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Il villaggio di Stepànčikovo e i suoi abitanti
Questo è uno dei romanzi meno conosciuti e più riusciti del grande scrittore russo. Dove l'orrendo e insopportabile protagonista, Fomà Fomìc, detta legge nella piccola corte famigliare della generalessa Krachòtkina nel paesino di Stepàncikovo, come un Rasputin di ultima categoria. È un romanzo abbondantemente comico, cosa rara in Dostoevskij. Fomà Fomìc chiacchiera, mena la lingua, fa l'intellettuale onnisciente, intontisce tutti a furia di istruzione, vuole insegnare il francese anche ai contadini; sembra un personaggio isterico e sbraitante della televisione d'oggi, un tuttologo spudorato, che a buttarlo in mezzo al letame continuerebbe a cianciare. Appartiene alla schiera dei rancorosi falliti; ce n'è uno in ogni romanzo di Dostoevskij, qui è eccezionalmente caricaturale e antipatico. Il libro è del 1859, anticipa le ""Memorie del sottosuolo"""" e i suoi grandi più noti romanzi."" -
Giù la piazza non c'e nessuno
«Un affresco di una densità eccezionale, un classico della letteratura italiana del dopoguerra, la grande opera di Dolores Prato, la sua Ricerca del tempo perduto».rn""Alla Ginzburg sono sempre stata, lo sono e continuerò ad esserlo, gratissima. [...] Lei ha sempre amato questo libro, con quelle manomissioni voleva renderlo più accessibile. Io salto i verbi come se qualcuno mi corresse dietro; i miei passaggi sono ponti levatoi mai abbassati; lei riduceva più intellegibile il mio modo di scrivere; ma io preferivo tenermi i miei difetti. Avevamo ragione tutte e due"""". Sono alcune righe scritte da Dolores Prato nel 1980 al direttore dell'""""Espresso"""", in risposta a un articolo in cui veniva definita """"rabbiosa"""" nei confronti di Natalia Ginzburg. Alle spalle di questa precisazione c'è una vicenda editoriale divenuta pubblica: le oltre millecinquecento cartelle di """"Giù la piazza non c'è nessuno"""" consegnate nel 1979, di fretta, dall'ottantenne Dolores Prato a Natalia Ginzburg, vennero ridotte, per esigenze editoriali, a sole trecento pagine, pubblicate da Einaudi nel giugno 1980. L'autrice, scontenta dell'edizione parziale, continuò a rivedere il testo e preparò un nuovo dattiloscritto, il quale venne pubblicato nel 1997 da Giorgio Zampa, nella versione integrale che qui riproduciamo. """"Giù la piazza non c'è nessuno"""" racconta di un'infanzia primonovecentesca trascorsa ai bordi d'Italia (tra case e volti di Treia, un borgo dell'entroterra marchigiano), insieme a una miriade di oggetti e parole disperse, a uno zio mezzo prete, mezzo pittore, mezzo alchimista e a una zia nubile dalle strane acconciature..."" -
Guerra del '15
Due mesi di trincea raccontati, «di giorno in giorno, anzi d'ora in ora, da un semplice gregario». Questo è, nelle parole dell'autore, il succo di Guerra del '15, una delle testimonianze più belle e più vere che siano state scritte sul primo conflitto mondiale. «Dal suo umile posto» Giani Stuparich, volontario triestino, intellettuale arruolatosi come un soldato qualunque tra le truppe italiane che, falciate dalle artiglierie, cercano vanamente di strappare agli austriaci le alture del Carso, ritrae la guerra in un diario «fresco e vivo di vita», che «afferra la cosa rappresentata con potenza incancellabile», come notò Gadda recensendo la prima edizione del libro (1931). «Ferma, contenuta, umana», la narrazione di Stuparich restituisce l'esperienza di un giovane, laureato a Firenze e collaboratore della «Voce», che affronta l'inferno della guerra, a fianco del fratello minore Carlo, con lo spirito di servizio e di solidarietà che solo un grande ideale può suggerire. -
Il lungo cammino da me a me. Interviste di Péter Várdy
Non solo un brillante pensatore, ma un grande uomo: Imre Toth e la sua storia«Leggere le pagine dell'intervista [...] significa incontrare un uomo fuori dal comune, un pensatore originale, un narratore incomparabile, e capire come sia possibile fare filosofia con colla e forbici» – Marco Belpoliti, Robinson di RepubblicaIl lungo cammino da me a me è il racconto di formazione di un matematico e filosofo ebreo di fama internazionale. L'occasione gli fu fornita verso la fine degli anni Ottanta da Peter Vàrdy, uno scrittore ungherese che, impegnato a raccogliere memorie su quella che era stata la realtà del mondo ebraico in Ungheria prima del nazismo, sollecitò anche Imre Toth a offrire la sua testimonianza. Ne nacque una lunga conversazione in cui Toth ricostruisce