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Tre atti unici. L'autoritratto, L'aquilone, La valle dell'eco
Tre atti unici di Roberto Morpurgo, scrittore e regista teatrale. Con una prefazione di Luca Micheletti e una postfazione di Reanto Giordano. Le fotografie all'interno del volume sono di Pietro Forti. -
Uno sguardo famelico. Il cinema di Roberta Torre
Quando, nel 1997, il suo ""Tano da morire"""", originalissima fusione di musical e film sulla mafia, venne presentato con clamore alla Settimana della Critica di Venezia, la milanese Roberta Torre, già da qualche anno trasferitasi a Palermo, era nota soltanto in una ristretta cerchia di cinefili per alcuni suoi notevoli cortometraggi. Il grande successo arriso al lungometraggio d'esordio, ha lanciato una carriera artistica di costante qualità e capacità di sperimentazione. Molto attiva anche in campo teatrale, autrice di romanzi e fotografa, la Torre ha messo assieme negli anni una filmografia ricca in cui si mescolano con scioltezza documentario e fiction. Tra i suoi film, sempre sorprendenti e assai apprezzati dalla critica, ricordiamo, il premiatissimo """"Angela"""", melodramma sulla malavita affrontato con sguardo da entomologa, il noir """"Mare nero"""" che sviscera una morbosa sessualità maschile, """"I baci mai dati"""", commedia sociale su una """"santa"""" tredicenne in un quartiere povero di Catania. Nel 2017 la Torre è tornata all'antico mescolando mondo criminale e musical, aggiungendovi con sapienza Shakespeare e psicanalisi, colori sgargianti e spettacolari canzoni e coreografie: il risultato è Riccardo va all'inferno, opera di lucente forma e lucida sostanza, che, con la sua complessa stratigrafia, rappresenta un po' la summa del suo cinema. Legatissima al mondo siciliano, nondimeno la Torre, di cui per la prima volta questo volume analizza in modo organico e analitico i film e la carriera cinematografica, ha saputo estrapolarvi una poetica che va molto al di là del dato concreto del """"reale"""" per creare un universo in cui compaiono spesso aspetti surreali e grotteschi al fine di una rappresentazione e comprensione """"famelica"""" della società che ci circonda."" -
Il futuro è sempre esistito
Sapevate che nel 1962 un settimanale di Trapani indovinò che nel 2000 avremmo fatto tutto con il telefono? Una ""profezia"""" che lascia esterrefatti. Non si tratta, però, di un falso storico, né di una fantasia. Quella previsione non era stata la prima, né sarebbe stata l'ultima: ne scrissero e ne parlarono altri. In Italia e negli Stati Uniti. Giornali via fax, telefonini multimediali, banche online, e-learning, esposizioni d'arte virtuali, sintesi vocale e, perfino, l'idea di Google libri. Pure la rete telefonica pensata come sistema nervoso del pianeta. Tutto previsto e, talora, in sperimentazione. Più di 50 anni fa, prima del web. Una straordinaria osmosi tra immaginario e scienza, consumismo e sogno di un """"domani felice"""" in un mondo sempre più piccolo. Com'era possibile che il nostro presente tecnologico esistesse già tra gli anni '50 e '60? Che Italia era quella investita da simili previsioni? Il domani – come idea, aspirazione, progetto – è sempre esistito? Un viaggio nel """"futuro del passato"""" tra curiosità, coincidenze, cultura pop, aneddoti e storia sociale. Con un dubbio: il futuro esisterà ancora?"" -
Il cinema di prossimità. Privato, amatoriale, sperimentale e d'artista
"Questo lavoro teorico di Ilaria Pezona è una specie di dizionario di filmmaker e di film come persi nell'oblio (escluso l'underground americano) a causa di una distribuzione che forse non c'è mai stata. Ilaria Pezone realizza una ricerca analitica su uno spazio lasciato vuoto dalla critica e dallo studio perché non esaminato. Uno spazio di autori che dovrà essere ancora riempito con attenzione e scrupolo."""" (dall'introduzione di Francesco Ballo)" -
A proposito di Ingmar Bergman (1955-1982)
