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L'artefice. Testo spagnolo a fronte
«Un giorno il mio amico Carlos Frías, di Emecé, mi chiese un nuovo libro per la serie della mia cosiddetta opera completa. Risposi che non avevo nulla da dargli, ma Frías insistette, dicendo: “Ogni scrittore ha un libro da qualche parte, se soltanto si dà la pena di cercarlo”. Una domenica oziosa, frugando nei cassetti di casa, scovai delle poesie sparse e dei brani di prosa... Questi frammenti, scelti e ordinati e pubblicati nel 1960, divennero L'artefice». Così, con somma sprezzatura, Borges racconta la genesi di quello che è forse il libro più ricco e personale della sua maturità, quello in cui la sua scrittura raggiunge una misura e una classicità destinate a rimanere insuperate. Qui il lettore troverà alcuni degli scritti che meglio esprimono il sentimento borgesiano dell'esistenza, il suo continuo interrogarsi sul mistero dell'identità, della realtà, del tempo e, naturalmente, sull'essenza della parola e della letteratura. -
A Calais
"Quello che mi interessa è poter scrivere un reportage esattamente nello stesso modo in cui scriverei un libro"""" afferma Emmanuel Carrére. Così, della """"Giungla"""" di Calais, non ci racconta il fango, la violenza e la miseria del campo, bensiì tutto quello che c'è attorno: la rabbia e la frustrazione di una parte dei calesiani; la compassione e la solidarietà di un'altra parte; le fabbriche e i quartieri abbandonati; l'immane apparato poliziesco; il circo mediatico; il """"turismo del dolore"""". E lo fa nel suo modo affabile e diretto, con lo sguardo, insieme lucido ed empatico, di chi si interroga costantemente su tutto - anche su se stesso." -
L' arringa di un pazzo
Due libri, nella seconda metà dell'Ottocento, hanno scoperchiato la pentola dei rapporti sessuali e sentimentali con una immediatezza inaudita: ""La sonata a Kreutzer"""" di Tolstoj e """"L'arringa di un pazzo"""" di Strindberg, cronaca surriscaldata, irta, lacerante dell'attrazione-repulsione fra un uomo, Strindberg stesso, e sua moglie Siri von Essen. È l'autore, del resto, ad affermare """"Questo è un libro atroce"""" sin dalla prima riga della sua Prefazione, che concluderà chiedendo al lettore di essere lui a emettere la sentenza, una volta che avrà acquisito una esatta """"conoscenza dei fatti"""" quella che gli sarà fornita dalle pagine che seguiranno: una fervida arringa, appunto, che è insieme feroce atto di accusa e veemente autodifesa. I """"fatti"""" esposti sono una esaltata passione amorosa, prima, e un inferno matrimoniale, poi, indagati e ricostruiti con ossessiva precisione, e con furibonda impudicizia. Questo libro, in cui il rapporto fra i sessi viene narrato e anatomizzato come una lotta a morte per la sopraffazione - e la cui prima edizione a stampa, per quanto edulcorata e smussata dal traduttore tedesco, subì un processo per oscenità -, non ha perso un grammo del suo carattere estremo, urtante, angosciosamente veritiero."" -
Eros e Priapo. Ediz. originale
Scritto fra il 1944 e il 1945, respinto come ""intollerabilmente osceno"""" da prestigiose riviste (con l'eccezione di """"Officina"""", che ne accoglie una sezione fra il 1955 e il 1956) e pubblicato solo nel 1967 in una redazione drasticamente rimaneggiata ed edulcorata, """"Eros e Priapo"""" ci appare oggi, grazie alla scoperta dell'autografo, nella sua autentica fisionomia: vituperante invettiva contro Mussolini - il Priapo Maccherone Maramaldo -, la sua foja di sé medesimo, le sue turpi menzogne, la sua masnada predatrice e la sua claque di femmine fanatizzate, certo. Ma, insieme, freudiano trattato di psicopatologia delle masse, autobiografia di un'intera nazione, micidiale requisitoria contro ogni abdicazione ai principi di Logos (cioè alla ratio e alla coscienza etica) e contro i tiranni di ogni tempo. E, soprattutto, vibrante monito a guardarsi dalle degenerazioni di Eros - responsabili dei comportamenti della banda assassina così come dell'idolatria della moltitudine-femmina nei confronti del Gran Somaro Nocchiero -, a raffrenarle, a sublimarle in un impeto eroico o """"impeto-disciplina"""". Nel compiere questa impresa - notificare il male e indicare la via di una possibile rinascita Gadda non poteva che ricorrere a una lingua sontuosa e abnorme, che gareggia in audacia e insolenza con Porta, Belli, Aretino - e che la versione originale ci rivela ancor più violenta, sboccata e oltraggiosa."" -
