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Discorso e verità nella Grecia antica
Chi è colui che può «dire la verità»? E quali rischi corre? Quanto gli può costare il suo «parlar chiaro»? E ancora: qual è il rapporto tra la verità e il potere? Deve coincidere, il dire la verità, con l'esercizio del potere, o deve essere un'attività del tutto indipendente e separata? Verso la fine del V secolo a.C., nella Grecia classica, la verità comincia ad essere percepita come un problema. Anzi, secondo Foucault, la problematizzazione della verità è l'elemento che caratterizza la fine della filosofia presocratica e l'inizio della filosofia così come ancora oggi noi la conosciamo. L'obiettivo dichiarato di queste lezioni, tenute a Berkeley nel 1983, è appunto quello di ricostruire, attraverso la problematizzazione del concetto di verità, «una genealogia dell'atteggiamento critico nella filosofia occidentale». Il metodo seguito è quello dell'analisi filologica. Protagonista di questo seminario foucaultiano è infatti una parola, il termine 'parresia', che connota, nella lingua greca, l'attività di colui che dice la verità. Seguendone il percorso nelle tragedie di Euripide, nei testi «socratici» di Platone, e poi in quelli di Aristotele e Plutarco, Epitteto e Galeno, Foucault restituisce a pieno le tensioni etiche della società greca, e insieme propone la questione centrale del suo metodo di indagine: vi sono momenti, nella storia del pensiero, in cui certe realtà - la verità, la criminalità, la follia, il sesso - diventano «un problema»; è su questi momenti che conviene addensare l'attenzione, è lì che bisogna indagare. In questa edizione le lezioni di Berkeley sono accompagnate in appendice dal testo integrale della conferenza tenuta da Foucault all'Università di Grenoble nel maggio del 1982, in cui si possono rintracciare in forma embrionale i filoni di ricerca che svilupperà nel corso del suo lavoro sulla parresia. Introduzione di Remo Bodei. In appendice il testo della conferenza di Grenoble sulla ""Parresia""""."" -
Fiabe siciliane. Nuova ediz.
A vent'anni dalla prima pubblicazione in Italia, e a centocinquanta dalla prima edizione in tedesco, le Fiabe siciliane raccolte da Laura Gonzenbach tornano in libreria in una nuova edizione, che si affianca al grande cantiere editoriale dedicato all'opera di Giuseppe Pitrè. A impreziosirla, un inserto iconografico contenente materiale finora inedito (fotografie, disegni, acquerelli) proveniente dall'archivio della famiglia Gonzenbach-Tobler. Pubblicate in tedesco, a Lipsia, nel 1870, queste fiabe costituiscono uno dei più ampi e significativi repertori della tradizione folklorica ottocentesca italiana. L'autrice della raccolta era nata a Messina da una famiglia svizzera trapiantata in Sicilia; il padre, mercante di tessuti, era una delle figure di spicco della ricca comunità di lingua tedesca cittadina e le donne della famiglia erano assolute protagoniste della vita culturale e dei salotti messinesi di metà Ottocento. Nel clima post-risorgimentale, il lavoro della Gonzenbach si inseriva nel filone nord-europeo degli studi demologici e di novellistica comparata, tendendo così a sconfessare una lettura «sicilianista» e autonomistica della tradizione favolistica dell'isola. Tra il 1868 e il 1869 Laura Gonzenbach raccolse un centinaio di fiabe nella Sicilia jonica, mentre di lì a qualche anno l'area occidentale sarebbe divenuta il terreno delle ricerche di Pitrè. I narratori, per la quasi totalità donne, provenivano dalle masserie e dalla servitù domestica della famiglia Gonzenbach e delle altre famiglie straniere. E benché dei metodi e delle modalità di raccolta della Gonzenbach non sia rimasta traccia, è certo che la trascrizione in tedesco fu effettuata secondo il massimo scrupolo e rigore filologico. Il medesimo rigore con cui Luisa Rubini, appassionata curatrice del volume, ha realizzato la prima e unica traduzione italiana mai pubblicata in più di un secolo. E, per restituire alle fiabe il ritmo dell'affabulazione orale e il loro originario timbro siciliano, la traduzione dal tedesco si è avvalsa della sensibilità narrativa di Vincenzo Consolo. La sua «rilettura» del 1999 ha riallacciato i nodi con i luoghi d'origine di questo prezioso repertorio fiabesco, senza mai cadere nella forzatura di intonazioni falsamente sicilianiste. E così, di fiaba in fiaba, si ritrova l'eco delle parlate popolari, in particolare delle tante raccontatrici donne che a loro volta narrano di altrettante protagoniste femminili, popolane e regine, sempre in bilico tra le fatiche terrene e le inaspettate incursioni della magia pronta a ribaltare le loro vite. -
Il corpo dell'idea. Immaginazione e linguaggio in Vico e Leopardi. Ediz. illustrata
