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La legenda de Santo Stadi
Franceschino Grioni, appartenente a una famiglia veneziana attivamente impegnata nella mercatura, si dedica tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento alla redazione della Legenda de santo Stadi, la più celebre delle rielaborazioni medievali italiane in versi della vita di sant'Eustachio, leggenda tra le più conosciute e diffuse nell'Europa romanza. Suo modello è una delle tante versioni composte a partire dal XIII secolo in lingua d'oïl, a sua volta volgarizzamento della diffusissima redazione latina della leggenda. Franceschino liberamente traduce, amplifica e modifica, producendo un testo che dà ulteriori informazioni sul veneziano antico e sul suo efficace utilizzo anche nella lingua poetica. Il testo, già edito nel 1930 da Angelo Monteverdi, viene riproposto nel presente volume in una nuova edizione critica, condotta secondo criteri ecdotici più moderni e accompagnata da un ampio studio che prende in esame anche alcuni aspetti non considerati da Monteverdi, come lo stretto legame tra la storia del santo, il suo culto e il ceto mercantile: legame che si ripropone nell'ambiente lagunare con ulteriori acentuazioni e peculiarità. -
Appunti critici
Lo stile ironico e analitico, le lucide intuizioni e la sottigliezza psicologica dei saggi di Vittorio Imbriani - apparsi a Napoli nel lontano 1878 - sono qui finalmente riproposti in un'edizione corredata da un'importante introduzione e commento. L'inesauribile potenzialità degli affascinanti scritti di Imbriani non sfuggì a Benedetto Croce che, però, non riuscì a farsene editore, e al Carducci. I primi due ""dialoghetti"""" """"Sulla lingua d'Italia"""" rivelano un linguista attento e aperto alla cultura europea e all'ampio spettro dei dialetti regionali. Seguono """"Come s'ha a studiare la Letteratura nelle Università?"""" e """"Satira in Roma"""", pregevole ricostruzione storico-culturale del genere della pasquinata, dal primo Cinquecento al secondo Ottocento."" -
Il Natal di amore. Anacronismo
Quando sulla Terra arriva il dio Amore, tutte le convenzioni sociali sono messe a repentaglio e persino i più nobili eroi sono costretti a lanciarsi in imprese comiche e bizzarre. Giulio Strozzi (1583-1652), membro dell'Accademia degli Incogniti di Venezia e instancabile sperimentatore di generi letterari inventa uno scenario mitologico per una commedia che però non vuole schernire la cultura antica: le ridicole vicende di Ercole, Ulisse e Nesso servono piuttosto a sbeffeggiare il mondo contemporaneo dell'autore e in particolare le rigide restrizioni politiche e religiose. Tutto si risolverà con la nascita di una società nuova, più aperta alle differenze, un mondo dove ognuno è libero di esprimere le proprie passioni. -
Fate partire le immagini
Nato in una singolarissima famiglia veneziana di intellettuali e artisti - il padre Carlo, medico e studioso di prestigio, il nonno e la zia materni, Guglielmo e Emma Ciardi, pittori, il fratello Francesco, regista e critico cinematografico - Pier Maria Pasinetti si racconta, con tutta la sua forza, in quest'opera aperta e testamentaria, scritta tra il 1999 e il 2002, tra Los Angeles e Venezia. Il corpus principale dell'opera è centrato sull'infanzia e la formazione veneziane; Pasinetti narra poi la permanenza a Oxford e in Irlanda, i frequenti viaggi in Europa e in America, gli incontri con gli esponenti del mondo politico-culturale, artistico, letterario, cinematografico: Günter Grass, Gore Vidal, Ezra Pound, Michelangelo Antonioni, Charlie Chaplin, Italo Calvino, Eugenio Montale e tanti altri scrittori, studiosi, poeti e artisti con cui ha condiviso momenti importanti della sua vita di intellettuale. -
La «vita terrentii» de Petrarca
Íñigo Ruiz Arzálluz ricostruisce in questo volume la storia della trasmissione manoscritta della Vita Terrentii di Petrarca, breve saggio scritto, probabilmente intorno al 1340, in occasione di una edizione delle commedie di Terenzio. Il testo, frutto di un'operazione filologica tipicamente petrarchesca, non è una semplice introduzione alla vita e all'opera del commediografo, ma un'interpretazione originale e diversa dagli altri scritti coevi dedicati all'autore latino. Si tratta di un documento molto importante anche perché non abbiamo notizia di scritti simili del poeta aretino su nessun altro autore antico. Un caso editoriale del tutto eccezionale: nessuno degli oltre ottanta manoscritti della Vita Terrentii che sono stati tramandati contiene altri scritti di Petrarca. Ricostruendo la storia della trasmissione manoscritta del testo, l'autore offre, per la prima volta, l'edizione critica. -
