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Nel peggiore dei modi. Le inchieste del commissario Cavallo
Le indagini del commissario Cavallo. Una serie imperdibile per gli amanti del giallo d'autorernrn«Flavio Villani ha scritto un giallo che si attacca alla pelle.» – Il Venerdì di Repubblicarn«Villani utilizza il genere per dire molto di più e ci riesce.» – Hans Tuzzirnrn«Sparatoria con morto». La chiamata della volante arriva alle otto e mezza del mattino negli uffici della Terza Sezione della Questura di Milano, meglio nota come Squadra Omicidi. Ancora in piedi accanto all'attaccapanni, senza aver ottemperato al solito rito del caffè mattutino, il commissario Cavallo si rimette il loden e si dirige con l'ispettore Montano sul luogo del delitto. Quando arrivano, l'area della sparatoria non è stata ancora transennata. Il cadavere giace in una chiazza di sangue e terra, e il cappotto di cachemire della vittima ne è intriso. A mezzo metro dal corpo, una scarpa ancora allacciata, persa probabilmente nella caduta. Poco distante, una Mercedes parcheggiata di sbieco sul marciapiede. L'ispettore Montano si china sul cadavere e infila una mano nella giacca. Ne estrae un portafogli di coccodrillo, poi una patente che dice Giacomo Riva, nato a Milano, residente in via Compagnoni. È il 1990, e il commissario Cavallo sa che quelli sono gli anni dell'espansione delle grandi organizzazioni criminali a Milano: esecuzioni mafiose con tutti i crismi, e con delinquenti più o meno noti come vittime, si sono già succedute in discreto numero in città. Tutto fa supporre che l'assassinio dell'uomo che risponde al nome di Giacomo Riva sia maturato nell'ambito della criminalità organizzata, con un killer freddo e spietato piombato a Milano dal profondo della Sicilia o da qualche metropoli del Nord Europa. Una storia semplice, in cui l'unico testimone sembra essere il figlio della vittima che, rannicchiato sul sedile posteriore della Mercedes, ha assistito, impietrito dall'orrore, all'omicidio del padre. Ma il commissario Cavallo l'adagio lo conosce bene: mai fidarsi delle apparenze, seguire sempre l'istinto. L'istinto del vero poliziotto. Giacomo Riva ha infatti la tipica fedina penale immacolata di chi può coltivare senza ritegno amicizie pericolose con esponenti del crimine. Il suo tenore di vita era inoltre troppo alto per essere il titolare di una modesta agenzia immobiliare. Tuttavia, vantava anche amicizie altolocate con politici di lungo corso, e il suo passato presenta una zona d'ombra su cui ogni buon poliziotto dovrebbe indagare: durante gli Anni di piombo era scomparso... e i suoi amici con lui. -
I luoghi del pensiero. Dove sono nate le idee che hanno cambiato il mondo
Da Spinoza, nel Seicento olandese, Paolo Pagani risale il tempo e lo spazio fino a Thomas Mann, inseguendo e spiando nel loro lavoro quotidiano e nell'impegno di una vita grandi filosofi e scrittori, muovendosi fra stati, città, paesi, borghi, piccoli abitati, baite, stanze in affitto, monti e mari, dal Sud al Nord dell'Europa, sino agli Stati Uniti. rn«Questa è anche la personale ricostruzione di una certa idea di Europa. Politica ed economia sono strumenti imprescindibili di comprensione, forniscono il kit di smontaggio dei meccanismi di funzionamento di ogni società. Ma è la cultura che ha reso inimitabile il Vecchio Continente, è il suo possente portato di pensiero. Naturalmente attraverso alcune figure monumentali».I luoghi del pensiero non è un libro di filosofia, ma parla soprattutto di filosofi, delle loro vite e dei luoghi che hanno abitato. È perciò una originale cartografia intellettuale che racconta la storia delle idee e la loro genesi. Un viaggio reportage alle radici della cultura europea: nomi, case, sepolcri degli uomini che hanno cambiato la nostra visione del mondo. Soprattutto: idee nate da quei nomi, in quelle dimore, interrate in quei sepolcri, ma ancora vive perchè potenti, lungimiranti, preziose, eterne, fondative. Perchè c'è un'aura in ogni luogo, un linguaggio non detto che si impara ad ascoltare. -
Il mondo nell'abisso. Heidegger e i Quaderni neri
Una serie di questioni rilevanti sul rapporto tra Heidegger e il suo tempo storico e sull'ultima fase della sua riflessione filosoficarnrn""Il 'mondo' è fuori di sesto; esso non è più un mondo, o per dirla in modo più veritiero: esso non è ancora mai stato un mondo. Noi siamo soltanto nella sua preparazione""""rnrnCon la pubblicazione nel 2014 dei tre volumi dei """"Quaderni neri"""" si è di nuovo proposta una querelle classica della vicenda di pensiero di Martin Heidegger: «Heidegger e la politica». Più precisamente: «Heidegger e il nazismo». E più ancora «Heidegger e gli ebrei». Al di là, tuttavia, della evidente operazione di marketing editoriale che ruota attorno a questa riproposizione, i """"Quaderni neri"""" pongono una serie di questioni rilevanti sul rapporto tra Heidegger e il suo tempo storico e sull'ultima fase della sua riflessione filosofica. Oggetto di questo libro sono esattamente tali questioni, strettamente connesse al grande tema heideggeriano della modernità e della tecnica. Eugenio Mazzarella mostra come dopo l'esplicita adesione al nazismo, attestata chiaramente dal celebre discorso del rettorato del 1933, Heidegger avviò un vero e proprio disimpegno dalla politica e dalla realtà storica del suo tempo. Disimpegno che assume un tono sempre più apocalittico man mano che, nell'inoltrarsi negli anni Trenta, diviene sempre più chiara, per il filosofo tedesco, la deriva di mera potenza del Reich «millenario»; da contropotenza politico-spirituale alla crisi dell'Europa a mera variante del mondo moderno, del calcolo della «tecnica». Un giudizio che consegna l'intero presente - il mondo, la vita, la storia, e l'umanità che vi è coinvolta - al puro abisso di un anatema gnostico, di fronte a cui non c'è scampo se non quello di un'altra possibile storia dell'Essere a venire, sancita dalla celebre espressione: «Soltanto un dio ci può salvare». La storicità concreta, esistenziale e storica, così come si offriva in Essere e tempo, viene in tal modo completamente abbandonata."" -