La neve di San Pietro
«Vede la casa? Quello è il Kyffhäuser, là vive nell'attesa l'imperatore segreto. Io gli sto spianando la strada. E un giorno dirò al mondo le parole gridate un tempo dal servo saraceno di Manfredi ai cittadini di Viterbo in rivolta: ""Aprite le porte! Aprite i cuori! Guardate, il vostro signore, il figlio dell'imperatore, è venuto!""""». Il barone von Malchin tacque seguendo con lo sguardo i due carri, che finalmente erano riusciti a staccarsi e avanzavano a schricchiolando giù per la via del paese. Poi, senza guardarmi, con un sorriso timido e impacciato, mi disse in tutt'altro tono: «Lo trova laggiù nel chiosco in giardino, è là che lavora. Verso quest'ora di solito ha lezione di francese». Quando Friedrich Amberg riacquista un barlume di coscienza, in una stanza d'ospedale, è come «una cosa senza nome, un essere privo di personalità». Poi, a poco a poco, riaffiorano i primi ricordi: ma nebulosi, frammentari, «del tutto irrilevanti». Finché, di colpo, gli eventi delle ultime settimane gli piombano addosso «con violenza indicibile»: è il 1932, lui è un medico, e a gennaio aveva preso servizio a Morwede. Ora ricorda: gli inquietanti segni premonitori durante il viaggio verso quella località della Vestfalia; l'arrivo nel borgo, «oppresso dalla triste monotonia di quel paesaggio»; l'inatteso incontro con l'altera donna cui non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi; e il barone von Malchin, con il suo feroce, anacronistico legittimismo - e il visionario progetto fondato su quella che un tempo era nota come «Neve di San Pietro», in grado di provocare un vero e proprio stravolgimento del mondo."" -
L' astore
"Uomo demoniaco e brillantissimo"""" diceva il necrologio di Terence Hanbury White, noto come Tim agli amici e come T.H. al resto del mondo. Erudito e letterato finissimo, inveterato misantropo, nonché calligrafo, artigiano squisito e naturalista affascinato dal ferino, nel 1937 restò avvinto da un trattato secentesco di falconeria e ordinò dalla Germania un astore, il più coriaceo fra i rapaci, per dedicarsi, ignaro, al suo addestramento. Questo libro è la cronaca di quell'impresa temeraria: non un manuale, ma il racconto di un'esperienza profonda e lacerante, il tentativo di sottomettere all'uomo """"una persona che non era un umano"""". Il novizio non sapeva di avere a che fare con """"un assassino"""" dai folli occhi di """"un forsennato arciduca bavarese"""": eppure fra White, lo schiavo, e il suo tiranno, """"l'orribile rospo aericolo"""" che per sei settimane lo impegnerà in un duello quotidiano, corre un vero """"rapporto d'amore"""" perché il primo falco tocca sempre il falconiere nel profondo, e la sua perdita gli causa """"uno smottamento del cuore"""" che lascia senza respiro." -
La vegetariana
"Ho fatto un sogno"""" dice Yeong-hye, e da quel sogno di sangue e di boschi scuri nasce il suo rifiuto radicale di mangiare, cucinare e servire carne, che la famiglia accoglie dapprima con costernazione e poi con fastidio e rabbia crescenti. È il primo stadio di un distacco in tre atti, un percorso di trascendenza distruttiva che infetta anche coloro che sono vicini alla protagonista, e dalle convenzioni si allarga al desiderio, per abbracciare infine l'ideale di un'estatica dissoluzione nell'indifferenza vegetale. La scrittura cristallina di Han Kang esplora la conturbante bellezza delle forme di rinuncia più estreme, accompagnando il lettore fra i crepacci che si aprono nell'ordinario quando si inceppa il principio di realtà - proprio come avviene nei sogni più pericolosi." -