con grande efficacia narrativa dapprima il microcosmo di Szatmàr, una cittadina della Transilvania dove da secoli era insediata una consistente comunità ebraica in condizioni di grande povertà e sempre a rischio di vessazioni, ma anche percorsa da forti stimoli culturali; un mondo cancellato per sempre che rivive in una prosa essenziale, insieme mossa dall'onda dei ricordi e controllata da un forte bisogno di razionalità. Quindi l'epoca tragica della guerra con l'occupazione tedesca, le deportazioni, compresa quella dei genitori, e l'emergere del carattere forte di Toth, il suo spirito di rivolta contro stupidità, soprusi e ingiustizia, che resero la sua giovinezza tanto avventurosa quanto esposta all'autodistruzione. Infine, dopo la guerra, la crescente difficoltà a trovare collocazione nel Partito comunista, malgrado la sua fama di eroe del movimento operaio rumeno, e dunque il racconto dall'interno della vita di partito in epoca staliniana; d'altra parte l'emergere di uno studioso di valore, che per affermarsi sarà costretto a cercare una via di fuga in Occidente. A tenere insieme questo racconto in equilibrio tra autobiografia e storia, c'è il filo di una lunga, contrastata presa di coscienza della propria identità ebraica. -
Il «Trionfo della morte» di Palermo. Un'allegoria della modernità
Originariamente collocato nel cortile dell'Ospedale Grande e Nuovo in Palazzo Sclafani, il ""Trionfo della morte"""" - ora custodito nella Galleria di Palazzo Abatellis, a Palermo - è una straordinaria enciclopedia iconografica medievale e moderna, di cui non conosciamo l'autore. Il libro di Michele Cometa è una guida all'interpretazione del tessuto narrativo di questo formidabile affresco. Le molteplici fonti pittoriche e letterarie che ne costituiscono la trama convergono nel tratteggiare - evocando la peste nera che imperversava in Europa da più di un secolo - una sorta di confutazione iconologica del retribuzionismo medievale. Le pene mondane, infatti, non sono qui più riconducibili al peccato, ma si stemperano in una melanconia tutta moderna. Una codificata allegoria medievale finisce per accogliere tonalità dell'animo del tutto impreviste, nuances che solo un'attenta posterità potrà compiutamente decifrare. Lo stupore, lo sdegno, la cura, la compassione, la speranza che affiorano nei gesti congelati dei personaggi del dipinto trovano qui per la prima volta un'espressione che costituirà l'ossatura delle categorie esistenziali moderne, facendo del """"Trionfo"""" un'opera filosoficamente profetica."" -
Altre amorose
"Così ho pensato che ogni relazione è un dado lanciato dai due giocatori e da nessuno, e che il vincitore è il gioco sospeso dei numeri nell'aria finché resiste un solo volto.""""" -
«Social housing». Milano, via Cenni. Ediz. italiana e inglese
4 torri di 9 piani collegate da corpi a 2 piani costruiti in soli 18 mesi, grazie all'impiego di strutture portanti in legno. Un primato assoluto in Europa per dimensioni e altezza tra i complessi residenziali realizzati con questo sistema costruttivo. L'intervento di via Cenni a Milano vuole costituire un esempio dell'abitare sostenibile e della solidarietà. -
Nietzsche a Wall Street. Letteratura, teoria e capitalismo
"Non basta più capire le cose nuove che sono successe e che succedono, non basta più aggiornare le conoscenze, occorre qualcosa di più, occorre un diverso modo di pensare, di rapportare la mente alla realtà"""". Con queste parole di Vittorio Foa si apre """"Nietzsche a Wall Street"""", uno studio in dieci saggi dedicato alla trasformazione del capitalismo contemporaneo e delle sue forme simboliche (mutazione antropologica, surrealismo di massa, verosimiglianza come imposizione di forza sistemica). Il titolo del volume è un omaggio, e soprattutto un tradimento intenzionale, a un famoso testo di Mario Tronti, """"Lenin in Inghilterra"""". Come questo ormai lontano articolo del 1964, anche Nietzsche a Wall Street chiede di pensare in modo radicalmente nuovo sviluppo e conflitto. E lo fa avendo come alleata una forma di conoscenza apparentemente desueta e, proprio per questo, indispensabile: la letteratura." -
«Voce fuori coro» di Dolores Prato. Trascrizione e commento dei frammenti autografi su Roma capitale d'Italia
