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Doris, la ragazza misto seta
«Padre nostro che sei nei cieli, concedimi una buona istruzione, fa' questo miracolo, al resto ci penso da sola con un po' di rimmel.»rnrnrnDoris è giovane, vive in provincia, si innamora spesso e sogna in grande. E a sognare non l'ha imparato nell'oscurità delle notti, ma nel buio delle sale cinematografiche. «La mia vita è come un film, ed è così che la voglio scrivere» annota nelle pagine che compongono questo incalzante romanzo. Una ragazza nella Germania degli anni Trenta, dove l'economia ristagna e la società freme. Quando le moleste attenzioni del capo la costringono a lasciare il lavoro di dattilografa, Doris decide di partire alla conquista della ruggente Berlino. Diventare una stella, risplendere come le luci della grande metropoli, e magari trovare l'amore: ambizioni che la spingono, non senza fraintendimenti e cadute, a reclamare un ruolo da protagonista all'interno della propria vita. Le avventure di questa «ragazza misto seta» sono un vorticoso saliscendi di ambienti e passioni tra splendori e miserie. Al suo fianco l'amica del cuore Tilli, addosso una pelliccia rubata quasi più cara di ogni affetto. La voce irresistibile di Doris trascina con sé un meravigliato gioire dello sguardo e del corpo, una leggerezza di fronte a ogni ostacolo che riluce del mito, moderno e atavico, della giovinezza. -
La demenza del pugile
Bisogna vivere almeno un secolo. Allora sì che il tempo ti rispetta.rnrnMelchior Marmont è vecchio, la sua rubrica è piena di amici celebri – da Chaplin a Griffith, da Wells a Hitchcock – ormai morti. Solo lui resta in piedi, incassando o schivando i colpi della vita come un pugile suonato contro quell’avversario invincibile che è il tempo, imprigionato in migliaia di souvenir, esorcizzato in una fuga infinita su un ring vasto quanto l’intero pianeta. Melchior è un produttore che ormai lavora troppo per la televisione e troppo poco per il cinema, e ha deciso di colmare il suo debito di riconoscenza con la settima arte portando a compimento il suo tardivo esordio alla regia, La demenza del pugile, film citazionista e visionario come le pagine di questo romanzo. Incontenibile adolescente di ottantadue anni, allegro naufrago del Novecento, Melchior affastella progetti, fa e disfa testamenti, ossessionato dal tarlo di lasciare una qualche traccia di sé. E non getta la spugna neanche quando torna a visitare l’antica dimora tra le solitarie montagne del Borbonese in cui ha trascorso le luminose estati dell’infanzia e in cui, come in una sala di montaggio, ora ripercorre ogni fotogramma della sua esistenza tra appassionate malinconie e invettive sulfuree. Mentre gli amori scomparsi e i fantasmi del passato si addensano in un’allucinata nebbia di ricordi, questo protagonista sardonico e straripante ci coinvolge in un’indomita resa dei conti dando del tu alle paure e alle speranze di tutti. -
La biblioteca di Gould. Una collezione molto particolare
A grande richiesta L'Orma editore ripropone in un nuovo formato La biblioteca di Gould di Bernard Quiriny.rnrnImprovvise resurrezioni di massa, macchine da scrivere programmate per produrre capolavori senza tempo, città assurdamente votate al silenzio, amanti che dopo ogni incontro sessuale si ritrovano nel corpo del partner. Queste e altre storie irresistibili attendono il lettore nei meandri della biblioteca di Pierre Gould, narratore acuto e perfido, regista occulto di questo sorprendente campionario di raffinate fantasie. I racconti de La biblioteca di Gould compongono una collezione molto particolare di tradizioni improbabili, di piccole manie eccentriche, di distorsioni in grado di mutare radicalmente lo sguardo sulla realtà in cui viviamo, ma soprattutto di libri, impensabili, fatali, esilaranti. Esattamente come questo di Bernard Quiriny, un’esperienza entusiasmante per chiunque abbia a cuore la letteratura. -
Conto su di te per il vino. Lettere a Engels