Ritratti e immagini
Diffidare dei cartelli segnaletici: con Arbasino è la prima regola da osservare, perché ciascuno di questi ritratti ‘si morula' – direbbe Gadda – in infiniti altri ritratti, in altre imprevedibili storie. rnrnÈ quel che succede, alla lettera A, con Harold Acton, che fa risorgere la Firenze soavemente cosmopolita tra le due guerre, un crocevia dove si muovono Bernard Berenson, Vernon Lee, Aldous Huxley, D.H. Lawrence, Ronald Firbank, Norman Douglas, Edith Sitwell. O, alla lettera N, con il figlio di Vita Sackville-West e Harold Nicolson, Nigel: qui verremo addirittura inghiottiti da un dramma – qualcosa di simile a «un delirio dei Fratelli Marx sull'Orient Express» – che sconvolge quattro coniugi, otto suoceri e «parecchie zie cattive», con innumerevoli traversate della Manica, «nelle due direzioni, e sempre con un tempo orribile». Ritratti doppi, insomma, e molto di più: scintillanti ‘trascritture' di opere musicali e teatrali (non perdetevi il Barbablù di Béla Bartók, «un impotente che si diletta nel collezionismo di ninnoli Sadik e soprammobili Diabolik», né la Carmen di Brook, dove Escamillo è un barbiere lezioso con pronuncia «gotico-pizzaiola»), e di mirabolanti luoghi, come le residenze di Ludwig II di Baviera, che neppure un «tycoon americano degli anni favolosi» avrebbe saputo concepire.rnSenza contare gli ormai ‘mitici' ritratti dal vivo (la cinese Ding Ling, ad esempio, a casa della quale c'è un'aria «come fra Pupella Maggio e Paola Borboni»), le conversazioni ‘à bâtons rompus', gli affondi critici che valgono un intero libro e le scorribande fra i ‘santini' di una letteratura ahimè sfornita «di eros e di esprit e di senso della battuta»: Manzoni, Parini, Pascoli – e De Amicis, che ritroviamo a Costantinopoli, in un bagno turco, torturato da due mulatti: «Cioè, praticamente, ecco Al Pacino nel film Cruising». -
La morte della farfalla. Zelda e Francis Scott Fitzgerald
"Citati segue con impressionante precisione la progressiva caduta nel buio delle due farfalle, come prima la loro ascesa nella luce sfolgorante. Penetra a fondo nell'animo dei Fitzgerald, nell''incrinatura' che in lui si fa sempre più profonda, nella molteplicità e nella metamorfosi dello scrittore: nelle crisi di lei, nella complessità e tenacia del loro rapporto. Il ritratto che disegna della malattia mentale di Zelda, rapido e ritardato, pieno di particolari ma sovrastato dall'incombente Dümmerung, è un'opera al nero di prima grandezza che fa venire i brividi."""" (Piero Boltani)" -
I detective selvaggi
"Anziché lo scrittore,"""" ha detto una volta Roberto Bolaño """"mi sarebbe piaciuto fare il detective privato. Sicuramente sarei già morto. Sarei morto in Messico, a trenta, trentadue anni, sparato per strada, e sarebbe stata una morte simpatica e una vita simpatica"""". Simpatica, eppure segnata già dalla sconfitta e dalla follia, dissipata e bohémienne, esaltante e allucinata, dopata di sesso, poesia, marijuana e mezcal, è sicuramente la vita dei protagonisti di questo libro, che Enrique Vila-Matas ha descritto come """"il viaggio infinito di uomini che furono giovani e disperati, ma non si annoiarono mai"""". """"I detective selvaggi"""" è infatti il romanzo delle loro avventure, ed è quindi un romanzo di formazione; ma è anche un romanzo giallo nonché, come tutti quelli di Bolaño, un romanzo sul rapporto tra la finzione e la realtà. Un libro, ha scritto un critico messicano, """"simile a uno stadio dove la gente entra ed esce in continuazione"""", e dove, come avviene in 2666, si incrociano e si aggrovigliano, spesso contraddicendosi, le """"versioni"""" di un'infinità di personaggi (tutta gente che """"on the wild side"""" non si è limitata a farci un giro): poetesse scomparse nel deserto del Sonora e puttane in fuga, ex scrittori di avanguardia e magnaccia imbufaliti, architetti vaneggianti e poliziotti corrotti, cameriere libidinose e poeti bisessuali, e poi avvocati, editori, neonazisti e alcolizzati..." -
