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Elogio della finta
«L'arte della finta, imparabile, geniale, anche inutile quando Garrincha, per golosità, si ferma, torna al centro o fa dietrofront per riprendere la sua diabolica esibizione, come un gattino che gioca con un gomitolo di lana. I difensori restano con un palmo di naso o si scontrano fra loro, ridicoli, umiliati»rn«Un'entusiasmante storia calcistica» - Thierry Fiorilern«Elogio della finta o come il calcio ha modellato la storia del Brasile» - Laurent-David Samama«Manoel Francisco dos Santos, detto Garrincha (lo scricciolo), era alto un metro e sessantanove, la stessa altezza di Messi. Grazie a lui il Brasile divenne campione del mondo nel 1958 e nel 1962, e il Botafogo, il suo club, regnò a lungo sul campionato carioca. Con la sua faccia da galeotto, le spalle da lottatore e le gambe sbilenche come due virgole storte, è passato alla storia come il dribblatore pazzo, il più geniale e il più improbabile che abbia calcato i campi di calcio. «Come un compositore toccato da una melodia piovuta dal cielo» (Paulo Mendes Campos), Garrincha elevò l’arte della finta a essenza stessa del gioco del calcio. Il futebol divenne con lui un gioco ispirato e magico, fatto di astuzia e simulazione, un gioco di prestigio senza fatica e sofferenza, creato soltanto per l’Alegria do Povo, la gioia del popolo.rnDio primitivo, divise la scena del grande Brasile con Pelé, il suo alter-ego, il re disciplinato, ascetico e professionale. Garrincha resta, tuttavia, il vero padre putativo dei grandi artisti del calcio brasiliano: Julinho, Botelho, Rivelino, Jairzinho, Zico, Ronaldo, Ronaldinho, Denílson, Robinho, Neymar, i portatori di un’estetica irripetibile: il dribbling carioca. Cultore da sempre del football brasiliano, Olivier Guez celebra in queste pagine i suoi interpreti, quegli «uomini elastici che vezzeggiano la palla come se danzassero con la donna più bella del mondo» e non rinunciano mai a un «calcio di poesia» (Pier Paolo Pasolini). -
Un matrimonio americano
Una storia d'amore violenta e commovente. Il matrimonio di una coppia afro-americana distrutto da un sistema giudiziario imperfetto. Un capolavoro di narrazione, un implacabile affresco del razzismo che ancora permea l'odierna società americana. rnrn«Le speranze perdute dell'amore... in un romanzo magnificamente scritto» – The New York Times Book Reviewrnrn«Nel cuore di questo romanzo c'è una storia d'amore, ma una storia d'amore distorta dall'ingiustizia razziale. Sottile, ben fatto e potente» – Kirkus Reviewrnrn«Brillante e straziante... Indimenticabile» – USA TodayrnrnCelestial e Roy sono l'incarnazione del sogno americano: lui, pur provenendo da una famiglia della classe operaia della Louisiana, è riuscito a frequentare il college e ritagliarsi un posto nella società come dirigente, lei è una promettente artista emergente. Sposati da appena diciotto mesi, hanno una splendida casa ad Atlanta e stanno cercando di avere un figlio. Durante una visita ai genitori di Roy, la giovane coppia pernotta in un hotel. Dopo un litigio di poco conto, Roy esce dalla stanza per prendere del ghiaccio. Nella hall dell'albergo incontra una donna con un braccio fasciato, che gli chiede una mano per risolvere un problema con il condizionatore della propria stanza. Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con la sconosciuta, Roy torna da Celestial, si riappacificano e si addormentano. All'alba vengono svegliati dalla polizia che butta giù la porta della stanza e arresta Roy con l'accusa di stupro. Ad additarlo come il proprio aggressore è la donna a cui ha prestato aiuto la sera precedente. La donna è bianca, Roy e Celestial sono afro-americani. Roy viene condannato a dodici anni per un crimine che non ha commesso, solo e unicamente in virtù del colore della sua pelle e del pregiudizio che ne consegue. Benché fieramente indipendente, Celestial si ritrova all'improvviso sola, povera e disarmata, trovando conforto in André, un amico d'infanzia da sempre innamorato di lei. Dopo cinque anni di carcere, la condanna di Roy viene commutata e lui si ritrova libero, pronto a tornare ad Atlanta e a riprendere in mano la propria vita, inconsapevole dei cambiamenti avvenuti negli anni della sua detenzione. -
Ritorna
Tenera e divertente commedia sull'imprevedibilità della vita, Ritorna costituisce una splendida conferma del talento dell'autore e regista de Il condominio dei cuori infranti nel trovare, con humour e disincanto, la poesia nella quotidianità.rn«Il condominio dei cuori infranti sfugge alle definizioni e cattura irrimediabilmente. È umorismo e spessore, è originalità e vita quotidiana. Pura poesia, ma anche sarcasmo disincantato». - Panoramarn«Fin dal notevole incipit, Il condominio dei cuori infranti scopre le sue carte e si porta immediatamente verso un registro surreale e tragicomico». - Il Sole 24 OrernNell'odierna Parigi, ogni notte, uno scrittore affida ai propri quaderni una dettagliata lista di buoni propositi che al mattino, passati i fumi dell'alcol, si rivelano del tutto avventati. Da quando suo figlio è partito per un lungo viaggio attraverso il mondo, l'uomo trascorre le sue giornate chiuso in casa a guardare squallidi reality show e a tentare invano di mettere mano al libro per il quale, dopo il discreto successo del suo primo romanzo, «Cemento armato», ha già ricevuto l'anticipo dall'editore. Non soltanto l'ispirazione latita, ma ogni estro creativo sembra essersi irrimediabilmente dileguato.rnLa piatta esistenza in cui si trascina, tra funzionari dell'Agenzia delle entrate che gli stanno con il fiato sul collo e velenose telefonate della sua ex moglie, sembra giunta a un punto di svolta quando un produttore televisivo lo contatta per dirgli di voler