Lamentatio beate virginis Marie (Pianto della Vergine)
Enselmino da Montebelluna, frate agostiniano di Treviso del Trecento, è l'autore di questo fortunato ed intenso poemetto in cui la Madonna racconta, in prima persona, il dramma della madre per la morte del Figlio. L'opera si compone di tre parti: il proemio, in cui Enselmino chiede alla Vergine di raccontare il suo dolore; poi il ""Pianto di Maria"""" vero e proprio, in cui la Madonna rievoca in prima persona la Passione di Gesù, dalla flagellazione alla sepoltura; infine, l'orazione del poeta che ringrazia la Vergine per avergli concesso di narrare il suo pianto. Il poema - scritto in un vigoroso volgare veneto, permeato di forti influssi toscani e danteschi in particolare - ebbe subito una straordinaria fortuna, come prova l'elevato numero di manoscritti e stampe antiche (oltre cento) che lo hanno tramandato integralmente o in parte. In questa nuova edizione critica, a cura di Alvise Andreose, l'opera è corredata di una introduzione storica, di un esauriente apparato di commento letterario e linguistico e di un pratico e dettagliato glossario."" -
Del tradurre
Questo studio nasce come reazione al ""monolinguismo"""" imperante un po' in tutti gli ambiti, e persino nel campo degli studi sul mondo greco-romano. Qui infatti riemerge ogni tanto l'inclinazione oscurantistica a separare gli studi di greco da quelli di latino: separazione che è segno di ignoranza, se non di barbarie intellettuale, e che qualcuno vorrebbe estendere addirittura all'ordinamento degli studi universitari."" -
Giovanni Battista Ramusio «editor» del «Milione». Trattamento del testo e manipolazione dei modelli. Atti del seminario di ricerca (Venezia, 9-10 settembre 2010)
Il libro di Marco Polo, conosciuto sotto i titoli Milione, Descrizione del Mondo, Libro delle meraviglie, è consegnato a tradizioni non omogenee, per lingua e posizione storica. Pur disponendo di simili materiali, perlopiù sottoposti a processi rielaborativi, l'impegno ricostruttivo attorno al libro, con intenti e criteri diversi, non è mancato. La presente collana apre un nuovo cantiere, con il progetto di verificare la possibilità effettuale dell'ipotesi ricostruttiva già avanzata da L.F. Benedetto nel 1928: una ricostruzione ""integrale"""" che mantenga i connotati linguistici delle fonti. Nella sua serie si raccoglieranno edizioni critiche, monografie, atti di incontri di studio, dedicati alla definizione di oggetti testuali e all'analisi di momenti della tradizione manoscritta del libro poliano, con particolare ma non esclusiva attenzione ai testi ancora inediti e alle sue fasi meno note, perché meno indagate."" -
«Le parentele inventate». Letteratura, cinema e arte per Francesco e Pier Maria Pasinetti. Atti del convegno internazionale (Venezia, 3-5 dicembre 2009)
Il volume raccoglie i saggi presentati al Convegno Internazionale di Studi ""Le parentele inventate. Letteratura, cinema e arte per Francesco e Pier Maria Pasinetti"""", svoltosi a Venezia dal 3 al 5 dicembre 2009. È un primo bilancio complessivo di due figure di spicco della cultura italiana del Novecento, che ripercorre la loro varia e intensa attività: regista, sceneggiatore, critico cinematografico e storico del cinema Francesco (1911-1949); romanziere, giornalista, docente universitario e saggista Pier Maria (1913-2006). I singoli interventi mettono a fuoco sia aspetti specifici della loro produzione, sia la salda rete di rapporti intrattenuta da entrambi con i nomi più importanti della cultura, dell'arte, del cinema, della politica del secolo scorso, sia infine i modi e la natura del loro straordinario sodalizio, durato fino alla prematura scomparsa di Francesco. Nella ricostruzione dell'ambiente da cui prende le mosse l'avventura intellettuale dei fratelli Pasinetti, la Venezia degli anni '10 e '20, ampio spazio è dedicato anche al nonno e alla zia materni, i pittori Guglielmo ed Emma Ciardi. Introduzione di Silvana Tamiozzo Goldmann."" -
Lettere a Cristina di Lorena
