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Correre meglio con la tecnica dell'avampiede. Per migliorare il rendimento, ridurre la fatica, limitare il rischio di infortuni
La corsa sull'avampiede, nota anche come corsa minimalista o naturale, non consiste semplicemente nell'appoggiare a terra la parte anteriore del piede invece del tallone: altri parametri vanno considerati, come l'esatta localizzazione della zona di appoggio, l'angolo di impatto con il suolo, il controllo dell'ammortizzamento, la distensione all'indietro del passo e la frequenza della falcata. Aspetti che, a loro volta, rimandano ad alcune domande ancora più generali: Quali sono i vantaggi dell'appoggio sull'avampiede? Come ci si prepara a questa tecnica? Quali sono i movimenti da adottare? Quale programma bisogna seguire? Qual è la giusta andatura? Quali scarpe vanno indossate? Nel rispondere a queste e a molte altre domande, la guida di Frédéric Brigaud illustra dettagliatamente la tecnica in questione, a partire dai suoi fondamenti anatomici e biodinamici e dalla necessaria fase di preparazione del corpo. Un programma completo che fa della progressione graduale uno dei suoi punti di forza, insieme al corredo multimediale che arricchisce il testo: è sufficiente, infatti, inquadrare con lo smartphone gli appositi codici QR riportati lungo tutta la trattazione per visualizzare gli esercizi e gli altri filmati didattici curati dall'autore. ""Correre meglio"""" rappresenta uno strumento pratico per i corridori di ogni livello, per gli educatori sportivi e per gli atleti impegnati in qualunque altra disciplina legata alla corsa. Prefazione di Luc Verrier."" -
C'era una volta il West di Sergio Leone
L'universo cinematografico di Sergio Leone è ricamato di America e di nostalgia: l'una si compenetra nell'altra, e insieme si completano a vicenda. Quando il grande paese sognato dai pionieri si piega alla legge del dollaro, i cowboy e i gangster cominciano ad avere qualcosa a che fare con la morte e non sono più John Ford e Howard Hawks a cantarli. Con i suoi tempi narrativi dilatati, i suoi (anti)eroi da tragedia greca e il suo senso di stanchezza e di morte, C'era una volta il West è al tempo stesso un film sull'inizio e sulla fine del West, il culmine e insieme il canto del cigno di un genere - il western all'italiana - che, nonostante l'impressionante quantità di titoli, raramente era emerso dalla serie B del linguaggio e delle intenzioni. E, come molti western americani del crepuscolo, è anche un film sugli uomini veri: «una razza vecchia» che i nuovi affaristi «faranno sparire», come poi del resto è avvenuto nella realtà. ""C'era una volta il West"""", c'era una volta l'America; e c'era una volta Sergio Leone a raccontarlo e a raccontarla. Il Far West nato a Roma recupera gli spolverini e tinge te malinconie del tempo e della Storia di sugo all'amatriciana: mai così lontano, mai così vicino."" -
Il cinema di Ingmar Bergman
«Fare film è anche reimmergersi negli spazi più profondi di se stessi, fino a raggiungere il mondo dell'infanzia...»: Bergman ha spesso evocato il mondo della fanciullezza ma sempre come accesso privilegiato alla dimensione della fantasia, dunque della materia selvaggia e irrazionale dei sogni, dove si celano le pulsioni più segrete e rivelatrici dell'Io. La forza prodigiosa delle creazioni visive e narrative del regista svedese - un cavaliere medioevale che gioca a scacchi con la Morte; un vecchio e i fantasmi della sua infanzia; il pericoloso confronto fra le identità di due donne; un bambino in lotta contro il Male incarnato da un vescovo - deriva anche dal loro radicarsi in un immaginario nutrito di una tradizione letteraria e figurativa che arriva fino al '900 e alle ombre predilette di Strindberg e Ibsen. Dalla fine degli anni '30 fino alla morte avvenuta nel 2007, Ingmar Bergman è stato l'autore di un'opera immensa che si è espressa nelle regie teatrali, nella