Il bicentenario dell'""Infinito"""" di Leopardi ha dato vita a una messe di eventi e celebrazioni, e allo stesso tempo si è rivelato una felice occasione capace di stimolare e dare avvio a nuovi studi e approfondimenti, che hanno arricchito la nostra conoscenza del recanatese, oltre ad aver aperto nuovi squarci sulla sua poesia e suggerito insoliti e proficui accostamenti, a volte insospettabili, con altri grandi poeti e pensatori. È quanto è accaduto in relazione alla mostra """"Il corpo dell'idea"""". Immaginazione e linguaggio in Vico e Leopardi, ospitata dal 21 marzo al 21 luglio 2019 nella Sala Dorica del Palazzo Reale della città partenopea. Ideata e organizzata da Fabiana Cacciapuoti, alla quale si deve anche la cura del presente catalogo, la mostra è stata concepita come un vero e proprio dialogo tra Giambattista Vico e Giacomo Leopardi, una conversazione che ruota attorno alla parola, vale a dire al «corpo» dell'idea. A suggerire l'immagine è lo stesso Leopardi, il quale in un appunto del suo Zibaldone annotava: «L'intelletto non potrebbe niente senza la favella, perché la parola è quasi il corpo dell'idea la più astratta [...] è cosa materiale, e l'idea legata e immedesimata nella parola è quasi materializzata». È in realtà l'intera riflessione di entrambi gli autori a giustificare la scelta di questo focus sulla parola: per Vico come per Leopardi l'indagine sulla natura umana non può che risalire fino alle origini dell'uomo, al momento in cui prende forma la coscienza di sé e del mondo esterno: il momento in cui l'uomo dà un nome a sé stesso e a ciò che lo circonda. Ecco perché sondare la parola, la sua storia, l'etimologia non può che essere il punto di partenza in questo che si presenta come un viaggio alla scoperta dell'uomo, accompagnati dai versi e dalle riflessioni di due grandi autori che si sono messi sulle sue tracce. Le parole di Vico e di Leopardi prendono corpo e si materializzano lungo un percorso espositivo - progetto ad opera di Kaos Produzioni, sotto la direzione artistica di Stefano Gargiulo, impianto scenico a cura di Giancarlo Muselli -, la cui prima tappa è costituita proprio dalle parole che li hanno preceduti e che hanno formato il sostrato del loro pensiero: è la «biblioteca» ideale, quell'insieme di testi sui quali i nostri autori si sono formati e che svela non poche affinità tra loro (senza dimenticare che lo stesso Leopardi era lettore di Vico)..."" -
Agricoltura e contadini nella Cina d'oggi
La Cina ha il sistema agricolo più grande al mondo: in termini di produzione, è al primo posto a livello globale, un risultato che è il frutto di oltre 200 milioni di piccole unità agricole. Questi agricoltori, a fronte di appena il 10% della superficie coltivata del pianeta, generano ben il 20% della produzione alimentare mondiale. L'agricoltura cinese si distingue anche per l'impressionante tasso di sviluppo: la produzione e la produttività sono cresciute andando di pari passo con uno straordinario alleviamento della povertà rurale. Ma su cosa si basa l'eccellenza dell'agricoltura cinese? Per rispondere a queste domande Jan Douwe van der Ploeg, esperto internazionale di agricoltura e società rurali, ha condotto un accurato lavoro sul campo, che gli ha consentito di entrare in contatto con le famiglie che compongono il tessuto della società rurale cinese e di studiare le loro forme di adattamento a una realtà in continua evoluzione. Questo libro presenta una descrizione vivida dei meccanismi usati dalle famiglie contadine per difendere il loro modo di vivere. Allo stesso tempo, riuscendo ad aumentare la produzione agricola e a migliorare la propria qualità della vita, i contadini cinesi stanno tracciando nuove strade per rispondere ai cambiamenti in atto. Il libro mette in luce l'importanza della politica agricola. Ma è anche un viaggio all'interno del paradigma dell'agricoltura contadina cinese che rappresenta un'importante alternativa al modello di modernizzazione dell'agricoltura occidentale. -
Calendario civile europeo. I nodi storici di una costruzione difficile
«Cari amici, il progetto a cui vi proponiamo di collaborare nasce dalla convinzione che alle radici della crisi attuale dell'Europa vi siano certamente ragioni politiche ma anche responsabilità, inadeguatezze e inerzie della cultura. Inadeguatezze e inerzie di lungo periodo, divenute ancor più evidenti dopo l'allargamento dell'Unione europea a quella parte dell'Occidente a lungo «sequestrata» dal comunismo sovietico (per dirla con Milan Kundera): quell'ampliamento avrebbe dovuto imporre un radicale salto di qualità nella circolazione e nel confronto culturale, ma esso non è stato neppure tentato. Senza dimenticare la perdurante e forse accresciuta «ignoranza reciproca» negli stessi paesi di più antica appartenenza alla comunità euroea. Ache per questo, forse, di fronte a processi di dissoluzione che appaiono talora quasi inarrestabili - ben oltre la Brexit - rischia oggi di prevalere una rassegnazione impotente. Un'abdicazione comunque grave: ancor più grave, per quel