La vita e le lotte del padre del comunismo in quarant'anni di lettere - intime e vibranti - indirizzate al suo più fervido sodale, Friedrich Engels. Le peripezie di un'amicizia avvincente come una rivoluzione raccontate dalla voce ruvida, divertita e tonante di Karl Marx. Allo specchio del rapporto con l'amico di sempre, tra gusto del pettegolezzo e scoppi di risa, il filosofo che ha cambiato il mondo dà sfogo ai suoi lucidi furori consegnandoci un sorprendente e vivacissimo autoritratto. -
L' amore all'inizio
Un romanzo sui desideri, sulla loro vita nascosta, sepolta sotto le braci della normalità. Una storia che racconta di come tutto possa improvvisamente cambiare, anche il nostro sguardo su noi stessi. rnrnrnStella abita in un tranquillo quartiere residenziale ai margini della città, madre a tempo pieno e infermiera part time, si divide tra le cure ai suoi anziani assistiti, la saggia allegria della figlia Ava e l’attesa del marito sempre via per lavoro. Una vita come tante, in fondo anche desiderata, eppure persino troppo immutabile, e preda di improvvisi struggimenti.rnUna mattina è sola in casa, e qualcuno suona al cancello del suo giardino. È un uomo, mai visto prima, che le propone di fare due chiacchiere. Stella, turbata e sorpresa, rifiuta seccamente, ma quella figura inquietante e dall’aria disturbata si ripresenta giorno dopo giorno, in una catena di apparizioni sempre più pressanti. La vita della donna comincia a deformarsi, corrosa dallo sguardo di un essere sconosciuto, toccata da quella presenza fantasmatica e concretissima che la scuote nel profondo, mutando le insoddisfazioni di un quieto conformismo in uno sfumato crescendo di ossessioni.rnCon una lingua nuda e uno stile scarno, di affilata economia verbale, Judith Hermann crea un ecosistema umano e urbano carico di tensione, capta una vibrazione emotiva che al contempo attrae e atterrisce, e ci porta all’origine, spesso ambigua e violenta, di tutti i desideri sepolti sotto il ricatto della normalità. -
Nell'angolo di quiete
Questo gioiello di classica bellezza di Eduard von Keyserling offre al lettore, tra visioni oniriche e sfumato realismo, un delicato dipinto ad acquerello capace di ritrarre un’epoca crepuscolare, tesa fra il tramonto di un’imperturbabilità ormai perduta, ma ancora vagheggiata, e l’alba di nuove, terribili e forse folli responsabilità.rnrnEstate 1914. Un’aristocratica villa tra le montagne bavaresi ospita la villeggiatura della famiglia von der Ost: il rigido padre Bruno, banchiere devoto all’esatta legge dei numeri; la sentimentale madre Irene, rapita da un amore segreto; il solitario figlio Paul, undicenne insicuro sulla soglia delle prime confuse inquietudini del desiderio.rnTra quelle valli placide i clangori della Guerra appena scoppiata giungono attutiti come l’eco di un lontano rimbombo, ma di fronte alla mobilitazione generale i già labili equilibri s’incrinano svelando quanto sia fragile la pace che regna in quell’«angolo di quiete». Mentre le irreprimibili leggi della vita stridono con i doveri nei confronti dei morti, il bambino – incapace di comprendere la portata degli eventi, ma determinato a «esercitarsi ad avere coraggio» – parte all’insaputa di tutti per un fronte che non riuscirà mai a raggiungere.rnQuesto gioiello di classica bellezza di Eduard von Keyserling offre al lettore, tra visioni oniriche e sfumato realismo, un delicato dipinto ad acquerello capace di ritrarre un’epoca crepuscolare, tesa fra il tramonto di un’imperturbabilità ormai perduta, ma ancora vagheggiata, e l’alba di nuove, terribili e forse folli responsabilità. -
Acque strette
La vicenda narrata in questo libro è semplice: un'escursione in barca sull'Èvre, piccolo fiume che si getta nella Loirarnrn«Una lezione di poetica, senza averne l'aria.» – François Bonrnrn«Sulle barche che tornavano da Coulènes ho spesso udito cantare; proprio come l’acqua che scivola liscia sulla cresta della diga, ciò che si sfogava in quel canto era una sorta di tranquilla eccedenza; niente più di quanto può pacificamente traboccare dopo essersi riempiti di una giornata senza nubi.»rnPaesaggi, campi, scogliere, boschi, ginestre accompagnano un tragitto familiare, ripetuto nelle diverse stagioni della vita, che qui trascende in viaggio iniziatico nel cuore stesso della creazione letteraria. E a pelo d'acqua si attiva la memoria, si accendono fantasticherie