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Nuova presenza. Vol. 0
In questo numero di Nuova Presenza, architetti, pittori, poeti, letterati, fotografi, filosofi e giornalisti riflettono sul tema della vivibilità, della nuova ecologia del vivere e del pensare, di un tempo da rifondare con occhi e sguardo nuovi e contemporanei, capaci di immaginare e costruire nuovi mondi possibili. Fra i numerosi autori che hanno aderito al progetto: Andrea Zanzotto, Fabio Minazzi, Carlo Meazza, Max Lodi, Fabio Scotto, Valentina Maran. -
Stazioni
"Ho scritto Stazioni - erano i mesi che preludevano all'inizio del nuovo millennio - come in trance, quasi senza volerlo, per certi aspetti controvoglia. Ma è stato come un'apertura improvvisa su un territorio di cui ignoravo tutto, e che mi ha immediatamente soggiogato. Al centro è la città: con le sue stanze, le sue voci, le parole frantumate e approssimative, apparentemente prive di un senso, ma forse per questo ancora più intrise di verità, di piaghe, di bizzarri umori. Stazioni,appunto, con riferimento alle stazioni della via Crucis, ma anche al significato etimologico del vocabolo: luoghi dove si sta, spesso per caso, dove si è condannati a stare, e dunque anche gironi purgatoriali, dove gli incontri valgono il doppio, perché ci parlano di un'espiazione collettiva, civile prima ancora che religiosa. Mi colpiva, nei suoi aspetti più sordidi e avvilenti, la quotidianità, una quotidianità certo fantasticamente potenziata, come immagino sempre debba essere, quando si scrive per qualcosa che non è solo qui, ma è sempre, prima e dopo di noi. Né d'altronde mancano in questo testo - intermedio, almeno nelle intenzioni, fra il genere dialogico e la rappresentazione scenica - schegge liriche, sezioni didascaliche, meditazioni, intermezzi scherzosi in rima, sgranati come luci dentro il gran mare della città, che è sempre, con precisione di luoghi e di vie, Milano.""""" -
Nuova presenza. Vol. 1-2
Nel Numero Zero, è stata affrontata la nuova ecologia del vivere, nei Numeri 1 e 2 della rinnovata veste editoriale e tipografica della rivista NEM vengono affrontati due temi ""scottanti"""" e di grande attualità: """"La crisi economica"""" e il problema della """"Cultura"""", in periodo storico in cui gli ingranaggi del sistema globalizzato hanno perso i loro punti di riferimento. Nel Numero 1 si pone anche l'attenzione sullo straniero e il problema dell'accoglienza e nel Numero 2 il ruolo della """"Cultura delle cose"""", intesa come volano di riscatto anche economico in un sistema di valori in crisi. Numerosi gli interventi, tra cui quello di Cesare Viviani, Biagio Laprea, Chiara Zocchi, Marco Dal Fior, Silvio Raffo, Andrea Giacometti, Attilio Fontana, Dino Azzalin, Giorgio Lotti, Marcello Morandini, Attilio Fontana, Monica Maimone, Vittorio Colombo, Matteo Inzaghi, Elisa Botoluzzi Dubach."" -
I cento veli
Alessandro, il protagonista di questo romanzo, è un vincente: uno di quei giovani rapaci e irresistibili che costellano la multiforme e inquieta galassia degli affari in Italia; Gaia, la sua ragazza, è l'ulteriore conferma del suo fascino, quel che si dice un ""tenero trofeo"""". Un giorno Gaia sparisce, e con lei le certezze di Alessandro, che inizierà una drammatica ricerca. Tra Milano, Trieste e l'Istria, pagina dopo pagina, ci avvolgerà tra le sue spire una vicenda amara e turbinosa, che affonda nel passato, vicino ma rimosso, del '43: né mancheranno disillusioni e aspri colpi di scena. E, ad uno ad uno, cadranno i """"cento veli"""" di una realtà che preferisce ignorare la storia: la complessa parabola di un mondo - il nostro - sempre più distratto e spietato."" -
Una strana indifferenza
