta il suo abito di eterno pellegrino e fissi la sua dimora. E questo il destino della nostra epoca? O ancora vi è """"ciò"""" che non possiamo esprimere, rappresentare, indicare se non amandolo? Il discorso filosofico-metafisico porta in sé la traccia di questa tensione, e proprio là dove affronta il suo problema, la sua aporia costitutiva: che l'ente è, che nella sua singolare identità mai coincide con le determinazioni che il lògos ne predica, che la sua sostanza non può disvelarsi nella finitezza del suo apparire. Ogni ontologia deve basarsi su questa differenza - non differenza tra essere ed essente, ma differenza immanente alla realtà dello stesso essente, e in particolare proprio di quello straordinario essente che ha corpo e mente. Oltre l'esercizio sempre più vacuo delle decostruzioni, oltre gli astratti specialismi, oltre le accademie e le scuole, sarà a tale problema, eterno """"aporoúmenon"""", e al """"timore e tremore"""" che suscita, che questo libro intende fare ritorno, ascoltando alcuni grandi classici della tradizione metafisica, per svilupparlo ancora una volta."" -
La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile
"Sono cose che ancora non si possono dire"""". Questa affermazione di Cesare Luporini, una delle teste pensanti del PCI nel secondo dopoguerra, risale a un'intervista radiofonica sull'""""affaire Gentile"""" rilasciata nel 1989, a quasi cinquant'anni di distanza dai fatti. Bene, chi vive in Italia è abituato a delitti politici preparati, eseguiti e poi coperti in un'atmosfera acquitrinosa, dove nessuno per certo è innocente, ma un colpevole sicuro non esiste. Eppure, l'assassinio di Giovanni Gentile in quel freddo aprile del 1944 rimane un cold case diverso da tutti gli altri - che l'indagine di Luciano Mecacci, condotta anche su documenti inediti, riapre in modo clamoroso. Tutto, in questa ricostruzione, è perturbante. I moventi, molto meno limpidi - o molto più umani - di quanto fin qui si è tentato di far credere. La scena del delitto, cioè la Firenze cupa e claustrofobica occupata dai tedeschi. E naturalmente gli attori. Qualcuno ha discusso, deciso, agito: ma come, fino a che punto, perché? Le figure che appaiono sul palcoscenico sono numerose, e molto diverse fra loro. Oscuri gappisti. Feroci poliziotti. Informatori. Doppiogiochisti. E al centro di tutto, il meglio dell'intellighenzia italiana di allora: Luporini, certo, ma anche Eugenio Garin, Antonio Banfi, Mario Manlio Rossi, Guido Calogero, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Concetto Marchesi." -
La casa di Araucaíma
"Di tutti gli azzardi letterari,"""" disse una notte Gabriel García Márquez al suo amico Mutis """"l'unico davvero irrealizzabile mi sembra quello di scrivere una storia gotica ambientata ai Caraibi"""". Per tutta risposta Mutis scommise il contrario. Oggi i lettori della """"Casa di Araucaíma"""" possono giudicare l'esito di una simile sfida - e per molti non ci sono dubbi: si tratta di uno dei vertici nell'opera dello scrittore." -
Minacce di morte e altri racconti
Alla fine degli anni Trenta, pur avendo dichiarato solennemente di non voler più scrivere polizieschi, Simenon, che ha un tenore di vita sempre più dispendioso e non è del tutto soddisfatto dei ritmi e delle tirature con cui il suo nuovo editore, Gaston Gallimard, manda in libreria i suoi romanzi, comincia a essere fortemente tentato dall'idea di richiamare in servizio il commissario Maigret, senza però che questo comprometta l'immagine di ""letterato"""" che si sta costruendo. Problema non facile da risolvere. A sciogliere il nodo sarà un evento capitale: la guerra, con l'occupazione della Francia nel giugno 1940 e le crescenti difficoltà nell'approvvigionamento di risme di carta. Lo stesso Gaston Gallimard lo dirà senza mezzi termini a Simenon: gli sarà più facile procurarsela, la carta, se servirà per stampare le inchieste di Maigret. E così, nel 1942, in """"Cécile è morta"""" i lettori ritroveranno il commissario tranquillamente installato nel suo ufficio del Quai des Orfèvres, accanto alla celebre stufa di ghisa. I cinque racconti contenuti in questo volume, scritti tra il 1938 e il 1941, appartengono proprio a quel periodo di incertezza: tant'è che se nei primi due Maigret è ancora in pensione e in """"Vendita all'asta"""" è diventato, abbastanza incongruamente, capo della squadra mobile di Nantes, negli ultimi due è di nuovo a Parigi, pronto a rimettersi a indagare insieme ai suoi uomini."" -
Il bene sia con voi!