associative che collegano in un'unica costellazione i diversi astri del personale firmamento artistico di Gracq: il profilo di un castello sulla riva richiama alcuni versi di Nerval, e su quelli si innerva un immaginario poetico in un magistrale mescolarsi di ricordo e percezione, esperienza e chimere. Sono pagine esigenti, che subito ripagano con l'ineffabile bellezza di un tramonto dopo un giorno di pioggia, di un odore terroso, di un vento d'aprile. La prosa vi scorre sinuosa, ora limpida ora più torbida, sempre incantatoria come le acque dell'amato Èvre. Forse mai quanto in questa densissima rêverie il grande scrittore francese si è rivelato così compattamente pervaso dalla sua caratteristica ispirazione, in grado di fermare il tempo con la limpida forza dello stile. -
Veniva da Mariupol
Una vicenda struggente che cambia rotta pagina dopo pagina dando forma a quella materia spesso inverosimile che è la realtà di ogni vitarnrn«Ragazze con il fazzoletto in testa, le valigie di cartone e i fagotti di stoffa. Una massa interminabile di esseri umani. Ognuna di loro è mia madre.»rnrnNavigando quasi sovrappensiero su un sito internet russo, una scrittrice ritrova - per un caso che ha del miracoloso - una traccia della madre, morta da decenni, di cui ignora pressoché tutto. Inizia così un'indagine appassionante che ripercorre l'incredibile destino di una donna e della sua famiglia dispersa durante gli smottamenti politici e bellici del Novecento: dalla Rivoluzione d'ottobre alla crisi dei Paesi postsovietici. Così, senza mai alzarsi dalla scrivania, Natascha Wodin lascia che la Storia colmi a poco a poco i vuoti della memoria, imbarcandosi in un viaggio a ritroso fino alla città ucraina di Mariupol, da dove i suoi genitori vennero deportati come forza lavoro al servizio del Terzo Reich. ""Veniva da Mariupol"""" è allo stesso tempo rielaborazione di una biografia incandescente e ricostruzione rigorosa di un crimine che ha segnato, nel silenzio dei popoli, milioni di individui: l'internamento dei lavoratori slavi. Tra false piste e colpi di scena Wodin restituisce un volto alle vittime rievocando personaggi memorabili. Una vicenda struggente che cambia rotta pagina dopo pagina dando forma a quella materia spesso inverosimile che è la realtà di ogni vita."" -
La vergogna
Il libro in cui Annie Ernaux affronta di petto l’indicibile: il trauma e la vergogna che hanno acceso in lei il desiderio di ribellarsi e di scrivere.rnrn«Sotto la freddezza di uno stile asciutto, levigato da una ricerca di essenzialità mai fine a se stessa, bruciano le pagine di questo libro di Annie Ernaux. ""La vergogna"""" è un romanzo-memoir che scavando nel sottosuolo dell'infanzia disseppellisce un dolore remoto ma anche un'epoca con le sue regole, i suoi riti, la sua lingua.» - Cristina Taglietti, La Letturarnrn«La scena che dà origine a """"La vergogna"""" è una scena spartiacque, la prima data precisa dell'infanzia, che del trauma possiede la paura immediata e consecutiva, lo stato di allerta cui costringe, la forza con la quale s'incide nella memoria, l'impossibilità di condividerla con chiunque, per anni. Quel pomeriggio di giugno comincia il processo di separazione che la trasformerà in una nemica di classe per i suoi genitori, e in una scrittrice.» - Rossella Postorino, Tuttolibrirnrnrn""""L'aspetto peggiore della vergogna è che si crede di essere gli unici a provarla""""rnrnrn«Ho sempre avuto voglia di scrivere libri di cui poi mi fosse impossibile parlare, libri che rendessero insostenibile lo sguardo degli altri.»rnRomanzo dell’infanzia e dei suoi abissi, La vergogna ricostruisce con spietata lucidità una presa di consapevolezza: quella di una bambina di dodici anni testimone della «scena» spartiacque, rimasta a lungo indicibile, che le fa scoprire di colpo di essere dalla parte sbagliata della società. Inventariando i linguaggi, i riti e le norme che delimitavano il suo pensiero e la sua condotta di allora, Ernaux sprofonda nella memoria intima e collettiva – fatta di usanze, espressioni e modi di dire – e scompone l’habitat del mondo in cui era immersa: la scuola privata, i codici della religione cattolica, il culto della «buona educazione», le leggi non scritte ma inviolabili della gerarchia sociale.rnCome nessun altro, Annie Ernaux riesce a mettere a fuoco con bruciante distacco – da esemplare «etnologa di se stessa» – la più indifesa delle età, raccontando quel violento e reiterato sconcerto che è l’ingresso nella vita adulta."" -