In occasione delle celebrazioni del centenario di Roma capitale (1871-1971), Dolores Prato voleva dar seguito al suo desiderio, fortissimo, di esprimere un punto di vista in controtendenza rispetto alla imperante storiografia risorgimentale. Scrisse frammenti, appunti, riflessioni preparatori a un pamphlet, Voce fuori coro, che però nessun editore si dichiarò disposto a pubblicare. Quegli scritti, che oggi vedono finalmente la luce, mostrano la non comune capacità della scrittrice di sottrarsi alle lusinghe di una memoria forzatamente condivisa sul destino della città eterna, e denunciano le trasformazioni e distruzioni subite dalla città nel suo divenire capitale del nuovo Regno. L'approccio critico di Polci tiene costantemente presente l'intera opera letteraria e giornalistica della scrittrice, ripercorrendo anche le tappe della sua vita e indagandone i rapporti con i maggiori protagonisti culturali dell'epoca, nel tentativo di restituire la giusta attenzione a una delle voci più limpide del Novecento. -
Nonostante Gramsci. Marxismo e critica letteraria nell'Italia del Novecento
L'invito di Antonio Gramsci a una critica letteraria che, senza rinunciare alla propria specificità, potesse essere critica della cultura e progetto di emancipazione per le masse popolari ha subito, nel corso del secolo scorso, non pochi ripensamenti, fino ad arrivare a un netto travisamento. La sinistra culturale italiana non ha saputo interpretare, per varie ragioni, quella particolare dialettica tra autonomia e specificità che Gramsci intravede nella sfera culturale e che deposita nella riflessione contenuta nei Quaderni. Questo saggio ne ricostruisce i nodi concettuali, studiandone la proiezione ideologica sugli eredi: alcuni dei quali, vicini alle posizioni del Pei, dimostrano di non sapersi svincolare dalla lezione invadente dell'idealismo crociano; altri, attestati su posizioni rivoluzionarie, finiscono per promuovere una rinuncia al senso politico della letteratura e dell'arte. Attraverso i libri di Franco Fortini, Alberto Asor Rosa, Arcangelo Leone De Castris e altri, si propone una piccola storia della critica letteraria marxista, letta alla luce di un tradimento delle indicazioni gramsciane, il recupero delle quali, oggi, in un'epoca in cui l'autonomia dei saperi sembra essere divenuta la legge stessa della frammentazione culturale, appare all'autore urgente rilanciare. -
Leopardi traduttore. La poesia (1815-1817)
Tra il 1815 e il 1817 il giovane Leopardi si dedica con fervore alla traduzione poetica: sul suo scrittoio si susseguono l'uno dopo l'altro i testi di Mosco, Omero, Virgilio, Esiodo (e altri ancora). Si tratta di una stagione determinante, non solo per la sedimentazione di immagini e temi destinati a emergere in seguito, ma anche e soprattutto per il fondamentale confronto con l'antico che essa ha significato. Partendo dunque dalla riflessione di Leopardi sul problema dell'imitazione e sulla condizione del poeta moderno (centrale anche in altri scritti coevi, almeno fino al Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica), questo libro propone una lettura d'insieme della variegata congerie delle versioni poetiche. A ciascuna di esse è dedicato un apposito capitolo, nel quale il confronto con i testi originali e il serrato dialogo con i modelli sono osservati anche alla luce della loro ripercussione sulla produzione successiva (dallo Zibaldone ai Canti). -
Leopardi traduttore. La prosa (1816-1817)
Tra il 1816 e il 1817, all'inizio della sua carriera poetica e nel pieno di un'intensa stagione di traduzioni in versi, Leopardi si dedica con entusiasmo al volgarizzamento dei testi appena scoperti da Angelo Mai: le opere di Frontone e alcune parti delle Antichità Romane di Dionigi di Alicarnasso. Rimaste inedite per volontà dello stesso autore, queste traduzioni sono state pressoché ignorate dagli studi. Eppure, come questo libro intende mostrare, l'incontro con i due scrittori antichi non solo costituisce un fondamentale tassello nel percorso intellettuale del primo Leopardi, ma lascia un segno notevole - a partire dallo Zibaldone - anche nella produzione futura, sul piano della riflessione estetica (l'imitazione e il rapporto antico/moderno), linguistica (la ricerca di una prosa italiana moderna) e morale (il confronto con lo stoicismo e la compassione). -
Effemeride Prini