Nel 1960 Vasilij Grossman porta a compimento ""Vita e destino"""", subito confiscato dal KGB, e va incontro alla sorte del reietto. Alla stessa stagione e allo stesso universo di quel capolavoro, che descrive le manifestazioni del male e la sua sconfitta in nome della """"bontà illogica"""" dei singoli, appartengono i racconti qui radunati. I ricordi e le testimonianze di prima mano del periodo bellico, che ruotano intorno al destino degli ebrei, ispirano le note drammatiche del """"Vecchio maestro"""" e la dichiarazione di fede nella vita e nel """"miracolo della libertà"""" che conclude """"La Madonna Sistina"""". """"Fosforo"""" è una riflessione tristemente autobiografica sull'amicizia misconosciuta, mentre """"Riposo eterno"""", """"Mamma"""", """"L'inquilina"""","""" In periferia"""" fotografano momenti diversi della lunga stagione sovietica, tra gli sconvolgimenti causati dal meccanismo delle repressioni staliniane e la corruzione morale che ne consegue, all'insegna dell'indifferenza e dell'egoismo. """"La strada"""", parabola sul modello tolstojano di Cholstomer, è il racconto delle disavventure di un mulo italiano sulle strade della Russia in guerra: la mostruosità di un mondo in cui Treblinka e il Gulag, nazismo e comunismo gareggiano in efferatezza colpisce in modo ancora più brutale se vista con gli occhi di un animale. E infine """"Il bene sia con voi!"""", dove le note di un viaggio in Armenia nell'autunno del 1961 si traducono in una sorta di luminoso poema."" -
Foglie rosse e altri racconti
I racconti di William Faulkner sono scaturiti dalla stessa materia dei grandi romanzi dell'autore. Vi ritroviamo così il microcosmo della Contea di Yoknapatawpha, trasfigurazione di quella di Lafayette, nel suo Mississippi, con quel particolare métissage prodotto da un secolo e mezzo di invasioni coloniali, immigrazioni e conflitti tra etnie, classi e generazioni: indiani Chickasaw e schiavi neri braccati come selvaggina, bianchi poveri e benestanti, tagliagole portuali e gente perbene, vigliacchi e altruisti capaci di occasionali eroismi, sopravvissuti della guerra civile e reduci della prima guerra mondiale. E vi ritroviamo, contiguo a questo brulichio di personaggi elevati ad archetipi, un paesaggio inconfondibile, dove la cieca tensione alla sopravvivenza pervade un susseguirsi di boschi e borghi, piantagioni e viottole sterrate, terre dissodate e foreste popolate di cervi, luoghi incendiati da meriggi accecanti o sfiorati da interminabili crepuscoli in cui si condensa una disillusione immedicabile. Prigionieri di un determinismo da cui non riesce a liberarli l'effimera euforia dei balli, del whisky, del gioco d'azzardo, dei combattimenti di galli, tutti sembrano abitati da pensieri imperscrutabili. Eppure proprio in questo agitarsi impotente Faulkner trova il segreto ""del cuore umano e dei suoi dilemmi"""": un segreto esteso a tutto il mondo animato e inanimato, se persino delle vecchie finestre sfondate ricordano """"occhi colpiti da cateratte""""."" -
Ritratti italiani
"Dalla A di Gianni Agnelli alla Z di Federico Zeri, alcune decine di conversazioni, interviste, dialoghi, e magari anche chiacchiere, con illustri contemporanei quali Roberto Longhi, Aldo Palazzeschi, Giovanni Comisso, Mario Soldati, Cesare Brandi, Federico Fellini, Luciano Anceschi, Luchino Visconti, Alberto Moravia. E notevolissimi coetanei, o quasi - da Calvino e Testori e Pasolini, a Parise e Manganelli e Berio -, coi quali ci si ripromettevano lunghe polemiche anziane davanti a un bel camino acceso, con vino rosso e castagne e magari cognac. Invece, la storia girò diversamente. E così, oltre ad alcuni coetanei vitali e viventi, eccoci qui con care e bizzarre memorie evidentemente prenatali: Dossi, Tessa, Puccini, D'Annunzio, e la mia concittadina vogherese Carolina Invernizio, nonna o bisnonna di mezza Italia letteraria."""" (Alberto Arbasino)" -
I libri nella mia vita