La ""Lettera a Cristina"""" è uno dei testi centrali della riflessione di Galileo sul rapporto tra scienza e fede; essa mette a confronto il libro della natura e il libro sacro sul rapporto mobilità-immobilità, centralità-non centralità di terra e sole, mostrando la singolarità dei due libri e dimostrando che non è pertinente leggere i caratteri della natura mediante il testo della Bibbia. La lettera è stata scritta da Galileo nel 1615; viene portata a stampa solo un ventennio dopo, nel 1636, presso gli Elzevier a Strasburgo, ed è accompagnata in parallelo dalla traduzione latina di Elia Diodati. Della Lettera abbiamo, accanto alla princeps, oltre una sessantina di esemplari manoscritti, un numero triplo rispetto a quelli sin qui noti. La storia del testo, il censimento dei manoscritti e i loro rapporti con la stampa hanno fornito i criteri per l'edizione critica. Essa è fondata sulla princeps, e fornisce in apparato le lezioni di una prima redazione individuata dal curatore nell'Archivio di Stato di Firenze, e di un testimone di una redazione posteriore, con edizioni autografe, conservata presso l'Accademia romana dei Lincei."" -
Epitome: Spagna. Il geografo come filosofo
La paternità del 'Papiro di Artemidoro': storia di un falso moderno. Del testo in lingua greca che qui viene presentato si è cominciato a parlare fra i papirologi nei primi anni Novanta, quando il manufatto apparteneva a un collezionista tedesco; nel 1998 Gallazzi e Kramer pubblicarono una prima dettagliata descrizione dell'oggetto che fu ritenuto risalente a un'epoca che va dal I secolo a.C. al I d.C e attribuito ad Artemidoro. Lo storico dell'arte Salvatore Settis ha altresì sostenuto l'autenticità del papiro. Lo studio di Canfora mette in luce in modo essenziale dei dati di fatto che impongono invece le due seguenti conclusioni: a) il cosiddetto papiro di Artemidoro è un falso moderno, costruito ovviamente con materiali antichi; b) l'autore del falso è Costantino Simonidis (1820-1890 circa). A giudizio di Canfora, occorre considerare due questioni. La prima è che il papiro non può essere di Artemidoro, come ritengono Gallazzi e Kramer, poiché lo impediscono una lingua greca molto lontana dagli usi e dal lessico propri del II/I secolo a.C. e diverse contraddizioni fattuali che possono essere spiegate solo alla luce di evoluzioni posteriori delle conoscenze geografiche. La seconda questione è che la cronologia del testo è molto tarda ed è incompatibile con il fatto che quello si trovi su un rotolo di papiro, una forma di libro che fu presto soppiantata dal codice di pergamena. -
Studi sulla lirica rinascimentale (1540-1570)
Negli anni successivi alle Rime di Bembo e di Sannazaro, si apre una lunga stagione di grande fioritura di prove liriche, in virtù del pieno e definitivo affermarsi di una lingua poetica codificata. Nell'insieme però il panorama si presenta particolarmente articolato e mosso, dando vita a una fase caratterizzata da una pluralità di esperienze che da un lato poggiano sulla legittimazione teorica garantita dall'impianto bembiano, dall'altro mirano a sperimentare e a superare le forme spesso troppo strette che proprio quell'impianto aveva garantito. I saggi qui raccolti, parte già editi, mirano a indagare da prospettive diverse questo fenomeno di sperimentazione che sembra avere come scopo dichiarato la rivendicazione piena di una modernità ormai acquisita. Nel primo capitolo si ripercorre l'intero arco cronologico preso in esame, con alcune puntate in avanti verso le esperienze del tardo Cinquecento, con lo scopo di rilevare l'emergere in modi e forme diverse di una forte rivendicazione di 'modernità' della lirica, anche, e soprattutto, sul piano teorico. Il secondo capitolo, affronta invece il problema delle diverse forme che il libro di poesia assume in questi anni. Dal tentativo di imitare i Rerum vulgarium fragmenta, alla dimensione corale dell'antologia, capace di farsi perimetro accogliente per una poesia dai toni plurali e aperta anche ai letterati non professionisti. Gli ultimi tre capitoli sono incentrati sul commento e sulla teoria del genere lirico. -
Epistole-Ecloge-Questio de situ et forma aque et terre