trarre una serie da «Cemento armato» e, com'è consuetudine in simili circostanze, gli chiede una copia del romanzo. L'unica copia in possesso dell'autore è, però, quella del figlio, una copia intoccabile. Dal momento che nessuna libreria di Parigi e dintorni sembra avere il libro a scaffale, lo scrittore decide di ordinare l'agognato romanzo su Amazon. Un'impresa che si rivelerà ben piú ardua del previsto e che lo trascinerà, suo malgrado, fino alle porte di una casa di riposo in periferia, dove una sua anziana ammiratrice ne conserva gelosamente un esemplare. Il piano dello scrittore è semplice: presentarsi a quella donna, passare qualche momento con lei, fare una foto qualora insista, e convincerla a prestargli la copia del libro per mandarla al produttore televisivo. Ma le cose non andranno esattamente come previsto e il nostro eroe si imbarcherà in una serie di rocambolesche avventure che, tra portinaie scorbutiche, contadini sciancati, corrieri fantasmi e un'anatra, lo condurranno verso strade del tutto inaspettate. -
La presa di Singapore
Sferzante e irresistibile romanzo sulla caduta dell'Impero britannico e, nello stesso tempo, impeccabile ricostruzione dello sfarzo e delle miserie della vita dei coloni inglesi negli anni Trenta, La presa di Singapore conclude la Trilogia dell'Impero, iniziata con Tumulti e proseguita con L'assedio di Krishnapur, trilogia che ha fatto di J.G. Farrell uno dei più acclamati e importanti scrittori inglesi del Novecento.«Un romanzo brillante, complesso, assurdo e malinconico sulle follie e gli splendori dell'Impero coloniale britannico» – Hilary Spurling«Questo vivido affresco di Singapore è un libro superbamente costruito, divertente per molteplici aspetti» – The Sunday Times«Con la sua arguzia gentile Farrell cattura l'anima di Singapore» – Time MagazineSingapore, 1937. Walter Blackett, president dell'illustre casa mercantile Blackett and Webb Limited, fino a qualche tempo fa non poteva certo lamentarsi della sua vita, condotta sempre nel segno della tranquillità e di una crescente fortuna. Al punto tale che, nei due decenni dopo la Grande Guerra, solo un paio di volte qualcosa ha osato turbare il placido equilibrio della sua esistenza. Si trattava, però, di piccolo questioni, faccende di nessun peso. Nulla, insomma, che potesse essere accostato alle gravose circostanze in cui si ritrova a vivere ora. Saranno i tempi moderni, ma tanto per cominciare Joan, la figlia maggiore, frequenta solo giovani pretendenti del tutto inadatti a lei e alla sua condizione. Un'attitudine intollerabile per un uomo come Walter Blackett, che non può certo lasciare che le figlie convolino a nozze con un avventuriero qualsiasi. Norma vorrebbe che la figlia del presidente della Blackett and Webb Limited sposasse qualcuno che abbia il suo stesso rango all'interno della Colonia. Il figlio di Mr Webb, il suo socio in affari, ad esempio. Peccato che anche per il ragazzo di Webb non sembra valere più alcuna norma: il rampollo è cresciuto con strambe idee progressiste sull'alimentazione e l'istruzione e, anziché affiancare il padre nella conduzione della casa mercantile, lavora per la Società delle Nazioni. Per giunta, con il passare degli anni, lo stesso Mr Webb dà segno di inesplicabili stramberie. Ha preso l'abitudine di potare le rose in giardino completamente nudo e di recente ha anche iniziato a invitare a casa sua giovani cinesi di entrambi i sessi «per modellare il fisico» per mezzo di sessioni di allenamento e ginnastica. Per fortuna gli affari vanno a gonfie vele. La guerra, e la corsa dei governi inglese e americano all'accaparramento di scorte per affrontare un eventuale crollo delle forniture, ha portato la domanda di gomma a livelli mai visti. Certo, gli scioperi dell'ultimo decennio hanno cambiato il volto della Malesia Britannica e ancora scuotono il paese. Ma chi potrebbe lontanamente supporre che il glorioso Impero britannico, con i suoi stabili confini tra classi e nazioni, possa correre un qualche pericolo? -
Diario di clandestinità e altri scritti in tempo di guerra (1943-1945)
Sono pagine che narrano di un'avventura clandestina «drammatica e ricca d'umanità», come ebbe a definirla Neri Pozza, e che costituiscono, insieme, come scrive nell'introduzione Teodolinda Barolini, una «meditazione filosofica e religiosa che indaga le modalità dell'eroismo e i parametri di una vita morale in tempi di guerra».rnrn«A noi preme una posizione ideale chiara, nettamente contraria ad ogni schiavitù, ad ogni ingiustizia, dettate sempre e fatalmente da sentimenti di parte, da spirito di vendetta, non altrimenti foriero che di altre vendette, da negazioni – in una parola – di quella libertà che tale non potrà mai essere se non sarà nella maggioranza, anche coscienza e forza di amore, anche moralità di vita, anche difesa della legge»rnIl 25 luglio 1943, quando cade il regime mussoliniano, Antonio Barolini è una delle figure di rilievo nella cerchia degli antifascisti vicentini. Ha già pubblicato tre raccolte di poesie nelle edizioni dell'Asino Volante e del Pellicano, le prime avventure editoriali dell'amico Neri Pozza, e la sua notorietà è tale da avergli procurato la stima e l'amicizia di intellettuali quali Aldo Capitini, il fondatore del Movimento Nonviolento in Italia, Carlo Ludovico Ragghianti, Giorgio Bassani. Naturale, dunque, che quando la «Vedetta fascista», il quotidiano locale, diventa «Il Giornale di Vicenza», scoprendo, come numerosi organi di stampa periferici, la libertà d'espressione, Barolini venga chiamato a dirigerlo. La sua direzione dura quarantacinque giorni, i giorni del governo Badoglio. Con la neonata Repubblica di Salò, protetta dai nazisti, «Il Giornale di Vicenza» si trasforma nel «Popolo vicentino» e Antonio Barolini, finito sotto processo, viene condannato a quindici anni di reclusione dal Tribunale speciale fascista per gli articoli scritti sul foglio «badogliano». Le pagine qui raccolte e curate dalle figlie di Barolini, costituiscono il diario di quegli anni; un diario di clandestinità, poiché, per sfuggire alla cattura, Barolini si rifugia a Venezia, dove vive segregato dai partigiani in otto diverse case fino al 29 aprile 1945, giorno della liberazione della Serenissima. A distanza di tanti anni dagli eventi narrati, sorprende l'attualità del conflitto morale che le alimenta: il conflitto di un uomo che si scopre pacifista in tempo di guerra e cerca incessantemente la via giusta per opporsi al male e alla barbarie. -