Il retaggio
Lo scenario si apre su una scena ormai sorprendentemente esotica: la Germania di fine Ottocento, con la sua opulenza terriera e finanziaria, le aspre tensioni sociali, il presagio di una catastrofe lontana ma già palpabile e, in particolare, su tre famiglie, unite da divergenti tradizioni aristocratiche e separate da irreali visioni del futuro. La prima è costituita da solidi ""rentiers"""" ebrei di Berlino, nel cuore del Nord prussiano e protestante; le altre due appartengono """"a realtà discordi del Sud cattolico: l'una sonnolenta, rurale, volta al passato; l'altra ossessionata da sogni ecumenici di dimensioni europee"""". A unirle provvederanno due matrimoni e uno scandalo."" -
Il primo giorno del mondo
"La magia, paradossalmente, è un'arte esatta, in quanto per raggiungere i suoi fini e agire sulle realtà visibili e invisibili del mondo deve attenersi a un modus operandi preciso e rigoroso"""".Da un bassorilievo del II secolo che rappresenta il primo giorno del mondo, con il dio orfico Phanes al centro contornato dallo zodiaco – bassorilievo al quale si ispirarono, senza mai menzionarlo, diversi artisti cinquecenteschi – alla raffigurazione di un drago immortale le cui radici risalgono fino a un antico dramma indiano; da un raro amuleto giudaico-cristiano del XVI secolo, subito condannato dalla Chiesa, alla singolare incongruenza astrale, coniugata con la teoria dei quattro elementi, del ciclo decorativo del celebre Studiolo di Francesco I de' Medici: quattro storie raccontano la sorprendente migrazione delle immagini simboliche attraverso tempi e luoghi distanti – un cammino che non ha diluito i pensieri e le idee che a quelle immagini hanno dato forma, ma ne ha anzi arricchito la trama concettuale." -
Des mois
«A quel tempo vivevo solo, per mia beatitudine e tormento. Insoddisfatto di me e d'ogni mia intrapresa, a una cert'ora scendevo in cortile; lei era lì sempre, e i nostri occhi s'incontravano. Io la guardavo un poco ontoso, e lei mi rendeva uno sguardo grave, cupo a dispetto dell'attonimento che sembra connaturale ai loro occhi chiari e sgranati, leggermente interrogativo, anche avido; e tutto era detto tra noi. In verità il gatto è forse il solo animale che conosca la noia umana, ossia di tipo umano; noia vera e non pretesa, da votezza e non da esuberanza o almanaccamento, noia sconsolata, nell'esercizio e nella pena del quale sentimento esso può dar dei punti perfino all'uomo.»Luogo deputato a radunare ""le deiezioni dell'anima"""", il diario è il più degradato, il più """"gloriosamente abietto"""" dei generi: ma in Landolfi, ha scritto Manganelli, subisce una radicale metamorfosi. Anziché catalogo di eventi ed emozioni quotidiane, diventa un'invenzione retorica dove passato e futuro si fondono in un """"perituro istante"""" e il tempo risulta annullato; anziché documento privato, diventa, nella sua instabile tessitura di temi, rifiuto di sé. Mutevolmente, in """"Des mois""""- terzo pannello dopo """"La bière du pécheur"""" e """"Rien va"""" - Landolfi trascorre infatti dalla particolare coloritura delle immagini di sogno, irriproducibili dalla parola, alla segreta fraternità con una gatta (i gatti sono per lui i soli animali che conoscano la noia umana, quella legata al vuoto, al """"tempo senza fondo""""); dal conflitto tra la """"lusinga dei miei vizi"""" (cioè il richiamo della vita) e la mediocrità borghese (cioè l'abiezione) allo stile, che nei grandi scrittori è distanza, capacità di considerare frasi