che ci riguarda, perché alcuni nodi culturali di questa crisi chiamano in causa anche il nostro lavoro di studiosi. Chiamano in causa cioè la nostra capacità di far avanzare una riflessione complessiva sui nodi storici di una costruzione difficile, per citare direttamente il sottotitolo del progetto. Una riflessione capace di offrire alle differenti narrazioni e memorie nazionali punti di riferimento che possano favorire confronti e dialoghi fra storiografie e culture. Come è facile comprendere, si tratta in primo luogo di delimitare il campo di questo lavoro collettivo. Ogni scelta implica una selezione: in questo caso particolarmente difficile, e quindi discutibile. La prima delimitazione che ci siamo imposti è indubbiamente drastica, ed è temporale e tematica al tempo stesso. Nell'immaginare questo libro abbiamo deciso cioè di prendere avvio dalla prima guerra mondiale e dalla dissoluzione degli imperi, lasciando spazio solo a due «precedenti» che annunciano già i due filoni centrali nella costruzione dello scenario europeo: il nodo dei diritti costituzionali e quello dei diritti sociali. Per ogni voce abbiamo indicato anche una data simbolo. Ovviamente non intendiamo ridurre ad essa la trattazione dei temi generali di volta in volta indicati, che sono il vero oggetto del libro: talora però anche la data può rendere più visibile una direzione di marcia o una questione aperta. È sufficiente scorrere l'indice per cogliere l'intrecciarsi di momenti fondativi, momenti tragici (talora ignorati o rimossi) e momenti controversi. È nostra convinzione che solo dall'intreccio di queste tre differenti tipologie si possa ricavare una percezione più approfondita e consapevole dello stato effettivo della costruzione europea. Una costruzione che appare straordinariamente complessa e problematica, e insieme necessaria e addirittura ineludibile, nella prospettiva di un futuro che non voglia essere di involuzione e di conflitti.» (Angelo Bolaffi e Guido Crainz) -
I capolavori del Rinascimento raccontati da me. La pittura. Ediz. a colori
L'arte italiana del Rinascimento ha un debito di riconoscenza nei confronti di Giorgio Vasari. Del Rinascimento Vasari è stato un esponente di primo piano, impegnato, sul finire di quella grande stagione, in imprese architettoniche e pittoriche di grande rilievo, come i dipinti del Palazzo della Cancelleria a Roma, o la ristrutturazione di Palazzo Vecchio con la costruzione degli Uffizi a Firenze. Ma Vasari ha fatto di più: ha dato un contributo decisivo all'invenzione di quel «mondo» che da lì in avanti si è definito, appunto, come il mondo del Rinascimento. È stato, se non l'unico, di certo il più coerente tra gli scrittori coevi nel perseguire il geniale disegno di raccontare la biografia degli artisti attraverso l'evoluzione del loro stile. Si è trattato di un vero e proprio salto di qualità nella storia dell'arte e nella critica d'arte. La novità di Vasari sta nella ricerca di un nesso tra la vicenda biografica e l'esito artistico: incardinare le opere alla vicenda biografica dei loro realizzatori, situandole nel cuore stesso delle loro interazioni con gli amici, gli avversari, gli allievi, i committenti; in una parola, far entrare le Opere nelle Vite. -
Purché non manchi la stella. Il presepio in cento parole. Ediz. illustrata
I re Magi erano davvero tre? Oppure erano in dodici? Perché c'è un pastore che dorme e non deve essere svegliato? Chi è il «caganer»? E sarà vero che anche gli antichi Romani facevano il presepe? La scena madre è semplice, l'ambientazione scarna, almeno quella prevista dal copione originale: una sacra famiglia, un paio di pastori, un angelo, tre Magi, una stella... Fine. Eppure, da quelle poche immagini è nata una sconfinata narrazione popolare: le scene si sono amplificate, aggiornate, aperte alle più diverse contaminazioni, tra il sacro e il profano, senza badare a incongruenze. Ne è venuto fuori un long seller, un successo internazionale che conosce innumerevoli repliche, inverno dopo inverno; nelle chiese, nelle piazze e nelle mostre, che ospitano i presepi più sontuosi, ma anche sul palcoscenico casalingo, dove quel rito non perde la capacità di stimolare la reinvenzione continua. Stalla o caverna? Sughero o cartapesta? Il cacciatore, lo mettiamo o no? Fino al dubbio più insidioso: il presepe è uno spazio soltanto religioso? O c'è posto anche per il laico? L'inchiesta di un cronista su uno dei riti più diffusi del mondo ricapitola, voce per voce, da «Abacuc» a «Zingara», tutte le storie, i simboli e i personaggi che compongono il presepe. Tra dogmi religiosi e credenze popolari, questo vademecum raccoglie tutto quello che c'è da sapere per «leggere» e mettere in scena uno spettacolo che rimanda ai miti delle origini, al culto del solstizio d'inverno e ad altri ancora sorti prima della nascita di Cristo. Sacra e profana, sospesa tra visioni opposte, a partire