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L' ombra del giglio
Tutti a Öland conoscono il nome di Hanna Duncker, per via di suo padre, condannato per incendio doloso e omicidio. Dopo la sua morte, Hanna ha scelto di tornare a lavorare sull’isola e affrontare il suo passato. È metà agosto quando lei e il collega Erik Lindgren vengono chiamati per investigare su un caso di persona scomparsa. Thomas, un agente immobiliare quarantenne, ha appena iniziato il suo congedo parentale quando una sera svanisce nel nulla insieme al figlio neonato Hugo. È la moglie a lanciare l’allarme e presto l’intera isola si mobilita nelle ricerche. Squadre di volontari passano al setaccio l’isoletta in cerca di padre e figlio, mentre Hanna ed Erik indagano nel passato dell’agente immobiliare per scovare indizi che li aiutino a capire il perché della sua scomparsa. È così che scoprono che l’uomo, da una relazione precedente, ha avuto una figlia ormai adulta mai riconosciuta, che ha trascorso l’estate sull’isola. Che sia in qualche modo implicata in ciò che è accaduto? Quando Thomas infine viene trovato morto in una casa venduta da poco dall’agenzia per cui lavorava, Hanna ed Erik si trovano per le mani anche un caso di omicidio. Ma Hanna non è completamente concentrata sulle ricerche, deve sempre combattere con i fantasmi del passato, portando avanti la sua indagine ufficiosa sulla morte del padre. Esiste un confine netto tra colpa e innocenza? Quanti segreti può contenere una famiglia? -
Parigi magica
Da Montmartre, monte del martirio, a Bicêtre, il vecchio castello in rovina dove ancora risuonano i lamenti dei condannati a morte; dalla Senna alle fredde celle di pietra dove le vittime del Terrore trascorsero le loro ultime notti; dalle corti dei miracoli alla Tour Eiffel, che Guy de Maupassant definì una piramide allampanata e stecchita di scale di ferro: la Parigi di Victor Hugo e quella di Napoleone iii, la Parigi del Louvre, con le sue leggende nere, e quella di Caterina de' Medici, con i suoi incubi, rivivono in queste pagine insieme con la città dei poeti maledetti, dei pittori, degli scrittori e dei musicisti che frequentarono gli antichi sentieri avvolti nella nebbia di una Montmartre magica, tragica e senza tempo. Vittorio Del Tufo rivisita un luogo della memoria in cui la memoria è tenace, sopravvive nei labirinti di pietra, nei misteriosi intrecci della toponomastica. E lo fa riannodando i fili di mille esistenze di una città-mondo aperta al fascino della modernità, al richiamo del futuro e, nello stesso tempo, sprofondata nel baratro del proprio tumultuoso passato. -
Trio
Elfrida Wing si è svegliata con un titolo in mente, un titolo perfetto per il suo nuovo romanzo. Un titolo che va ad aggiungersi a tanti altri titoli perfetti di libri che non hanno mai visto la luce. È da qualche tempo, infatti, che Elfrida non riesce a mettere giù delle storie degne di questo nome. Per questo non appena suo marito, il regista Reggie Tipton, esce per andare sul set, allunga il succo d'arancia con la vodka. Talbot Kydd, produttore figlio di produttore, si desta di soprassalto con un sogno che ancora indugia dietro le sue palpebre: un giovane sconosciuto esce dal mare rivolgendogli un cenno di saluto, il corpo snello, nudo. Felicemente sposato, in buona salute, figli ormai grandi, ragionevoli soddisfazioni professionali, Talbot avrebbe di che sorridere alla vita, ma deve fare i conti con uno strano malumore o, meglio, un senso di angoscia strisciante di cui non riconosce le ragioni. Anny Wiklund, stella che brilla nel firmamento cinematografico, riprende gradualmente coscienza di sé dopo l'ennesima notte brava e, come ogni mattina, si chiede se oggi morirà. Poi si rende conto del ragazzo addormentato di fianco, nel letto, e pensa che da tanto tempo non faceva l'amore con uno più giovane di lei, uno che crede ancora che la vita sia un gioco. È l'estate del 1968 e, mentre nel mondo divampano proteste e rivolte, Elfrida, Talbot e Anny si trovano nella soleggiata Brighton, coinvolti nelle riprese di un film funestate da un'infinita serie di calamità, in un momento cruciale della loro vita. Attraverso il racconto indiscreto e irresistibile dei sotterfugi, delle improvvisazioni e delle situazioni grottesche che caratterizzano le riprese di un film dal titolo assurdo e pomposo, William Boyd compone con ""Trio"""" un romanzo sulle ombre e le inquietudini di un'epoca - il '68, l'anno delle utopie di liberazione e dell'assassinio di Robert Kennedy e di Martin Luther King - che penetrano nell'animo non soltanto dei suoi grandi protagonisti, ma anche di alcuni suoi figli minori."" -
Nessuna come lei