Dai tuoi occhi solamente
Candidato al Premio Strega 2019Dopo Dentro soffia il vento, Francesca Diotallevi dà un’ulteriore prova del suo talento con uno struggente, autentico romanzo sulla vita di una delle grandi artiste «invisibili» del xx secolo: Vivian Maier.rnrn«Schiva al punto di scattare migliaia di fotografiernsenza svilupparle, morta ottantatreenne nel 2009,rnsola, senza un soldo e senza fama,rnVivian Maier ha alimentato il suo mitorncon la sua invisibilità» - la Repubblicarn«Vivian era una donna sola. Se per scelta o per forza,rnrimane impossibile affermarlo con certezza.rnMa non bastano la porta chiusa della sua stanza,rnle false generalità, il mondo vietato agli altrirnad esaurire il quadro» - il ManifestornrnNew York, 1954. Capelli corti, abito dal colletto tondo, prime rughe attorno agli occhi, ventotto anni, Vivian ha risposto a un’inserzione sul New York Herald Tribune. Cercavano una tata. Un lavoro giusto per lei. Le famiglie l’hanno sempre incuriosita. La affascina entrare nel loro mondo, diventare spettatrice dei loro piccoli drammi senza esserne partecipe, e osservare la recita, la pantomima della vita da cui soltanto i bambini le sembrano immuni.rnLa giovane madre che l’accoglie ha labbra perfettamente disegnate con il rossetto, capelli acconciati in onde rigide, golfini impeccabili. Dietro il suo perfetto abbigliamento, però, Vivian sa scorgere la crepa, il muto appello di una donna che sembra chiedere aiuto in silenzio. Del resto, questo è il suo lavoro: prendersi cura della vita degli altri.rnL’accordo arriva in fretta. A lei basta poco: una stanza dove raccogliere le sue cose; una città, come New York, dove potere osservare le vite incrociarsi sulle strade, scrutare mani che si stringono, la rabbia di un gesto, la tenerezza in uno sguardo, l’insopportabile caducità di ogni istante. Ed essere, nello stesso tempo, invisibile, sola nel mare aperto della grande città, a spingere una carrozzina o a chinarsi per raddrizzare l’orlo della calza di un bambino.rnScrutare i gesti altrui e guardarsi bene dall’esserne toccata: questa è, d’altronde, la sua esistenza da tempo. Troppe, infatti, sono le ferite che le sono state inferte nell’infanzia, quando la rabbia di un gesto – di sua madre, Marie, o di suo fratello Karl, animati dalla medesima ira nei confronti del mondo – si è rivolta contro di lei.rnSola nella camera che le è stata assegnata, Vivian scosta le tende dalla finestra, lancia un’occhiata al cortiletto ombroso e spoglio nel sole morente di fine giornata, estrae dalla borsa la Veronasua Rolleiflex e cerca la giusta inquadratura per catturare il proprio riflesso che appare contro l’oscurità del vetro.rnÈ il solo gesto con cui Vivian Maier trova il suo vero posto nel mondo: stringere al ventre la sua macchina fotografica e rubare gli istanti, i luoghi e le storie che le persone non sanno di vivere. -
La sinfonia del vivente. Come l'epigenetica cambierà la vostra vita
Questo libro tratta di una delle rivoluzioni scientifiche più importanti degli ultimi cinquant’anni, una rivoluzione che ha segnato una svolta fondamentale negli studi sul DNA e in generale nel vasto campo della biologia. Il suo nome è epigenetica. Come indica l’etimo, tratta di ciò che sta «sopra» il patrimonio genetico, dell’«impronta» che ne condiziona e muta l’attività.rn«Stress, dieta, inquinamento... Le condizioni di vita hanno un impatto sul funzionamento dei nostri geni e sulla comparsa di malattie. La sinfonia del vivente è un libro che ne parla in modo intelligente e completo» - Les Tempsrn«Grazie all’epigenetica, oggi conosciamo le regole scientifiche di base che permettono di agire molto più rapidamente sul nostro corpo. Centinaia di laboratori lavorano ormai nel mondo per accertare il ruolo dell’epigenetica nel trattamento del cancro, nel rallentamento dell’invecchiamento, nel miglioramento della salute e nel mantenimento di uno stile di vita equilibrato, permettendo di premunirsi contro le malattie microbiche, virali o anche degenerative legate all’età. L’epigenetica apre inoltre una nuova via alla responsabilizzazione e alla libertà degli esseri umani.»rnFino a qualche tempo fa, i biologi erano unanimemente convinti che gli esseri viventi non fossero altro che il prodotto dei rispettivi geni. Con la comparsa dell’epigenetica si è scoperto che il programma contenuto nel DNA può essere espresso, inibito o modulato dal comportamento degli esseri viventi, i quali dispongono di un vero e proprio potenziale di azione sul genoma, in grado di alterarne le funzioni senza, naturalmente, mutarne la sequenza. Per quegli esseri viventi che siamo noi, questa scoperta è palesemente gravida di conseguenze. Sappiamo ora che il nostro comportamento quotidiano, ciò che mangiamo, l’esercizio fisico che pratichiamo, la nostra resistenza allo stress, lo stile di vita che adottiamo, inibiscono o attivano certi geni. Siamo come i direttori d’orchestra di una sinfonia, coautori della nostra vita, della nostra salute, del nostro equilibrio. Joël de Rosnay traccia in questo libro la storia di questa rivoluzione e si sofferma sui suoi effetti sul «vivente», su come, soprattutto, ogni vivente possa prendersi cura del proprio ambiente e del proprio corpo. L’approccio epigenetico, per de Rosnay, va, tuttavia, ben oltre il corpo del singolo vivente. Se, infatti, è possibile agire su un sistema tanto complesso quanto lo è un organismo vivente, perché non applicare l’epigenetica a un altro sistema particolarmente complesso, alla società in quanto tale? Pensare a un mondo in cui gli individui, oltre a plasmare la propria vita personale, siano in grado anche di plasmare quella della società, segnando il passaggio da una democrazia rappresentativa a una democrazia partecipativa? Basata sull’interdipendenza tra individuo e ambiente, l’epigenetica svela, nelle pagine di questo libro, il mondo a venire. -