e parole meri strumenti e non già """"sacri arredi""""; dal naturale stato di sottomissione agli eventi che ci impedisce di adattarci alla desiderata e aborrita libertà al rapporto con i figli, che, usciti dal """"malevolo nulla"""", lo sfidano con la loro presenza miracolosa e accusatrice, lasciandolo lacerato tra """"una tragica sollecitudine e la coscienza della metafisica inanità di qualsiasi affettuoso intervento"""". Centro di questo simulato e veritiero diario è del resto - sono ancora parole di Manganelli - """"il sacrilegio, la violazione, la violenza per diniego, la clandestina e blasfema celebrazione di una irreparabile impurità, una fessura che ferisce il mondo da parte a parte, e ne annuncia la vocazione catastrofica""""."" -
Il cadevere rapito
Sullo sfondo di un paesino francese pettegolo, soffocante e feroce, il grande cantore dell'Abiezione tesse con mano magistrale i fili di un dramma metafisico in cui, più ancora che «le Presenze», si avverte «l'essenziale e unica Assenza».«Alto e sottile, padre Diverneresse aveva il volto color bronzo di chi vive al sole; la testa e le mani parevano scolpite in vecchio legno di ciliegio; abituate all'immobilità assoluta, erano diventate oggetti, vere e proprie ""cose"""", cose pressoché eterne, preziose, cariche di luce interiore. Impossibile attribuirgli un'età o l'attinenza con un luogo, quasi che si fosse sottratto al tempo, che non facesse più parte di alcun consorzio umano; e la pazienza irreale della sua maschera così come la solidità delle sue forti membra, allorché si muovevano, erano tali che avrebbero potuto appartenere tanto a un contadino abituato a spostare foreste e montagne quanto all'ombra leggera di un principe che si risvegli da un sonno secolare in fondo a un sotterraneo.»«Un originale, un selvaggio, un sapiente, un demonio, il nostro parroco; nessuno sa quale sia la sua pena segreta, né quale insetto l'abbia punto al momento della nascita». Questo dicono di padre Diverneresse gli abitanti di Port-Salut, che lo hanno soprannominato Simon Mago e sono convinti che «nel fondo di quella vita inverosimile» si nasconda un mistero. Tutto di quello strano prete suscita in loro stupore e scandalo: il suo desiderio di solitudine, il suo bisogno di luce e di silenzio; e più di ogni altra cosa li indigna il modo in cui tratta la sua perpetua, alla quale non permette neanche di rifargli il letto. Verrà un giorno in cui giungeranno a sospettarlo di macchiarsi di crimini nefandi – sacrilegio, stregoneria, forse persino incesto – in compagnia della enigmatica signorina Angèle, il suo «Angelo tremendo», l'unica a cui egli rivolga la parola."" -
L' enigma dell'arrivo
«Un addio di famiglia la mattina, a migliaia di chilometri di ditanza: un addio al mio passato, al mio passato coloniale e al mio passato asiatico e contadino. Subito dopo, l'esaltazione: la vista di campi e di montagne che non avevo mai veduto; il mare increspato che sembrava strisciare; poi le nuvole viste dall'alto; e pensieri sull'inizio del mondo, pensieri di tempo senza inizio né fine; l'intensa percezione della bellezza. Un lieve panico, poi; in parte perfino simulato; quindi una perdita d'identità. Un diario censurato, vero solo per metà, ma anche per metà intensamente vero, scritto in una stanzetta buia dell'Hotel Wellington a New York. E già l'impressione di essermi perduto, l'impressione di una verità non del tutto affrontata, di un mondo che avevo visto così grande e che la notte era ritornato piccolo un'altra volta.»""L'enigma dell'arrivo"""" è nello stesso tempo un'intensa meditazione autobiografica e una delle più ipnotiche narrazioni della maturità di Naipaul. Tutto ruota intorno al luogo in cui lo scrittore si insedia al suo ennesimo ritorno in Inghilterra: un cottage nella valle del Wiltshire che solo un breve viottolo separa dall'incanto arcano di Stonehenge, i cui antichi