Francia, Alta Savoia, 1913. Isabelle, unica figlia del conte di Menthon-Saint Bernard, signora dell'omonimo castello, è perennemente chiusa in solitudine. Sta per scoppiare la Grande Guerra, ragione in più per voler restarsene arroccata all'interno delle mura. Orfana di madre, da bambina visse col padre e con zia Madeleine, artista fredda e sfuggente, di cui sempre cercò l'affetto. La zia, ritiratasi con il marito nell'ala sud del castello, vi morì, poco dopo in circostanze misteriose e gli appartamenti vennero immediatamente sigillati. Da quel momento Isabelle ode periodicamente voci che la chiamano. Presa dalla curiosità, si impadronisce della chiave dell'ala sud, penetra nelle stanze proibite della zia e qui trova, chiuso in un armadio, un misterioso manichino che la ritrae perfettamente. Inizia così un rapporto morboso con quest'ultimo che diventa oggetto di un desiderio ossessivo, luttuoso, quasi feticistico. Nel frattempo, dopo un rapporto intellettuale e platonico con il precettore Jean-Claude, conosce Gerard, un uomo certo meno perfetto ma assai più virile, discendente del marito della zia, che la inizierà alle gioie moderate dell'amore maturo. -
Upper Lake
È narrazione di una fuga, ma è anche fuga dalle narrazioni, perché gioco impossibile e serrato di fantasmi generati dal grembo grafomane di Ilario del Verbenaco, una danza di suggestioni che si innalzano come onde scure in prossimità delle rive psichiche del Lago Espanso, per finire in frantumi sugli scogli della realtà e risorgere di nuovo, al largo, in forma di scrittura, ogni volta ripudiata e ritessuta. Renzo Bertoldo, in questo racconto dai colori cangianti, intreccia, nella piega più carsica e nascosta del protagonista, incipit ed epiloghi di una storia sotterranea pronta a riemergere, per avvampare e incenerirsi, in vortici mai conclusi di resurrezioni e disfacimenti. -
Corpo di guardia
"Corpo di guardia"""" è un libro affascinante e crudele allo stesso tempo, popolato di mitologemi, figure empie e minacciose, piegati da amanti dolci e infernali, tutti accomunati da un tintinnare di armi e un luccicar di baionette. Durante una notte di veglia, il colonnello Marcus Federhat colonnello della Guardia Sterile rivede, per fotogrammi e spezzoni, le tappe della propria esistenza: la giovinezza, il breve matrimonio, la carriera nell'onnipotente corpo di polizia che l'ha portato al controllo di un'intera provincia. Ma suo malgrado, i ricordi si focalizzano intorno alla storia d'amore che vorrebbe dimenticare, quella che lui stesso ha trasformato in incubo, spalancando le porte alla follia che quotidianamente lo insidia. Complice del mondo di menzogna e violenza che ha contribuito a creare, è assai poco disposto a sentire l'appello del rimpianto." -
Il quadrato del cerchio
Le risorse del genere poliziesco sono infinite. Con ""Il quadrato del cerchio"""" Giancarla Giorgetti non solo ha scritto un romanzo ricco di colpi di scena, ma ha anche trovato un """"modulo"""" narrativo originale, personalissimo, scegliendo come detective una ragazza del tutto lontana dal mondo della polizia e attorniata da un gruppo di amiche e amici con cui divide riflessioni e congetture. Grazie alla funzione svolta dai libri, elementi chiave di questo romanzo, """"Il quadrato del cerchio"""" è anche un """"inno"""" alla lettura. Il lettore capirà perché."" -
L' amore al tempo del gratta e vinci