«Il sogno per Bergman è esaltazione dell'immaginazione: la realtà viene disegnata attraverso la mente del metteur en scène, in grado di trasmettere e affermare il concetto di bellezza. Come ha descritto lo stesso Bergman nella Lanterna Magica, il cinema è un arte che ""va direttamente ai nostri sentimenti, allo spazio crepuscolare nel profondo della nostra anima"""". Questa profondità interiore è la prima caratteristica della poetica bergmaniana: e se dobbiamo effettivamente individuare nella sua filmografia le prove più originali e brillanti, certamente dobbiamo rifarci al periodo creativo raccontato in questo libro, un appassionato """"invito alla visione""""che si sofferma infatti sui film girati dalla seconda metà degli anni '50 fino ai primi anni '80»."" -
Straub/Huillet. L'enigma del visibile
Chi sono stati per il cinema e per la cultura degli ultimi cinquant'anni Jean-Marie Straub e Danièle Huillet? Questo libro è rivolto a chi è curioso di conoscere la loro fondamentale opera, a chi è semplicemente insoddisfatto del modo in cui il cinema è riuscito, nel corso degli ultimi anni, a mostrarci qualcosa, del nostro presente, che non sapessimo già. Perché ciò che ci impongono i loro film è una sorta di shock percettivo e morale: uno shock che ci induce a rivedere la nostra visione del mondo, a chiederci chi siamo in rapporto con quel che vediamo e che sentiamo. A dispetto di tanta attuale enfasi sull'invisibilità come dimensione essenziale di ogni rappresentazione, il cinema ""contadino"""" e resistente degli Straub ci spinge a interrogarci sul rugoso enigma del visibile: un interrogarsi che è di per sé un atto etico ancor prima che estetico, un atto da cui è necessario ripartire per immaginare e forse imparare a desiderare un mondo più giusto e più libero."" -
Che tutto abbraccia. I giorni e i film
«L'esigenza di una scrittura solitaria, come direbbe Bataille, silenziosa, sacra: quella scrittura che parlando rende omaggio al silenzio, che trasforma la pornografia in erotismo. È un'altra avanguardia, una scrittura che chiameremmo sperimentale, che ogni scrittore, ogni ""pornografo"""", inventerà a propria immagine e somiglianza (...). È quell'avanguardia che tocca artisti assai diversi tra loro, da Sade a Lawrence, da Miller a Gombrowicz, da Oscar Wilde a Robbe-Grillet. (...) L'erotismo non è altro che una pornografia consapevole di se stessa, che non si accontenta di sé, che usa i propri stessi strumenti contro il proprio stesso statuto, il suo fatale produrre senso, ideologia. L'erotismo introduce una specie di buco nella pornografia, una zona di silenzio, un'insoddisfazione. Non si tratta, naturalmente, di un piacere che si spiritualizza, che si affina: esso è un piacere della lingua come recinto materiale dell'essere: un linguaggio che procede contro se stesso: critica di ogni amputazione e di ogni dualismo, ma anche di ogni paradiso dell'immaginario o di ogni schizofrenia offerta come salvezza paradossale. Come in Couch di Andy Warhol, dove il membro maschile era sempre al centro della scena, ma dove la saturazione aveva già prodotto i suoi effetti deleteri e la tolleranza era giunta all'ultimo stadio della repressione: quel membro, infatti, l'ironia dell'autore lo aveva reso impossibilitato a elevarsi: quasi un sarcastico addio alle armi; un invito, finalmente, a desistere». (Franco Cordelli, Le armi del pornografo)."" -
Al cinema da giovani
Maurizio Ponzi nella sua vita ha avuto la ventura di scrivere con la carta e la pellicola, con buon successo, riuscendo quasi sempre a mischiare, come consigliava Godard, le due modalità: immaginare di fare del cinema scrivendo critiche, recuperare la critica e la riflessione teorica realizzando film. Di certo per lui il discorso con il cinema non si è mai interrotto. Da spettatore-bambino, onnivoro e instancabile, per cui tutti i film erano belli e meritavano di essere raccontati, fino a quando, giovane critico, ha cominciato a scrivere, frequentare festival, fare interviste. Un rapporto col cinema diventato, col tempo, più controllato ma dove la scelta di certi film e certi autori, denotano sempre uno spiccato gusto personale e soprattutto la voglia di andare oltre la mera funzione dell'analista o, peggio, del certificatore di qualità. Quando scrive di cinema Ponzi non si accontenta di quello che sta sullo schermo ma cerca di