dal suo nome (si dice «presepe» o «presepio»?), la scena della Natività si è sempre prestata a diverse rappresentazioni e interpretazioni, qui raccolte e illustrate in un centinaio di parole chiave. Alcune essenziali istruzioni per l'uso, accompagnate da una sequenza di suggestioni iconografiche, utili per interpretare nella maniera giusta questo rituale che include e non esclude, situandosi al di là delle annuali polemiche pro o contro il presepe. Il miracolo a portata di mano della Natività, espresso nel gesto semplice e ingenuo di poggiare un pupazzetto nella culla, è una sospensione del tempo ordinario che merita rispetto e attenzione, e offre una pausa di riflessione inattesa su un passaggio che ha battezzato la storia dell'Occidente. Ma il primo confronto con il tempo, all'apparenza più banale, avviene al momento dell'apertura dello scatolone, quando scopriamo che manca un pezzo o che il muschio si è seccato: è allora che inauguriamo il percorso più affascinante dell'anno, dove il «sempre uguale» della scena diventa il «sempre diverso» con cui ciascuno, ogni volta, ricostruisce il proprio presepe. -
Il paese dei maccheroni. Storia sociale della pasta
C'erano una volta i maccheroni, trascurati e negletti dai cuochi e dalla gente comune. A un certo punto, accadde qualcosa: una serie di convergenze inaspettate creò le magiche condizioni che permisero, a questo cibo poco valorizzato, di mostrare appieno le sue enormi e squisite potenzialità. Fu così che i poveri maccheroni assursero agli altari della gloria, per essere celebrati sulle tavole italiane e del mondo intero. Ma come è potuto accadere tutto ciò? Quali sono stati gli incastri della storia e del destino, quali gli orchi e quali invece le fate che hanno sancito il trionfo della pasta? Il volume - arricchito da un inserto a colori con immagini d'epoca - ci accompagna lungo questa storia affascinante. Tutto ebbe inizio quando quel semplice impasto di acqua e farina - uno dei composti più comuni dell'alimentazione fin dall'antichità - cominciò a svelare, nelle mani dei mastri pastai di Genova e Napoli, la ricchezza che racchiudeva, la straordinaria malleabilità, l'incredibile capacità di accompagnare i sughi e i condimenti più disparati, di zittire la fame e accendere il piacere; e tutto cambiò quando, fuori dall'ambito domestico e artigianale, i maccheroni si reinventarono come prodotto industriale urbano, imponendosi come «primo piatto» e come unico, autentico cibo nazionale, in grado di esportare l'italianità fuori dalla penisola. L'accurata ricerca di Alberto De Bernardi rivela curiosità e aneddoti di questa vicenda e mette in luce le profonde dinamiche storiche, economiche e culturali di una trasformazione del gusto che è stata anche e soprattutto una trasformazione sociale. La storia della pasta è la storia di un cibo identitario, però aperto al mondo, che invita a «mangiare italiano», ma al contempo attrae e accetta i condimenti e i sughi dei popoli e delle terre con cui entra in contatto; un cibo dunque che parla al mondo, ma che anche porta il mondo in Italia. -
A furor di popolo. La giustizia vendicativa gialloverde
Un nuovo modo di concepire la giustizia ispira il governo di Lega e Movimento 5 Stelle: il populismo penale. Alla razionalità si sostituisce l'emotività delle vittime di reati; al rispetto della dignità umana subentra la collera, che spinge a vedere nel delinquente un nemico da eliminare; la proporzionalità della pena cede il posto a un estremismo sanzionatorio che pretende dal giudice pene sempre più aspre; il carcere, infine, diventa il luogo elettivo per segregare chi ha sbagliato, al fine di garantire al massimo la sicurezza collettiva. Questo grande falò della cultura moderna, da Beccaria alla nostra Costituzione letta con la lente della Carta europea dei diritti umani, provoca un inesorabile slittamento verso la vendetta. La legittima difesa domiciliare è ormai trasformata in un fai-da-te punitivo che esalta il ruolo degli «onesti» come avanguardie di un popolo tanto coraggioso da sparare sulla soglia della casa o del negozio. Si boccia la discrezionalità dei giudici, definita «buonista» quando modella la pena sulla personalità dell'imputato, o «sabotatrice» della certezza della condanna se proscioglie da reati minori e senza danno. Insomma, è la sicurezza collettiva l'altare su CUI viene Immolato il garantismo e sacrificata persino la prescrizione del reato, bollata come un tradimento dei diritti delle vittime della criminalità. Sull'onda del furore punitivo anche il processo penale viene sospinto verso le sabbie mobili della giustizia sommaria. In questa visione, i magistrati sarebbero un' élite incapace di fronteggiare la criminalità con il pugno di ferro. Si apre così uno scenario dominato dall'incubo di una regressione all'immoralità della giustizia vendicativa. -
L' autunno caldo. Cinquant'anni dopo