Pactum salis
Dopo il successo di Aspettando Bojangles, OlivierrnBourdeaut torna con un romanzo che ha perrntema la singolare amicizia tra duerntrentenni profondamente diversi per carattere,rnestrazione sociale e scelte di vita, ma accomunatirndalla medesima difficoltà a rapportarsi ernad aprirsi autenticamente all’altro.rnrn«Una commedia contemporanearnche non manca di sale!» - Le Figarorn«Tanto la trama, ricca di suspense,rnquanto la cornice… tutto è originalernnel nuovo romanzorndi Olivier Bourdeaut» - La Croixrnrn«Degno erede di una tradizione di cui fanno parte Queneau, Prèvert e Romain Gary, Bourdeaut racconta la sua famiglia con ironia e commossa ingenuità, trasmettendo al lettore la sua gioia di vivere che vuole essere più forte di qualsiasi dramma.» – la RepubblicarnrnSul terrazzino della suite dell’Hermitage di LarnBaule, Michel sorseggia il suo meritato Bollinger.rnSono le prime vacanze che si concede dall’iniziorndella sua vita professionale, cominciata,rnquand’era appena diciottenne, presso un’agenziarnimmobiliare di Rezé affiliata al potenternmarchio globale Century 21, e prolungatasi perrndodici, lunghi anni di intenso, accanito lavoro.rnAnni che hanno fortunatamente dato i lorornfrutti. Dopo aver svuotato la bottiglia, a tardarnnotte Michel decide di sfrecciare per le straderndella costa con la sua Porsche nuova di zecca.rnÈ l’alba del giorno dopo quando Jean prendernla macchina e raggiunge la sua salina a Batzsur-rnMer. Insofferente al ritmo convulso dellarncittà, Jean, senza proclami né proselitismo, harnavviato una piccola rivoluzione personale perrnritrovare sé stesso: ha lasciato Parigi, si è sbarazzatorndel televisore gettandolo tra i rifiuti, sirnè liberato della rete rivendendo il computer.rnDa allora le sue giornate sono segnate da un’unicarnattività: l’apprendimento del mestiere dirnsalinaio, una professione a metà strada tra l’agricolturarne le arti marinare.rnImboccando la strada delle saline, Jean scorgernuna Porsche rossa posteggiata di fianco al suorncumulo di sale, la portiera spalancata e l’autoradiornche trasmette una musica elettronica chernin quel luogo, per lui ammantato di fascino ancorarnmedievale, risulta tanto incongrua quantornanacronistica. Lí accanto, steso sul telone chernricopre il sale, un uomo russa senza freno.rnPuzza di alcol, di sbronza pesante. Ma quel chernè peggio è che, prima di crollare, ha urinato sulrnsale, frutto di settimane di lavoro da parte dirnJean, il cui primo impulso è quello di afferrarernun badile e regolare i conti con l’insolente…rnUna settimana dopo, in una fresca giornata d’agostorna Batz-sur-Mer, dopo diciassette giorni dirnsole infuocato e vento secco, salinai e stagionalirnsi avvicendano alla raccolta con rinnovato buonumore,rnspingendo con passo rapido e temerariornla carriola lungo le strette corsie di fangornsecco e screpolato. Nei dintorni delle vasche li attende, però, una macabra scoperta: da unornspecchio d’acqua spuntano due piedi, nudi ernsudici e con le dita spalancate come occhi chernhanno visto la morte.rnDopo il successo di Aspettando Bojangles, OlivierrnBourdeaut torna con un romanzo che ha perrntema la singolare amicizia, «amicitia pactumrnsalis» dice un proverbio medievale, tra duerntrentenni profondamente diversi per carattere,rnestrazione sociale e scelte di vita, ma accomunatirndalla medesima difficoltà a rapportarsi ernad aprirsi autenticamente all’altro. -
Oliver loving
Finalista sezione narrativa straniera Premio Gregor von Rezzori 2019Un romanzo che si avventura nella zona d'ombra di una famiglia e di una città americane per trarne inaspettate verità.rnrn«Una storia mozzafiato di tragedia e redenzione... Un trionfo» – Peoplernrn«Con prosa lucida e mano tremendamente sicura, Block tesse una storia di formazione e di perdita della gioventù» – Matthew Thomasrnrn«Strage di studenti in Texas. Tra questi c'è Oliver, che non muore, ma è ridotto a un vegetale. Al suo capezzale, Stefan Merrill Block torna a svelare la storia di una famiglia e a denunciare l'uso di pistole e fucili in America.» – Paolo Giordano, La LetturarnrnBliss, Texas. Alle 9.09 di sera del 15 novembre, durante il ballo della scuola, un ex alunno ventunenne, smilzo e pieno di tatuaggi, Hector Espina Junior, parcheggia il suo pick-up fuori dall'ingresso laterale ed entra nell'edificio con un fucile d'assalto comprato a una fiera di armi a Midland. Non si dirige in palestra dove i ragazzi stanno ballando e potrebbe fare una carneficina, bensì nell'aula sul retro, dov'è radunato il gruppo teatrale in attesa di salire sul palco. Hector non dice una parola prima di mettersi a sparare. L'orrore è amplificato dalla rapidità dell'attacco: il tutto non dura più di un minuto. Mentre esce dall'aula, l'assalitore si imbatte in Oliver Loving, un diciassettenne allampanato, timido e maldestro. Un ragazzo che desidera soltanto passare inosservato, bravo a scuola e impacciato con le ragazze, soprattutto con quella cui muore dietro da un anno, Rebekkah Sterling, uno scricciolo pallido con i capelli color rame. Hector spiana il fucile, trucidando il futuro dell'intera famiglia Loving, prima di togliersi lui stesso la vita. Dieci anni dopo Oliver è ancora il «martire» di Bliss, ricoverato, in coma vegetativo, nella Crockett State Assisted Care Facility. Attorno al suo letto d'ospedale orbitano le vite dei suoi familiari: la madre, Eve, che trascorre quattro ore al giorno accanto al letto del figlio, convinta che basterebbe una distrazione perché Oliver scivoli via per sempre; il padre, Jed, che ha affogato il suo dolore nel whiskey e confonde il giorno con la notte; Charlie, il fratello minore, che si è trasferito a New York e, a suo dire, sta scrivendo un libro dedicato proprio a Oliver; e, infine, Rebekkah Sterling, l'amore giovanile di Oliver, che si è misteriosamente salvata dalla sparatoria per svanire poi nel nulla, senza rispondere alle domande dei giornalisti. Quando un nuovo test medico sembra promettere una soluzione per liberare la mente intrappolata di Oliver, sulla bocca di tutti affiora la domanda: potrà Oliver tornare a comunicare, e raccontare così ciò che è realmente accaduto in quella fatidica notte? -