cogliere, quando è possibile, ciò che è detto di traverso o sottovoce e rischia quindi di passare inosservato o essere frainteso. È così quando parla delle ""lentezze stilistiche"""" di Dreyer o delle gag """"straniate"""" (extra genere) di Chaplin o del Godard montatore in lotta contro il Godard regista. Un modo di fare critica inusuale che merita di essere segnalato. Dal 1964 al 1970, collaborando con varie riviste, Ponzi ha scritto centinaia di testi, fra recensioni, saggi, interviste e interventi redazionali. In questo volume ne viene riproposta un'ampia selezione, in cui accanto a pezzi dedicati ai Maestri indiscussi (Chaplin, Dreyer, Rossellini, Lang, Welles, Hitchcock, ecc.) ce ne sono altri più laterali e sorprendenti (e sono quelli a cui l'autore tiene in modo particolare), dai capolavori colpevolmente misconosciuti ai film hollywoodiani frettolosamente etichettati come """"commerciali"""". Il libro scritto da un critico molto """"speciale"""", pronto a diventare un regista dall'itinerario artistico per molti aspetti esemplare."" -
Vita agra di un ribelle permanente. Il cinema di Giuseppe Ferrara
Preceduta e in parte accompagnata da una intensissima attività di documentarista (che questa monografia non può esplorare dettagliatamente) la ""filmografia a soggetto"""" di Giuseppe Ferrara motiva le proprie virgolette in una duplice sollecitazione. Da un lato lo spronano l'urgenza e la passione etiche, prima e forse ancor più che politiche, nel prendere posizione, declinare una """"appartenenza"""", ovvero dire e fare le cose e i film giusti. D'altro canto (ed ecco precisarsi contorni e limiti della definizione """"a soggetto"""") per Ferrara nemmeno la realtà, spesso, per quanto """"rivoluzionaria"""", basta a se stessa. A volte è necessario moltiplicarne il potenziale tramite la sua ricostruzione drammaturgica, il più fedelmente possibile ma anche con la massima libertà consentita dalle regole della rappresentazione. Perché l'Italia uscita dal secondo dopoguerra appare a questo giovane toscano, liceale ribelle, contestatore ante litteram, cinèfilo appassionato e penna fumantina, come un paese che non ha assolutamente fatto tesoro dei valori della Resistenza, che non ha mai davvero archiviato il fascismo né si è mai emancipato da una sudditanza economico-culturale nei confronti degli Stati Uniti destinata a condizionarne pesantemente le vicende; infine, che si è lasciato trascinare e devastare in un roveto malefico di intrighi, complotti, poteri deviati, politici corrotti, malaffare diffuso, abissali divari e squilibri economici, ingiustizia sociale, trame nere e rosse, ingerenze straniere, connivenze ad altissimo livello, stragismo di Stato e criminalità comune. Un incubo nel quale forze destabilizzanti e pulsioni autoritarie hanno avuto buon gioco di infiltrarsi."" -
Synecdoche, Charlie Kaufman
"Sineddoche, Charlie Kaufman"""" non è un libro biografico per spiegare chi è Charlie Kaufman, dove è nato e cos'ha fatto. E non è nemmeno un compendio esaustivo o una completa esegesi delle opere del regista, produttore e sceneggiatore statunitense. """"Sineddoche, Charlie Kaufman"""" è un invito a conoscere uno degli artisti più interessanti della sua generazione e rivedere, leggendole, le sue pellicole. Tutti titoli ben noti al grande pubblico, come Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee, Synecdoche e Anomalisa. Un libro che racconta i retroscena dei suoi film seguendo il filo rosso delle dichiarazioni più interessanti e geniali dell'autore di Se mi lasci ti cancello. Per approfondire i suoi virtuosismi espressivi o anche scoprirli per la prima volta." -
Il cinema appartiene ai sognatori
Una carrellata indimenticabile di citazioni d'autore: ""Nessuno dovrebbe andare al cinema, se non crede negli eroi"""" (John Wayne); """"La recitazione è l'arte di nascondere l'arte"""" (Carlo Verdone); """"Un film si scrive tre volte: quando si scrive, quando si gira e quando si monta"""" (Lina Wertmüller); """"Finché là fuori ci sarà qualcuno da spaventare, potrò dirmi una persona felice"""" (Dario Argento); """"Gli attori devono andare nei posti di cui hanno paura e tu devi accompagnarli"""" (Gabriele Muccino); """"Il cinema appartiene ai sognatori"""" (Claudia Cardinale); """"Non mi fido di nessun figlio di puttana astemio"""" (Humphrey Bogart); """"Recitare è un modo per vivere la propria follia"""" (Isabelle Huppert); """"Dio? Preferisco Murnau e Griffith"""" (Billy Wilder); """"Penso, sogno in napoletano, quando parlo italiano, mi sembra di essere falso"""" (Massimo Troisi)."" -