Una profonda invidia per la musica. Invenzioni a due voci con Paolo Terni
Nell'intreccio di voci di Paolo Terni e Giorgio Manganelli «ascoltatori maniacali» si compone una specie di trattato, involontario quanto misteriosamente esaustivo, su come entra la musica nella nostra vita - e come si scopre che è impossibile farla uscire.rn«Un libro che riunisce le belle conversazioni radiofoniche che nel 1980 Manganelli intrattenne con il musicologo Paolo Terni» - Il VenerdìrnrnrnrnrnNell'ambito di un ciclo dal titolo ""La musica e i dischi di..."""", dal 14 al 18 luglio 1980, Paolo Terni si trovò a ospitare negli studi di Radio 3 uno scrittore che mai aveva fatto sospettare una particolare inclinazione per la musica: Giorgio Manganelli. E invece, come un appuntamento a lungo atteso, rappresentò un'esplosione pirotecnica l'incontro fra il Manga (che alla sua morte lascerà una collezione discografica non meno ricca della sua leggendaria biblioteca) e una serie di brani incontournables del Canone Occidentale - da Haydn a Mahler, passando per Schubert e Verdi: senza trascurare le operette di Gilbert and Sullivan o la musica tradizionale del Giappone. La reazione chimica fra ascolto e commento a caldo produce un monumento all'arte della conversazione - brillante come poteva essere, forse, in un salotto del Settecento. Ma anche l'affondo più rivelatorio nella poetica di un autore pervicacemente astratto, quale voleva essere Manganelli, che a sorpresa fa i conti con «l'onta del significato» e la sua «ferita»: che il miracolo della forma traduce in «un contrassegno nobiliare». Sette anni dopo, all'ascolto e alla sua interpretazione Manganelli dedicherà uno dei suoi capolavori: """"Rumori o voci"""". In appendice al presente volume, sono raccolti cinque articoli di Manganelli a tema musicale, pubblicati fra il 1976 e il 1989; mentre Paolo Terni, in un saggio-excursus autoanalitico scritto per l'occasione, riflette da par suo sull'esperienza dell'ascolto."" -
Il nulla positivo. Gli scritti su Beckett
"Il nulla positivo"""" raccoglie in un unico volume tutti gli scritti che il grande filosofo Theodor Adorno ha dedicato a Samuel Beckett. rnrn«Il nulla positivo è un libro di durezza adamantina (ha un linguaggio radicalmente filosofico) che testimonia la furia distruttiva di due menti alte e crudeli.» - Leonetta Bentivoglio, RobinsonrnUn libro impossibile, vagheggiato e mai portato a termine, che comprende - accanto al celebre e fondamentale """"Tentativo di capire il «Finale di partita»"""", e a passi scelti della """"Teoria estetica"""" - la trascrizione di un'accesissima e sorprendente conversazione televisiva e un'inedita lettura de L'innominabile. Un quartetto di testi che intona finalmente nella sua completezza lo spartito dell'articolata interpretazione adorniana di Beckett. In queste pagine il pensatore francofortese si conferma un critico di raro acume, rivelandosi anche un lettore appassionato in grado di mettere in luce - tanto sul piano estetico quanto su quello politico - il nucleo intorno al quale orbita la prosa beckettiana: un «nulla positivo» che esprime la condizione umana nella sua nuda realtà, senza orpelli né illusioni. Un nulla capace ancora oggi di scardinare ideologie e pensieri unici ribadendo i dirompenti doveri dell'arte." -
Prigione