Che i libri si possano incontrare - prima ancora che leggere - così come si incontrano ""altri fenomeni della vita e del pensiero"""", e che della vita facciano parte """"quanto gli alberi, le stelle, o il letame"""", è l'aureo presupposto su cui poggia questo """"libro sui libri"""" di Henry Miller, caso anomalo e inclassificabile, riconducibile forse soltanto al genere immaginario dell''autobibliografia. Pochi scrittori hanno saputo rivelare se stessi come Miller attraverso quegli incontri, e queste pagine, lungi dall'essere un catalogo erudito, assomigliano piuttosto a una tortuosa e camuffata confessione. Dall'eccentrico estremo di John Cowper Powys a Richard Jefferies, panpsichista romantico, dall'adorato Cendrars a Jean Giono e Rider Haggard: """"I libri nella mia vita"""" è anche una guida che permette di scoprire e riscoprire, accanto ai grandi intoccabili della letteratura, una vasta tribù di autori sconosciuti o presto dimenticati, ma non per questo meno vivi. La storia segreta di ogni vero lettore non è fatta di tutti i libri che ha letto, e nemmeno di quelli più significativi o più belli - sembra avvertirci Miller -, ma soprattutto di alcuni, a volte non più di una manciata, che si distanziano enormemente dagli altri. Sono quei libri che, """"come certi rari individui, aumentano la vita"""", e sembra siano stati scritti apposta per noi."" -
I clienti di Avrenos
Una città, Istanbul, ancora avvolta, all'inizio degli anni Trenta, da un'aura di eccitante depravazione. Una giovane donna, Nouchi, candidamente perversa, seraficamente crudele, e capace di sedurre chiunque senza mai concedersi a nessuno. Un uomo non più giovanissimo, distinto ma squattrinato, che si è lasciato irretire, una sera, nel night-club dove Nouchi lavorava come entraîneuse, e che lei manovra a suo piacimento. Un gruppo di sfaccendati-artisti, giornalisti, uomini d'affari, nobili decaduti, viveur di mezza tacca -, che si ritrovano nel ristorante di Avrenos e passano le notti a bere raki e a fumare hashish, e che di Nouchi sono tutti più o meno innamorati. Se Emmanuel Carrère (che ne ha tratto una sceneggiatura televisiva) ha potuto dichiarare: ""I clienti di Avrenos è un capolavoro"""", è soprattutto perché di personaggi femminili sconcertanti come Nouchi non se ne incontrano molti nei romanzi di Simenon - e non solo. Non ha ancora diciott'anni, non è particolarmente bella, ha una faccia irregolare e """"due occhi penetranti come punte di spillo""""; ed è ben decisa a non conoscere mai più la miseria e la fame che hanno segnato la sua infanzia viennese. A questo scopo giocherà tutte le sue carte - anche le più rischiose. Di Istanbul, dove bisogna soltanto """"accettare la vita come viene"""", abbandonandosi ai suoi perfidi incantesimi, Simenon fa la cornice perfetta per le trame ambiziose e svagate della sua incantevole, implacabile protagonista."" -
Il vizio dell'arte
I lettori italiani sanno fare i loro conti, e conoscono bene la quantità di risate che Alan Bennett riesce a scatenare quando maneggia uno spunto anche elementare (la sgradita visita di topi d'appartamento, ad esempio), o ritrae personaggi familiari in situazioni incongrue (un'anziana regnante cui capita in mano, per la prima volta o quasi, un libro). Per calcolare quanto rideranno qui, basterà dunque fare la somma fra un compito apparentemente banale (correggere un libretto d'opera) e i due eccentrici, litigiosi e, com'è ovvio, spiritosissimi mostri sacri chiamati a svolgerlo, nel corso di un lungo battibecco immaginario ma tremendamente verosimile: W.H. Auden, nientemeno, e Benjamin Britten. -
Un' estate con Montaigne