scrittura drammaturgica e narrativa e ha raggiunto fama e prestigio internazionali grazie al cinema e ad una filmografia di quasi 70 film. In questo libro, una sorta di guida analitica e storica al cinema bergmaniano, corredata di un imponente apparato iconografico basato quasi esclusivamente su fotogrammi tratti dai film stessi e scelti in stretto rapporto con il testo, vengono esaminate una ad una tutte le opere cinematografiche del maestro svedese: da 'Crisi' (1946) a 'Sarabanda' (2003), passando per i classici degli anni '50 ('Il settimo sigillo', 'Il posto delle fragole'), i film da camera degli anni '60 ('Persona', 'L'ora del lupo'), fino all'onirico 'Sussurri e grida', al film-fiume 'Scene da un matrimonio' e alla magistrale summa di 'Fanny & Alexander'. Ogni film viene riletto nelle sue matrici, nella storia delle sue vicissitudini e manipolazioni censorie, nella sua originalità e autonomia così come nelle connessioni con l'intera opera del regista. E per la prima volta vengono trattati in modo esaustivo anche i film prodotti per la televisione tra il 1957 e il 2000, ""cinematografici"""" a tutti gli effetti."" -
Fuga a cavallo lontano nella città
Sbilanciato verso la narrativa, il teatro di Bernard-Marie Koltès è uno dei più significativi degli ultimi quindici anni. Teatro emblematico di una condizione esistenziale randagia e periferica. Accanto al suo teatro, unico esempio di narrazione vera e propria che Koltès abbia lasciato nella sua breve vita è questo ""Fuga da cavallo lontano nella città"""", datato 1984. Due ragazze, Félice e Barba, e due ragazzi, Chabanne e Cassius, divengono emblemi di una giovinezza tutta deliri e dolorose dipendenze. Si direbbe la trasgressione la loro bandiera. Essi imboccano una strada di libertà dove però l'allucinazione, un immedicabile infantilismo, denunciano il cerchio stretto di un labirinto senza uscite, senza decoro. Koltès è uno scrittore della paura. Si può fare riferimento a Kafka, ma la tradizione fulgente del surrealismo francese non gli è estranea. Si potrebbe ipotizzare un universo visto attraverso la figurazione dionisiacamente macabra di un Francis Bacon; poi certe chiarezze dolcissime e improvvise parlerebbero di una suggestione più scanzonata e ilare, alla David Hockney quasi. Tutto ciò è segno di un sentimento irreprensibile di contemporaneità, e Koltès si rivela narratore di quell'essere perdutamente figli, desiderosi di pietà e affetti disperati, che segna la condizione dei tanti che oggi incontriamo sui sentieri della vita, mai maturi e non più immaturi."" -
TuttoLeone. I film, i dialoghi, i ricordi, i giudizi, la vita, le immagini
«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto» (Per un pugno di dollari). «Così hai scoperto che dopotutto non sei un uomo d'affari...». «Solo un uomo». «Una razza vecchia. Verranno altri Morton e la faranno sparire» (C'era una volta il West). «Che hai fatto in tutti questi anni, Noodles?». «Sono andato a letto presto» (C'era una volta in America). Battute come queste, accompagnate dalla musica di Morricone, sono impresse nella memoria degli spettatori e dei cinefili di mezzo mondo. Tanto che i registi più moderni, da Carpenter a Tarantino, non smettono di rendere omaggio a Leone e di ispirarsi allo stile barbaro e barocco con cui raccontava la leggenda americana dei giustizieri e dei fuorilegge, contaminandola con il cinismo italiano dei Borgia, Boccaccio, Machiavelli. Questo libro, che inserisce il percorso artistico di Sergio Leone nel panorama del cinema italiano degli anni '60, '70 e '80, comprende un saggio critico, una biografia sintetica, le trame dettagliate e le migliori battute di tutti i film di Leone, le testimonianze sue e dei suoi collaboratori, un'antologia di recensioni e molti altri materiali ancora, comprese più di 700 immagini ricavate dai fotogrammi dei film di Leone e di altri registi a cui si è ispirato o che a lui si sono ispirati. -