"Il libro, in forma di diario, racconta un'attesa e un incontro mancato. La storia si svolge in tre mesi, il tempo che trascorsi da ospite, grazie a una residenza, presso l'Accademia Americana di Roma, nell'autunno del 2008. Nelle pagine che si susseguono non viene scritto altro, se non i tentativi telefonici di raggiungere l'oggetto del desiderio, cioè la persona con cui avevo previsto di instaurare un dialogo per la stesura di una pubblicazione. L'invisibile protagonista è Emilio Prini, artista dell'Arte Povera, figura iconoclasta, che nel suo percorso ha sempre messo in discussione lo statuto dell'opera d'arte; promotore di progetti irrealizzabili e dell'impossibilità di mantenere quelli realizzati, conoscitore della poesia di ogni tempo e scuola, attentamente informato su ciò che accade nel contemporaneo. Un libro che racconta fedelmente, giorno dopo giorno, la cronaca inesorabile di un fallimento, del desiderio di un dialogo tra artisti con affinità comuni ma di diversa generazione. Un incontro programmato e inseguito con pazienza e ostinazione che però non avviene.""""" -
Incontri coi selvaggi
Dopo la scoperta dell'America nasce la figura del ""selvaggio"""", che ha nutrito per secoli le utopie, le immaginazioni e il pensiero dell'Occidente. Qui si raccontano gli incontri più sorprendenti e realmente accaduti tra viaggiatori, esploratori o etnografi, e le popolazioni ancora selvagge o così giudicate, incontri sempre pieni di buffi reciproci fraintendimenti. Si va dalla tragica epoca della Conquista spagnola, alle aspirazioni avventurose del turismo moderno, quando il selvaggio finisce per recitare la sua parte a pagamento."" -
Illustrazioni incredibili. Alberto Martini e i racconti di Edgar Allan Poe
La narrativa di Edgar Allan Poe accompagna Alberto Martini (1876-1954) per quasi quarant'anni della sua vita, segnandone profondamente le vicende, sia umane che artistiche. Le illustrazioni ispirate ai Racconti dello scrittore americano si collocano in un momento di vero e proprio snodo della sua produzione figurativa che, dopo le prime affermazioni espositive e l'entusiastica accoglienza della critica, transita verso una ricerca più personale e indipendente. I disegni per Poe (centocinque in totale), a partire dalle prime apparizioni, si segnalano immediatamente come gli esempi più rappresentativi e fortunati della creatività di Martini, in grado di restituirne appieno sia il virtuosismo grafico che la raffinata propensione immaginativa. Esposte a Venezia, Bruxelles, Londra, Milano e Parigi, le illustrazioni godono di un notevole successo, grazie anche all'impegno del critico Vittorio Pica. L'interesse verso questa serie, che non dà segni di cedimento lungo tutto il Novecento, non si inscrive esclusivamente entro le riletture interne del percorso artistico martiniano, ma attraversa anche le molteplici declinazioni del simbolismo e la nascita delle avanguardie europee. Il saggio si concentra su due aspetti: da una parte ricostruisce la serie cronologica dei disegni, delineandone la fortuna attraverso le vicende espositive e i commenti della critica; dall'altra mette in luce il processo di costruzione delle illustrazioni che sembrano nascere tanto dal testo letterario quanto da modelli iconografici preesistenti. Il volume contiene una sezione di illustrazioni in cui viene riprodotto il corpus di disegni a china realizzati da Martini tra il 1905 e il 1940 per le raccolte di racconti di Edgar Allan Poe, Histoires extraordinaires, Nouvelles histoires extraordinaires e Histoires grotesques et sérieuses, nella traduzione di Charles Baudelaire. -
Territori della conoscenza. Un progetto per Cagliari e la sua università
L'avvio della riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore dell'Unione Europea, nota come Processo di Bologna, nel 1999 ha segnato un periodo di trasformazioni del sistema universitario italiano come non accadeva dal 1968. Non solo l'attività didattica è stata riorganizzata su due cicli principali di studio, ma l'intero sistema della ricerca e, più in generale, della produzione di conoscenza sono risultati profondamente mutati. Se nel corso degli anni Settanta il dibattito architettonico aveva avuto come oggetto le trasformazioni legate all'università, che proprio in quegli anni apriva le sue porte a un numero sempre più ampio di studenti, oggi il tema del progetto spaziale dell'università sembra poco centrale rispetto alla ricerca architettonica e urbanistica. Un vuoto che questo libro - incentrato sul case study di Cagliari - tenta di colmare, offrendo una prima riflessione sulle trasformazioni dello spazio nell'università di oggi e passando in rassegna i migliori progetti della stagione precedente - da quelli di Giuseppe Samonà e Luisa Anversa per il capoluogo sardo a quelli di De Carlo per Dublino e Pavia, fino ai casi più noti della berlinese Freie Universität di Alexis Josic, Georges Candilis e Shadrach Woods e dell'Università della Calabria di Gregotti Associati, oltre al pionieristico progetto Potteries Thinkbelt di Cedric Price (di cui, in appendice, viene tradotta per la prima volta la relazione di progetto). L'analisi comparata - corroborata dalle nuove proposte qui avanzate dagli autori, nonché da un saggio fotografico di Stefano Graziani - mette in luce il ruolo che l'architettura potrebbe assumere all'interno del quadro di critica alla politica di riduzione dei fondi che ha caratterizzato gli ultimi due decenni di vita dell'istituzione accademica. -