Il collezionista di respiri
In una Milano inquietante e senza tempo, Nina, una giovane studentessa universitaria, rimane sconvolta durante una visita al Museo di Malacologia. Qualcosa non la convince in quelle vetrine dove esseri umani sembrano incarnare personaggi di quadri famosi, diorami viventi che sembrano sospesi fra la vita e la morte. L'incontro con una donna, ignara testimone sopravvissuta a un esperimento criminale, conferma la sua ipotesi: qualcuno utilizza materiale umano per creare opere d'arte. In pochi giorni, senza lasciare tracce, spariscono nel nulla, oppure vengono assassinati, la direttrice di una clinica privata equivoca e impenetrabile, un giornalista di cronaca nera e Nadia, la migliore amica di Nina. Durante un convegno dedicato all'arte e al suo doppio tutto sembra diventare più chiaro: un'organizzazione criminale, forse finanziata da un oscuro imprenditore farmaceutico e legata al mondo accademico, ha creato un florido mercato sommerso gestito e ideato dal Collezionista, vera mente operativa del gruppo. Le indagini imboccano un vicolo cieco e solo l'intuito di un commissario milanese della Mobile sembra risolvere il caso. Ma il vero colpevole si nasconde fra i dettagli di un'immagine fotografica che solo Nina è in grado di decodificare. -
Il club dei suicidi
In una Londra cupa e piovigginosa può capitare di incontrare un innocente giovane che vi porge gustosissime paste alla crema prima di concedervi il lusso di un suicidio al tavolo da gioco, dove ogni carta ha un valore ugualmente letale. Oppure perdervi terrorizzati fra le peripezie di un giovane, sprovveduto americano e un cadavere troppo ingombrante che non vuole saperne di sparire per sempre. E può anche accadere che una stanza sontuosamente arredata sparisca davanti ai vostri occhi in una sorta di incubo senza spazio e senza tempo. -
Nonsolopierino
«... Pensai di tornare a lavorare in quel negozio di elettricista, ma il proprietario mi licenziò... aveva bisogno di un dipendente sempre presente. Quando Fellini mi chiamò per il film successivo Roma, gli dissi che il cinema mi piaceva ma che per questa passione mi ero trovato senza un lavoro. Federico fu molto contrariato e mi disse che sarebbe andato personalmente a parlare con il mio ex principale. Secondo lui doveva riprendermi a lavorare, dal momento che ero stato impegnato sul set solo per una settimana. Gli consigliai di lasciar perdere, anche perché il mio ex principale aveva già assunto un altro dipendente. Federico aveva preso a cuore la mia condizione. Andava a cena ogni sera al ristorante ""Il Fontanone"""", sulla Cristoforo Colombo, dove aveva sempre un tavolo riservato per lui. Una sera no e una sì mi chiamava e mi diceva: """"Alvaro, vieni al ristorante? Voglio stare un po' con te"""". Qualche volta c'erano anche l'aiuto regista, il direttore di produzione o altri della troupe, ma restavano poco tempo con lui e poi andavano via. Io, invece, gli facevo compagnia, gli raccontavo barzellette... lui rideva come un pazzo, anche perché gli piaceva quel mio modo di parlare trasteverino. Mi diceva che avevo i tempi comici. Mi invitava a cena, secondo me, perché gli facevo un po' pena... ma anche perché eravamo diventati un po' come padre e figlio. Ogni tanto voleva sapere se avevo capito il suo film e io gli rispondevo sempre: """"A Federì, non c'ho capito un cazzo!"""". Così cominciò a farmi lavorare di più e mi mandò a imparare a ballare il tip tap da Gino Landi...»"" -
Jerry & Robin. Pensare divertente