C'era una volta in America di Sergio Leone
Una genesi lunga due decenni, una lavorazione colossale, un'opera monumentale: l'ultimo film di Sergio Leone è il suo capolavoro, un compendio della sua arte e l'apice del suo lavoro di rielaborazione del cinema classico statunitense. Un noir violento e malinconico, un gangster-movie che omaggia il genere e i suoi stilemi, mettendo in scena una storia di amicizia e tradimento nella New York degli anni '20 e '30. Un'opera sterminata sul tempo perduto, sulla nostalgia e sulla negazione del Sogno americano. Ma anche un teorema sul lavorio dell'immaginario cinematografico e sulla narrazione che l'America ha fatto di sé attraverso la settima arte: una ""vendetta"""" verso il cinema a stelle e strisce, che Leone attua (in qualità di «primo regista postmoderno», come lo definì Jean Baudrillard) demistificando l'inganno dei film con cui è cresciuto, scarnificandone l'incanto per dargli nuovo senso. """"C'era una volta in America"""" è anche la storia di uno sguardo sul cinema, di un sogno infranto, di un mito smantellato per essere rifondato."" -
Francesco
Nessuno nasce papa. Jorge Bergoglio è un ragazzo come gli altri: ama il calcio egli amici, si innamora, si diverte a ballare il tango e non sa se diventare medico. Un giorno del 1954, improvvisamente, avverte il richiamo della vocazione. Tormentato, amante dell'azione e della giustizia, viene ordinato prete, diventa vescovo, poi cardinale. Nell'Argentina degli anni Settanta, tra la repressione militare e la violenza della ""liberazione marxista"""", Jorge promuove una """"teologia del popolo"""" in nome di Cristo. Percorre le favelas in lungo e in largo, difende i poveri, i carcerati, i malati di Aids e le vittime della dittatura... E si trova al centro di un vertiginoso thriller politico: mentre si moltiplicano gli attentati commessi dai generali, le esecuzioni punitive, i sequestri e le torture, deve proteggere i suoi preti e i suoi fedeli, e far espatriare i seminaristi minacciati... Il ragazzo di Buenos Aires diventa papa. E fa parlare di sé a Roma. Un'altra battaglia, dai toni ovattati, comincia sotto le volte della Cappella Sistina. Appena eletto, Jorge va, come sempre, al fronte. Prende posizione per l'ecologia, la biodiversità e l'accoglienza dei rifugiati, criticando tanto la predazione economica quanto le illusioni marxiste, chiamando in causa a ogni occasione i potenti del mondo ma anche lo stesso Vaticano, la Curia e la sua amministrazione. Fino a diventare il più grande interprete dei nostri tempi."" -
Quando la natura si scatena... I più grandi disastri e fenomeni naturali
La Natura è meravigliosa, ma certo quando si scatena ci fa tremare tutti! In questo nuovo volume scritto dal meteorologo di ""Uno Mattina in Famiglia"""" Francesco Laurenzi insieme a Laura Patrioli, conosceremo meglio proprio le manifestazioni naturali più impressionanti e violente. Parleremo di terremoti, vulcani, fulmini, piogge torrenziali, valanghe e grandinate, temperature caldissime e freddissime, e perfino dei meteoriti che ogni tanto si abbattono sul nostro pianeta. Un viaggio emozionante (e qualche volta anche un po' pauroso!) che rappresenterà l'occasione per scoprire insieme le cause di quei fenomeni estremi, e anche per ripercorrere molti fatti storici ad essi legati: dall'eruzione del Vesuvio che nell'antichità colpì Pompei ed Ercolano al grandissimo rogo che nel 2003 ha devastato i boschi siberiani, con nuvole di fumo talmente estese da essere ben visibili nelle foto satellitari! E poi curiosità, piccoli approfondimenti e record illustrati da foto e disegni. Infine, che scienziati saremmo se non facessimo degli esperimenti? Nel nostro laboratorio casalingo proveremo a scatenare delle scintille da un acino d'uva, a creare un tornado in bottiglia e a verificare con qualche altro piccolo test le leggi che regolano gli eventi naturali. Età di lettura: da 9 anni."" -
Elio Pandolfi. Che spettacolo!