"La vita è talmente straordinaria da essere a volte anche un luogo comune."""" Così scrive Silvia Rosada, con un felice paradosso, in questo romanzo che maliziosamente allude al gioco dei sentimenti governato dal gioco imperscrutabile del caso o della fortuna. L'amore al tempo del gratta e vinci"""" è imperniato sulla figura, ricca di sfaccettature psicologiche, di un impiegato di banca - Fred Bernasconi - che, grazie al fortuito acquisto di un biglietto del Gratta e vinci, entra in possesso di una considerevole somma di denaro. La vita di Fred è fatta di svolte che, via via, lo aiutano a superare la depressione, lo riscattano dalla piatta quotidianità, lo liberano da certe piccole manie, gli fanno scoprire, infine, il vero amore. Le cose cambiano a prescindere dalla vincita. Più che all'impiego del denaro, considerato come un dono inaspettato e non come una ragione di vita, l'interesse dell'autrice è rivolto al variegato mondo familiare e lavorativo in cui si muove il protagonista all'interno di una città facilmente identificabile: Varese. Ed è un mondo nel quale un'attenzione particolare è riservata ai personaggi femminili - la madre di Fred, le colleghe di lavoro, amiche e conoscenti varie - e alla loro posizione nella società di oggi. """"Le donne fanno piú miracoli dei santi"""" osserva la Rosada a suggello del romanzo." -
Dirti «Zanzotto». Zanzotto e Bologna (1983-2011)
Sono qui raccolti interventi di Andrea Zanzotto in parte inediti, in parte dispersi e difficilmente reperibili, ricavati da registrazioni audio e video realizzate negli ultimi trent'anni (1983-2009), unitamente agli Atti del primo Convegno di Studi dirti ""Zanzotto"""" dedicato al Poeta a un mese dalla scomparsa. Una prima sezione comprende tre lunghi interventi pronunciati da Andrea Zanzotto in occasione di eventi organizzati dall'Università di Bologna tra il 1983 e il 2004: il lungo discorso tenuto in occasione della presentazione di Fosfeni (1983) circa le ragioni sottese alla composizione della """"trilogia"""" inaugurata da Il Galateo in Bosco, un intervento sul tema dei rapporti tra Poesia e percezione (1989), e la Lezione Dottorale tenuta in occasione del conferimento della Laurea honoris causa da parte dell.Ateneo bolognese (8 marzo 2004). Nel corso della prima sezione va dunque configurandosi il senso complessivo di un'""""esperienza poetica"""" ostinatamente radicata in quella esistenziale: un'esperienza che la parola dell'autore ripercorre lucidamente, articolandola nelle circostanze storico-letterarie, filosofiche, scientifiche e stilistiche che ne hanno caratterizzato lo sviluppo. Illuminanti, a questo proposito, appaiono i ripetuti affondi autoesegetici rivolti specialmente a Dietro il Paesaggio (1951) e a Vocativo (1957), a La Beltà (1968) e a Pasque (1974): ai momenti, cioè, di massima incandescenza del primo tempo dell'""""esperienza poetica"""" zanzottiana."" -
Gli amorevoli giustizieri e altri racconti
"Gli amorevoli giustizieri"""", come i racconti più brevi che seguono, costituisce un esempio di narrativa contemporanea di raro e prezioso livello, sia quanto a letterarietà di stile (qualcosa di pressoché inesistente ai nostri giorni), sia quanto a originalità di contenuti. Le figure femminili che ci parlano da queste pagine essenziali e impietose sono proiezioni di un ego complesso ed esigente, tormentato da quella che può sembrare una vocazione alla sofferenza: sofferenza che è anche e soprattutto condizione esistenziale privilegiata per la """"cognizione del dolore"""", inesausta speculazione del vero nascosto dalle ingannevoli apparenze del """"reale"""". Ester, Ottilia, Rosvita e tutte le altre creature """"elette"""" dell'agghiacciante mosaico di Paola Faccioli, vittime designate che non hanno forza né voce per ribellarsi, sono in realtà le testimoni-martiri di una struttura sociale animata """"dalle migliori intenzioni""""." -
Nella sua quiete
"Il libro di Benedicta Froelich, 'Nella sua quiete', non è solo un romanzo storico ma una novella vera, straordinariamente densa di particolari che rivelano l'eccezionalità della vita e anche della morte di una delle più emblematiche figure del novecento: T.E. Lawrence, meglio conosciuto al pubblico come 'Lawrence d'Arabia'.""""" -
Lo spleen di Milano