Questo libro è soprattutto un atto d’amore nei confronti di due nomi popolari ma al tempo stesso dotati di vaste zone di penombra. Lewis e Williams vengono accostati con alcuni indubbi parallelismi (la “serietà” dei loro ultimi lavori, ad esempio, oppure l’essere costretti a esibire in pubblico almeno una parte del repertorio per il quale erano noti al grande pubblico), ma in questa direzione non si insiste più di tanto. Anche perché questi autori non consentono una sintesi del fenomeno della comicità autoriale hollywoodiana: hanno traiettorie molto personali, hanno origini diverse, non hanno fatto scuola, non provengono dalla scuola. Ecco, Robin e Jerry sono di fatto due macchine celibi. Possono essere autori di performances straordinarie (fa molto piacere che per Lewis si ricordi lo straordinario One More Time e per Williams la definizione struggente di “serial Killer” fornita da Terry Gilliam in un necrologio sorprendente e struggente) che possono a loro volta richiamare altre performances, ma rimangono completamente unici e irripetibili. Queste vite parallele del terzo millennio ci propongono due autori dei quali pensiamo di sapere molto e che invece ci accorgiamo di conoscere solo superficialmente. Merito di un lavoro veramente approfondito, in cui la passione e la scientificità non si elidono ma si arricchiscono a vicenda. Cosa rara, nella saggistica cinematografica. Prefazione di Steve Della Casa. -
Laurel Hardy. Artisti del sorriso
"Così diversi, eppure così affiatati e, soprattutto, così comici. Stan la penna visionaria da cui nascevano imperiture e indimenticabili scenette, e Oliver il materiale, ma assolutamente necessario esecutore. Straordinariamente bravi da utilizzare in tutta la loro produzione - trent'anni e cento film girati insieme - un linguaggio universale capace di far sganasciare dalle risate un eschimese come un americano, un cinese come un tedesco, un bambino come un uomo adulto. Maurizio Mason, da sempre appassionato di cinema oltre che di teatro, conduce uno studio raffinato sullo storico duo, indagandone, in modo del tutto originale, i segni espressivi che lo hanno reso meritatamente celebre e guidando sapientemente e in modo divertito il lettore attraverso il caleidoscopico insieme di situazioni, di gag, di trovate che hanno visto protagonisti Stan e Oliver(...) Ma soprattutto, straordinaria è la loro poetica: se le gag non erano banali ma frutto di studi, prove, calcolo dei tempi sulla base delle risate previste, erano la bontà d'animo e la gentilezza verso chiunque a costituire la caratteristica più bella ed affascinante dei loro personaggi""""." -
Tutto De Sica. Protagonista. Regista. Caratterista
Parlare di De Sica significa innanzitutto tener presente la complessità di un personaggio che ha saputo inventare e reinventare se stesso, accreditando come autentica la sua desiderata origine partenopea e accettando che la vita debba essere continuamente rifondata. Soprattutto, nella consapevolezza che le proprie scelte non possono non tener conto del contesto nel quale hanno potuto, e dovuto, essere fatte. Le sue due carriere principali, quella dell'attore e quella del regista, alle quali si aggiunsero nel corso degli anni anche quelle di cantante confidenziale, di sceneggiatore e di produttore, si sono sovrapposte raramente: tre volte con ruolo da protagonista negli anni Quaranta e altre tre, poco più di “camei”, in quelli seguenti. In compenso, De Sica è stato interprete, con ruoli più o meno importanti, di 148 film a soggetto e di una ventina di film per la tv; ha firmato la regia di 28 lungometraggi e di 6 cortometraggi (o episodi di opere collettive), partecipato anche a una manciata di trasmissioni televisive, e ha recitato, soprattutto tra gli anni Venti e Quaranta, in decine di spettacoli teatrali. Un libro dedicato a uno dei grandi dello spettacolo italiano. -
È finito il Sessantotto