Elio Pandolfi è stato protagonista di tutto lo spettacolo italiano del Dopoguerra. I suoi ricordi parlano di cinema, di varietà, di radio, di televisione, di doppiaggio e di operetta. In quest'autobiografia leggera e divertente, il poliedrico artista romano racconta tutto di sé rnrnrn«La storia di una vita divertente e una miniera di aneddoti, dalle scarpe che Mastroianni gli regalò per indennizzarlo delle lunghe camminate cui lo costringeva alla lezione di Visconti, a Bice Valori» - La RapubblicarnrnElio Pandolfi racconta la sua vita: dall'infanzia - quando recitava Biancaneve e i sette nani nella piazza del paese - all'ingresso all'Accademia d'Arte Drammatica, dalle prime esperienze artistiche al successo in radio e in teatro con l'operetta, fino al doppiaggio (tra cui quello de La dolce vita di Fellini). E tra le tante soddisfazioni, non nasconde i ""no"""" ricevuti, le amarezze, le mancate occasioni di interpretare ruoli drammatici per il pregiudizio e la scarsa lungimiranza di alcuni produttori. Nella sua lunga carriera Elio Pandolfi ha conosciuto e collaborato con tutti i più grandi artisti e registi italiani, come Fellini, Visconti, Mastroianni (a cui era legato da una profonda amicizia), ma anche Nino Manfredi, Bice Valori e Antonella Steni, con la quale lavorò per ben undici anni. Leggere il suo racconto è anche fare un viaggio nel tempo: si parla del Fascismo, della fame del Dopoguerra, del boom economico e dell'avvento della televisione. Ultranovantenne, Pandolfi sa ancora dare spettacolo, perché Elio Pandolfi è lo spettacolo."" -
I miei grandi comici
Del regista Vito Molinari abbiamo già conosciuto lo spontaneo, affabile talento con cui sa rievocare i ricordi professionali e umani della sua lunghissima carriera. Ora, dopo l'affettuoso omaggio reso alle soubrettes del nostro varietà, Molinari ci propone una carrellata di tutti i comici - e all'appello non manca davvero nessuno - che ha incontrato e con i quali ha lavorato a partire dal 1953 fino a oggi. Intesi in un'accezione quanto mai variegata del termine, che vuole rendere conto del personale estro di ciascun artista, sfilano davanti ai nostri occhi i grandi protagonisti dell'avanspettacolo, del varietà, della rivista, del cabaret e della televisione: Macario e Gilberto Govi, Nino Taranto e Gino Bramieri, Aldo Fabrizi e Carlo Dapporto, Renato Rascel e Peppino De Filippo, ma anche Dario Fo e Paolo Villaggio, Walter Chiari e Gigi Proietti, Cochi e Renato e Paolo Poli, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. Un lungo racconto corale all'insegna non solo dell'intrattenimento spensierato ma anche della satira (spesso censurata...), che attribuisce il giusto risalto agli ""antenati"""" della moderna comicità (come Petrolini e i De Rege) e celebra il ruolo della """"spalla"""" attraverso alcuni dei suol magistrali interpreti (come Gianni Agus e Carlo Campaníni). E pagina dopo pagina, tra le storie e i volti di oltre sessant'anni di spettacolo italiano, la figura del """"comico"""" emerge per quella che è realmente: espressione di un'arte tanto difficile e complessa quanto spontanea e liberatoria è la risata che sa suscitare. Prefazione di Gigi Proietti."" -
Preparazione al teatro per adulti. 80 esercizi commentati
Il teatro, svolto anche in ambiti puramente ricreativi, è un'attività profondamente positiva per chiunque: sviluppa la memoria, favorisce la collaborazione, invita alla convivialità, facilita il movimento corporeo... Questo volume si rivolge a chiunque sia interessato, da organizzatore o partecipante, a laboratori e corsi di teatro per adulti, e mira proprio a sviluppare gli aspetti anzidetti. I numerosi esercizi proposti, infatti, coinvolgono di volta in volta il corpo (energizzazione e stimolazione, riscaldamento fisico, espressione corporea), la voce (respiro, dizione e articolazione), la memoria, la conoscenza di sé e dell'altro, il gioco drammatico (le improvvisazioni) e il rilassamento: attività non solo stimolanti e formative di per sé, ma anche preliminari alla messa in scena amatoriale di qualunque testo, comico o drammatico che sia. Per ogni esercizio, sono indicati gli obiettivi, la durata, il numero dei partecipanti e gli eventuali materiali indispensabili. Frutto della lunga attività didattica e divulgativa dell'autrice, il manuale si presta a contesti diversi per finalità specifiche, impegno individuale e fascia anagrafica dei partecipanti, ivi comprese le sempre più diffuse attività ludiche destinate alla terza età. -
