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Velocità e attesa. Tecnica, tempo e controllo in Paul Virilio
Tante sono le formule impiegate per raffigurare in maniera effettivamente incisiva la società contemporanea: società del rischio, società della prestazione, società dell'accelerazione. È quest'ultima ad apparire come assai convincente, proprio perché coglie la predominanza, particolarmente evidente oggi, di tutto ciò che risulta rapido, appunto sempre più accelerato, veloce. Tale predominanza è stata analizzata con grande maestria intellettuale da Paul Virilio, l'ultimo esponente di una generazione di studiosi che ha annoverato tra le sue fila autori di riconosciuta fama internazionale come Gilles Deleuze, Michel Foucault, Jacques Derrida, tra gli altri. È stato infatti merito di Virilio, con il suo percorso pluridecennale di ricerca, aver indagato con strumenti assai sofisticati gli effetti, accanto ai suoi supporti tecnologici, della velocificazione complessiva dei modi di vivere, che riguardano soprattutto la nostra sensibilità, la nostra intelligenza e capacità di comprensione della realtà. Questo libro vuole appunto presentare una vicenda intellettuale tra le più affascinanti del nostro tempo, contraddistinta da una profondità d'analisi e di individuazione delle principali tendenze di sviluppo della società odierna, di ciò che appare disegnato dall'ultimo ""assoluto"""" ancora vigente: la velocità."" -
Ai margini del lavoro. Un'antropologia della disoccupazione a Torino
Se la disoccupazione - uno dei principali problemi del nostro tempo - è spesso al centro del dibattito pubblico, dei disoccupati si parla invece molto poco. E quando lo si fa, a prevalere è una rappresentazione che tende ad accusarli delle loro stesse difficolta?, a colpevolizzarli e a renderli invisibili. In opposizione a questo rappresentazione, il libro, che si basa su una prolungata ricerca sul campo a Torino, intende ridare voce ai disoccupati per comprendere che cosa significa perdere il lavoro al tempo della deindustrializzazione e della stagnazione economica globale. Dalle storie e dalle testimonianze qui raccolte, la figura del disoccupato si delinea, antropologicamente, come ""liminale"""" - priva di status e di riconoscimento sociale oltre che di reddito, in attesa e alla ricerca di qualcosa, un vero lavoro, che sembra sempre più difficile da trovare. La condizione dei disoccupati si configura così come l'emblema della Torino post-fordista - anch'essa priva di status e bloccata nell'attesa - e come l'incarnazione piu? piena delle contraddizioni del tardo capitalismo neoliberista. Contro ogni riduttiva lettura individualista del fenomeno, le parole e le storie delle persone incontrate sul campo ci ricordano che la disoccupazione e? un vero """"dramma sociale"""". Queste pagine sono un tentativo di narrare questo dramma e di afferrarne, grazie agli strumenti di un'antropologia critica e militante, tanto le dimensioni politico-economiche quanto quelle relazionali e simboliche."" -
Il punto zero della rivoluzione. Lavoro domestico, riproduzione e lotta femminista
"Come provo a mostrare in questo libro, oggi un femminismo radicale deve operare su vari fronti, ma senza mai limitarsi a una pratica puramente difensiva. La ricostruzione del tessuto sociale, la determinazione di nuovi rapporti di solidarietà capaci di procurare subito, nel presente, nuove risorse e nuovi rapporti sociali, sono la prima condizione non solo per la sopravvivenza ma anche e soprattutto per aprire un processo di riappropriazione della ricchezza e per recuperare il controllo sui mezzi della nostra riproduzione. Abbiamo davanti un lavoro immenso, se si pensa alle condizioni disastrate - ambientali, economiche, sociali - in cui siamo costrette a vivere. Dall'educazione alla salute, dall'ambiente alla costruzione di nuove forme di (ri)produzione: si può davvero dire che dobbiamo mettere il mondo sottosopra, perché la bancarotta del sistema capitalistico è tale che ormai da esso ci si può aspettare solo crisi, miseria e violenza"""" (Silvia Federici). """"Finalmente abbiamo un volume che raccoglie i numerosi saggi che in un periodo di quattro decenni Silvia Federici ha scritto sulla questione della riproduzione sociale e sulle lotte delle donne su questo terreno. Oltre a fornire una potente storia dei cambiamenti nell'organizzazione del lavoro riproduttivo, Il punto zero della rivoluzione documenta lo sviluppo del pensiero della sua autrice su alcune delle questioni più importanti del nostro tempo: la globalizzazione, le relazioni di genere e la costruzione di nuovi beni comuni"""" (Mariarosa Dalla Costa). """"Con pensatrici e attiviste ecofemministe, Federici sostiene che la protezione dei mezzi di sussistenza ora diventa il terreno chiave della lotta e invita le donne del Nord e del Sud a unirsi per costruire nuovi beni comuni"""" (Ariel Salleh)." -