Le sette morti di Evelyn Hardcastle
Stanotte Evelyn Hardcastle verrà uccisa... di nuovo. Come puoi impedire un omicidio già compiuto?rnrn«Complesso, affascinante e sconcertante. Un debutto straordinariamente raffinato» – The Timesrnrn«Da capogiro. abbagliante come il finale di uno spettacolo di fuochi d’artificio» – Guardianrnrn«Questo libro mi ha fatto impazzire. È assolutamente originale e unico. Non riuscivo a togliermelo dalla testa» – Sophie HannahrnrnBlackheath House è una maestosa residenza di campagna cinta da migliaia di acri di foresta, una tenuta enorme che, nelle sue sale dagli stucchi sbrecciati dal tempo, è pronta ad accogliere gli invitati al ballo in maschera indetto da Lord Peter e Lady Helena Hardcastle. Gli ospiti sono membri dell'alta società, ufficiali, banchieri, medici ai quali è ben nota la tenuta degli Hardcastle. Diciannove anni prima erano tutti presenti al ricevimento in cui un tragico evento – la morte del giovane Thomas Hardcastle – ha segnato la storia della famiglia e della loro residenza, condannando entrambe a un inesorabile declino. Ora sono accorsi attratti dalla singolare circostanza di ritrovarsi di nuovo insieme, dalle sorprese promesse da Lord Peter per la serata, dai costumi bizzarri da indossare, dai fuochi d'artificio. Alle undici della sera, tuttavia, la morte torna a gettare i suoi dadi a Blackheath House. Nell'attimo in cui esplodono nell'aria i preannunciati fuochi d'artificio, Evelyn, la giovane e bella figlia di Lord Peter e Lady Helena, scivola lentamente nell'acqua del laghetto che orna il giardino antistante la casa. Morta, per un colpo di pistola al ventre. Un tragico decesso che non pone fine alle crudeli sorprese della festa. L'invito al ballo si rivela un gioco spietato, una trappola inaspettata per i convenuti a Blackheath House e per uno di loro in particolare: Aiden Bishop. Evelyn Hardcastle non morirà, infatti, una volta sola. Finché Aiden non risolverà il mistero della sua morte, la scena della caduta nell'acqua si ripeterà, incessantemente, giorno dopo giorno. E ogni volta si concluderà con il fatidico colpo di pistola. La sola via per porre fine a questo tragico gioco è identificare l'assassino. Ma, al sorgere di ogni nuovo giorno, Aiden si sveglia nel corpo di un ospite differente. E qualcuno è determinato a impedirgli di fuggire da Blackheath House... Accolto dall'entusiasmo della critica al suo apparire, vincitore del Costa First Novel Award, Le sette morti di Evelyn Hardcastle è, come ha scritto il Financial Times, «qualcosa in cui il lettore non si è mai imbattuto fino ad ora», un romanzo geniale in cui Agatha Christie incontra ""Black Mirror""""."" -
Il party
Accolto al suo apparire in Inghilterra da uno strepitoso successo di pubblico e di critica, Il party è uno dei piú riusciti romanzi sul lato oscuro e morboso delle relazioni umane, oltre che una magistrale descrizione del cinismo, della fatuità e dell'impudicizia con cui il privilegio e il potere si offrono oggi allo sguardo.rnrn«Un oscuro, avvincente libro di ossessioni e gelosie che attraversano una vita intera» – The Guardianrnrn«Sembra che Herman Koch abbia scritto a quattro mani con Patricia Highsmith, irresistibile» – Bombrnrn«""Il talento di Mr. Ripley"""" con un pizzico di """"The Riot Club"""". Impossibile metterlo giù» – Louise O'NeillrnrnBurtonbury, un ex collegio maschile per i figli dei diplomatici, è una scuola privata con una discreta reputazione e la vana ambizione di poter essere un giorno all'altezza di Eton o di Harrow. Quando vi mette piede per la prima volta, dopo aver vinto una borsa di studio, Martin Gilmour è un ragazzo con i maglioni scoloriti, i calzoncini per la ginnastica mai abbastanza bianchi e le camicie con macchie gialle indelebili. L'odore della tristezza di sua madre, rimasta prematuramente vedova, aleggia tra i suoi vestiti. Un giorno, però, alla Burtonbury School, il suo destino di adolescente imbronciato, con una costante sensazione di disagio e l'accento sbagliato, muta radicalmente. Martin incontra Ben Fitzmaurice, un ragazzo ricco, bello, ammirato da tutti, e ne diventa amico. Partite di tennis, cacce all'uovo tra prati curatissimi e aiuole sontuosamente fiorite, la tenuta dei Fitzmaurice spalanca le sue porte al giovane Gilmour. Ben diventa il fratello mai avuto, l'anima gemella da venerare, la ragione di vita da proteggere e custodire. Al punto che Martin si trasforma nella sua piccola ombra. Una piccola ombra capace di salvare l'amico dalle incresciose conseguenze della sua condotta, cosí sconsiderata e tipica di chi è stato troppo favorito dalla sorte. Durante i successivi venticinque anni, Martin serba nel suo cuore «il segreto» di quell'amicizia, un segreto che, piú di un patto di sangue, lo lega indissolubilmente al rampollo dei Fitzmaurice, come soltanto un debito impagabile, una gratitudine eterna possono fare. Quando Ben organizza un party per il suo quarantesimo compleanno in un