Quando, nel 2012, il direttore di un'emittente radiofonica propone ad Antoine Compagnon di parlare dei ""Saggi"""" di Montaigne in una lunga serie di trasmissioni quotidiane della durata di pochi minuti, all'illustre professore del Collège de France l'idea appare subito quanto meno stravagante. Il periodo di programmazione (dall'inizio di luglio alla fine di agosto) e l'orario (intorno a mezzogiorno) sembrano decisamente più adatti ai bagni di mare che non all'ascolto di lezioni su un grande classico della letteratura e del pensiero. La sfida è così arrischiata, e allettante, che Compagnon non osa tirarsi indietro. E il risultato è clamoroso: le trasmissioni ottengono ascolti sbalorditivi, il libro che ne raccoglie i testi, pubblicato un anno più tardi, risulta tra i più venduti della stagione, e i corsi di Compagnon al Collège de France registrano un'affluenza inusitata. Ma tanto successo ci apparirà tutt'altro che sorprendente non appena ci inoltreremo nelle pagine di questo incantevole vademecum, dove Compagnon, coniugando leggerezza e profondità, attraverso il commento a quaranta brevi passi dei """"Saggi"""" ci condurrà all'interno di un'opera senza tempo come i temi di cui discorre, le cose della vita: dall'amore all'amicizia, dalla morte alla vanità, dalla bellezza alla malattia."" -
Autorità spirituale e potere temporale
In un tempo remoto e presso le più varie civiltà, il potere si divise in due parti: sacerdotium e regnum, potere spirituale e potere temporale, auctoritas e potestas. E questi due poteri si trovarono da sempre in un precario equilibrio. Dovevano incontrarsi e sostenersi, come i Brahmani e gli Kshatriya nell'India vedica, ma spesso erano destinati a scontrarsi. Nella storia europea per secoli, a cominciare dai conflitti medioevali fra Impero e Papato. Ma anche nei secoli successivi, in modo più o meno velato, sino a oggi. Per chi voglia capire che cosa è in gioco nell'incontro e nello scontro fra questi due poteri, nulla sarà d'aiuto più di questo libro di Guénon, nella sua chiaroveggente lucidità. -
Sulla maestria
Una mattina, leggendo il giornale, Tanizaki è colpito dalla foto di un attore seduto su una veranda nei panni di un samurai. Osservandolo meglio, scopre che con impercettibili accorgimenti e controllando la respirazione è riuscito a produrre una forma circolare, che parte dal collo e dalle spalle e prosegue lungo le maniche: ""Sembrava che se ne stesse seduto lì per caso, e invece obbediva alle regole del kabuki, sicché persino le pieghe del suo kimono si distinguevano le une dalle altre in maniera del tutto naturale"""". Solo la maestria - una perizia tecnica che si acquisisce grazie a un lungo, arduo tirocinio - può condurre a esiti di così sublime eleganza. Arte come sacrificio e dedizione, dunque, come opera """"ben fatta"""", per il puro piacere della perfezione. In un gioco di contrasti e dissolvenze fra mondo passato e moderno, orientale e occidentale, Tanizaki ci offre un'inedita visione di pittura, letteratura, teatro e cinema e - in un dialogo intessuto di rimandi e corrispondenze fra continenti, epoche e stili - evoca un'arte universale, capace di coinvolgere l'anima e il corpo e non solo l'intelletto. Nel contempo, ci svela la sua poetica: l'ammirato tributo ai valori dell'umiltà e della perseveranza con cui gli orientali percorrono la via dell'arte affinando tecnica e talento, la commossa evocazione dell'antica poesia giapponese, l'entusiasmo per la forza espressiva del cinema tedesco e l'analisi del genio smart di Chaplin, la passione per Goethe e Schnitzler e le riserve su Balzac."" -
Lizzie
La protagonista, Elizabeth Richmond, ventitré anni, i tratti insieme eleganti e anonimi di una ""vera gentildonna"""" della provincia americana, non sembra avere altri progetti che quello di aspettare """"la propria dipartita stando il meno male possibile"""". Sotto un'ingannevole tranquillità, infatti, si agita in lei un disagio allarmante che si traduce in ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Un disagio a lungo senza nome, finché un medico geniale e ostinato, il dottor Wright, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di tre personalità sovrapposte e conflittuali: oltre alla stessa Elizabeth, l'amabile e socievole Beth e il suo negativo fotografico Betsy, """"maschera crudele e deforme"""" che vorrebbe fagocitare e distruggere, con il suo """"sorriso laido e grossolano"""" e i suoi modi sadici, insolenti e volgari, le altre due. È solo l'inizio di un inabissamento che assomiglierà, più a che un percorso clinico coronato da un successo terapeutico, a una discesa amorale e spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre: tanto che il dottor Wright sentirà scosse le fondamenta non solo della sua dottrina, ma della sua stessa visione del rapporto tra l'identità e la realtà."" -