Per una teoria generale dello sfruttamento. Forme contemporanee di estorsione del lavoro
Le nostre società si reggono in gran parte su due pilastri interconnessi: il modo di produzione capitalista e il modo di produzione patriarcale (o domestico). L'estorsione del lavoro, salariato o no, ne è un fondamento. Se l'uno va a vantaggio dei capitalisti, l'altro opera a beneficio degli uomini. Il lavoro domestico è sia una palese manifestazione della disuguaglianza di genere sia una sfida per le strategie dell'uguaglianza, poiché l'azione militante vi trova spesso il suo limite. In effetti, l'""ineguale divisione"""" dei compiti domestici - un ossimoro che indica l'assenza di condivisione - non sembra obbligata, ma il risultato di accordi amichevoli tra due adulti liberi. Tuttavia, non appena due persone di sesso diverso formano una coppia e vivono insieme, la quantità di lavori domestici svolti dall'uomo diminuisce mentre aumenta quella della donna. E il lavoro gratuito è lo sfruttamento economico più radicale. Vedendo lo sfruttamento solo dove c'è un plusvalore, la teoria marxista, che si voleva di liberazione, ha prodotto concetti che non solo non rendono adeguatamente conto dello sfruttamento salariale, ma sottovalutano anche altri tipi di sfruttamento, sia esso lo sfruttamento domestico, la schiavitù o il servaggio. Il modo di produzione capitalista, nella misura in cui serve il modo di produzione patriarcale, non è puramente capitalista, ma anche patriarcale. Da qui, per l'autrice, la necessità di rivisitare la teoria marxista mediante una teoria generale dello sfruttamento."" -
La Rivoluzione haitiana. Scritti politici e giuridici (1789-1805)
La ribellione degli schiavi scoppiata nell'agosto del 1791 nella colonia francese di Santo Domingo, con cui si indica convenzionalmente l'inizio della Rivoluzione haitiana, distrusse l'ordine coloniale fondato sulla schiavitù e le gerarchie razziali, già minato dalla lotta dei liberi di colore che dal 1789 rivendicavano l'inclusione nei diritti di cittadinanza sanciti dalla Rivoluzione francese. L'insorgenza degli schiavi costrinse la Repubblica giacobina ad abolire la schiavitù nel 1793-94. In seguito, il tentativo di Napoleone di riprendere il controllo della colonia e reintrodurre la schiavitù, segnato anche dalla destituzione del generale e leader politico Toussaint Louverture, trasformò la rivoluzione in una guerra anticoloniale per l'indipendenza nazionale, conclusa nel 1804 con la nascita di Haiti, unico Stato delle Americhe governato da uomini neri e in cui la proprietà privata di esseri umani e la disuguaglianza fra le razze erano formalmente abolite. Il libro propone una selezione di testi che permettono di ricostruire il pensiero politico espresso dai diversi soggetti che animarono la Rivoluzione: dalla lotta dei liberi di colore all'insurrezione degli schiavi, dall'ascesa politica e militare di Toussaint Louverture fino alla guerra d'indipendenza. L'antologia rende così la complessità della Rivoluzione, percorsa anche da numerose lotte interne che condizionarono la storia di Haiti per tutto l'Ottocento, in particolare il conflitto tra l'élite rivoluzionaria, intenzionata a mantenere il sistema di piantagione, e gli ex schiavi africani, che continuarono a insorgere contro le nuove forme di lavoro forzato. -
Futuri testardi. La ricerca sociale per l'elaborazione del «dopo-sviluppo»