edificio del diciassettesimo secolo acquistato insieme con la moglie Serena, Martin, divenuto un noto, disincantato critico d'arte, e sua moglie Lucy, una donna perfettamente consapevole di essere sempre seconda, nella scala degli affetti del marito, alla sacra amicizia con Ben, si mescolano volentieri alla variopinta folla di invitati: politici, celebrità, vecchi e nuovi ricchi col volto lucido e ritoccato ed energiche strette di mano. La sensazione di un inusuale, sgradevole impaccio nell'accoglienza che Ben gli riserva, si fa, tuttavia, subito strada nella mente di Martin. Gesti, parole, apprezzamenti di Fitzmaurice rivelano una strana inquietudine. Che la gratitudine che l'amico gli deve non sia eterna? Che «il segreto» custodito cosí a lungo sia stato del tutto inutile? Che, soprattutto, quell'amicizia, che per Martin è la sua unica ragione di vita, stia inaspettatamente per finire? Accolto al suo apparire in Inghilterra da uno strepitoso successo di pubblico e di critica, «Il... -
Sulla motocicletta
Amorevolmente curato da Maria Nadotti, questo libro è un omaggio all'arte di guidare la motocicletta secondo John Berger, offerto a tutti coloro che ne condividono in qualche modo l'«esperienza di libert໫Sulla motocicletta raccoglie scritti e contributi del grande romanziere, pittore e critico d'arte inglese. Per Berger quella per la moto era una passione tra le tante, nata durante il servizio militare nell'esercito e mai più abbandonata» - Benedetta Marietti, Il VenerdìGuidare una motocicletta non ha niente a che fare con la velocità. È un'esperienza intensissima di libertà psichica e fisicarnNel 2002, in un'intervista a una stazione radio di Los Angeles, John Berger descrive così la sua passione per la motocicletta, sorta durante il servizio militare nell'esercito britannico - lo destinarono al compito di ""staffetta"""", di addetto al recapito di messaggi - e mai più abbandonata, tanto che, ad Antony, alle porte di Parigi, lo si vide, quasi novantenne, dare lezioni di guida alla figlia sedicenne dell'amica Tilda Swinton. Guidare una moto, per Berger, è «un'esperienza intensissima di libertà psichica e fisica» poiché è un'arte che «differisce da ogni altro tipo di guida». Un'arte «spinoziana» - come scrive Andy Merrifield in questo volume, ricordando come Spinoza impregni ogni gesto reale e il pensiero di Berger - perché «interessa l'intero corpo e il suo istintivo senso di equilibrio». Con la sua meccanica e le sue due instabili ruote, la moto è, per Berger, mezzo di trasporto d'elezione, ma anche metafora, esca al lavoro congiunto di corpo e mente, strumento di ricerca e di piacere che implica costantemente una perfetta coincidenza tra occhio e mente, mano e cuore."" -
I fantasmi di Parigi
Romanzo profondamente toccante, I fantasmi di Parigi affronta la storia di una nazione e la sua identità e costituisce, insieme, una profonda riflessione sui diversi modi in cui il passato e il presente si intrecciano, a dispetto del trascorrere del tempo.rnrn«Faulks cattura la voce di un secolo» – Sunday Timesrn«Superbo, intreccia mirabilmente il tempo presente e quello della Seconda guerra mondiale, tra Tangeri e Parigi» – ObserverrnrnTariq, diciannove anni, braccia magre e capelli scarmigliati, abita in una casa bianca appena fuori dalla medina di Tangeri. Suo padre, Malik Zafar, è un imprenditore di mezza tacca con l'ambizione che il figlio segua le sue orme; della madre, Hanan, morta quando lui aveva appena nove anni, Tariq sa invece poco e nulla, se non che la donna aveva origini francesi. Per questo motivo, quando il ragazzo decide di tagliare la corda per sfuggire alle pressioni paterne, l'unica meta possibile sembra essere Parigi, la scintillante città dove Hanan è cresciuta e dove lui spera di scoprire qualcosa su di lei. L'americana Hannah, dopo aver trascorso un periodo in Africa, sbarca a Parigi con l'intenzione di concludere la sua tesi post-dottorato e condurre delle ricerche sulla condizione delle parigine durante l'Occupazione tedesca. Dieci anni sono trascorsi dal suo primo soggiorno nella capitale francese, ma l'eco di un grande amore, e della terribile delusione conseguita, ancora non smettono di tormentarla. Hannah e Tariq hanno poco in comune, ma entrambi sono alla ricerca di qualcosa di perduto: dei fantasmi di Parigi e, al contempo, dei loro personali fantasmi. Quando le loro strade si incroceranno, e soprattutto incroceranno quella della misteriosa Clémence, venticinquenne dalla carnagione scura e gli occhi neri, il passato tornerà a galla con prepotenza, travolgendo ogni cosa. -
L' incantatrice dei numeri
Con una prosa fluida ed elegante, Jennifer Chiaverini rende un sentito omaggio a una delle pioniere dell'informatica, una donna visionaria che ha lottato per la propria indipendenza e il riconoscimento delle proprie idee.rnrn«Questo romanzo è un'ode generosa a una delle più straordinarie pioniere dell'informatica» – Sydney Dalernrn«Caro lettore, se leggi questo libro, considerati davvero fortunato. Jennifer Chiaverini omaggia Ada Byron King, una donna degna di essere celebrata» – USA TodayrnrnLondra, 1815. È una fredda alba invernale, quando Lady Annabella Noel Milbanke, moglie di George Gordon, sesto barone di Byron, il poeta idolatrato da molti e detestato da altri quale «sinistro rappresentante della corrotta società londinese», si reca nella nursery dove dorme Ada, la figlia nata soltanto da sette mesi. In silenzio, afferra la piccola, la imbacucca contro il freddo e la stringe a sé, per raggiungere insieme la carrozza che le attende in giardino. A tarda sera, madre e figlia sono a Kirkby Mallory, nel Leicestershire, nella tenuta ereditata dai Noel Milbanke, lontano dall'elegante dimora di Piccadilly Terrace, dove la giovane nobildonna ha