Splendore e viltà
Consigliato da Bill Gates tra i 5 libri da regalare e leggere a Natale 2020.«La paura e l’ansia che provarono sebbene molto più severe di quelle che abbiamo vissuto noi con il Covid-19, mi sono suonate familiari». - Bill GatesrnDal 10 maggio 1940 al 10 maggio 1941 si svolge l’anno decisivo delle sorti del Regno Unito, l’anno che si conclude con «sette giorni di violenza quasi fantascientifica, durante i quali realtà e immaginazione si fusero, segnando la prima grande vittoria della guerra contro i tedeschi».«Per loro grande fortuna – altrimenti la vita sarebbe intollerabile – gli esseri umani non possono prevedere il corso degli eventi nel lungo termine». - Winston Churchill, Elogio per Neville Chamberlain, 12 novembre 1940rnrn«Ci sono innumerevoli libri sulla seconda guerra mondiale, ma c’è solo un Erik Larson. Il libro si legge come un romanzo, e anche se tutti (si spera) sanno come è finita la guerra, staccarsi dalle pagine è impossibile grazie all’avvincente prosa». - NPRrnrn«Avevo una copia di questo libro sulla mia scrivania e ho iniziato pigramente a leggere le prime pagine… e all’improvviso il tempo è scomparso». - Seattle TimesIl 3 settembre 1939, in risposta all'occupazione della Polonia da parte di Hitler, la Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania, e l'intero paese si prepara ai bombardamenti e all'invasione naziste. Le istruzioni del governo, impartite alla popolazione, non smorzano affatto la gravità dell'ora: «Dove il nemico atterrerà» avvertono, «i combattimenti saranno violentissimi». Vengono smontati i segnali stradali, distribuite trentacinque milioni di maschere antigas ai civili, l'oscuramento è così totale che nelle notti senza luna i pedoni urtano contro i pali della luce e inciampano nei sacchi di sabbia. La paura di ritrovarsi i tedeschi nel giardino di casa è tale che persino gli alti vertici dello Stato si preparano a scelte estreme. Harold Nicolson, futuro segretario parlamentare al ministero dell'Informazione, e la moglie, Vita Sackville-West, mettono nel conto la possibilità di suicidarsi pur di non cadere in mano nemica. «Dovrà essere qualcosa di rapido, indolore e poco ingombrante» scrive Vita al marito. Nel maggio 1940 i bombardamenti cominciano realmente. Dapprima con attacchi apparentemente casuali, poi con un assalto in piena regola contro la città di Londra: cinquantasette notti consecutive di bombardamenti, seguiti nei sei mesi successivi da una serie sempre più intensa di raid notturni. Nel maggio 1940, alle prime incursioni aeree sul suolo britannico, il primo ministro Neville Chamberlain, sfiduciato di fatto dal parlamento, si dimette e re Giorgio vi nomina al suo posto Winston Churchill. Dal 10 maggio 1940 al 10 maggio 1941 si svolge l'anno decisivo delle sorti del Regno Unito, l'anno che si conclude con «sette giorni di violenza quasi fantascientifica, durante i quali realtà e immaginazione si fusero, segnando la prima grande vittoria della guerra contro i tedeschi». L'anno in cui «Churchill diventò Churchill - il bulldog con il sigaro in bocca che tutti noi crediamo di conoscere - e in cui tenne i suoi discorsi più memorabili, dimostrando al mondo intero che cosa fossero il coraggio e la leadership».... -
La strana morte dell'Europa. Immigrazione, identità, Islam
«Ogni tanto viene pubblicato qualcosa che attraversa la nebbia della confusione... per illuminare un fatto chiave del mondo. Lo sconvolgente libro di Douglas Murray è una di queste opere» - The TimesrnrnrnAccolto al suo apparire in Inghilterra dall'apprezzamento del Times e di buona parte della stampa britannica, ""La strana morte dell'Europa"""" è un'opera che mostra senza ipocrisie e nascondimenti tre aspetti fondamentali della crisi che scuote l'Europa, dinanzi ai quali chiudere gli occhi implica soltanto lasciare campo libero all'estrema destra razzista. Questi tre aspetti sono nell'ordine: 1) il radicale cambiamento nella composizione etnica, culturale e religiosa dell'Europa che l'immigrazione già comporta e può, a maggior ragione, comportare in futuro. Murray snocciola cifre al riguardo che emergono da seri studi, come quello - fonte il Guardian - condotto in Svezia, secondo il quale la percentuale della popolazione musulmana nel 2050 salirebbe in quel paese all'11 per cento se l'immigrazione cessasse oggi del tutto, al 21 per cento se registrasse un afflusso regolare e al 31 per cento se continuasse al ritmo attuale; 2) il naufragio del multiculturalismo, solennemente annunciato dalle parole stesse di Angela Merkel: «il tentativo di costruire una società multiculturale e di vivere fianco a fianco in armonia è fallito, miseramente fallito»; 3) l'illusione, coltivata soprattutto dalle élite liberal, di affidare l'integrazione a quella che Murray definisce cieca fede nella «società dei consumi» e che sarebbe forse più opportuno chiamare cieca fede nel libero mercato. La risposta di Murray alla crisi delle democrazie liberali, che l'immigrazione e il fallimento del multiculturalismo svelano, è quella che caratterizza l'intera ondata neocon che attraversa l'Europa odierna, e che accomuna conservatori atei come lui e conservatori credenti: recuperare le radici cristiane del nostro continente."" -
Ci diciamo l'oscuro. La storia d'amore tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan
«Ci diciamo l'oscuro, ci amiamo l'un l'altra come papavero e memoria.»rn«La storia d'amore tra due poeti, una storia che appartiene agli eventi drammatici, e più pregni di conseguenze, della letteratura tedesca dopo il 1945» - Frankfurter Allgemeine Zeitungrn«Böttiger ritrae imp0eccabilmente la storia d'amore di questa principesca coppia lirica tedesca del dopoguerra, emersa soltanto dopo la morte di entrambi - Die ZeitrnNel 1948, a Vienna, Paul Celan dedica questi versi a Ingeborg Bachmann. Il componimento, Corona, celebra il fatale incontro di due anime che parlano la stessa lingua, la lingua «oscura» della poesia, e che si uniscono come il papavero e la memoria, l'oblio e il ricordo. Nella primavera di quell'anno i due poeti si ritrovano a Vienna per vie e ragioni molto diverse. Morti i genitori in un campo di concentramento in Ucraina ed entrata Czernowitz, la sua città natale, a far parte dell'Unione Sovietica, il ventisettenne Celan ripara dapprima a Bucarest e poi, dopo una lunga e pericolosa fuga a piedi durata intere settimane, nella capitale austriaca. Occupata da quattro potenze straniere, nel 1948 Vienna è la città delle spie, della criminalità politica ed economica, dei grandi spacciatori e dei piccoli trafficanti. È la città anche degli ebrei scampati alla deportazione, sradicati che, come Celan, hanno perso la propria Heimat, il luogo natio. Ingeborg Bachmann è a Vienna per una Heimatlosigkeit di tutt'altra specie. Ha solo ventidue anni, ma nella capitale austriaca – raggiunta a diciotto anni per studiarvi e sfuggire a quella Carinzia e a quel padre che hanno accolto con entusiasmo il nazismo – è già una promettente giovane autrice. I due poeti trascorrono sei settimane insieme. Un incontro esplosivo che lascia tracce indelebili nell'esistenza dell'uno e dell'altra. Un incontro, tuttavia, segnato anche da sentimenti di incertezza e di insicurezza. A Vienna, Celan si scontra ovunque con segnali che testimoniano il perdurare dell'antisemitismo e dell'ideologia nazista. La capitale austriaca non può essere perciò la sua Heimat. Fugge a Parigi, dove però i fantasmi e gli incubi della Shoah continuano a perseguitarlo. Ingeborg Bachmann, dal canto suo, va incontro a un destino tragico dopo la fine della sua relazione con Max Frisch. Helmut Böttiger ricostruisce la storia dei due poeti dal loro primo incontro fino agli anni della loro «catastrofe parallela», i primi anni Settanta. La storia di un amore struggente che troverà il suo epilogo nelle parole contenute in Malina, l'ultimo libro della Bachmann pubblicato dopo la sua morte: «La mia vita finisce perché lui è annegato nel fiume durante la deportazione, era la mia vita». -
La traccia dei mutamenti
Attraverso pagine di inconsueta ironia, una storia sull'odierna Palestina raccontata dal punto di vista di un esiliato che torna a casa per dire addio a suo padre e, al contempo, una profonda e struggente riflessione sui legami familiari.rn«Nel tratteggiare le sottili sfumature della società araba e di quella ebraica, Sayed Kashua è un vero maestro» - New York Timesrn«In quanto palestinese nato e cresciuto in Israele, Kashua rappresenta la personificazione stessa del conflitto arabo-israeliano» - Etkar Keretrnrn«Sono all'ospedale». È sufficiente questo breve messaggio, inviato da un padre via Skype, per far salire suo figlio sul primo volo che dall'Illinois lo riporta in Israele, dopo quattordici anni di assenza. Nel breve viaggio in taxi che dall'aeroporto lo conduce a Tira, il luogo dove è nato e dove tutt'ora vivono i suoi genitori e i suoi fratelli, l'uomo ritrova l'antica paura che un tempo lo attanagliava: quella di sapersi arabo in territorio israeliano, esule nella sua stessa terra. Espatriato negli Stati Uniti con la moglie Palestine e i tre figli, il protagonista di queste pagine ha invano tentato di tagliare i ponti con il passato attraverso il silenzio. Ma è sufficiente che metta piede nella stanza dove suo padre giace, piccolo, pallido, con gli occhi sprofondati nelle orbite e il petto che si alza e si abbassa sotto il lenzuolo leggero dell'ospedale con il disegno delle stelle di David, perché il passato torni a galla con prepotenza e presenti il suo conto. L'uomo ha con sé il vecchio registratore «Executive» della Sony, un apparecchio massiccio, con un microfono esterno, tre pulsanti neri e uno rosso per la registrazione: è lo strumento con cui si guadagna da vivere come ghost writer, mettendo nero su bianco le storie altrui. Ma l'unica testimonianza di cui desidera lasciare traccia in quel momento è quella di suo padre. Sarà l'occasione per rielaborare i propri ricordi e riflettere sulla sua stessa vita. Perché anni prima è stato scacciato dalla sua famiglia? Perché negli Stati Uniti è costretto a dormire nel campus universitario, bandito da sua moglie dalla loro casa? E perché tutto sembra collegarsi al fatto che, quando era ragazzo, ha scritto uno strano racconto su una ragazza di nome Palestine? -
L'isola delle anime
Magnifico romanzo che muove da un luogo realmente esistito, L’isola delle anime è una commovente storia sul prezzo che le donne devono pagare per la loro libertà. Un inno alla solidarietà, all’amore e alla speranza. rn«Ecco come si scrive un vero romanzo. L'equilibrio tra luce e ombre rende L'isola delle anime un romanzo perfetto in tutti i suoi aspetti» - Svenska Dagbladetrn«Questo è sicuramente uno dei romanzi da leggere quest'anno» - VasabladetrnrnPotente ed evocativo, un romanzo sulla follia, la colpa e la redenzione.rnrnFinlandia, 1891. Una notte, ai primi di ottobre, una barchetta scivola sull’acqua nera del fiume Aura. A bordo, Kristina, una giovane contadina, rema controcorrente per riportare a casa i suoi due bambini raggomitolati sul fondo dell’imbarcazione. Le mani dolenti e le labbra imperlate di sudore, rientra a casa stanchissima e si addormenta in fretta. Solo il giorno dopo arriva, terribile e impietosa, la consapevolezza del crimine commesso: durante il tragitto ha calato nell’acqua densa e scura i suoi due piccoli, come fossero zavorra di cui liberarsi.rnLa giovane donna viene mandata