In questo volume, dedicato al tema del futuro come ""prodotto culturale"""", Vincenza Pellegrino discute i risultati della ricerca sociale attuata attraverso la rivisitazione del metodo """"Future Lab"""". Si tratta di un tipo di ricerca-azione di lunga durata, basata sulla alternanza tra stimoli art-based, brainstorming collettivi e argomentazioni a base tematica, che favorisce un passaggio collettivo dal risentimento a forme di critica sociale. Nello specifico, la ricerca coinvolge diversi gruppi di giovani chiamati a immaginare l'evoluzione del presente in chiave prima distopica e poi utopica, per discutere infine quali trasformazioni possano """"gettare ponti"""" verso i mondi auspicati. Ne emerge un immaginario complesso, ma espresso con rappresentazioni ricorrenti tese al superamento delle """"crisi"""" prodotte dell'economia tardo capitalista. Vengono evocati ad esempio nuovi ordini post-statuali, forme di cittadinanza globale come diritti/doveri d'accoglienza; nuove istituzioni democratiche più propriamente """"g-locali"""", con la federazione tra città-stato; forme di co-gestione concreta e quotidiana delle istituzioni, a partire da una scuola """"orizzontale"""", da nuove forme di social housing basate sulla convivenza tra generazioni e così via. Costrutti complessi - ritenuti solitamente appannaggio di élite intellettuali e rimossi dal dibattito pubblico e mediatico - rivelano invece un immaginario sul """"dopo-sviluppo"""" vivo in questi giovani, che nutrono forti aspirazioni a un mondo migliore. Prefazione di Vando Borghi. Postfazione di Claudio Conte."" -
Un femminismo decoloniale
Nella sua analisi Françoise Vergès parte dall'assunto innegabile che a partire dal XVIII secolo la storia del femminismo occidentale sia stato un fruttuoso susseguirsi di vittorie nel campo della rivendicazione dei diritti individuali delle donne. L'autrice precisa tuttavia che queste vittorie, fondate sullo cancellazione delle disparità uomo-donna, hanno sottovalutato e in certi contesti ignorato le esperienze di dominazione che esistono tra le donne stesse. A fronte di un femminismo portatore della ""missione civilizzatrice"""" del Nord colonizzatore, Vergès mostra gli aspetti dirompenti di un posizionamento """"decoloniale"""" in grado di opporsi a quel patriarcato profondamente connesso al sistema capitalista (a sua volta storicamente connesso allo schiavismo) e al neoliberismo. Il femminismo decoloniale è necessariamente anticapitalista e collega le disuguaglianze di genere e razziali al sistema capitalista. Secondo Vergès non ci si dovrebbe definire femministe senza interessarsi alle questioni ambientali, allo sfruttamento, alla vulnerabilità di classe e al razzismo; senza agire in modo condiviso con altri movimenti politici e sociali favorevoli alla decostruzione di questo sistema. Essere femministe decoloniali significa allora combattere contro il femminicidio ma anche per il diritto dei popoli indigeni alla terra, significa trovare delle connessioni tra le esperienze radicate in diverse parti del mondo e riscrivere le strutture in cui i nostri mondi sono pensati."" -
Antropologia della città
In un momento in cui la città si sfalda e scompare in vaste e sconfinate conurbazioni, lo sguardo antropologico si rivela più che mai necessario per ritrovare, senza pregiudizi né modelli precostituiti, le origini e i processi che creano lo spazio condiviso della città. L'antropologo Michel Agier sostiene e descrive un approccio situazionale e dinamico che sviluppa le tre tradizioni di indagine urbana della scuola di Chicago, della scuola di Manchester e dell'antropologia francese del contemporaneo. L'etnografia urbana e riflessiva consente di ripensare la città a partire dai cittadini e delle logiche sociali, politiche e culturali che le danno origine e la trasformano. La questione del ""fare-città"""" è così al centro di una riflessione che si basa su ricerche condotte nei quartieri periferici, nelle """"favelas"""" e negli accampamenti nell'Africa nera, in Brasile, in Colombia e più recentemente in Europa. Il """"fare-città"""" è un mezzo con cui spingere oltre la rivendicazione del """"diritto alla città"""" ed esercitarlo qui e ora. Le pratiche conflittuali o minoritarie rivestono quindi un significato radicale per il pensiero della città, perché mettono in luce un desiderio e un """"appello"""" verso l'orizzonte di una città sognata, virtuale o ideale, che va ben oltre la sua mera attualità o le sue specifiche conseguenze. Esso riguarda tutta la città, concepita come il nome di un movimento in un contesto segnato dalla disuguaglianza. È un punto di dibattito che lega l'epistemologia (il """"fare-città"""") e la politica (l'agire urbano) e che l'autore propone a tutti coloro che s'interrogano non solo sull'attuale stato della città e del mondo, ma anche sul loro divenire."" -