"Lo Spleen di Milano"""" di baudelaireiana memoria è l'Opera Prima di Viviana Faschi, che inaugura la collana """"Le Civette"""" proprio in omaggio alla """"vecchia"""" Editrice Magenta e agli occhi del predatore notturno sacro agli dei che secondo la tradizione greca, come scrive accuratamente il prefatore, questa è una """"poetica della sguardo""""; infatti la scrittura della giovane Faschi è una personale riflessione sui limiti dell'agire umano e sul grande disegno che la Poesia universale dona alla realtà quotidiana. Ed è a partire da questa interpretazione compresa tra etica e storia che la figura della poesia negli """"Spleen di Milano"""" segna l'esistenza di una strada percorribile e sviluppa tematiche credibili parlando delle tragedie del vivere nelle quali si indicano i miti che le accompagnano, se ne scrivono i poemi, ma soprattutto se ne indicano le ansie e la malinconia dei luoghi. Infatti se da una parte ci troviamo di fronte ad un io capovolto, come la società degli ultimi anni, dall'altra la prosa poetica di Viviana Faschi si misura con il nesso plausibile tra la poesia (poiein) e la verità (alètheia), temi tanto cari a Heidegger e a Holderlin. Si tratta di un linguaggio colto ma allo stesso tempo semplice (mai semplificato), fortemente introspettivo, quasi autoctono, dove il lirismo è appena accennato a favore di una parola pura e veritativa, che si snoda tra il Duomo e il Mc Donald's, tra le liturgie sacre di Mariae Nascenti e la home sweet home made in U.S.A. Un libro delle strade tortuose, che vaga al di qua di Milano (il baratro è molto vicino alla riva) e al di là dell'oceano Atlantico, come un epilogo nomade, cercando di dipanare le metafisiche (a volte ambigue e drammatiche) risacche dell'infanzia, ma sempre nitide e chiare, come la nebbia della diversità." -
Che sia neve
Le ""chiacchiere di paese"""" raccolte da un barbiere incuriosito dal ritrovamento di alcune lettere datate 1935, vengono contrapposte a vicende storiche, componendo il tracciato di una vita, quella di Lina, che muore centenaria e zitella dopo un'esistenza apparentemente insignificante. Lina, Artemio e Cherubina vivono in un paesino toscano ai piedi del Monte Falterona sopraffatti da luoghi comuni. Sarà il lettore a scoprire grazie ai riferimenti datati tra il Trentacinque e l'Ottanta del secolo scorso che, al di là della realtà che si racconta il paese, ce n'è un'altra. Attraverso il passato, diventato presente, si scoprono trame diverse. Perché nessuna vita è senza senso, siamo ignari esecutori di un disegno divino che non comprendiamo. Così i personaggi non sono quelli che il paese vuole che siano, perché la verità non è una e noi non conosciamo abbastanza chi abbiamo di fronte. Grazie a un armadio e a tutto quello che c'è intorno, il barbiere cambierà la sua vita."" -
Gli anni di Quarta generazione
I carteggi inediti tra Luciano Anceschi, Piero Chiara e Luciano Erba rappresentano una testimonianza focale di un periodo storico tra i più ferventi della cultura e della poesia del dopoguerra. Averli riportati alla luce con il sapienziale e puntuale lavoro di Serena Contini rappresenta una grande occasione per far luce a una antologia che nel 1954 fece conoscere i poeti della cosiddetta ""quarta generazione"""" e che influenzò gli anni delle avanguardie in Italia e non solo. Questi giovani poeti divennero il miglior """"parterre"""" della cultura italiana del secondo Novecento:: Pier Paolo Pasolini, Andrea Zanzotto, Umberto Bellintani, Alda Merini, David Maria Turoldo, Maria Luisa Spaziani, Gian Piero Bona, Vittorio Bodini, Giorgio Orelli, Bartolo Cattafi, Nelo Risi e altri non meno importanti poeti italiani che hanno segnato un' epoca. L?apparato testuale, arricchito con documenti inediti provenienti da archivi privati e pubblici dei singoli poeti, illustra e ricostruisce i rapporti umani e professionali dei tanti uomini di cultura citati nei carteggi, offrendo una ricostruzione vivace di quel periodo. Il volume ha la prefazione di Giorgio Luzzi e una appendice con schede biobibliografiche dei poeti di Quarta Generazione a cura di Francesca Boldrini."" -