su un’isoletta al limite estremo dell’arcipelago, dove si erge un edificio, un blocco in stile liberty con lo steccato che corre tutt’attorno e gli spessi muri di pietra che trasudano freddo. È Själö, un manicomio per donne ritenute incurabili. Un luogo di reclusione da cui in poche se ne vanno, dopo esservi entrate.rnDopo quarant’anni l’edificio è ancora lì ad accogliere altre donne «incurabili»: Martha, Karin, Gretel e Olga. Sfilano davanti agli occhi di Sigrid, l’infermiera, la «nuova». I capelli cadono intorno ai piedi in lunghi festoni e poi vengono spazzati via, si apre la cartella clinica della paziente, ma non c’è alcuna cura, solo la custodia. Un giorno arriva Elli, una giovane donna che, con la sua imprevedibilità, porta scompiglio tra le mura di Själö. Nella casa di correzione dove era stata rinchiusa in seguito alla condanna per furti ripetuti, vagabondaggio, offesa al pudore, violenza, rapina, minacce e possesso di arma da taglio, aveva aggredito le altre detenute senza preavviso. Mordeva, hanno detto, e graffiava.rnL’infermiera Sigrid diventa il legame tra Kristina ed Elli, tra il vecchio e il nuovo. Ma, fuori dalle mura di Själö la guerra infuria in Europa e presto toccherà le coste dell’isola di Åbo. -
Shakespeare and Company
Un libro pieno di aneddoti e di retroscena sulla vita di celebri scrittori della Parigi degli anni Venti e Trentarnrn«Quella di Shakespeare and Company raccontata da Sylvia Beach è la storia di una meravigliosa avventura, quando in America c’era il proibizionismo, la vita a Parigi era facile, e stormi di americani, inglesi e irlandesi di talento arrivavano come uccelli migratori per sistemarsi in qualche appartamentino senz’acqua calda e con il bagno sul pianerottolo nel Quartiere Latino» - Livia Manerarnrn«Un rifugio per giovani talenti e i loro futuri capolavori: benvenuti nel famoso negozio di Parigi. Aperto da un’americana nel 1919 è tuttora una casa zeppa di magnifiche parole» - la RepubblicarnrnIl 19 novembre del 1919 apre i battenti la libreria parigina più famosa al mondo: la Shakespeare and Company. Nelle vetrine fanno bella mostra di sé le opere di Chaucer, di T.S. Eliot e di Joyce mentre alle pareti sono appesi i disegni di Blake, i ritratti di Whitman e Poe e due fotografie di Oscar Wilde in brache di velluto. A dare vita a tutto questo è l'americana Sylvia Beach, un uccellino di donna che fuma come un turco e che sognava di aprire una libreria francese a New York, prima che l'amicizia con Adrienne Monnier la spingesse a dare vita a una libreria inglese a Parigi. André Maurois è uno dei primi a fare gli auguri alla neonata libreria, portando una copia del suo piccolo capolavoro appena pubblicato: ""Les silences du Colonel Bramble"""". Ezra Pound, fuggito dall'Inghilterra con la moglie Dorothy, si offre di riparare una sedia e diventa un cliente abituale. E ovviamente non può mancare il punto di riferimento degli americani a Parigi, Gertrude Stein, con l'inseparabile Alice B. Toklas. Shakespeare and Company diventa presto una tappa imprescindibile per tutti quei pellegrini degli anni Venti che attraversano l'oceano e si stabiliscono a Parigi, creando una colonia americana sulla Rive Gauche. Ma anche per coloro che, non potendo permettersi l'acquisto di volumi importati, si accontentano di prenderli in prestito. La tessera per abbonarsi vale, per gli scrittori dalle speranze in boccio, quanto un passaporto e, benché la regola dica che non si possono ritirare più di uno o due libri alla volta, Hemingway la infrange spesso portandosene via una mezza dozzina, e Joyce ne prende delle sporte intere, riportandoli dopo anni. Ed è proprio a Joyce, e alla pubblicazione di """"Ulysses"""", che è legato uno dei capitoli più interessanti della Shakespeare and Company. Nell'estate del 1920, quando la libreria non conta ancora un anno di vita, in Inghilterra Harriet Weaver, pioniera joyciana e direttrice della rivista YEgoist, ha già combattuto e perso la sua battaglia per l'""""Ulysses"""". Nessuno vuole assumersi il rischio di pubblicarlo, «Al solo sentire il nome di Joyce i tipografi inglesi scappavano come il diavolo davanti all'acqua santa», temendo conseguenze penali. Solo una persona, intuendo l'alto valore letterario di quello che è destinato a diventare uno dei capolavori indiscussi del Novecento, è disposta a rischiare il tutto e per tutto per darlo alle stampe:... -
Il regno errante. L'Arcadia come paradigma politico
Proprio quando la tradizione politica dell'occidente attraversa una crisi che sembra senza uscita, Monica Ferrando riscopre l'Arcadia come modello alternativo di una possibile esistenza felice degli uomini sulla terra.rnrn«L'Arcadia non è in alcun modo fuori dalla storia, ma... resta per l'Occidente un modello alternativo da cui non è possibile prescindere se si vogliono interrogarne le origini e comprenderne le ragioni.»rnrnrnrnrnrnDa quando Virgilio, per ragioni che nessuno è riuscito finora a chiarire, decise di situare in Arcadia le sue «Bucoliche», questa impervia regione della Grecia ha dato il suo nome a una tradizione letteraria fatta di idilli e di pastorelle, di paesaggi incantati e di delicati amori che, sebbene abbia prodotto dei capolavori in poesia come in pittura, è diventata sinonimo di uno stucchevole convenzionalismo. Il libro di Monica Ferrando rompe decisamente con questa tradizione e legge nell'Arcadia virgiliana un messaggio politico così eterogeneo al suo e al nostro tempo che la cultura occidentale ha dovuto calarvi sopra una sorta di pietra tombale. Attraverso una paziente, minuziosa indagine archeologica delle fonti storiche e letterarie, l'autrice ricostruisce punto per punto gli insospettati significati politici e religiosi che l'Arcadia e i suoi abitanti avevano nel mondo antico e che erano così forti che proprio a una donna arcade, Diotima, Platone affida nel «Simposio» la formulazione della sua filosofia dell'amore. Il libro getta così una luce nuova su alcuni dei concetti fondamentali della nostra tradizione politica: innanzitutto il nomos, la legge, che, smontando l'interpretazione schmittiana, viene restituito al suo originario significato musicale, ma anche e non meno un diverso rapporto fra città e territorio, che mette radicalmente in questione la supremazia della polis ateniese. -