Il corpo del Caribe. Le politiche sulla riproduzione tra Puerto Rico e Stati Uniti (1898-1993)
Ancora poco esplorato nella storia delle relazioni interamericane durante il XX secolo risulta il tema del controllo delle nascite e della popolazione, al crocevia tra interessi pubblici e privati. La ricerca è centrata sulle politiche della riproduzione a Puerto Rico, un contesto marginale nella storiografia americanistica italiana a dispetto della sua singolarità: costituisce uno scenario privilegiato di osservazione dei rapporti tra Stati Uniti e America Latina sin dal 1898. Microcosmo politicamente ambiguo dato il suo status semi-coloniale, lacerato tra un'identità latina e cattolica e la tensione verso il colosso imperiale, l'isola rappresenta un laboratorio sociale sul quale l'amministrazione statunitense esercita precocemente quella ""ossessione modernizzatrice"""" che investirà tutta la regione sottostante. Attraverso fonti statunitensi e portoricane, questo studio indaga su come, dagli anni Venti agli anni Ottanta del Novecento, diversi attori sociali hanno interagito, negoziato e sono stati coinvolti in intense polemiche su due tematiche che segnano la peculiarità della storia insulare e incendiano il dibattito pubblico: le sterilizzazioni femminili e i primi esperimenti su ingenti dosaggi ormonali al fine di commercializzare le prime pillole anticoncezionali. Scandiscono la narrazione le vicende biografiche di tre donne particolarmente significative per la storia della pianificazione familiare e per quella dell'isola caraibica: Margaret Sanger e Katharine Dexter McCormick, attiviste statunitensi, ed Helen Rodríguez-Trías, dottoressa portoricana tra New York e San Juan."" -
Divenire invertebrato. Dalla Grande Scimmia all'antispecismo viscido
Viviamo in un mondo fuori controllo. Il pianeta, che ci ha ospitato finora, è in ebollizione e minaccia la nostra stessa esistenza. Un numero di specie al limite della nostra capacità di comprensione si avvia ogni giorno verso l'estinzione, per non parlare del millenario sfruttamento e dell'incessante messa a morte di miliardi di ""animali da reddito"""" perpetrati con mezzi sempre più osceni. Di fronte a questo scenario, da un lato le correnti maggioritarie dell'antispecismo non sembrano in grado di fornire risposte adeguate, dal momento che, pur nella variabilità delle loro proposte, hanno continuato a ruotare attorno a politiche dell'eccezionalismo umano. Dall'altro lato, la teoria critica, restando saldamente ancorata a modalità di pensiero obsolete e inefficaci, non ha fatto caso - o finge di non fare caso - che il nostro rapporto con le specie non umane è ormai completamente insostenibile e ingiustificabile. Per iniziare a muoversi verso un antispecismo e una teoria critica non antropocentrici, questa antologia raccoglie un bestiario di saggi che trae ispirazione da alcune fra le più vitali e vivaci correnti del pensiero contemporaneo - dal realismo speculativo alle teorie materialiste derivate dal decostruzionismo derridiano, dal multiculturalismo prospettivista alle ontologie immanentiste di stampo deleuziano. Questo libro va letto come la prima mappa alternativa disegnata per orientarci nel territorio inesplorato della nostra convivenza con il resto del vivente. Saggi di Claudio Kulesko, China Miéville, Eugene Thacker, Karen Barad, Eva Hayward e Jami Weinstein, Bogna M. Konior e Yvette Granata, Dagmar Van Engen. Prefazione di Alessandro Dal Lago."" -
Husserl e Frege. Psicologismo, antipsicologismo, logica, fenomenologia
Nel 1894 Gottlob Frege scrive una durissima recensione contro la Filosofia dell'aritmetica di Husserl del 1891, accusando il testo di contenere evidenti tracce di psicologismo. Ciò è dovuto principalmente all'utilizzo - da parte di Husserl - del termine ""psicologia descrittiva"""", e al tentativo di far scaturire il concetto di numero dall'astrazione ideante di una molteplicità, da lui chiamata """"aggregato"""" (Inbegriff). Il rischio individuato da Frege è che abbracciando l'idea psicologista, che vede il concetto di numero come ricavabile da mucchi di cose attraverso un mero procedimento mentale di astrazione, venga meno il concetto di oggettività, necessario per stabilire la verità o la falsità di qualsiasi giudizio, sia matematico che logico. Il presente volume si occupa di analizzare i motivi dell'accusa fregeana, restituendo un ritratto delle idee dei due pensatori utile a ricavarne differenze e analogie, con uno sguardo rivolto in particolare al rapporto tra senso, significato, verità e alla differenza di metodo che porterà alla nascita della divisione tra filosofi analitici e continentali."" -