Olly e la bufera. Le avventure di Bear Grylls
Olly non si diverte proprio per niente al campeggio: portare lo zaino è una tortura, per non parlare di quando bisogna costruire un riparo in legno, con tutte quelle schegge che ti si conficcano nelle mani! Ma proprio quella notte, una strana bussola fa improvvisamente ritrovare Oh su un ghiacciaio, li dove lo sta aspettando la sua guida, Bear Grylis. Per tornare a casa, i due dovranno vedersela con lastroni e strapiombi ghiacciati e con il soffio gelido di una tempesta di neve. Un'avventura da brivido che_ metterà a dura prova la resistenza del povero Olly. Età di lettura: da 8 anni. -
Il silenzio è d'oro di René Clair
Dopo il volontario esilio in America, René Clair torna nella sua amatissima Parigi per realizzare il film che secondo alcuni rappresenta la vetta più alta della sua arte. In un continuo rimando a fonti letterarie, musicali e filmiche, ""Il silenzio è d'oro"""", ambientato nei primi anni del Novecento, è la storia tenera e insieme crudele di un regista dongiovanni, non più giovanissimo (Maurice Chevalier, alla migliore interpretazione della sua carriera), che rinuncia alla ragazza di cui è innamorato per lasciarla a un giovane attore che è anche il suo miglior amico. «Un canto malinconico sull'avvicinarsi della vecchiaia» (Sadoul), ma anche un omaggio al cinema muto dei primordi e all'arte delta commedia, che può consolarci di ogni malinconia. Il saggio esamina il film scena per scena (talvolta inquadratura per inquadratura, trattando di un regista per cui nessun dettaglio era casuale) ed è accompagnato da considerazioni di Clair sul film e sul cinema, da una ricca antologia di recensioni e saggi sia d'epoca che recenti e dai fotogrammi più significativi di un film che un tempo era considerato tra i capolavori massimi dell'arte cinematografica e oggi è stato ingiustamente dimenticato."" -
Milano calibro 9 di Fernando Di Leo
Fernando Di Leo è stato un genere a sé stante, nel panorama del cinema popolare italiano a cavallo tra anni '60 e '70, e ""Milano calibro 9"""" è il film che meglio rappresenta questa sua unicità. Al suo interno, infatti, le reminiscenze letterarie da Giorgio Scerbanenco e gli influssi cinematografici di Jean-Pierre Melville si sposano dando vita a qualcosa di nuovo, spiazzante, poco convenzionale. Qualcosa di straordinario. La lotta di Ugo Piazza contro il destino intreccia le matrici del noir e del poliziesco, del gangster movie e del melodramma, in una vorticosa discesa agli inferi dell'animo umano marchiata a fuoco dai dialoghi asciutti e incalzanti, dalle efficaci partiture musicali di Luis Enríquez Bacalov e dalle interpretazioni di un parterre d'attori magistralmente orchestrato. Da Gastone Moschin a Mario Adorf, da Philippe Leroy a Lionel Stander, ogni volto dà sembianze e sostanza a un personaggio irripetibile, mentre Barbara Bouchet danza ancora nella memoria degli spettatori italiani e internazionali, Quentin Tarantino in primis. Davide Pulici, che di Di Leo fu amico e intimo confidente, ripercorre la genesi, la lavorazione e le mille sfaccettature del film, in un libro-scrigno i cui piccoli tesori si susseguono in forma di fotografie, documentazioni inedite e preziose testimonianze. Prefazione di Manlio Gomarasca."" -
Il cinema di Michael Cimino