tumuli """"profilati contro il cielo"""" si intravedono dal varco di una siepe. Da qui - da questo osservatorio opaco e metafisico, dove cupi parchi secolari convivono con autostrade solcate da camion colorati come giocattoli - lo scrittore scruta e ricorda, in un unico flusso. Scruta la comunità circostante (mungitori, contadini, piccoli imprenditori e giardinieri in tweed) come un microcosmo ibernato in una """"rete di risentimenti reciproci"""", di gente infelice che per sopravvivere deve restare """"cieca alla propria condizione"""". E ricorda le tante sequenze del suo passato di nomade e apolide, dalla Trinidad romantica e perduta della sua infanzia (un universo """"di campi di canna da zucchero e di capanne e di bambini scalzi"""") a una Londra """"estranea e sconosciuta"""", che gli porterà - tra i doni taumaturgici - una passione febbrile per Charles Dickens. L'esito è un percorso umano e intellettuale di disillusione radicale, in cui Naipaul - immettendo nella propria cadenza un inconsueto timbro malinconico - trova il solo appiglio e la sola vera patria in una tortuosa vocazione di scrittore."" -
Il Dottor No
Nel sesto episodio della serie di 007, Fleming ripropone la sua formula ormai collaudata: ragazze nude, spie, e armi nucleari.«La spiaggia vuota, il mare blu e verde, la ragazza nuda con i capelli biondi, ricordavano qualcosa, a Bond. Frugò nella mente. Ma certo, la Venere di Botticelli vista da dietro.»Dopo cinque romanzi, Ian Fleming confessò al suo amico Eric Ambler di avere finalmente capito quali fossero gli ingredienti base per una delle sue (delle loro) storie: «ragazze nude, spie, e armi nucleari», meglio se ospitate sulla stessa isola. Di isole adatte al sesto episodio di 007 Fleming ne aveva visitate parecchie, e la più attraente era senz'altro Great Inagua, nelle Bahamas: colonie di uccelli rari protetti dalla Audubon Society, grandi paludi, mangrovie, granchi giganti assai temibili – e guano ovunque. Anche la trama era già pronta, bastava prendere un trattamento per la televisione americana di qualche anno prima, mai realizzato, in cui Fleming aveva ipotizzato che una misteriosa, potentissima organizzazione criminale possedesse apparecchiature in grado di deviare i missili intercontinentali americani. Bisognava solo trovarle un capo, magari prestandogli qualche tratto di un cattivo per antonomasia, il dottor Fu Manchu, e il gioco era quasi fatto. Cosa mancava? Ah già, le ragazze nude, almeno una. Be', qui Fleming giocava sul sicuro, tanto da potersi permettere di non aspettare gli arzigogolati rituali di accoppiamento del suo 007, presentandoci Honeychile, appena uscita dall'acqua, nella stessa veste in cui, da allora, è impossibile non continuare a immaginarla. -
Il male primordiale nella Qabbalah. Totalità, perfezionamento, perfettibilità
I primi versetti della ""Genesi"""" costituiscono da sempre un'arena di scontro per esegeti, filosofi e mistici. Tutto ruota intorno all'oggetto d'indagine della teodicea, quella branca della teologia che studia l'origine del male: si tratta di una realtà presente nella creazione e addirittura in Dio? Preesiste al bene, così come le tenebre preesistono alla luce? È una scorza dura che protegge un frutto succoso dagli attacchi di chi lo vuole distruggere? In antichi testi ebraici si legge che Satana fu il primogenito di Dio, o che il primogenito di Adamo, Agrimas, potenza primordiale malvagia, prese in moglie una lilit, una demonessa, la quale gli generò novecentomila figli che avrebbero invaso il mondo e imposto la loro supremazia se non fosse intervenuto Matusalemme a sterminarli con una spada magica. La storia della generazione del male da un principio positivo appare già nel IX secolo in un passo del vescovo Agobardo di Lione, dove si attribuisce agli ebrei la credenza in un Dio il quale, seduto sul suo trono sorretto da quattro bestie in una