Il naso di Dante
«Nella visione di Giotto, in quel naso aquilino ma dolce, destinato a diventare aquilino e grifano, è forse racchiuso il mistero non di Dante, ma del suo pensiero»rnrnrnNel 1840, nel palazzo del Bargello di Firenze, viene riportato alla luce il ritratto giovanile di Dante dipinto da Giotto. Principale fautore della scoperta è l’inglese Seymour Kirkup, pittore, allievo e amico di William Blake, che realizzò una copia perfetta del Dante giottesco e la inviò in Inghilterra, all’esule e studioso Gabriele Rossetti, padre di Dante Gabriele Rossetti, fondatore, quest’ultimo, della Confraternita dei Preraffaelliti. L’idea principale di Gabriele Rossetti è che Dante sia un """"""Fedele d’amore"""""""", vale a dire depositario di una conoscenza superiore che si rifà alla tradizione provenzale dei trovatori, ispirata all’eresia catara. L’opera di Dante sarebbe dunque una grande allegoria che si rivolge a chi la sa comprendere. Il Poeta stesso lo suggerisce nel ix canto dell’Inferno: """"""""O voi ch’avete li ‘ntelletti sani,/ mirate la dottrina che s’asconde/ sotto ‘l velame de li versi strani"""""""". A partire da quel momento, Dante diverrà oggetto delle più fantasiose interpretazioni: un gesuita cercherà di dimostrare che il Poeta era un occulto templare, Giovanni Pascoli dedicherà molti anni della sua vita e ben quattro volumi all’interpretazione esoterica di Dante, mentre uno stimato studioso spagnolo delle tradizioni islamiche, Miguel Asìn Palacios, dimostrerà i debiti della Divina Commedia a testi musulmani e i collegamenti alla crociata a cui partecipò Eleonora d’Aquitania, madre di Riccardo Cuor di Leone. Infine, il ritrovamento di un manoscritto dedicato alla Beatrice di Dante, riconoscerà il Sommo poeta come eretico e propugnatore di idee socialiste."" -
Morte di un giovane di belle speranze. I delitti Mitford
Il nuovo romanzo dell'autrice de L'assassino di Florence Nightingale Shorern«Un giallo vivace molto ben scritto, di grande intrattenimento» - The Times rn«Una serie da leggere assolutamente» - Susan HillrnLondra, 1925. «Giovani aristocratici scapestrati» è il soprannome dato dalla stampa scandalistica inglese a un gruppo di amici famosi per le grandiose feste in maschera e le elaborate cacce al tesoro nella notte londinese. Appartiene alla cerchia anche la maggiore delle Mitford, Nancy, che chiede ai genitori di inviare a Londra la sorella diciassettenne, Pamela. Gli sfavillanti parties in città sono infatti un'eccellente occasione per stringere nuove amicizie, utili per la prossima festa di compleanno di Pamela. Tra la «gente giusta» di cui assicurarsi la presenza figurano di certo Sebastian Atlas, volto angoloso, naso lungo e capelli impomatati tanto lisci da sembrare una lamina d'oro aderente al cranio; Clara Fisher, soprannominata dai Mitford «l'Americana» e, naturalmente, i Curtis: Charlotte Curtis innanzi tutto e suo fratello, l'arrogante Adrian, lo scapolo da accalappiare. Le intenzioni di Nancy vanno a buon fine e, nel giro di un mese, buona parte dei suoi ricchi amici si riversa ad Ashtall Manor, pronta a prendere parte allo sfarzoso ballo in costume e alla sfrenata caccia al tesoro nella tenuta. Durante la serata il gruppo si addentra nel cimitero che confina con il muro di cinta della magione. Il suolo è fradicio di umidità notturna, la luce della luna filtra a stento fra le nuvole. Sul terreno bagnato alla base del campanile della chiesa, con un braccio sul collo, le gambe piegate e storte, la bocca spalancata, gli occhi fissi e ciechi, giace il cadavere di Adrian Curtis. In piedi accanto a lui, con le mani sulla bocca ad attutire il grido, c'è la cameriera personale di Charlotte, Dulcie Long. Scotland Yard non tarda a scoprire che la ragazza cela l'appartenenza a un club molto più esclusivo di quello dei suoi ricchi datori di lavoro: il club delle Quaranta Ladrone, una temibile banda di ladre capeggiate dall'implacabile Alice Diamond, che da qualche tempo sta terrorizzando Londra. Dulcie Long viene dunque arrestata come colpevole dell'omicidio di Adrian Curtis, sprezzante rampollo della «buona società» londinese. L'unica a credere all'innocenza della ragazza è Louisa Cannon, dama di compagnia delle sorelle Mitford, la quale, aiutata da Pamela e Nancy Mitford, decide di indagare sul caso... -
Scandalo in casa Mitford. I delitti Mitford
Terzo capitolo della fortunata serie «I delitti Mitford», Scandalo a casa Mitford vede nuovamente protagoniste le leggendarie sorelle Mitford in un periodo di grandi scandali, disordini politici ed efferati omicidi.rn«Il passo del romanzo storico, la grazia della Christie, il magnetismo del buon thriller… una serie di gialli ambientati da Jessica Fellowes negli anni Venti e Trenta» – Roberto Iasoni, La letturarn«Un’intera serie di crime fiction in cui Jessica Fellowes intreccia abilmente storia e fiction» – Daniela Pizzagalli, Avvenirern«Il fascino duraturo delle sorelle Mitford non muore mai» – Vanity FairrnInghilterra, 1928. È una tiepida sera di giugno, Hyde Park è in piena fioritura e il ballo dei Guinness, al culmine della stagione londinese, vede radunata negli ampi saloni di Grosvenor Place tutta l'élite della società. Anche Nancy e Diana Mitford sono lì, e la loro presenza non sfugge a Louisa Cannon, la quale, dopo aver lasciato l'impiego di dama di compagnia delle sorelle Mitford, ha dovuto ripiegare su un lavoro come cameriera nelle cucine di Grosvenor Place. Sono trascorsi alcuni anni dal loro ultimo incontro e Diana, a differenza di Nancy, appare molto cambiata. La bellezza del suo viso, che