Torino, 3 luglio 1969, una manifestazione operaia attorno al tema della casa. In prima fila sono gli operai della Fiat di Mirafiori, il cuore pulsante del modello industriale italiano. E sono soprattutto i meridionali immigrati, rappresentanti della nuova figura dell'operaio-massa, caratterizzati in fabbrica da un trattamento salariale fortemente discriminatorio nei confronti dell'operaio specializzato, a dare battaglia in prima fila, affiancati dai quadri più politicizzati del movimento studentesco. Comincia così l'«autunno caldo», una stagione di tensioni e di lotte sindacali e politiche segnata dal carattere spontaneo della protesta, da rivendicazioni redistributive radicali e da una contestazione delle tradizionali forme di rappresentanza sindacale, cui si contrappose il modello assembleare e la rappresentanza attiva dei delegati di reparto. La scadenza del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici fu il catalizzatore di una battaglia che segnò l'avvio di un processo di redistribuzione del reddito e la conquista di una serie di tutele e diritti fortemente innovativi e la nascita di un nuovo modello di sindacalismo unitario. Postfazione di Marco Bentivogli. -
Fiabe e storie. Ediz. integrale
Le fiabe di Hans Christian Andersen costituiscono un corpus narrativo che non ha uguali per forza e ampiezza di diffusione nell'ambito delle culture occidentali. Composte e pubblicate fra il 1835 e il 1874, esse scaturiscono in gran parte dalla fantasia originale dell'autore e solo in minima parte dalla materia popolare cui pure, almeno inizialmente, egli dichiarò di ispirarsi. Il fatto è che Andersen non si limita a ripercorrere e reinterpretare il filo della grande tradizione favolistica europea, inaugurata da Basile, fissata da Perrault e ulteriormente strutturata da Hoffmann. Dotato di un'inquieta tensione romantica e di un'autentica consapevolezza borghese, Andersen cambia radicalmente la prospettiva della fiaba. Prima di lui maghi, streghe, gnomi, draghi, fate e orchi erano figure dotate di poteri speciali, dalla sapienza impenetrabile, misteriosa, ignota al lettore. Andersen, al contrario, opera una sorta di umanizzazione di animali e cose e spesso s'immerge egli stesso volta in volta un abete, un salvadanaio, una lumaca, una teiera. Introduzione di Vincenzo Cerami. -
Confini, movimenti, luoghi. Politiche e progetti per città e territori in transizione
Gli insediamenti urbani e territoriali stanno attraversando un periodo turbolento di cambiamenti materiali e immateriali, morfologici e sociali, tutti segnati da una progressiva erosione dei confini tra urbano e suburbano, tra centro e periferia, tra città e campagna, nonché da una crescente differenziazione (culturale, sociale, funzionale, simbolica) del territorio ex periferico che ha portato alla diffusione di stili di vita urbana a scala territoriale. Diventa doveroso quindi interrogarsi, e questo libro prova a farlo in un'articolata sequenza di saggi e contributi, sulle conseguenze della transizione in corso sulla forma e sul metabolismo dei territori e degli insediamenti urbani. Esistono ancora le città, secondo le modalità in cui siamo stati abituati tradizionalmente a definirle? Quale forma e quale metabolismo assumono i processi di urbanizzazione a scala regionale e planetaria? In che modo i cambiamenti climatici - e la ribellione della terra - agiscono sull'immenso lavoro di costruzione dei luoghi dell'abitare? Come continuare a garantire alle popolazioni il diritto alla città, al movimento, alla coesione sociale, alla giustizia spaziale? Come estendere questi diritti a tutti gli esseri viventi, anche oltre il perimetro delle esistenze umane? Come operare una ricostruzione decente dei luoghi di vita, in un processo di transizione che sta trasformando in profondità i sistemi insediativi? Il libro - che raccoglie i contributi della XXI Conferenza nazionale della Società italiana degli urbanisti - ruota intorno a questi interrogativi complessi, provando a suggerire progetti, strumenti di pianificazione e politiche di governo per le città e i territori in trasformazione, indicando, inoltre, alcune direzioni di cambiamento nel lavoro di progettisti, di pianificatori e di studiosi dell'urbano. -
Contro il celibato. 16 tesi sul matrimonio dei preti