Michael Cimino è stato uno dei nomi più celebri del cinema americano a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma a una rapidissima ascesa è seguita un'altrettanto repentina caduta, tutto nell'arco di un paio di anni, il che ha fatto di lui prima un miracolato, poi un reietto. Il cacciatore ha attirato l'attenzione del grande pubblico e quella dell'Academy, che lo ha premiato con cinque Oscar, mentre l'insuccesso commerciale dei Cancelli del cielo è stato talmente rilevante da essere usato per sancire simbolicamente la chiusura di un'epoca, causando all'autore un ostracismo inflessibile da parte dei produttori e accelerando la fine della sua carriera. Eppure, Cimino incarnava una figura di artista molto particolare, colto e visionario, un perfezionista che sconfinava nella paranoia, fautore di un cinema che era frutto di una sintesi suprema tra l'enfasi spettacolare della Hollywood classica e una concezione personale di grandissima originalità. Eccentrico e testardo, Cimino ha fallito per la sua diversità rispetto ai grandi nomi della New Hollywood: isolato e ambizioso, arrogante perché orgogliosamente convinto dei propri mezzi, ossessivo al punto da rasentare la patologia. Il suo cinema candidamente anacronistico, fatto di ampie strutture narrative e di una maniacale direzione di attori e comparse, non ha lasciato mai indifferenti ma ha determinato sempre aspri dibattiti e polemiche, perfino nei pochi anni del grande successo internazionale. Questo libro - arricchito da numerose illustrazioni e concluso da un'intervista al regista, inedita in volume - non ha lo scopo di rivalutare l'opera di un autore che avrebbe potuto diventare immortale e invece è finito in un mesto dimenticatoio, bensì quello di tentare un'accurata analisi del suo lavoro per andare oltre l'aneddotica scandalistica che da I cancelli del cielo in poi ha condizionato l'obiettività di molti giudizi sul suo cinema e sulla sua vita. -
Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola
Il ""Dracula"""" filologico che nel 1992 ha riportato in auge il mito ormai esangue dei vampiri è un affresco barocco e immaginifico, più ancora degli altri Dracula apparsi sul grande schermo; ma nonostante tutto il sangue che vi scorre, e che alle prime proiezioni indusse molti spettatori ad abbandonare la sala, non è un horror in senso stretto, quanto piuttosto una storia d'amore fin de siècle. E rappresenta, nella visione di Coppola, anche il cinema stesso, come i vampiri notturno per vocazione e fisiologia. Il regista rispetta il testo originario di Bram Stoker in molti dettagli anche minimi, ma lo capovolge nella sostanza: trasformando la difesa del perbenismo e della normalità vittoriana in un'esaltazione romantica delle trasgressioni, a cominciare da quella più grande di tutte che è l'amore. Forse la vera protagonista di questo film da 40 milioni di dollari, fortemente voluto dalla prim'attrice Winona Ryder, è proprio lei, Mina; e non è un caso che in questo libro sia una donna ad accompagnarci all'interno del film, alla scoperta o riscoperta dei suoi brividi, dei suoi terrori, dei suoi incanti."" -
Quentin Tarantino. Kill Bill 1/2
Al quarto lungometraggio e mezzo, dopo sei anni di silenzio, Quentin Tarantino dirige a modo suo - ossia omaggiando e citando decine e decine di film di altri registi, soprattutto di serie B e soprattutto italiani e orientali - una classica storia di vendetta: quasi da western, ma al femminile. Urna Thurman, da lui stesso lanciata in Pulp Fiction, è l'eroina altamente specializzata in arti marziali che domina il film, circondata da bellissime e cattivissime rivali (Vivica A. Fox, Lucy Liu, Daryl Hannah); David Carradine è l'uomo a cui mira, non proprio per ragioni sentimentali. Il sangue scorre a litri, ma quel che tutti buoni e cattivi - cercano di evitare sono le ineleganti e poco sportive armi da fuoco. Post-moderno, rischioso, violento, fagocitante eppure coinvolgente, Kill Bill è un film doppio, in tutti i sensi, sulla proliferazione di doppi, di simulacri, di riti di riappropriazione; un'opera d'autore mascherata da pellicola di genere; un fumetto che a poco a poco si fa prendere sul serio o quasi. Di certo è ormai un ""cult"""", e uno dei pochi film di Tarantino apprezzati anche dai non tarantiniani."" -