Vive, libere e senza debiti! Una lettura femminista del debito
Una lettura femminista del debito è quella che oppone alla astrazione finanziaria i corpi e le narrazioni concrete del funzionamento del dispositivo. Una lettura femminista del debito comporta l'individuazione dei meccanismi attraverso i quali questo si lega alle violenze contro i corpi femminilizzati. Una lettura femminista del debito mappa le forme di lavoro da una prospettiva femminista, rendendo visibili i lavori domestici, di riproduzione e i lavori comunitari, interpretandoli come spazi messi a valore dall'economia finanziaria. -
Femminismo senza frontiere. Teoria, differenze, conflitti
Da Mumbai a Occupy Wall Street: è questo l'ideale filo rosso che Chandra Talpade Mohanty traccia nella prefazione all'edizione italiana del suo Feminism without Borders. Dal sud al nord del mondo, le donne sono protagoniste dei movimenti di lotta nati per denunciare e combattere gli effetti perversi dei processi di globalizzazione economica. Le loro battaglie contro lo sfruttamento, la privatizzazione dei beni comuni, la riproposizione di assetti patriarcali costituiscono il terreno di nuove forme di soggettività femminile, ma anche di costruzione di solidarietà transnazionali, di legami fra i femminismi del nord e del sud del mondo, dopo che si sono svelati i meccanismi che hanno riproposto, anche nei rapporti fra donne, dinamiche di potere caratterizzate da logiche di classe, razza ed etnia. Proprio a partire dalle tensioni e dal riconoscimento delle asimmetrie di potere che storicamente hanno attraversato i movimenti delle donne a livello globale, infatti, si possono individuare per Mohanty nuove forme di solidarietà che hanno come sfondo comune l'anticapitalismo e l'antimperialismo. I saggi qui raccolti discutono quindi questioni cruciali della politica e della riflessione teorica femminista contemporanea: il rapporto tra riconoscimento delle differenze e ricerca di un nuovo universalismo; il nesso tra riflessione teorica e attivismo femminista; le lotte delle donne del sud del mondo contro le politiche neoliberiste e la ricerca di nuove pratiche di resistenza e di solidarietà fra donne; la relazione esistente, infine, fra politiche della conoscenza e pratiche politiche femministe transnazionali. -
Lo spazio e la norma. Per una ecologia politica del diritto
Nell'esperienza giuridica c'è spesso la tendenza a considerare lo spazio come un oggetto a priori, un dato assunto come presupposto non dimostrato e non pensato. Eppure una norma è valida, efficace ed effettiva sempre e solo in un determinato spazio e per un certo tempo. Nonostante questa intima necessità, lo spazio sembra non avere alcuna rilevanza nel processo di produzione giuridica. Recentemente questo approccio pare essere messo in discussione dall'ecologia politica, che considera lo spazio come prodotto della continua interazione fra la dimensione ecologica della spazio naturale e la dimensione politica ed economica dell'agire umano, dimensione quest'ultima entro cui le norme sono prodotte e rese operative. In questa prospettiva, lo spazio non è più considerato come un supporto passivo su cui si proiettano gli ordinamenti giuridici, ma piuttosto come un loro fattore costitutivo e di conseguenza la norma abbandona la sua astratta autonomia, per farsi dispositivo ermeneutico imbricato nella dimensione terrestre del vivere. Lungo questa linea interpretativa lo spazio e la norma si co-implicano aprendo alla possibilità di pensare e reimmaginare un nuovo nomos della terra. Saggio introduttivo di Salvatore Settis. -
La rivoluzione è il freno di emergenza. Saggi su Walter Benjamin