sorta di grande palazzo, """"fa pensieri superflui e vani che, data la loro inanità, si trasformano in demoni"""" - una formulazione destinata a riverberarsi in molte forme della tradizione cabbalistica medioevale. Basandosi sull'analisi di testi perlopiù ignoti, ignorati o fraintesi dalla ricerca contemporanea, Moshe Idel indaga in pagine dense e coinvolgenti i processi che portarono all'adozione nel giudaismo di tradizioni dualistiche iraniche o gnostiche e all'elaborazione di gerarchie ontologiche in cui i due princìpi opposti di bene e male sono comunque intesi come entità subordinate al loro creatore. E solo di rado il male appare in forme diaboliche, perché in fondo esso deve la sua vitalità alle scintille di Dio che vi si trovano incluse, senza le quali sarebbe incapace di agire o addirittura di esistere."" -
Storia, gioia
Solo gli eterni hanno Storia, solo essi possono «morire» e rimanere eterni.rnrnGli scritti di Severino indicano un senso della «storia» profondamente diverso da quello presente nelle varie forme di cultura: nel suo significato più radicale la storia è l'infinito e sempre più ampio apparire degli eterni in ognuno dei «cerchi dell'apparire del destino della verità». Ogni cerchio è l'essenza di ciò che chiamiamo «un uomo». Gli eterni, quindi, non sono res gestae. Che esistano res gestae – cose che son fatte esistere e che escono poi dall'esistenza – è la «follia estrema». Solo gli eterni hanno Storia, solo essi possono «morire» e rimanere eterni: la loro Storia prosegue all'infinito anche dopo la loro morte. La totalità infinita degli eterni è la Gioia, la Pianura che dà spazio all'infinito, e sempre più ampio, apparire degli eterni nella «costellazione» dei cerchi. -
Per non dimenticare la memoria
Una guida da parte di «uno che soffre i mali di cui parla», un breviario filosofico da tenere in tasca per conservare la «memoria verace» e guardarsi dalla E-Memoria, che «va surrogando la realtà stessa, abbrutendo la gioventù e l'infanzia e, finché non avrà distrutta e resa schiava con tutti i suoi prodotti la mente umana, non sarà sazia di divorare». -
La casa dei Krull
In questo romanzo oscuramente profetico, scritto alla vigilia della guerra, Simenon affronta un tema che gli sta molto a cuore, e lo fa scegliendo il punto di vista di un personaggio apparentemente marginale.rnrnLa casa dei Krull è al margine estremo del paese, e loro stessi ne vengono tenuti ai margini. Benché naturalizzati, restano gli stranieri, i diversi. Da sempre, e nonostante gli sforzi fatti per integrarsi. Nel loro emporio non si serve la gente del luogo, neanche i vicini, ma solo le mogli dei marinai che a bordo delle chiatte percorrono il canale. E quando davanti all'emporio viene ripescato il cadavere di una ragazza violentata e uccisa, i sospetti cadono fatalmente su di loro. In un magistrale crescendo di tensione, e con un singolare (e formidabile) rovesciamento, vediamo montare l'ostilità della popolazione francese verso la famiglia tedesca, e l'avversione per una minoranza, che rappresenta un perfetto capro espiatorio, degenerare progressivamente in odio e violenza. Mentre all'interno della casa dei Krull ciascuno deve fare i conti con le proprie colpe e le proprie vergogne nascoste. In questo romanzo oscuramente profetico, scritto alla vigilia della guerra, Simenon affronta un tema che gli sta molto a cuore, e lo fa scegliendo il punto di vista, disincantato e sagace, di un cugino dei Krull, un ospite tanto più inquietante, e imbarazzante, in quanto diverso, per così dire, al quadrato: diverso, come i Krull, dagli abitanti del paese, ma diverso anche da loro stessi, perché dotato di un buonumore «sconosciuto in quella casa», e di una disinvoltura, di una «leggerezza fisica e morale» che la rigida etica protestante paventa e aborre – e sarà proprio questa sua intollerabile estraneità a scatenare la tempesta.