La regola del celibato, che impone ai sacerdoti cattolici l'astensione dal matrimonio, viene ancora oggi propugnata come pilastro della Chiesa, nonostante gli scandali e le polemiche, sempre più frequenti, legati alle accuse di abusi sessuali commessi da preti. Hubert Wolf - teologo e storico della Chiesa, uno dei massimi esperti di Archivi vaticani - mostra come le origini del celibato non siano affatto così remote e come oggi i preti sposati siano già una realtà. L'autore analizza i diversi argomenti a giustificazione del celibato, strutturati in 16 limpide tesi, e individua ragionevoli motivi a favore della sua abolizione definitiva. L'esposizione lineare, che attraversa in profondità la storia della Chiesa, ha l'effetto di un monito forte, di un incoraggiamento a procedere sulla via dell'abolizione di questo istituto, che dovrebbe trovare ascolto anche in Vaticano, soprattutto in vista del Sinodo dei vescovi che si terrà a ottobre 2019, dedicato all'Amazzonia e alle questioni spinose della drammatica crisi vocazionale. Non ci sono abbastanza preti, in particolare in un territorio così vasto come quello sudamericano, per cui si rende problematica la stessa celebrazione dell'eucaristia, quello sì pilastro irrinunciabile della Chiesa cattolica. Il celibato dei preti, nato in origine dal culto della purezza sacerdotale, ha salvaguardato la Chiesa da pretese ereditarie di figli legittimi e ne ha tracciato successivamente la linea di demarcazione rispetto ai protestanti. Ancora negli anni di Giovanni Paolo II il celibato, mediante il riferimento a Gesù, ha subìto una trasfigurazione in senso spirituale. Il numero crescente dei casi di abuso venuti alla luce dovrebbe tuttavia indurre a chiedersi se il celibato sacerdotale giovi davvero al futuro della Chiesa. Hubert Wolf si pone questa domanda per il bene della stessa Chiesa e mette il controverso istituto di fronte al rigoroso banco di prova della storia. Ci spiega come si giunse al celibato, come mai le argomentazioni passate non attraggano più e quali buone ragioni oggi vi si oppongano: le deroghe al celibato hanno dato buoni risultati, la carenza di preti potrebbe essere superata e il pericolo di abusi arginato. In un punto Wolf dà tuttavia ragione ai fautori del celibato: in forza della sua abolizione il sistema clericale, con la sua scarsa considerazione dei «laici» e delle donne, dovrebbe essere rivisto nella sua globalità. E questo sarebbe indubbiamente un bene. -
Paul Cézanne. Una vita. Ediz. a colori
«Il metodo che ho scelto per costruire questa biografia ha un unico scopo: mettere il lettore a contatto diretto con Cézanne e il suo mondo, lasciando la parola all'artista e a quanti gli hanno vissuto accanto, attingendo ai suoi scritti, alle lettere, alle foto e alle testimonianze di prima mano». Con queste parole John Rewald introduce la biografia di Cézanne pubblicata in plurime edizioni nell'arco di quarant'anni (1948-1986) e rimasta insuperata, a detta unanime della comunità degli storici dell'arte. Uscita originariamente in Francia, e poi ampliata nella sua versione definitiva per il pubblico americano, quest'opera preziosa, che ha il pregio della sintesi e al contempo della completezza, colma finalmente una lacuna nel panorama editoriale italiano. Difficile pensare a una figura più rilevante di Cézanne per lo sviluppo della pittura moderna, ecco perché Rewald ha voluto ritrarre in queste pagine ogni sfaccettatura della sua travagliata personalità e il suo spirito ribelle e caparbio nel difficile rapporto con la cultura del tempo e con la critica ufficiale. Rewald descrive anche in dettaglio le teorie estetiche di Cézanne, l'amicizia con Zola, la sua personale battaglia contro l'ambiente borghese d'origine, il suo perenne senso di fallimento come uomo e come artista. Il lettore ripercorre così la vita del pittore - dall'adolescenza ai suoi ultimi giorni -mediante l'alternarsi della cifra intima e confidenziale al racconto della scena artistica francese di fine secolo; e grazie alla sapienza del biografo, quel racconto si arricchisce passo passo di un apparato iconografico che affianca i capolavori di Cézanne alle foto dei luoghi amati da un artista per il quale imprescindibile era la pittura rigorosamente dal vero. Come scrive Piergiorgio Dragone nel suo saggio finale dedicato alla figura del grande critico, «Rewald sembra condurre per mano il lettore nel flusso della vita artistica e delle dinamiche che racconta, in una maniera così piana, essenziale e vivida, che si ha la sensazione di assistere a quei fatti del passato come se ci si ritrovasse per le vie di Parigi e nei sobborghi: ascoltando idee e discussioni fra i pittori, vedendoli lavorare, si è partecipi dei loro entusiasmi e delle loro difficoltà». -
L' ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria
Qual è il significato delle Fosse Ardeatine? Quale memoria ha lasciato la strage nazista compiuta a Roma il 24 marzo 1944, come rappresaglia dell'attentato partigiano di via Rasella, in cui il giorno prima erano morti 33 tedeschi? Questo libro, uscito nel 1999 e insignito del Premio Viareggio, è divenuto ormai una pietra miliare della storiografia contemporanea e un punto di riferimento per i tantissimi lettori che continuano ad accostarsi ad esso, spesso in occasione dei ricorrenti quanto accesi dibattiti sulla memoria del fascismo e dell'antifascismo. Protagonista assoluta del libro è la voce diretta dei portatori della memoria: duecento intervistati, di cinque generazioni, e di diversissima estrazione sociale e politica (compresi fascisti ed ex fascisti). L'autore torna a lavorare sul suo saggio bandiera, che ha gettato per la prima volta una luce sulle false notizie circolate in occasione del terribile eccidio delle Fosse Ardeatine. Ad arricchire questa nuova edizione, in occasione dei vent'anni dall'uscita della prima, è un saggio dedicato proprio alla memoria del nazifascismo e al suo rapporto con le più recenti riprese di sussulti fascisti e di letture revisioniste o svalutative della Resistenza. Ancora oggi, in modo singolare, quella tragica strage rappresenta un banco di prova della coscienza delle nuove generazioni. Raccolte da Alessandro Portelli, con uno scrupolo che è pari alla passione civile e alla tensione letteraria, le voci di questo libro danno vita a una ricostruzione di grande respiro corale, che si struttura attorno all'elaborazione e alla codificazione di un linguaggio. Ed è il linguaggio, alla fine, a farsi storia: una storia parlata; parlata a Roma. -
Tutti i volti di Marianna. Una storia delle storie della Rivoluzione francese
Le storie della Rivoluzione francese sono state per oltre due secoli lo specchio delle tensioni presenti nel processo di costruzione della modernità politica. Hanno contrapposto libertà ed eguaglianza a ordine e tradizione - un dissidio che non ha mai avuto termine - ma hanno anche diviso quanti, sotto profili ideologici volta a volta diversi, attribuivano un valore universale e periodizzante al 1789. Questo libro passa in rassegna oltre trecento storie della Rivoluzione francese pubblicate tra l'Europa e gli Stati Uniti in un arco cronologico che dall'epoca degli avvenimenti stessi giunge a tutto il Novecento, mettendo in risalto gli elementi che di volta in volta venivano valorizzati o nascosti, esaltati o taciuti. Il risultato è un quadro dove il volto di Marianna, figura assurta a simbolo stesso della Repubblica sorta dalla rivoluzione, assume sembianze diverse, proprio perché la riflessione sugli sviluppi seguiti al 1789 ha sempre inciso sul tempo presente, accompagnando, oppure contrastando, il pluralismo politico e culturale nel quale hanno preso forma le pratiche democratiche. Se oggi le fortune della storia globale sembrano porre in discussione il rilievo periodizzante di un 1789 dal profilo dichiaratamente eurocentrico, tornare sul dibattito attorno alla Rivoluzione è un modo per ricordare come l'esperienza delle storiografie nazionali - che si vorrebbe frettolosamente dar per conclusa - resti ancora un sicuro punto di riferimento per una rinnovata ricerca storica. -
Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana
Quando si parla di Roma - come esempio per antonomasia di una realtà urbana complessa e stratificata, sintesi del difficile cammino delle metropoli in Europa e nel mondo - spesso si cade nella trappola dei luoghi comuni, della visione stantia di una città che non c'è più, dell'inconsapevolezza di come cambiano i cittadini e dove si spostano. Oggi, nell'era della connettività universale, una volta che ci si è allontanati dai percorsi più battuti, a Roma si può avere la sensazione di fare un salto nel buio e, un po' come accadeva ai navigatori del XV secolo (loro sì, per colpa di mappe inesatte), di imbattersi in nuove terre, piene di problemi ma anche di potenzialità. Il volume - costruito come un percorso che si snoda attraverso una dettagliata serie di mappe a colori - traccia una geografia delle disuguaglianze tra i quartieri della capitale in un confronto inedito e prezioso con le altre tre principali città metropolitane italiane: Milano, Napoli e Torino. Gli autori, mossi da un grande rigore scientifico e da una forte passione civile, ci restituiscono la complessità sociale e spaziale della capitale, mostrandone le tante sfaccettature e le disuguaglianze che la attraversano. Postfazione di Walter Tocci. -
Democrazia totalitaria. Una storia controversa del governo popolare
Questo libro è il racconto di una storia dimenticata della democrazia. Una storia poco nota, che rovescia il nostro abituale modo di guardare a questo regime politico e lo trasforma nel peggiore incubo per la libertà. Le radici del concetto «scandaloso» di democrazia totalitaria affondano nel pensiero di alcuni intellettuali del secondo dopoguerra. Il padre di questo concetto, ma non l'inventore, è Jacob Talmon, che nel 1952 dà alle stampe un testo destinato a scatenare non poche polemiche nel dibattito politico dell'epoca: ""The origins of totalitarian democracy"""". La tesi dello studioso è che sia il pensiero illuministico che le fasi più estreme della rivoluzione francese abbiano dato origine a un modello di democrazia alternativo rispetto a quello della democrazia liberale. Talmon ritiene che la divisione tra le due forme di democrazia, la liberale e la totalitaria, sia all'origine della divisione in blocchi della guerra fredda a lui contemporanea. La democrazia