Per Michael Löwy, la scoperta dell'opera di Benjamin è stata un'emozione che ha scosso molte delle sue convinzioni e la cui onda d'urto si è percepita per più di quarant'anni in tutte le sue ricerche sulle forme eterodosse del marxismo in Europa o in America Latina. Alla visione di una rivoluzione come ""locomotiva della storia"""" che viaggia inesorabilmente nella direzione del progresso, descritta da Marx in La lotta di classe in Francia, Benjamin propone una versione della rivoluzione come """"freno di emergenza"""", annunciando precocemente una critica del progresso e della crescita, che più tardi si svilupperà nel pensiero critico e nell'ecologia radicale. I saggi qui raccolti si concentrano sulla dimensione rivoluzionaria del lavoro di Benjamin, in cui si intrecciano e si confondono un approccio ispirato a un materialismo storico, evidentemente non ortodosso, e un messianesmo ebraico, ripensato alla luce della sua """"amicizia stellare"""" con il suo complice Gershom Scholem. Diversamente da molti lavori su Benjamin, Löwy insiste sulla dimensione sovversiva, rivoluzionaria e persino insurrezionale del suo pensiero. Ed è questa dimensione che fa del filosofo tedesco un personaggio singolare, se non unico, nel firmamento culturale del XX secolo."" -
Maestri ribelli. Pensatori e scrittori del conflitto
Vi sono ""maestri"""" i quali insegnano il compromesso con la realtà e vi sono """"maestri"""" i quali avviano i propri discepoli verso forme di ribellione le quali si esprimono soprattutto in stili di pensiero e di vita fuori da ogni schema convenzionale. Essi attraggono con passione e coinvolgono con forza nelle loro esperienze estreme molti giovani studiosi. Il fatto principale è che in loro il pensare non ha nulla di fiacco, al contrario è vissuto e praticato sotto il segno di una convinta intensità spirituale; non vi è alcunché nella filosofia di questi intellettuali che faccia pensare alla stanca celebrazione e conservazione del passato oppure a una adesione acritica al presente. Il forte sentire di cui sono portatori ha quale presupposto principale la riconsiderazione del pensiero quale esercizio flagrante, per tale motivo si possono definire """"maestri ribelli"""". Sono raccolti nel volume saggi su: Pierre Klossowski, Emil Cioran, Michel Foucault, Mario Perniola, Beau Brummell, Giacomo Leopardi, Pitagora, Thomas Bernhard, Nick Land. Contributi di Sergio Benvenuto, Enea Bianchi, Gioele P. Cima, Antonella Del Gatto, Vincenzo Di Marco, Ugo di Toro, Aldo Marroni, Giuseppe Patella, Giuseppe Zuccarino."" -
Sguardi (post)coloniali. Razza, genere e politiche della visualità
Oltre a un complesso sistema di rapporti di potere di natura sociale, politica ed economica, il colonialismo ha prodotto anche un apparato di costruzioni discorsive relative alla nerezza e ha svolto una funzione centrale nel processo di strutturazione dell'identità italiana come bianca in modo omogeneo. Tali costruzioni hanno plasmato uno specifico immaginario ancora oggi pervasivo che reifica specifici processi di razzializzazione. Attraverso una prospettiva intersezionale, il volume rintraccia l'articolazione delle categorie sociali del genere e della razza in relazione alla cultura visuale contemporanea. In particolare, l'indagine si focalizza sul modo in cui la razza viene visualizzata e, dunque, sulla stretta relazione tra la percezione delle categorie razziali e i processi visuali. Attraverso l'analisi di una serie di immagini proprie della cultura di massa italiana contemporanea (pubblicità e fotografie), viene mostrato come tali fonti ripropongano un immaginario coloniale relativo alle rappresentazioni delle donne nere, che pone i soggetti all'interno di specifici processi di ipersessualizzazione e di negazione dell'agency. La visualità è dunque un campo all'interno del quale si riproducono le costruzioni razziali e di genere, ma si configura anche come uno spazio in cui tali costruzioni possono essere contestate. In quest'ultima direzione si situano pratiche artistiche ""controvisuali"""", come il progetto di Karima 2G, cantante italiana di origine liberiana che sviluppa un'autorappresentazione dirompente e oppositiva della nerezza."" -
Abitare la frontiera. Lotte neorurali e solidarietà ai migranti sul confine franco-italiano