«È il mondo chiuso di una prigione femminile a ispirare a Emmy Hennings il primo testo autobiografico, che Hermann Hesse definirà ""un miracolo""""» - Dario Galateria, RobinsonEmmy è una giovane donna piena di impegni e di talento, e ha una gran fretta; fretta di partire, di uscire per le strade assolate, di brillare assieme alla sua voce tra le luci sfavillanti dei cabaret. Ma quando d'improvviso viene arrestata la sua vita diventa un susseguirsi di attese: del processo, della sentenza, del trasferimento, e poi dei pasti, dell'ora d'aria, della libertà. Per spezzare l'immobilità sospesa dei giorni, Emmy ha come uniche risorse la fervida vivacità del suo mondo interiore e un'inesausta empatia per il tragicomico campionario di miserie e splendori delle sue compagne di sventura. Ecco dunque che le insicurezze di Anna, la giovinezza tradita della signora Hafner, la rassegnazione di Marie, le speranze di Therese si trasformano in altrettante testimonianze di inalienabile dignità. Le pagine di questo romanzo autobiografico - pubblicato nel 1919 e finora inedito in Italia - sono una scuola di indignazione e solidarietà in cui trovano spazio le esperienze di una donna in strabiliante anticipo sul proprio tempo: lo shock della reclusione, l'incapacità di percepirsi come umani di fronte alla perdita della sfera privata; ma anche il disperato bisogno di resistere, di rintracciare la varietà dei colori nel grigio della cella."" -
Autobiografia di mio padre
Autobiografia di mio padre indaga i moti e i moventi della memoria per delineare il ritratto di un uomo che ha dato al tempo della vita la forma di una profonda riflessione sul significato dell'esistenza umana.rnrnSi può raccontare la vita di un altro come se fosse la propria? È la sfida, paradossale e ambiziosa, che Pierre Pachet ha scelto di raccogliere nel ricostruire la voce di suo padre, Simkha Opatchevsky, per farne il narratore in prima persona di questo strabiliante romanzo che ci consegna, dal di dentro, la figura a tutto tondo di un esule ebreo del Novecento. Dai pogrom di Kishinev ai rastrellamenti nella Parigi dell'Occupazione, questo inaudito io narrante attraversa la Storia d'Europa, emigrando dall'agonizzante Impero russo per approdare a una Francia sconvolta da due guerre mondiali, il tutto anelando a poco più che all'incolumità sua e dei suoi, e alla dignità del proprio mestiere di medico. Simkha, del resto, non ha la stoffa del protagonista, e il tono tragico non gli si addice. Eppure qualcosa di eroico ce l'ha, nella ritrosia che gli vieta gli abbandoni sentimentali, nel rigore intellettuale che ne fa un osservatore esattissimo, acuto conoscitore della psicologia umana e fustigatore degli psicologismi, costretto in tarda età a testimoniare con precisione da miniaturista il lento sgretolarsi delle proprie facoltà mentali. Inseguendo quel «linguaggio senza parole che un cervello adopera per servirsi di se stesso», Autobiografia di mio padre indaga i moti e i moventi della memoria per delineare il ritratto di un uomo che ha dato al tempo della vita la forma di una profonda riflessione sul significato dell'esistenza umana. Pierre Pachet ha spinto al limite le possibilità del genere autobiografico, sparigliandone le carte. -
Imprenditori. Una favola famigliare
Animata da una lingua originale e inventiva, in bilico tra tenero lirismo e gergo tecnologico, Imprenditori è una favola commovente e visionaria sulle peripezie di una famiglia a conduzione aziendale e, al tempo stesso, una lucida e ironica riflessione sulla natura del lavoro.rnrnLipa ha tredici anni ed è da poco stata eletta dipendente del mese in quell'impresa molto particolare che è la sua famiglia. In un mondo in cui il lavoro è scomparso, ma tutti ancora lo cercano, il padre ha deciso di mettersi in proprio e crescere i figli come quadri di un'azienda, educandoli alla più rigida disciplina imprenditoriale, con esiti spesso surreali. A differenza dei loro coetanei «disoccupati», Lipa e il fratellino Berti non hanno mai conosciuto i banchi di scuola, ignorano cosa sia il tempo libero e disprezzano la gratuità dei giochi e dell'arte. Ma infanzia e adolescenza s'insinuano comunque nelle loro esistenze alimentando il fumettistico eroismo di Berti e le prime inquietudini amorose di Lipa, vivace narratrice del romanzo. Sordi alle ragionevoli proteste della madre, questi sedicenti «imprenditori» si lanciano in avventurose esplorazioni di fabbriche dismesse in cerca di rottami e reperti industriali, con una misteriosa impresa rivale sempre alle calcagna. -
Il gatto di piazza Wagner