nell'adolescenza era stata come un abbozzo a gessetto, è ora un dipinto a olio dalle magistrali sfumature rosa pallido e crema. In virtù di questo straordinario fascino, su di lei ha messo gli occhi nientemeno che Bryan Guinness, aristocratico irlandese ed erede della birra. A un tratto, nonostante la musica e il vociare, Louisa ha l'impressione di udire uno scricchiolio, seguito da un grido acuto e da uno schianto. A terra, tra i frammenti di vetro, una giovane cameriera giace morta, mentre in alto, sopra di lei, un'altra è aggrappata al lampadario, gli occhi serrati e la bocca spalancata. L'indagine, affidata al detective Guy Sullivan, viene presto archiviata: le due cameriere stavano osservando la festa dal lucernario, quando questo ha ceduto e le due giovani sono precipitate. Un caso tragico, ma semplice. Sette mesi dopo, Diana e Bryan convolano a nozze e partono per una scintillante luna di miele a Parigi, tra ricevimenti glamour e serate con gli amici a teatro e nei locali notturni. Diana è accompagnata da Louisa, che ha voluto con sé come cameriera personale. Ma quello che promette di essere un viaggio incantevole si trasforma ben presto in un vero e proprio incubo per i coniugi Guinness, coinvolti nello scandalo dell'improvviso e misterioso decesso di un amico di famiglia, Shaun Mulloney, trovato morto nel suo letto dopo una cena trascorsa assieme. Tutto porta a pensare a una tragedia senza spiegazione. Solo a Louisa Cannon sembra di scorgere un collegamento tra Shaun Mulloney e la giovane cameriera precipitata dal lucernario a Grosvenor Place mesi prima... -
Benedetto sia il ladro
Con virtuosismo ed erudizione, Alan Wall dona al lettore «un libro pieno di passione sul potere dell'arte di salvare o distruggere una vita» (Observer).rnrn«Una scrittura estremamente elegante, una notevole capacità di espressione e frasi che scivolano via come cigni di vetro sull'acqua, catturando la luce» – IndependentrnrnNato e cresciuto negli Stati Uniti, all'età di undici anni Thomas Lynch viene spedito dalla madre e dal patrigno alla scuola Robert Southwell, in Inghilterra, come suo padre prima di lui. Del padre, che non ha mai conosciuto, Thomas sa poco e niente, se non che ha trovato la morte nell'esplosione del dirigibile Hindenburg, nel 1937. Fin dal primo giorno a Southwell, grigia scuola cattolica immersa nel gelo sferzante della brughiera, Thomas capisce che non avrà vita facile: gli inverni sono oltremodo rigidi, gli insegnanti non lesinano punizioni corporali e gli altri studenti si fanno beffe di lui e del suo accento yankee. La salvezza, per il giovane, è quella di essere preso sotto l'ala protettrice del dottor Grimshaw, il preside, un uomo dai modi spigolosi ma di grande erudizione. Con il passare del tempo, Grimshaw diventa una figura paterna per Thomas: gli apre le porte della sua casa e del suo sapere e lo introduce nella misteriosa Delaquay Society, una setta di collezionisti delle opere di Alfred Delaquay, enigmatico illustratore del XIX secolo, tanto geniale quanto oscuro e perverso. Le condizioni per appartenere alla società sono poche, ma rigorose: i libri illustrati a mano da Delaquay, spesso esistenti in una sola edizione, non possono essere venduti o barattati, ma solo scambiati con un'altra edizione della Delaquay Society. Ed è severamente proibito riprodurli. Giorno dopo giorno, con sempre maggiore intensità, Thomas viene preso da una sordida ossessione per l'opera di Delaquay, fino a trasgredire le ferree regole imposte dalla setta. La sua bravura nell'imitare le opere dell'artista, infatti, lo porterà a violare tutti i principi a cui ha aderito, gettandolo nell'ignominia e nella disgrazia, ma permettendogli di scoprire i segreti nascosti nel passato della sua famiglia. -
La maledizione di Melmoth
Il nuovo atteso romanzo dell'autrice de Il serpende dell'Essex, con il quale ""suggella il suo ruolo di precorritrice della rinascita gotica della letteratura"""" (Melissa Harrison)rnrnrn«Sarah Perry è una scrittrice meravigliosa. La maledizione di Melmoth unisce atmosfera, terrore, paura e malinconia.» - Susan Hillrnrnrnrn «Da sempre ho desiderato far vivere sulla pagina un grande """"mostro"""" - il mio Frankenstein o Dracula - ma volevo fosse donna» Sarah PerryrnrnrnrnSono passati molti anni da quando Helen Franklin ha lasciato l’Inghilterra. A Praga, lavorando come traduttrice, ha finalmente trovato un posto da chiamare casa. La sua vita prende però una piega inaspettata quando il suo amico Karel le consegna un misterioso documento, che gli è stato lasciato da un anziano signore in biblioteca, una strana confessione e, al contempo, un curioso avvertimento che parla di Melmoth la Testimone. Secondo la leggenda Melmoth apparteneva al gruppo di donne che si recarono alla tomba di Cristo per ungere il suo corpo, scoprendo che la pietra del sepolcro era stata rimossa e che il corpo del Signore era scomparso. Melmoth negò categoricamente ciò che aveva visto e fu maledetta non con la morte, ma con l’assenza di morte, costretta a vagare per la terra fino al ritorno del Messia e condannata per sempre ad apparire dove regnano desolazione e morte. Helen ritiene che le storie su Melmoth non siano altro che sciocche leggende e superstizioni, ma quando Karel svanisce nel nulla, Helen capisce che il male ha molti volti e che la prossima vittima di Melmoth potrebbe essere proprio lei… Mescolando leggende e antiche tradizioni, Sarah Perry ha dato vita a un’affascinante storia gotica capace di scavare tra le paure più profonde dell’essere umano."" -
Chiamerò la polizia