Anna Pavlova. L'incomparabile
Rudolf Nureyev affermava che il suo danzatore ideale in realtà era una donna: Anna Pavlova. Nata a San Pietroburgo nel 1881, Anna Pavlova è un'icona della danza classica, un punto fermo a cui ogni ballerina guarda per raggiungere la perfezione. Dotata di un fisico inusuale per una danzatrice di fine Ottocento - troppo magra, troppo fragile -, Anna trasforma il suo difetto in punto di forza. Sul palco del Mariinskij a San Pietroburgo va al di là della tecnica: usa la propria fragilità per diventare un essere etereo in Giselle e la propria silhouette snella per ottenere una conturbante e sinuosa Nikiya ne La Bayadère. Ma Anna è soprattutto Il Cigno - assolo ideato per lei da Michail Fokin -, che farà per sempre parte della sua esistenza e che danzerà con le dita anche in punto di morte. Mossa dall'ideale che il balletto vada esportato perché tutti meritano di godere della sua bellezza, Anna lascia il Balletto Imperiale per trasferirsi a Londra e fondare una sua compagnia, con la quale girerà il mondo. Nel libro, oltre alla carriera viene ricostruita anche la sua vita privata. Partendo dal Ritratto di Anna Pavlova eseguito dal pittore russo Aleksandr Yakovlev, l'autrice rievoca il rapporto turbolento che ha legato i due artisti per nove lunghi anni. Una vita appassionante tra viaggi e amori internazionali, che si conclude all'Hòtel des Indes de L'Aia nel 1931. Le fonti iconografiche presenti nel volume e l'accurata documentazione proveniente dal Fondo Pavlova presso la Bibliothèque-musée de l'Opéra di Parigi, di cui si è servita l'autrice, fanno di questa biografia un'opera unica nel suo genere. -
Romy Schneider
Quando Romy Schneider morì improvvisamente il 29 maggio 1982 a Parigi, lasciando oltre 60 film e milioni di fan sbigottiti, divenne subito un mito. L'attrice, che aveva raggiunto giovanissima una fama planetaria con la celebre serie di Sissi, si era dedicata poi a pellicole d'autore, trovando in Francia la sua patria d'elezione. Attrice-feticcio di Claude Sautet, Henri-George Clouzot, Luchino Visconti, Dino Risi, Romy ebbe una vita burrascosa che, se le regalò il successo sul lavoro, non le risparmiò i lutti più atroci, come la tragica morte del figlio adolescente. Hildegard Knef, cantante e attrice tedesca, fu sua amica per molti anni, condividendone i trionfi e i momenti bui. In questo libro - ora proposto in edizione economica - ritrae con commozione e lucidità la vita di Romy: l'infanzia solitaria in collegio, il precoce debutto al cinema, l'amore per uomini sbagliati. Accanto alle parole di ammirazione per il talento dell'amica, la Knef non risparmia critiche alla sua vita sregolata e alla negativa influenza della madre, che all'indomani della pubblicazione reagì ingaggiando una lotta durissima contro l'autrice su tv e giornali. -
Anna Magnani
Se si volesse riassumere il Novecento italiano in una sola immagine, nessuna forse sarebbe più adatta del corpo della Magnani disteso sull'asfalto nella celebre scena di Roma città aperta. Ma non bisogna dimenticare che l'attrice-simbolo del neorealismo è stata anche una diva del teatro di rivista, una delle poche attrici comiche di valore, e che la sua vita non si esaurisce nel teatro e nel cinema. I suoi umori, il suo pianto, le sue risate, i suoi animali, i suoi uomini quasi sempre sbagliati, i suoi amori quasi sempre infelici, sono un pezzo di ventesimo secolo proprio come i suoi film. Questo libro cerca di raccontare la vita di Anna Magnani così com'è stata, con le sue luci e le sue ombre, le sue gioie e i suoi dolori, le sue certezze e i suoi misteri. Anche se vi appaiono molti film, non è un libro di cinema. Anche se inizia e finisce con la morte, racconta la vita. E anche se può sembrare un romanzo, si basa soltanto su fatti realmente accaduti. Ma qualche volta la vita è più divertente di una rivista di Totò, più appassionante di un film da Oscar, più drammatica di un capolavoro neorealista.