totalitaria privilegia una concezione diretta del governo popolare, si basa su una visione monolitica del «popolo» e su un'idealizzazione del concetto di sovranità popolare che, in ultima analisi, incarna una sorta di religione messianica della politica. Di fatto, come scrive Nadia Urbinati nella sua prefazione, «prende la conformazione di una società di eguali, non di liberi». Partendo dall'analisi della tesi di Talmon, ed evidenziando come i presupposti della sua intuizione fossero presenti in autori che si erano già in precedenza occupati dell'argomento, il volume mostra come il tema della democrazia totalitaria abbia sviluppi decisivi nel pensiero di altre figure fondamentali del dibattito anglosassone a cavallo tra gli anni Quaranta e Sessanta del XX secolo: Karl Popper, Friedrich von Hayek e, soprattutto, Isaiah Berlin e Hannah Arendt. Seppure con percorsi molto differenti, questi autori propongono un'interpretazione dualistica della tradizione democratica, sviluppando l'antitesi tra un «governo del popolo», una forma di democrazia «aperta», pluralista e rispettosa dell'individuo, e un «governo per il popolo», una forma di democrazia, solo in parte riconducibile alle origini greche di questo regime, «etica», monistica e dunque totalitaria. Una distinzione, questa, che conserva tutta la sua attualità e che ci può anche aiutare a comprendere meglio il recente dibattito sui populismi e sulle cosiddette democrazie illiberali."" -
Per una città sostenibile. Quattordici voci per un manifesto
Il termine «Antropocene», usato per la prima volta negli anni ottanta per indicare l'epoca geologica caratterizzata dall'impatto dell'uomo sul pianeta, ha assunto di recente un ruolo centrale nel dibattito intellettuale, dentro e fuori dalle aule universitarie. Parlare di Antropocene vuol dire parlare del modo in cui l'uomo ha modificato il proprio habitat, e quindi degli insediamenti urbani e dell'enorme impatto che hanno sul patrimonio territoriale, paesaggistico e ambientale. Gli studi di chi si occupa di città e territorio sono dunque uno strumento fondamentale per capire in che direzione è necessario andare per ridurre l'impatto del nostro abitare e raggiungere una maggiore sostenibilità ambientale, nell'ottica di una transizione che sembra essere ogni giorno più necessaria. Con questa consapevolezza, la Società italiana degli urbanisti ha deciso di mettere al centro dei propri lavori la questione del legame tra azione dell'uomo, ambiente e cambiamento climatico, invitando i suoi esponenti più autorevoli a riflettere su queste tematiche, in particolare chiamando a raccolta quegli studiosi che, per il proprio impegno scientifico e istituzionale, sono interlocutori naturali nel rapporto tra ricerca e azione politica. Il risultato è una proposta di manifesto, pensato dagli urbanisti come uno strumento per accompagnare e guidare la transizione, a partire dalla necessità del riconoscimento del valore del patrimonio paesaggistico, ambientale e storico-culturale, per rispondere alle nuove domande di sostenibilità e innovazione che la stessa società civile pone come prioritarie. Per agire in questa direzione è necessario rafforzare il dialogo tra la ricerca disciplinare, le istituzioni, i professionisti e le amministrazioni territoriali, in modo da consentire agli studiosi di disseminare il proprio contributo culturale e scientifico nelle sedi di elaborazione delle politiche urbane italiane. Lo scopo di questo volume a più voci è quindi quello di portare la riflessione al di fuori dell'ambito accademico, rivolgendosi alla politica e alla società civile, e proponendo un'agenda per la trasformazione di città e territori che, partendo dalla formulazione di problemi specifici, possa indicarne vie di trattamento efficaci, in una chiave di sempre maggiore sostenibilità. -
Il mio primo atlante dei fantasmi e dei loro amici (streghe, folletti, mostri e creature fantastiche). Ediz. a colori
Non tutti i fantasmi si aggirano ululando sotto un lenzuolo - c'è chi ha le ali, chi le corna, chi è dispettoso, chi sputa fuoco, chi è puzzolente, chi va per mare, chi sbuca da una lampada, chi vive in una casa con le zampe di gallina e chi si porta la testa sottobraccio. Ogni popolo del mondo ha i suoi spiritelli buoni o cattivi, i suoi diavoli, le sue streghe, le sue creature fantastiche e i suoi mostri - ma come si fa a riconoscerli? Ecco un libro che ci svela tutti i loro trucchi e ci aiuta a non aver paura e persino a fare amicizia con quelli più simpatici. Un vero e proprio atlante, con le mappe dei sette continenti, in cui si possono scoprire personaggi sconosciuti - dal ragno gigante ai nani del cacao, dal fantasma del sombrero alla regina di ghiaccio, dal lama del fuoco al ginn - e incontrare per la prima volta quelli più familiari al nostro mondo - Melusina, il lupo mannaro, le ninfe del bosco e gli angeli. Età di lettura: da 4 anni.