Vedi adesso allora
Nel romanzo che segna il suo ritorno dopo dieci anni di silenzio, Jamaica Kincaid, ormai lontana dai Caraibi, ci racconta la storia di un matrimonio un matrimonio finito. Il suo, forse: l'epoca, la casa (nel Vermont), il marito (musicista), i figli (un maschio e una femmina), la professione della signora Sweet (scrittrice) corrispondono in tutto e per tutto alla vita reale dell'autrice. Come sempre, tuttavia, la sua corrosiva, inconfondibile prosa è più estranea all'autobiografismo di quanto non appaia a prima vista: la stessa Kincaid ha del resto dichiarato che ""il protagonista di questo romanzo è il Tempo"""". E si potrebbe aggiungere che un'aura mitologica e visionaria irradia da una narrazione che è come un'invettiva infuocata - e a tratti esilarante -, dove non a caso i figli della signora Sweet si chiamano Eracle e Persefone. Ma poiché la casa è """"un carcere con la secondina dentro"""", la moglie """"quella brutta strega arrivata con la nave delle banane"""" e il marito """"così piccolo che a volte la gente... lo scambiava per un roditore"""", ci renderemo conto, pagina dopo pagina, che la signora Sweet, proprio come la Xuela dell'""""Autobiografia di mia madre"""", è soprattutto un'abitante di quell'inferno interiore che Jamaica Kincaid sa raffigurare in maniera inimitabile."" -
Alla fine del sonno
Le spedizioni polari hanno generato infiniti racconti appassionanti e beffardi, nei quali l'uomo civilizzato, partito alla ricerca dell'ultima frontiera, finisce per avanzare a prezzo di tormenti indicibili in un paesaggio che a poco a poco sfuma in un'allucinazione, e conduce alla follia. Alfred Issendorf parte per una spedizione nell'estremo Nord della Norvegia con due obiettivi: dimostrare una teoria sui meteoriti che gli conferirà lustro accademico e regolare i conti col padre, brillante scienziato prematuramente scomparso. La sua avventura sarà però molto diversa da come l'aveva immaginata, e questo romanzo, considerato il più audace di Hermans, ne è la cronaca fedele. -
Il cervello autistico
Nel 1947, quando è nata Temple Grandin, l'autismo era stato appena battezzato e descritto da due psichiatri, che lo leggevano da prospettive pressoché opposte: Leo Kanner sembrava considerarlo un'irreparabile tragedia, mentre Hans Asperger era convinto che potesse essere compensato da qualche aspetto positivo, ad esempio una particolare originalità del pensiero e dell'esperienza, che con il tempo avrebbe magari condotto a conquiste eccezionali. Oggi, a distanza di settant'anni, il disturbo dello spettro autistico è più diffuso che mai, e viene diagnosticato a un bambino su ottantotto. Nel frattempo, tuttavia, gli studi si sono spostati dalla mente autistica al cervello autistico, dai reami della psicologia - che in passato colpevolizzava le ""madri frigorifero"""" per carenza d'affettività - a quelli della neurologia e della genetica. Intessendo la sua esperienza personale con l'illustrazione delle ultime ricerche sulle cause e i trattamenti del disturbo, Temple Grandin, coadiuvata da Richard Panek, ci introduce agli avanzamenti del neuroimaging a risonanza magnetica e agli effetti trasformativi indotti dal nuovo approccio terapeutico mirato ai singoli sintomi che sta sostituendo le diagnosi """"a taglia unica"""" di un tempo. Ma soprattutto ci aiuta a percepire l'autismo come modalità esistenziale alternativa...""