vissuto accanto a un uomo tanto geniale quanto sadico e crudele. Lady e Lord Noel Milbanke, i genitori di Annabella, si industriano subito per una tacita separazione legale della figlia dall'illustre poeta. La pubblicazione, però, da parte di Byron, di due poesie sulla separazione, «Addio del poeta» a sua moglie e «Saggio satirico», rende la vicenda pubblica suscitando grande scandalo nella società londinese. Determinata a tenere lontana dalla figura e dal mondo del padre la piccola Ada, Annabella bandisce fiabe e fantasia dall'infanzia della figlia, e le offre un'educazione rigorosa fondata sulla matematica e la scienza. Qualsiasi stimolante scintilla di immaginazione – o peggio ancora, passione o poesia – viene prontamente estinta. Ada cresce, perciò, mostrando una sorprendente attitudine per la matematica e lo studio di tutto ciò che è meccanico. Un talento che, nel 1833, durante un ricevimento a casa di Richard Copley, la porta a fare la conoscenza di Charles Babbage, inventore della macchina differenziale. Ada rimane affascinata dall'universalità delle idee dell'uomo. Anche Babbage resta, tuttavia, colpito dall'intelligenza di Adae dalle sue abilità matematiche. La chiama «l'Incantatrice dei numeri» e la introduce in un mondo dove il genio viene celebrato e l'immaginazione incoraggiata, e non guardata con paura, come un incendio da spegnere prima che distrugga l'intero villaggio. -
Il campo
Intimo e commovente affresco delle emozioni umane, Il campo è uno struggente romanzo corale attraversato da ventinove voci – liriche e suggestive – che mettono in scena, ora e per sempre, il grande teatro della vita e della morte, formando un diorama insuperabile di sentimenti, vizi e passioni.rnrn«Perfetto. Con il suo linguaggio semplice e poetico, Seethaler descrive la perdita, l’amore, la speranza e la solitudine» - ZDF Aspekternrn«Seethaler è un maestro della semplicità non sentimentale, dell’attimo, del caduco… tutto fluttua, tutto è lieve, e tutto giunge prima o poi alla fine» - Elke Heidenreich, FOCUSrnrnC’è stato un tempo in cui il campo era un semplice fazzoletto di terra disseminato di pietre e ranuncoli velenosi, tanto che l’agricoltore a cui apparteneva era stato felice di sbarazzarsene donandolo alla comunità. Ora, al riparo di un muro sgretolato e infestato di cespugli di sambuco, tra cui cantano i merli, il campo ospita le tombe degli abitanti di Paulstadt.rnL’erba è alta, l’aria pervasa dal ronzio degli insetti e nel vecchio cimitero non si reca piú nessuno, eccetto un uomo che, quasi ogni giorno, siede su una panca sotto una betulla e lascia vagare i pensieri. Le mani intrecciate sullo stomaco e il mento affondato nel petto, l’uomo pensa ai morti, a quelli che ha conosciuto di persona o incontrato almeno una volta. La maggior parte erano semplicemente abitanti di Paulstadt: artigiani, commercianti o impiegati in uno dei negozi in Marktstrasse o nelle stradine intorno.rnSe qualcuno lo vedesse in quei momenti, magari uno dei giardinieri, potrebbe credere che l’uomo stia pregando. La verità è che lui è convinto di sentirli parlare, i morti. Non capisce cosa dicano, eppure ne percepisce lernvoci, nitide come il cinguettio degli uccelli. A volte riesce a cogliere anche delle singole parole o dei frammenti di frase, e si domanda che cosa racconterebbero quelle voci se avessero la possibilità di essere ascoltate ancora una volta. Parlerebbero della vita, ora che se la sono lasciata alle spalle? Discuterebbero della morte, di cosa voglia dire trapassare, o forse continuerebbero a lamentarsi come facevano da vivi, a parlare di sciocchezze, di inezie, dei loro malanni?rnIntimo e commovente affresco delle emozioni umane, Il campo è uno struggente romanzo corale attraversato da ventinove voci – liriche e suggestive – che mettono in scena, ora e per sempre, il grande teatro della vita e della morte, formando un diorama insuperabile di sentimenti, vizi e passioni.rnCantore delle vite comuni, Robert Seethaler, che ha dominato le classifiche dei libri piú venduti in Germania con questo romanzo, «dimostra come raffinata qualità letteraria e grande successo non si escludano affatto»rn(Die Zeit). -
Jakob il bugiardo
Pubblicato per la prima volta nel 1968, e da allora una delle opere più importanti sulla Shoah, oggetto anche di una fortunata trasposizione cinematografica Jakob il bugiardo mostra come la letteratura possa restituire, più di mille saggi e trattati, il senso autentico di una delle più immani tragedie delle Storia.rnrn«Se fino a poco tempo fa la tragicommedia era un genere interdetto quando si trattava della Shoah, oggi grazie a Jakob il bugiardo è sdoganato» - rnla Repubblicarnrn«In una commovente, quasi allucinatoria, narrativa che dà voce a un dolore che va oltre le parole, Becker ci mostra persone comuni che lottano per mantenere la loro umanità e dignità» - Publishers Weeklyrnrn1945. In un piccolo ghetto ebraico della Polonia occupata dalle truppe naziste la vita si trascina tra infiniti stenti. Jakob Heym, proprietario di un caffè chiuso da tempo, si aggira smarrito tra le botteghe abbandonate dagli ebrei che hanno trovato riparo all’estero o non sono riusciti a scampare alla tragica sorte dei campi di sterminio.rnUn giorno, per non aver rispettato il coprifuoco, si ritrova negli uffici del comando dell’«amministrazione tedesca» dove, in attesa dell’ufficiale di picchetto, gli capita di ascoltare una radio. Tra fatti di scarso rilievo su un quartier generale nazista, lo speaker ad un certo punto annuncia che le truppe tedesche hanno «eroicamente» respinto «l’attacco bolscevico a venti chilometri da Bezanika». Bezanika… un paese non a due passi, ma nemmeno tanto lontano.rnCome comunicare agli altri una simile notizia? Dire: Rallegratevi fratelli, impazzite