Chiamerò la polizia è una potente esplorazione dei temi cari a Yalom – memoria, paura, amore e guarigione – e, al contempo, un libro forte, intenso, capace di trasmettere con vertiginosa drammaticità la tragedia della Shoahrnrn«Irvin Yalom è uno psichiatra che pensa come un filosofo e scrive come un raffinato romanziere» - Rebecca Newberger Goldsteinrnrn«Yalom è uno studioso della condizione umana. La sua voce mescola meraviglia e umiltà» - Boston Globe rn rnrn«Avevo quindici anni. Ero scappato da una colonna di prigionieri che i nazisti stavano portando dal ghetto alla stazione, per deportarli, ed ero riuscito a tornare a Budapest, dove vivevo fingendomi cristiano grazie a documenti d’identità falsi. Tutti i membri della mia famiglia erano stati già arrestati e deportati».rnDa troppi anni, infatti, Bob vive due vite: una diurna come cardiochirurgo affabile, scrupoloso e infaticabile, e una notturna, quando i brandelli di orribili ricordi si fanno largo nei suoi sogni. Yalom sa che è giunto il momento di accompagnare l’amico fin dentro il suo incubo. Nei loro cinquant’anni di amicizia, Bob Berger non ha mai rivelato ad anima viva il suo passato di rifugiato di guerra sopravvissuto all’Olocausto, arrivato fino a Boston da solo, come profugo, all’età di diciassette anni, dopo essere sfuggito ai nazisti fingendosi cristiano. Ora è giunto il momento di affrontare i propri demoni.rnInsieme, Yalom e Berger interpretano i frammenti di una storia che, per essere esorcizzata e finalmente dimenticata, va affrontata in tutti i suoi più intimi risvolti psicologici. -
La terra promessa
Romanzo di formazione, alla stregua del Wilhelm Meister di Goethe che Remarque aveva sempre sul tavolino, il libro narra dell’esilio di Ludwig Sommer dalla Germania nazista e del suo impossibile approdo, negli Stati Uniti, all’autentica terra promessa.rnrn«In una successione di quadri fortemente incisivi e rappresentativi, così come accade in Niente di nuovo sul fronte occidentale, Remarque dipana i temi costanti del libro: l’esilio, l’abbandono, la fedeltà delusa, l’impossibile approdo all’autentica terra promessa» – Maurizio Serrarnrnrn""La terra promessa"""" è l'ultimo romanzo di Erich Maria Remarque, l'opera a cui lavorò fino alla sua morte, avvenuta nel 1970, e che non ebbe perciò il tempo di terminare. Come tuttavia scrive Maurizio Serra nello scritto che accompagna questa edizione, «l'incompiutezza di quest'opera ne illumina la tormentata grandezza». Romanzo di formazione, alla stregua del """"Wilhelm Meister"""" di Goethe che Remarque aveva sempre sul tavolino, il libro narra dell'esilio di Ludwig Sommer dalla Germania nazista e del suo impossibile approdo, negli Stati Uniti, all'autentica terra promessa. A New York, mentre i suoi compagni d'emigrazione, gli Emigranten rifugiatisi nel fatiscente hotel Rausch, sono preda di ripicche, delazioni e ambizioni frustrate, Sommer diventa un ricco e stimato mercante d'arte, capace di conquistare il cuore di Maria Fiola, un'enigmatica giovane donna dall'«eleganza severa, quasi pericolosa». La trasformazione, però, è soltanto esteriore. In quella città senza passato, fatta di pietra, cemento e asfalto, dove dall'alto non si scorgono passanti, ma soltanto semafori e file d'automobili, la vita dell'esule Sommer scorre come in un sogno in cui tutto ciò che accade, persino l'amore, è accolto sotto lo stigma dell'estraneità. Basta però una visita a Yorkville, il quartiere tedesco sull'Ottantaseiesima Strada, in compagnia di Maria Fiola, perché l'atmosfera quieta, quel miscuglio di tradizione, asettica cordialità e acritica obbedienza ridestino in Sommer il ricordo crudele del passato, dei campi di concentramento in cui i gerani fiorivano davanti alle baracche della morte e la domenica l'orchestra suonava mentre i deportati venivano frustati a sangue o impiccati lentamente. E allora riaffiora nella sua mente il pensiero che lo tormenta dalla fuga dalla Germania, l'idea che niente possa andare avanti, niente possa realmente accadere finché gli assassini non abbiano pagato con la vita gli orrendi crimini commessi. Come tutti gli eroi di Remarque, anche Ludwig Sommer si trascina così dietro «un conto da regolare con il male» (Maurizio Serra)."" -
Le vedove di Malabar Hill. Le inchieste di Perveen Mistry
Le avventurose indagini di Perveen Mistry, prima donna avvocato nella Bombay degli anni Ventirn«Con una prosa agile e personaggi ben tratteggiati, Le vedove di Malabar Hill è una splendida prima puntata in quella che promette di diventare una serie memorabile.» – The Wall Street Journalrn«Scritto meravigliosamente, ricco di dettagli… Questa è una performance di prim’ordine che inaugura una serie molto promettente.» – The Washington Postrnrn«L’ambiente multiculturale e multireligioso in cui Perveen vive, lavora e tenta di trovare l’amore illumina l’era passata e offre una prospettiva interessante sull’attuale questione dei diritti delle donne.» – Los Angeles TimesrnrnrnPerveen Mistry, figlia di una rispettata famiglia zoroastriana, è appena entrata nello studio legale di suo padre, diventando una delle prime donne avvocato in India. Laureata in legge a Oxford, Perveen ha una tragica storia personale che rende i diritti legali delle donne particolarmente importanti per lei. Perveen viene incaricata di eseguire il testamento del signor Omar Farid, un ricco musulmano che ha lasciato tre vedove. Tuttavia, mentre Perveen esamina i documenti, nota qualcosa di strano: tutte e tre le mogli hanno firmato per devolvere l'intera eredità presso un ente di beneficenza. Con cosa vivranno? Perveen è sospettosa, soprattutto perché una delle vedove ha firmato il suo modulo con una X, lasciandole supporre che, con tutta probabilità, non ha nemmeno potuto leggere il documento. Le vedove di Farid vivono in completo purdah, ovvero in un rigoroso isolamento, senza mai lasciare le stanze delle donne o parlare con nessun uomo. Sono state forse sfruttate da un guardiano senza scrupoli? Perveen decide di investigare, rendendosi conto che l'istinto non l'aveva tradita. Ma quando la tensione sfocia nel primo di una serie di omicidi, Perveen comprende che è sua responsabilità capire cosa sia realmente accaduto a Malabar Hill e assicurarsi che non ci siano donne o bambini innocenti in ulteriore pericolo.