Palæontographica. Il disegno e l'immaginario della vita antica
Palæontographica - ovvero ""il disegno della vita antica"""" - è il titolo dato ad un certo tipo di monografie scientifiche pubblicate a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, in cui la materia fossile è descritta nella sua forma e consistenza concreta, e rappresentata con un ampio e accuratissimo apparato grafico. Nel corso di più di un secolo e mezzo, si è formato un repertorio sterminato fatto di migliaia e migliaia di immagini d'ossa, di gusci e di impronte fossili, una sorta di grande e sparso museo di carta a suo modo altrettanto impressionante delle collezioni originali. In questo libro l'autore ha messo assieme una raccolta esemplare fatta per lo più di disegni pubblicati nell'Ottocento e poi mai più ristampati, con l'intento di comprendere le ragioni del loro speciale potere di stupefazione e fascinazione, mantenuto e quasi accresciuto dopo avere ormai perduto il valore primario di documentazione scientifica. Trattenendosi nelle stanze di questa particolare galleria si è portati, un poco alla volta, a sospendere il giudizio strettamente scientifico, e quindi a scoprire una strana analogia tra quelle impronte fossili e i disegni che le riproducono, perché impronte e disegni sembrano fatti di una medesima materia oscura, di qualcosa di denso e indefinito che si mantiene in gran parte invisibile e incomprensibile."" -
Tempi e riflessi. Ediz. illustrata
I tre lavori che qui si presentano, due aree di ingresso in due diversi ospedali e un Hospice per malati terminali, hanno offerto lo spunto per una inusuale e ulteriore verifica dopo alcuni anni di vita delle tre opere. -
Metamorfosi americane. Destruction through neglect. Villa Savoye tra mito e patrimonio. Corbu dopo Corbu (2015-1965)
La ricezione dell'opera e della figura di un architetto è tema scarsamente affrontato dalla letteratura artistica. Se questa si realizza poi al di là dell'Oceano Atlantico, si aggiunge, al problema della trascrizione di un'opera e di una biografia, anche la sua traduzione in un'altra cultura. L'opera, Villa Savoye, è per di più un'icona e l'architetto, Le Corbusier, l'incarnazione dell'autorialità nel Novecento architettonico. Il libro racconta come, tra il Secondo dopoguerra e la metà degli anni Sessanta, Villa Savoye conosca una metamorfosi da icona a rovina, fino alla querelle sul suo restauro. Quando si arrivò alla mostra del MOMA nel 1966, Destruction through Neglect, i nodi di questa straordinaria vicenda si stavano chiarendo. Il restauro delle icone del moderno conosceva ormai le sue retoriche e argomentazioni, e la remise en état della villa stava davvero per iniziare. Il fuoco del libro è quindi su un'esposizione, quella newyorkese, che è punto di svolta nell'indagine sull'opera di Le Corbusier e sulla sua patrimonializzazione, ma anche nell'avvio di un dibattito sul restauro del moderno, e della villa stessa, che arriva sino a oggi. -
La violenza inapparente nella letteratura francese dell'extrême contemporain
La violenza ""inapparente"""" dimostra con ostinazione la sua natura inafferrabile e infinita, poiché nasce, inconsapevole, nella scrittura, nella materia viva e immateriale, che rende un testo scritto un oggetto artistico solido, capace di comprendere e riflettere la sensibilità umana nelle diverse stagioni dell'umanità. La letteratura, in questa parentesi di tempo, non si dimostra né innocente né angelica: sembra, invece, capace di riconoscere, attraverso la sua struttura porosa e permeabile, una situazione del romanzo e della sua capacità di rivelare, con la scrittura, la parte in ombra del mondo e le ombre del mondo. Il volume affronta questo tema nella narrativa francese odierna e propone una lettura originale di autori appartenenti ad un canone letterario contemporaneo, che va da Annie Ernaux a Michel Houellebecq, da Philippe Djian a Christine Angot.""