di gioia, i russi sono giunti a venti chilometri da Bezanika? E annunciare di aver sentito il tutto al comando nazista, col rischio di passare per una spia?rnJakob Heym sceglie un’altra via, la via della menzogna, utile in circostanze in cui non esistono altre strade. «Ho una radio», dice all’amico Mischa annunciandogli la lieta novella dei russi a quattrocento chilometri dal ghetto.rnLa notizia si diffonde in un baleno. Perfino i bambini, nel ghetto, vengono a conoscenza del grande segreto. La gente si presenta da Jakob, dal possessore di radio Heym, per apprendere ogni dettaglio della liberazione in arrivo. E Jakob fa trapelare finti bollettini di guerra, inventa avvenimenti e situazioni incoraggianti, perché la speranza rinasca e il ghetto si rianimi.rnPubblicato per la prima volta nel 1968, e da allora una delle opere più importanti sulla Shoah, oggetto anche di una fortunata trasposizione cinematografica con Robin Williams nei panni di Heym, Jakob il bugiardo mostra come la letteratura, non rinunciando a nessuno dei suoi registri, persino a quello della commedia, possa restituire, più di mille saggi e trattati, il senso autentico di una delle più immani tragedie delle Storia. -
I figli di Bronstein
Con I figli di Bronstein, pubblicato per la prima volta nel 1986, che riprende e varia molti temi già presenti in Jakob il bugiardo, Becker torna sul tema della Shoah, raccontando con drammatica lucidità l’impotente violenza delle vittime che si trasformano in persecutori, senza per questo riuscire a sfuggire all’angoscia e al risentimento.rnrn«Personaggio al contempo più autobiografico e più complesso, Hans Bronstein esprime una delle tante possibilità della prosa di Becker, la leggerezza, l’ironia, il coraggio della quotidianità, la rivendicazione del diritto a vivere un “secondo futuro”» – Roberta MalagolirnrnHans e Martha si amano di un amore folle e travolgente, consumato al riparo delle quattro mura di una baita fuori città, di proprietà del padre di Hans, Arno. In quella casa sperduta nel bosco, i due giovani si sono sfiorati per la prima volta, e soltanto lì sono scomparsi paura e pudore. Hans ha perciò provveduto a fare una copia delle chiavi della baita, gelosamente custodite da suo padre. Un giorno, però, giunto davanti all’ingresso della casetta per incontrarsi con Martha, il giovane ha un’amara sorpresa: nella radura dinnanzi all’abitazione è parcheggiata l’auto gialla di Gordon Kwart, un amico di suo padre.Accostatosi alla finestra, Hans avvicina l’orecchio al muro e sente un grido provenire dall’interno, uno straziante grido di dolore e poi una voce agitata. Benché sia spaventato a morte, afferra la sua chiave, apre la porta e si trova al cospetto di una scena sconvolgente. Nella stanza in cui aleggia un acre odore d’urina, un uomo seduto su un letto di ferro, i piedi legati con una cintura di cuoio, la camicia un tempo bianca macchiata di cibo, ripete: «Perché io sono… stato sorvegliante in un lager…», mentre Arno Bronstein gli colpisce bruscamente lo sterno a ogni sillaba… -
Nero su bianco
Sofisticato romanzo psicologico, Nero su bianco è il magistrale romanzo di un grande scrittore all'apice della sua carriera.rn«Tanizaki scrive con un'intensa sensualità. Anche i suoi romanzi più leggeri ci fanno trattenere il fiato» - John Updikernrn«Il più importante narratore giapponeve del Novecento» - Edmund Whiternrn«Una piccola gemma per i lettori di Mishima, e degli altri modernisti di metà Novecento» - Kirkus ReviewsrnLo scrittore Mizuno ha scritto una storia sull'omicidio perfetto. La sua vittima fittizia è modellata su un conoscente, un collega scrittore. Poco prima che la storia venga pubblicata, Mizuno scopre che il vero nome dell'uomo è stato riportato nel suo manoscritto; tenta di correggere l'errore, ma è troppo tardi. Terrorizzato dall'idea che l'omicidio avvenga per davvero e che lui venga sospettato come colpevole, Mizuno fa di tutto per trovare un alibi, avventurandosi negli inferi della città. Ma finisce solo più invischiato nelle sue fantasie paranoiche, in cui un misterioso «Uomo nero» tenta di intrappolarlo. -
L' uomo che scrisse la Bibbia
Questo romanzo narra la storia di William Tyndale il Traduttore, l’uomo che scrisse il libro più letto nella storia dell’Occidente: la Bibbia in inglese.rn«Stai molto attento a ciò che fai entrare in quella testa, perché non potrai mai più tirarlo fuori» – Thomas Wolseyrn«Gli eroi sono quelli che dedicano la vita a qualcosa di più grande di loro» – Joseph CampbellrnÈ una storia popolata da sicari, vescovi oltranzisti, avidi mercanti, subdoli traditori, alchimisti e re, e ambientata in una delle epoche più turbolente, complesse e avvincenti che l’Europa abbia conosciuto: la prima metà del Cinquecento, il secolo che si apre con la scoperta dell’America, la Riforma luterana e la definitiva spaccatura fra Oriente e Occidente. Narra di un genio che osò scrivere la Bibbia come se fosse la prima volta, nella lingua del popolo e non dei potenti, e che, così facendo, inventò l’inglese moderno, la lingua di Shakespeare. Dalla sua penna sono scaturiti neologismi come «il sale della terra», «i segni dei tempi», «capro espiatorio» e frasi piene di ritmo che Tyndale afferra «a orecchio» dalla gente comune, dal modo di esprimersi di quei commercianti, tessitori, marinai, tosatori, sarti e venditori di stoffe che ha conosciuto da ragazzo, nel Gloucestershire, la terra di confine affacciata sul mare dove è nato e cresciuto. È, infine, il racconto di un viaggio, avventuroso e insidioso come quello dei primi esploratori, che porta da una lingua misteriosa, l’ebraico del Vecchio Testamento, a una lingua non ancora nata. Un viaggio in cui, per un libero pensatore alle prese con i demoni della propria creatività, per un rivoluzionario braccato da potenti nemici, il prezzo da pagare è sempre molto alto. -