Ci sono libri che si compongono alla fine di una vita e raccontano la dignità e l'intelligenza di un individuo, forse di un Paese intero. «Il gatto di piazza Wagner», unica prova narrativa di un autore altrimenti noto per i suoi fondamentali contributi alla comprensione della cultura classica, è uno di questi libri. rnrn«È un memoir superiore a molti romanzi contemporanei rispetto a qualità dello stile, affabulazione e drammaturgia narrativa. Un denso racconto di formazione animato da pietas verso l’umanità e da una insofferenza fisiologica verso il potere e verso “i servi per natura”» - Filippo La Porta, RobinsonrnUn'infanzia milanese nell'arco temporale che va dal Fascismo alla fine degli anni Sessanta, con al centro la figura del padre – lo scrittore, giornalista e drammaturgo Giuseppe Lanza – rimasto vedovo troppo presto, teneramente orgoglioso dei suoi magri tentativi culinari, che emerge con tutta la sua preziosa serietà e decenza. Scomponendo i meccanismi di una memoria famigliare che tende a fondersi con quella individuale («Di chi sono i ricordi?» è il programmatico incipit del testo), «Il gatto di piazza Wagner» descrive una città vibrante – tra appassionate discussioni nelle latterie di quartiere e palpitanti prime teatrali – e indaga con ragionata esattezza azioni e moventi di protagonisti e comprimari, dallo zio Ramy agli amici letterati, da Solmi a Montale, da Lodovici a Bazlen. Una lettura che ci rimanda, come un monito e come un modello, alla migliore tradizione intellettuale ed etica del nostro Novecento. -
L' erba di ieri
La vita di una donna raccontata per quadri successivi: per ogni capitolo un’epoca della vita, un grumo di ricordi che si dipana nel filo del racconto.rn«Maja sa che la sua storia, come una bambola russa, è contenuta in un’altra e poi un’altra ancora. Le tira fuori una a una, con finezza e senza leziosità. Un libro sottile, tutto da assaporare.» - Le MondernMaja è una bambina sradicata, vive con la zia in una casa di campagna. Ricorda poco o nulla del luogo da cui è venuta: sa che era molto lontano, che si parlava un’altra lingua che ha già dimenticato. Unico legame con il passato è il vecchio Marek, straniero come lei: quando Maja lo va a trovare, lui le offre bibite colorate e le racconta favole che la riportano a un mondo perduto. Col tempo la bambina diventerà una donna complessa e inquieta. Deciderà di andare alla ricerca delle proprie origini. Con un gesto di coraggio, ripartirà da ieri. Vincitore di numerosi premi e pubblicato in dieci paesi, L’erba di ieri di Carolina Schutti parte dai meccanismi della percezione infantile per indagare i loro riflessi nella vita adulta. Quando la necessità di avere una storia si fa scelta, mai definitiva, di identità. -
Il solco
Che cosa è stato del rinnovamento turco a sei anni dall’occupazione di Gezi Park?rn«È una scrittura totalmente sincera, che ho sentito vicina sin dal primo momento. Un magnifico ritratto della Turchia di oggi, con qualcosa da dire su quella che potrebbe essere la Francia di domani.» - Virginie DespentesrnIstanbul sembra sprofondata in un pericoloso letargo. La repressione governativa, culminata negli arresti sistematici del 2016, ha prosciugato le energie più feconde del Paese. Gli obiettivi di modernità e giustizia sociale che avevano infiammato i variopinti moti di Taksim non sono mai stati così lontani. Benvenuti nella Turchia de Il solco, di Valérie Manteau. Sulle rive del Bosforo, seguiamo i passi di una giovane scrittrice francese: si è trasferita a Istanbul per l’uomo di cui è innamorata, ma da qualche tempo la storia naviga in acque stagnanti. Per uscirne, e per scrollarsi di dosso l’apatia di una città immalinconita, la scrittrice ha bisogno di un argomento per il suo nuovo libro. Lo troverà quasi per caso: è la storia di Hrant Dink, giornalista e martire della libera espressione, assassinato nel 2007 per il suo lavoro sul genocidio armeno. Sulle tracce di Dink, scoprirà una Istanbul indomita che sopravvive allo sfacelo del momento. Incontrerà Aslı Erdoğan e Necmiye Alpay, tra le voci più energiche dell’attuale panorama turco. Si libererà dei suoi fantasmi e soprattutto ritroverà il filo rosso della città che resiste. -
La viaggiatrice leggera