Che cosa resta ancora da dire, a più di mezzo secolo da quegli anni formidabili, pieni di idee e speranza, ma anche di contraddizioni e disillusioni? L'opinione delle autrici e degli autori dei saggi qui raccolti è che ci sia ancora molto su cui riflettere in relazione a quella stagione decisiva, che ha segnato in profondità - tra cesure inattese ed eredità sorprendenti - la storia contemporanea del nostro Paese e del globo intero. Il volume, nel quale confluiscono ricerche e dibattiti riconducibili al Laboratorio di Storia, Politica, Istituzioni (LaSPI) dell'Università del Piemonte Orientale, si articola in due distinte sezioni, una dedicata ai ""luoghi"""" (con contributi di N. Del Corno, F. Ingravalle, S. Parodi, C. Panizza, A. Ballerino) e l'altra ai """"temi"""" (con saggi di L. Ziruolo, G. Gaballo, S. Tessaglia, V. Rapetti, F. Ponzano) del Sessantotto, completate da una Sezione Conclusiva (testi di R. Lasagna e M. Revelli). Le sezioni, ovviamente, non hanno alcuna ambizione di esaustività, ma si propongono di delineare un originale percorso di lettura, capace di dar conto della pluralità di voci, di sensibilità, di obiettivi, di critiche, di aspirazioni, di illusioni e disillusioni di una generazione che voleva """"cambiare il mondo"""" (e che almeno in parte ci è riuscita)."" -
Brigate Rosse. L'invisibile. Dalla Spiotta a via Fani, dal rapimento Gancia al sequestro Moro
Cosa accadde veramente il 5 giugno 1975 alla Cascina Spiotta diArzello? È un interrogativo che attende ancora una risposta definitiva, a oltre quarant’anni dal conflitto a fuoco fra i brigatisti rossi, che custodivano Vittorio Vallarino Gancia, e una pattuglia di carabinieri appena giunta sul posto. Durante la sparatoria vennero colpiti i militari dell’Arma Umberto Rocca, Rosario Cattafi e Giovanni D’Alfonso. Quest’ultimo morì pochi giorni dopo per le gravi ferite riportate. La stessa sorte toccò a Mara Cagol, brigatista rossa e moglie di Renato Curcio. Un altro terrorista, dall’identità tuttora sconosciuta, riuscì a far perdere le proprie tracce e a dileguarsi fra la vegetazione. In questo libro, risultato di un lavoro di ricerca durato anni, gli autori ripercorrono e approfondiscono uno degli episodi meno esplorati della storia del terrorismo rosso, avanzando motivate ipotesi e puntuali ricostruzioni. Un contributo importante per chiarire definitivamente lo svolgimento dei fatti e dissipare i tanti dubbi che ancora avvolgono il tragico epilogo del rapimento Gancia. -
Rincorsa alle ombre. Scritti di cinema. Vol. 1: Gli inizi
Guido Gerosa (1933-1999), è stato una delle grandi firme del giornalismo italiano. Giovanissimo, ha iniziato a collaborare al quotidiano “La Notte”, per poi diventare inviato speciale e corrispondente dagli Stati Uniti di “Epoca” (di cui sarà in seguito direttore) e dell’“Europeo”. Vicedirettore del “Giorno”, nei suoi articoli ha raccontato ogni aspetto della società contemporanea: le guerre, la politica, i più significativi fenomeni di costume. Grandi fatti e movimenti della storia che ha descritto anche nei suoi libri, da Cronache dell’età atomica a I cannoni del Sinai. La sua grande passione per il cinema risale ai tempi del Liceo (dove conosce il poeta Vittorio Sereni), un interesse che ha coltivato per tutta la vita. Non a caso, le sue prime prove giornalistiche, contenute in questo volume, sono recensioni di film e saggi su autori e registi, spesso con intuizioni lungimiranti che hanno anticipato di molti anni certe riscoperte della critica, come la precoce analisi dei film di Ferdinando Maria Poggioli (in Da Giarabub a Salò, pubblicato nel 1963 dalle edizioni di “Cinema Nuovo”). Negli anni ’50 e ’60, dopo avere vinto il prestigioso Premio Pasinetti-Cinema Nuovo, Gerosa pubblica un gran numero di saggi sulle riviste più autorevoli del settore, da “Cinema” a “Bianco e Nero”, dalla “Rassegna del film” a “Schermi” (dove è stato redattore), affiancando il suo nome a quello dei più importanti critici e studiosi, da Guido Aristarco a Luigi Chiarini, a Morando Morandini. Negli anni ’60 continua ad occuparsi di cinema a “Epoca”, con interviste esclusive a dive come Gene Tierney e a maestri del calibro di Mario Soldati. Successivamente riprenderà l’antica passione per il cinema e la televisione scrivendo una serie di interventi su “Telesette” e “Film TV”, raccontando con immutato entusiasmo, con la profondità del teorico e la curiosità del cronista, un mondo che l’ha sempre affascinato. Questo libro, il primo di due volumi a lui dedicati, racconta i suoi primi passi, in larga parte inediti, come critico e studioso di cinema.