Una stagione nascosta
Esiste, in ogni parola, il mistero della sua origine, del suo farsi e sfarsi nel tempo. Così, queste poesie sembrano cavalcare la cresta dell'onda che conduce l'essere verso il suo compimento, non trascurando le pietre miliari delle improvvise parusie, gli epodi, subito dopo l'attacco frontale del senso dell'immagine prima. Il libro, dunque, affonda le sue origini nell'archetipo acronico della grotta, di una lingua per immagini che è ancora ""altro"""" dalla lingua scritta, eppure già codex, impianto simbolico per niente casuale. Senso che si dirama nel tempo costruendo, mattone dopo mattone, l'edificio di una storia parallela, quella degli accadimenti, del compiersi ineluttabile delle cause e degli effetti e quella sotterranea del senso polimorfico, cangiante e ambiguo come le apparizioni. I versi spesso """"appaiono"""" e """"scompaiono"""", si alimentano incessantemente di un andare avanti e di un tornare precipitosamente indietro verso quella grotta, evocano nascite e rinascite. Hanno l'ossatura di un corpo elastico tirato verso l'origine e la fine, vivono nella tensione che si crea al centro, e cioè nel punto più esposto alla vita, al compimento dei suoi fasti: """"ciò che esiste ha un nome"""". La tenzone abita interamente nella caduta di un corpo, nella """"retorica"""" vitalistica della sua entelechia e della sua entropia; a cui si contrappone un disabitare costante, l'inconsistenza dell'acqua, la sparizione, il rischio di una visione dispotica del mondo. Così, soprattutto nelle prime sezioni, Vincenzo Di Maro suggerisce la poesia come lingua della preveggenza; non nel senso di indovinare, di prevedere il disastro, ma nel senso di una lingua capace di sentire contemporaneamente la presenza degli opposti, tra requiem e battesimo. Lingua, questa, destinata a essere pronunciata sulla superficie traballante delle falde psichiche, splendente quando esaltata e guizzante verso la luce, oscura e incatramata quando precipiti verso il mare oscuro del dubbio."" -
Fotogrammi
Un giorno di metà settembre, una grande città: un giorno qualunque per tanti, speciale per molti, indimenticabile per alcuni. Tante vite si sfiorano, molti sguardi si incontrano, alcune storie si intrecciano, altre si scontrano per poi allontanarsi per sempre. Un elemento comune: l'acqua, la pioggia, che ha deciso di non dare tregua a una città già caotica per natura. Sono storie, quelle raccolte in ""Fotogrammi"""", che fanno sorridere, pensare, piangere, proprio come la vita quotidiana, racconti in cui il lettore potrà immergersi scegliendo quello in cui riconoscersi. Sono spazi, quelli nei quali si consumano drammi commedie, conosciuti o segreti, da scoprire o ricordare, da custodire nella memoria insieme a bei ricordi oppure da cancellare insieme a quelli che ci fanno soffrire. Le venti istantanee che si presentano al lettore sono frammenti di vita solo apparentemente slegati, un filo conduttore li unisce, un occhio vigile che con esperienza e maestria dall'altro lato della macchina fotografica osserva, con lucidità e sapienza, trovando la giusta luce, la messa a fuoco ideale per leggere ciò che è oltre l'immagine, oltre l'apparenza, arrivando dritto al cuore."" -
Una questione di luce