Il volume raccoglie e compatta il frutto di anni di ricerche e studi spesi dall'illustre studioso padovano intorno a tre opere cosiddette ""minori"""" di Dante: Epistole, Ecloghe, Questio de aqua et terra, che egli propone di rititolare come: Questio de forma et situ aque et terre. Il curatore ha inteso dare a questa sua fatica un carattere di essenzialità, senza mai mancare di approfondire e innovare. Una Prefazione al volume ne presenta l'architettura e spiega i parametri secondo cui sono organizzati i materiali ora a stampa; specifiche Note introduttive vengono dedicate poi alle singole opere. Vengono quindi i testi, in latino con traduzione italiana a fronte (e per le Ecloghe anche le due di Giovanni del Virgilio, cui Dante risponde). Dei testi latini non sono approntate nuove edizioni critiche: sono invece recuperate le più accreditate edizioni attualmente in circolazione, riviste però dal curatore, che - ove ritiene necessario - si discosta dalla lezione precedente, proponendo (e discutendo nel commento) la propria. Ogni opera è quindi accompagnata da un ampio commento al piede che, senza riuscire sovrabbondante, offre al lettore tutti i conforti per una migliore comprensione e fruizione dei testi. L'edizione è completata dagli indispensabili indici finali."" -
Delle antiche favole
Il profilo del Gravina che emerge da questo testo, grazie al riscontro sulle fonti e all'indagine stilistica, è quello di una figura cardine nel passaggio tra Sei e Settecento, un teorico dell'estetica che travasa la cultura secentesca nel secolo dei lumi. La sua posizione viene analizzata e delineata tanto nei suoi rapporti con Vico, quanto nella lunga durata, come interlocutore longevo di Foscolo e Leopardi. Il volume si compone di un'introduzione storicoculturale che ricostruisce nel dettaglio i primi anni romani, tratteggia la proposta estetica graviniana, offre un'analisi stilistica e semantica dei termini tecnici su cui poggia la sua estetica (immagine/immaginazione, fantasia, ecc.). C'è poi il testo di ""Delle antiche favole"""" secondo la princeps di Roma; una nota al testo e un apparato variantistico; quindi il commento. In appendice, si offre il commento del """"Discorso sopra l'Endimione"""", vero e proprio incunabolo di """"Delle antiche favole"""". L'edizione congiunta delle due opere evidenzia la coerenza e l'evoluzione della proposta graviniana, in relazione ai diversi stimoli che l'ambiente romano gli offrì nell'ultimo scorcio del secolo XVII."" -
La canzone di Petrarca. Orchestrazione formale e percorsi argomentativi
Il libro di Marco Praloran, linguista di fama europea, che ha contribuito a innovare gli studi sulla tradizione letteraria tra Medioevo e Rinascimento, propone un tentativo di ricerca a largo raggio sulla forma-canzone in Petrarca, intendendola non solo nelle sue strutture metriche ma soprattutto come modello complessivo di organizzazione del discorso e della significazione. Affiancando capitoli di taglio più teorico e metodologico ad altri che offrono delle serrate letture di testi singoli o di gruppi di testi, l'indagine fonde insieme più livelli di analisi: prosodia e rima, sintassi, processi argomentativi, sviluppi tematici. Ne riesce un'immagine assolutamente innovativa della canzone quale forma estrema dello sperimentalismo di Petrarca, luogo in cui la sublime e splendente complessità formale allude alla difficoltà di rappresentazione del mondo interiore, dominato dalle dinamiche del desiderio e sottoposto alla pressione della temporalità. -
I manoscritti medievali in lingua volgare della biblioteca del museo Correr
La Biblioteca del Museo Correr di Venezia, specializzata in storia dell'arte e storia veneziana, conserva un'importante collezione di libri manoscritti dall'XI al XIX secolo. Il catalogo censisce e descrive, per la prima volta in maniera scientifica, i 102 manoscritti medievali (anteriori al 1500) o in lingua volgare della Biblioteca, di diverse tipologie testuali, materiali e diversa provenienza, dando spazio particolare alla storia e alla bibliografia del manoscritto. Testi religiosi, vite di santi, scritti poetici, letterari, cronache, manoscritti miniati o ornati semplicemente, con legature originali, provengono in gran parte dalle biblioteche dei due tra i più importanti collezionisti veneziani tra Sette e Ottocento, Teodoro Correr e Emmanuele Antonio Cicogna. Seppure di diverso livello sociale e culturale e mossi da differenti motivazioni, entrambi tentarono di preservare le testimonianze dell'antica storia e cultura della Repubblica, in un periodo in cui intere collezioni, biblioteche nobiliari ed ecclesiastiche venivano svendute, disperse e irrimediabilmente perdute. -