La Val Roja, piccola valle francese al confine con l’Italia, a partire dal 2015, con la chiusura di diverse frontiere interne all’Europa, si ritrova al centro di una inedita rotta migratoria che va verso il nord Europa. Migliaia di migranti restano bloccati a Ventimiglia e, nel tentativo di varcare la frontiera, finiscono per attraversare territori rurali e alpini, nonostante la capillare militarizzazione. Una parte importante della popolazione della valle si mobilita nella solidarietà, offrendo ospitalità, cura e supporto ai migranti in transito. Si tratta di quella parte della popolazione – i cosiddetti “neorurali” – che, dalla fine degli anni Settanta a oggi, alla ricerca di uno stile di vita alternativo all’insegna della decrescita, della sostenibilità rurale e di valori solidali, sceglie la Val Roja come luogo per abitare. Un’altra parte della popolazione, legata alle famiglie native tendenzialmente conservatrici, si oppone all’azione solidale, dando origine a conflitti che rafforzano le frontiere sociali preesistenti nella valle. Confini politico-territoriali che irrompono in Europa e confini sociali entrano in collisione: i neorurali della valle, oltre ad abitare la frontiera tra due Stati, si ritrovano ad abitare la frontiera sociale che li divide da un universo culturale opposto. Frutto di una lunga e intensa ricerca etnografica, il presente volume racconta l’Europa della crisi dell’accoglienza, con le sue frizioni, i movimenti solidali dal basso e i processi di trasformazione sociale che ne derivano. Prefazione di Luca Queirolo Palmas. -
Il lavoro una cosa «seria». Apologia della festa
Quando il rapporto capitale-lavoro investe l'intero tempo di vita, quando il processo di valorizzazione pervade ogni istante dell'esistenza, non ci sono più luoghi e momenti per la festa, l'ozio, il gioco o il riso. Non solo queste attività vedono rarefarsi gli spazi in cui si possono esercitare, ma subiscono anche tutta una serie di trasformazioni che portano alla perdita dei valori e delle funzioni che le caratterizzavano, ad esempio, all'interno di modi di produzione non mercantili, di società strutturate sullo scambio simbolico, il dono e la reciprocità, sui quali si fondava la loro tenuta sociale. La festa, il gioco, il comico, il piacere, sono figure liminali della nostra cultura occidentale. Tra loro corre una parentela di non facile definizione, ma di cui si può ravvisare un tratto nel loro disagio a rapportarsi con termini quali ""utile"""" e """"serio"""". In effetti, utile e serio esprimono un valore opposto al senso che assumono o è attribuito ad alcune di esse. Il piacere, la gioia, il riso, il gioco, pur riscuotendo un alto livello di considerazione teorica, vengono oggi ridimensionati nella vita quotidiana e messi in secondo piano di fronte all'imperiosità dell'utile e alla solennità del serio, in quanto attributi del """"pensieroso"""", non certo dello """"spensierato"""". La spensieratezza, infatti - come si può leggere nei dizionari -, è spesso connotata come un difetto, una mancanza di responsabilità, una superficialità; una leggerezza, ma anche una azione da sconsiderati, superficiali e negligenti. Occorre allora rompere questo """"dispositivo della colpa"""" per ritornare a giocare e fare festa, a oziare spensierati e a riempire di """"godimento"""" le lotte a venire."" -
«Desidererai un mondo nuovo». La letteratura dell'impero americano sulla ricostruzione
"Desiderai un nuovo mondo"""" analizza una serie di testi letterari e cinematografici ambientati durante la Ricostruzione, il periodo che negli Stati Uniti seguì la conclusione della Guerra civile e si protrasse fino al 1877. A partire da The American, il romanzo che Henry James scrisse e ambientò in quegli anni, lo studio si concentra su lavori più o meno canonici della letteratura americana che arrivano fino alla contemporaneità e che condividono un forte impulso internazionale e ideologico nel descrivere quella drammatica fase storica. Il volume si propone di affrontare un campione di opere diverse per genere e periodo di pubblicazione che interpretano la Ricostruzione come la fondazione di un nuovo paese. E proprio in questi anni che la nazione inizia a definirsi in termini imperialisti, mentre si cristallizzano le contraddizioni che tuttora la condizionano: le differenze razziali, lo sterminio dei nativi, l'intrico dei contrasti sezionali fra Nord e Sud, Est e Ovest. Oltre che nel romanzo di James, in alcune poesie di Walt Whit-man e di Herman Melville, nei romanzi di John Williams e di Matthew Pearl, così come nella serie televisiva Hell on Wheels dei fratelli Gayton e nel film The Hateful Eight di Quentin Tarantino, la Ricostruzione vede gli Stati Uniti imporsi sullo scacchiere mondiale come un impero che supera le rovine e le divisioni interne causate dalla guerra attraverso la conquista e l'espansione."