Chiara Dolci è giovane e curiosa. Lavora da tempo in uno studio professionale, fra pratiche e scartoffie un po' noiose e ripetitive. L'innata indole ad approfondire anche quello che appare normale e scontato la spinge ad avvicinarsi a situazioni complesse e spesso pericolose, dove non manca il rischio e nemmeno il delitto. Ma la paura non ferma la nostra intraprendente investigatrice, anche se talvolta le sue ricerche confliggono con quelle ufficiali della polizia. È così anche questa volta. C'è di mezzo un quadro con i suoi antichi misteri e poi... un anziano imprenditore con i suoi oscuri e mai svelati segreti, due cugine lontane mille miglia come stile di vita e come aspirazioni e un'azienda in declino, tanto che... Non possiamo svelarvi altro. Con questa sua terza inchiesta, Chiara Dolci si dimostra ancora una volta lucida e cocciuta ricercatrice nei meandri oscuri delle persone e nelle trame da loro ordite nel tempo. Tassello dopo tassello, incurante dei pericoli in cui finirà per ficcarsi, riuscirà a risolvere il caso. -
Ritorno a Gower
"Quest'uomo, che ho amato è al di là del pendio. Amava il silenzio. Con l'ostinata volontà del Capricorno, ha praticato in poesia la ricerca dell'esistenza senza allontanarsi dalla ricerca dell'essenza e ha continuato a presidiare quel silenzio"""". Con queste parole la moglie Anita ci consegna questi preziosi inediti di un poeta che, come scrive nella introduzione Elio Grasso, ci parla di """"bagliori esistenziali"""" che conducono il lettore in una dimensione letteraria anglosassone (studia e traduce Eliot, Auden, Thomas, Blake, Yeats) ma allo stesso tempo cosmopolita """"che riesce a dar forma alla pluralità delle tensioni contemporanee"""". Infatti """"Ritorno a Gower"""", che dà il titolo a questo libro, è una poesia datata 1980 che racconta l'idea ancora moderna di Sanesi, che scaturisce dal pensiero contrappunto di offrire al linguaggio poetico il senso del viaggio. E non solo delle cose viste, ma anche di quelle che attraverso la poesia rimangono dentro per sempre, come nella splendida penisola di Gower, a sud del Galles. Qui era nato Vernon Watkins, poeta profondamente legato a Dylan Thomas, e successivamente a Eliot e Larkin. Sanesi si perde in quei vagabondaggi poetici che arricchiscono il potere evocativo della poesia." -
Demi-monde
"Le Civette"""", immutata collana all'interno di una rinata NEM, prosegue il suo cammino nell'intento di trovare opere prime di ricerca dotate di particolare lucore. """"Demi-monde"""" di Silvia Righi riluce come un abitato inumidito da condensazioni acquee del quale è difficile delineare la geografia; come si sa l'umido è pervasivo e della stessa pervasività è fatto questo teatro in bilico, questo occhio che si spalanca mentre il sogno è ancora in corso. Non si afferra quando finisce il sogno e quando comincia la veglia, ma, occorre ricordarselo sin dal principio, non è questo l'importante. Nella sua attentissima prefazione Tommaso Di Dio mette in luce come in """"Demi-monde"""" non sia più necessario avere forte presa su di sé, sul proprio presunto io soggettivo, tanto che perfino i pronomi si sfaldano e si liquefanno, occupando posti quasi arbitrari: siamo in molti si potrebbe affermare insieme ai demoni del Vangelo di Marco o alle personalità di Billy Milligan, ma non è nemmeno così. Io, Tu, Lei, la Creatura (i quasi-personaggi di questo libro) non sono le plurime sfaccettature di un soggetto, né sono i risvolti che appartengono ora alla coscienza ora all'inconscio, piuttosto si tratta degli esiti di un linguaggio che di mira ha il non linguaggio, o meglio poter dire le cose (finalmente) senza mediazioni. """"Demi-monde"""", e con esso la stessa Silvia Righi, credo tentino di dire la vita del corpo, della pluralità tutta dei corpi nella loro pura biologia; e se giustamente il prefatore definisce quest'operazione erotica, si tratta proprio dell'eros muto dei gesti, delle posture e delle relazioni che tra essi si intrecciano e si ingarbugliano come nodi che un pettine non riesce a districare, bypassando il fatto che siamo presi dal linguaggio. Ovviamente entrambi falliscono, ma questo fallimento si chiama poesia."