Una narrazione fresca, piena di vitalità e meraviglia. Animata da uno spirito ironico e sfacciato, orgoglioso anche delle proprie idiosincrasie, Katharina von Arx trasforma il viaggio in un pozzo inesauribile di esperienze, generosamente offerto a chiunque sappia attingernernrn«""La viaggiatrice leggera"""" ci porta con sé grazie alla leggerezza con cui entra ed esce da situazioni paradossali, ma si tratta di coraggio, il più puro dei talenti» – Elena Stancanelli, D di Repubblicarnrn«Una Pippi Calzelunghe con l'intelligenza di spirito di una Simone de Beauvoir» – Süddeutsche Zeitungrnrn«Katharina bacchetta il maschilismo globale, rivendicando il suo diritto alla libertà» – 7rnrnPer andare da Vienna a Zurigo, c'è chi decide di fare il giro largo. C'è chi passa per l'Egitto, l'India, la Cina, il Giappone e gli Stati Uniti. Basta convincere il Lloyd di Trieste a finanziare un biglietto per Bombay, e il resto viene da sé... o quasi.rnÈ così che, il 2 agosto 1953, la venticinquenne Katharina von Arx si imbarca a Genova sull'Asia alla volta dell'Oriente. Il bagaglio? Pochi vestiti, un casco tropicale, pennelli, tavolozza e un ukulele. I soldi sono pochi, ma ci si penserà strada facendo. Tra una biciclettata a Napoli e un cocktail party a Calcutta, tra un teatro di Hong Kong e un ristorante giapponese di stretta osservanza – passando per la stampa indiana e la televisione americana – la viaggiatrice leggera si farà largo con candore ma senza ingenuità, in barba ai pregiudizi e al perbenismo delle società che attraversa. Una buona metà degli uomini che incontra si mette in testa di sposarla. L'altra si illude di poterla conquistare facilmente. Ma Katharina sa scegliere da sola. """"La viaggiatrice leggera"""" è una narrazione fresca, piena di vitalità e meraviglia. Animata da uno spirito ironico e sfacciato, orgoglioso anche delle proprie idiosincrasie, Von Arx trasforma il viaggio in un pozzo inesauribile di esperienze, generosamente offerto a chiunque sappia attingerne. E, come diceva spesso, «non bisogna essere ingrati»."" -
Il mago M.
«Più di mille anni fa, in Bretagna, viveva un mago di nome Merlino.»rnrnCi sono storie che una civiltà non smette mai di raccontarsi. Saghe e miti che paiono nati assieme al desiderio stesso di narrare. A questo serbatoio dell'umana fantasia appartiene di certo la «materia di Bretagna», il ciclo di avventure che racchiude le imprese di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Prendendo avvio dalla figura del grande mago Merlino, René Barjavel raccoglie il testimone di questa tradizione secolare per trasportarci in un mondo di strabiliante inventiva. L'ingenuo Parsifal, il bel Lancillotto, il portentoso Galvano, il gigantesco Galeotto e altri prodi eroi errano alla ricerca del sacro Graal, mentre tra paesaggi incantati e castelli misteriosi si compie l'eterno sortilegio dell'amore, e ardono irresistibili le passioni della regina Ginevra, della magnifica Viviana, della potente Morgana e delle altre affascinanti dame di Camelot. Il piacere puro della lettura pervade le pagine di questo romanzo dove trame meravigliose si intrecciano con la grazia di un merletto per creare un universo immaginifico sospeso tra sogno e realtà. -
Me-ti. Libro delle svolte. Ediz. integrale
«Il nazionalismo dei grandi signori giova ai grandi signori. Il nazionalismo della povera gente giova anch'esso ai grandi signori.»rnrnn una Cina stilizzata, scossa da dispute e rivolgimenti, il maestro Me-ti impartisce lezioni di corrosiva saggezza. Procedendo per apologhi, racconti e paradossi, questo prodigio di intelligenza morale sprona a diffidare di ogni solennità e invita a pensarsi «in terza persona», sempre all'interno dei rapporti di forza di una collettività. Brecht imbastisce così un sardonico «manuale di comportamento» mettendo in scena, e in discussione, figure centrali della tradizione politico-filosofica – da Hegel a Lenin, da Marx a Trockij – ed eventi chiave del Novecento – dalla Rivoluzione di Ottobre ai processi staliniani, passando per la presa del potere di Hitler. Una scuola di pensiero pratico per allenarsi a soppesare i germi di futuro e di liberazione contenuti in ogni gesto. Edizione integrale, arricchita di passaggi inediti, varianti e apparati critici. Completa il volume un saggio di Cesare Cases.