Non ho tradito nessuno. Autobiografia del Campionissimo attraverso i suoi scritti
Coppi si racconta in queste pagine, dagli anni dell’infanzia nel piccolo borgo di Castellania a quelli della maturità. Al lettore resta il piacere di ascoltare la sua voce.rnrnFausto Coppi, inarrivabile campione di ciclismo, è il personaggio più amato dello sport italiano di sempre. Gabriele Moroni ha raccolto gli scritti autobiografici pubblicati negli anni dal Campionissimo su giornali, riviste, antologie e li ha allineati seguendo la cronologia della sua vita. Una vita racchiusa in un breve arco temporale, intensa, gloriosa e insieme tormentata. Una vita di vittorie esaltanti, vissute sempre con riservatezza, pudore, modestia, ma anche di sconfitte che paiono disfatte, sprofondi, annichilimenti totali, dalle quali, però, Coppi trova ogni volta la forza di riemergere. Una vita fatta anche di grandi rivalità, a cominciare da quella con l’amico-nemico Gino Bartali, sua antitesi sportiva e umana; di affetti familiari perduti – Serse, il fratello più piccolo, il compagno di allenamento e di stanza, il gregario più fedele, gli viene strappato troppo presto –; di sogni mai realizzati e dell’amore incondizionato per la bicicletta, strumento di riscatto sociale per un figlio di contadini, veicolo di fama e agiatezza, fortuna e insieme condanna: la fortuna di averla incontrata, la condanna senza appello di non poterla lasciare. Fino alla morte. -
Le furie
Ultimo testamento di Janet Hobhouse, meravigliosamente scritto e ferocemente onesto, Le furie è una potente confessione sulla follia dell'amore e sul vertiginoso caos dell'esistenza.rnrn«Questo è un libro duro, crudele e bellissimo, il memoriale di un'autentica eroina, la cui lotta contro le calamità che l'assediavano – a cominciare dalle ferite inflitte da un padre gelido e distante e da una madre pateticamente incapace, per finire con il dolore di un matrimonio andato a rotoli, il suicidio della madre e la fatale malattia dell'autrice – fu sostenuta con enorme intelligenza e forza d'animo, e persino con grande stil » – dall'introduzione di Philip Rothrnrn«Una scrittura densa, ricca. Una meditazione sconvolgente sull'amore, la morte, la famiglia» – New York Timesrnrn«Una vita vera trasformata in un furente racconto» – Independentrnrn«Uno straordinario ultimo libro» – Los Angeles TimesrnrnPubblicato postumo, «Le furie» ripercorre una vita vissuta con indomito furore fino alla tragica e prematura morte dell'autrice. Nata e cresciuta in una famiglia di «sirene», in cui ogni membro di sesso femminile sembra essere spuntato per partenogenesi, e in cui gli uomini sono relegati a «semplici, precarie comparse», la protagonista conduce un'esistenza imperniata sul rapporto conflittuale con una madre giovane, bellissima, fragile e amorevole, eppure al contempo malevola, instabile ed egoista. A questo legame indissolubile e tormentato si aggiungono via via altri affetti: quello per la bisnonna Mirabel, detta Angel, la grande nutrice, colei che districava e risolveva ogni problema e che aveva dato il via al matriarcato della famiglia; l'affetto per Emma, la nonna bohémienne, la ribelle fuggita di casa con il suo professore di arte; per la prozia Shrimp, vissuta nel disprezzo di sé e trincerata dietro un'ostinata solitudine e, infine, per la zia Constance, donna dalla bellezza inconsueta, da tutti conosciuta come «la piú bella ragazza di New York». Al tempo stesso angeli e gorgoni, le donne protagoniste di queste furibonde pagine si rivelano nella duplice natura di creature dolcissime e crudeli, benevole e sprezzanti: delle vere e proprie furie. -
Il silenzio nella storia del cristianesimo
Un libro sorprendente per erudizione e forza dell'argomentazione, un'opera che sfida la nostra visione della spiritualità e illumina, in maniera originale, l'importanza del silenzio nell'esperienza religiosa.rn«Nelle mani di MacCulloch, il silenzio assume un nuovo significato» - Harper's Magazinern«Meravigliosamente scritto, denso di realtà, uno sguardo intellettualmente sofisticato sugli usi teologici e sugli abusi del silenzio» - New York Magazinern«Una panoramica stimolante e radicale» - Publishers WeeklyrnLa storia delle religioni offre numerose e dotte opere sul silenzio. Raramente, tuttavia, caratterizzate dalla forza e dalla limpidezza con cui Diarmaid MacCulloch narra, in questo libro, del ruolo vitale del silenzio nella storia della cristianità. Come parlare con Dio? Le nostre preghiere hanno maggiori possibilità di essere ascoltate se le proferiamo in silenzio a casa o ad alta voce in chiesa? Inoltre, come possiamo realmente sapere che Dio le ascolti? Queste domande, poste agli albori della cristianità, hanno attraversato i secoli e stabilito, nelle differenti risposte e nelle dispute da loro generate, i confini propri della fede cristiana e la lingua stessa delle invocazioni per ottenere la guida o il perdono di Dio. MacCulloch mostra come il Cristo stesso abbia enfatizzato il silenzio come una parte essenziale del suo messaggio, rintraccia l'influenza esercitata dai primi mistici in Siria, che si fecero «stranieri al mondo», sulle grandi comunità monastiche europee sorte in epoca medievale, e non si sottrae al compito di esaminare le forme più oscure del silenzio religioso, dall'occultamento delle violenze sui minori da parte dei preti nella Chiesa cattolica al rapporto di tutte le Chiese occidentali con l'Olocausto degli ebrei durante il nazismo e dopo – per i tredici anni postbellici del suo pontificato, Pio XII osservò un assoluto silenzio sulla Shoah – fino all'atteggiamento dei cristiani nei confronti della schiavitù, soprattutto quella disumana degli afroamericani.