La «Spagna» nella letteratura cavalleresca italiana
"Il presente volume è stato approntato nel giro di nove anni di lavoro; non avrei saputo come condurre a termine l'impresa, se non fosse stato per i maestri che ho avuto il privilegio d'incontrare e che mi hanno guidata con il loro esempio e il loro sostegno. I miei più profondi ringraziamenti vanno a Michelangelo Picone, che fin dall'inizio ha creduto in questa ricerca, da lui ideata e promossa; e, insieme, a Georges Guntert, alla cui generosa fiducia e al cui fondamentale appoggio devo la possibilità stessa di avere avviato e proseguito una carriera accademica.""""" -
La strada più impervia. Boccaccio fra Dante e Petrarca
Senza nulla togliere alla grandezza di Petrarca, dovremmo forse dubitare delle sue prospettive di giudizio sull'amico Boccaccio, che, s'intende, scelse la strada letteraria che più gli era congeniale. Per farlo, gli abbisognavano non soltanto le qualità che possedeva copiose, ma le avvedutezze che doveva acquisire con la maturità e l'esperienza. Per conciliare Dante e Petrarca egli non poteva che assumere il ruolo del discepolo chiosatore e del cultore di reliquie letterarie. Con una umiltà, talvolta così esibita da essere non meno goffa della pretesa petrarchesca di non conoscere la ""Commedia"""", con la maschera dello scrittore-commentatore che si dichiarava terzo fra cotanto senno, Boccaccio riuscì a essere fedele a se stesso e, nel contempo, ad affermare la propria """"differenza"""", a salvaguardarla e a nutrirla. La sua """"terza strada"""", tanto faticosa e impervia quanto originale, è per ciò stesso quella di una letteratura conciliante e inclusiva, che non poté e non volle rinunciare a innestare Petrarca sul tronco di Dante, né a mostrare il volto grifagno di Dante tra le ombre e le verzure di Valchiusa."" -
«In aula ingenti memoriae». Ricerche petrarchesche
"Gli scritti che qui presento raccolti sono stati composti sparsamente nel corso di molti decenni, con impostazioni e modi di scrittura differenti. Ma rileggendoli ora mi è sembrato che pur nella diversità dei tempi e degli argomenti vi si percepisca una sostanziale unità, quali parti, fra loro idealmente coordinate, di un'unica, organica indagine sulla cultura, sull'umanità e sulla poesia del Petrarca, condotta con metodo coerente e quasi sempre in presenza e con l'aiuto della letteratura latina soprattutto antica (ma anche medievale). Nel rivederli, 'cum ira' talvolta per le antiche mie insufficienze ma sempre 'sine studio', ho giudicato che non troppo avrei da mutarvi, e che, quali contributi all'esegesi e alla critica petrarchesca, nemmeno i più vecchi tra loro abbiano in tutto perduto d'efficacia e d'attualità. Del resto, ove mi sia sembrato più necessario un qualche restauro, vi ho provveduto con le modifiche e le aggiunte opportune. In nessun caso, però, ho rinunciato alla impostazione didascalica e discorsiva originariamente richiesta dalle occasioni (lezioni magistrali e lecture Petrarce) per le quali li avevo in buona parte redatti"""". (Nota dell'autore)" -
Annotazioni sul volgarizzamento del «Liber ruralium commodorum» di Pietro Crescenzi
"Sulla base della Dedicatoria del 'Liber moralium commodorum', che Pietro Crescenzi rivolge a frate Almerigo Giliani da Piacenza, Maestro generale dei Domenicani (ordinis fratrum predicatorum generali magistro), è lecito ricavare soltanto la coincidenza cronologica tra il periodo della carica di Almerigo, svolta dal 1304 al 1311, e quello della compiuta stesura del trattato. Una seconda Dedicatoria, a Carlo II d'Angiò, re di Gerusalemme e di Sicilia, sembrerebbe autorizzarci ad anticipare il terminus ante quem al 1309, anno della morte del sovrano, per la consolatio e la delectatio del quale, oltre che per l'utilitas dei sudditi, l'opera è stata progettata ed eseguita. Evidentemente, i riferimenti contenuti nelle due Dedicatorie in parte si contraddicono: nella dedica a frate Almerigo, l'evocazione di re Carlo sembra coincidere solo con l'inizio della compilazione del trattato, per cui se ne deduce che la conclusione di questo dovrebbe essere successiva alla morte del sovrano; invece, nella dedica a Carlo d'Angiò, non solo si dichiara che l'opera è compiuta, ma anche che essa viene inviata al re dopo essere stata esaminata e approvata da Almerigo e dai Domenicani, oltre che dagli esperti in scienza naturale dell'Università di Bologna."""""