Nel luglio del 1916, Garsington, la villa di campagna della patrona delle arti Ottoline Morrell, non è solo un rifugio per obiettori di coscienza in piena Prima guerra mondiale, ma un vero e proprio teatro dove, settimana dopo settimana, approda «una compagnia di giro», pronta a esibirsi senza pudore. C’è chi legge Keats ad alta voce, chi dipinge nudi en plein air, chi alleva maiali, chi scrive opuscoli contro la leva obbligatoria. E poi c’è lei, Katherine Mansfield, detta anche Lili Heron, Elizabeth Stanley, Julian Mark, Boris Petrovsky, Matilda Berry: tutti nomi con cui è solita firmare i suoi racconti e poesie. Lytton Strachey, l’eccentrico scrittore del circolo di Bloomsbury, la trova «decisamente interessante», Bertrand Russell la definisce «una mente brillante», per Leonard Woolf è «straordinariamente divertente». L’unica che sembra non subire il suo fascino è proprio Virginia Woolf. «Mi tampina da tre anni» dice con aria snob, a proposito di quella «straniera» che arriva dalle colonie, indossa gonne corte e intona black spirituals accompagnandosi con la chitarra. Ma è questione di pochi mesi: nonostante le iniziali resistenze, qualcosa di misterioso e intenso scatta fra le due scrittrici, qualcosa che le uní a tal punto da fare di Katherine Mansfield una delle prime autrici pubblicate dalla Hogarth Press, la casa editrice dei coniugi Woolf. Qualcosa che Virginia stessa avrebbe definito come una «stranissima sensazione di eco». -
Il violinista
Texas, 1865, guerra di Secessione, anno quinto. Grazie alla faccia e alla statura da bambino, e al violino Markneukirchen che incanta chiunque l'ascolti, Simon Boudlin è riuscito a sfuggire agli occhiuti reclutatori confederati. Ne ha visti tanti di orrori, il violinista itinerante, e sa soltanto che a nessun costo vuole imbracciare un'arma. Poi però arriva il giorno in cui, coinvolto in una rissa da saloon, viene arruolato a forza. Simon fa resistenza come può, prima all'addestramento, dopo sulle rive del Rio Grande, teatro di un'ultima, inutile vittoria sudista di una guerra ormai persa. Senza nemmeno aspettare il foglio di congedo dai vincitori, Simon prende il largo insieme ad altri tre musicisti che, come lui, sperano di trovare fortuna e soldi altrove: Damon, con la passione per Edgar Allan Poe e il flauto irlandese; Doroteo, tejano e chitarrista; il giovane Patrick, tamburino dell'esercito con il suo bodhràn. Comincia così un vagabondaggio del quartetto di musici attraverso il Texas devastato dalla furia degli eserciti e dalla febbre gialla, percorso da gente affamata e cenciosa, ma anche abitato da una natura intatta e primitiva. Un viaggio irto di difficoltà in cui la musica – quella che i quattro devono imparare a suonare insieme – è la stella polare di Simon, come lo è il pensiero di quella ragazza irlandese con i capelli corvini che gli ha rubato il cuore e che sente come un destino ad attenderlo in fondo a quel lungo cammino. Dopo il successo di Notizie dal mondo, da cui è stato tratto l'omonimo film con Tom Hanks, Paulette Jiles torna con un romanzo di grande atmosfera dove, fra superbe descrizioni e un'attenzione artistica al dettaglio, ci racconta una storia minore, se inscritta nella più grande storia della frontiera, ma che ben presto mostra il suo respiro epico, con i suoi personaggi coraggiosi e vitali, in cui brilla la luce di un'umanità non ancora sconfitta. -
La maledizione della noce moscata. Parabole per un pianeta in crisi
È una delle spezie più note in cucina, un tempo preziosissima e quasi introvabile se non nei semi di una pianta che cresceva solo in una manciata di minuscole isole perse tra l’Oceano Indiano e il Pacifico. La storia della noce moscata è una storia di conquista e sfruttamento – dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sull’ambiente naturale – che nelle pagine di un grande scrittore impegnato nei temi ambientali come Amitav Ghosh diventa metafora della potenza devastatrice del colonialismo occidentale e delle sue irreversibili conseguenze che arrivano fino ai giorni nostri. Perché nel vero e proprio genocidio perpetrato dagli olandesi all’inizio del Seicento ai danni della popolazione indigena delle isole Banda, come in tante situazioni analoghe, oltre alla popolazione è andata distrutta la preziosa tradizione autoctona della comunione armoniosa con la natura. Se oggi il nostro futuro come specie è in pericolo, dobbiamo ricercarne le cause a partire dalla scoperta del Nuovo Mondo e dall’apertura delle rotte commerciali attraverso l’Oceano Indiano. In ultima istanza dunque la crisi climatica odierna ha origine da un ordine geopolitico inaugurato dai colonizzatori del Primo mondo, da una visione utilitaristica delle terre di conquista, dove la natura esiste solo come risorsa da sfruttare e non come entità viva e indipendente dall’umanità. -
Gli spettri della sera
«È bello arrivarci col tramonto, a Sansenesio…Con la luce radente che si posa sulle cose sembra, chissà perché, che tutto sia irreale, come sospeso». In un giorno di agosto degli anni Ottanta, Stella, sedici anni e il «sogno americano» in testa, coltivato sulle pagine di On the Road, e suo cugino Michele, dieci anni scarsi e il naso ficcato sempre in qualche libro, arrivano in un piccolo borgo del Monferrato. Partiti dalla stazione centrale di Napoli, si ritrovano in un paesaggio di vigneti arrampicati sulle colline, dove, a ridosso di una strada provinciale cinta da pali della luce su cui si appollaiano spesso falchetti, nibbi e poiane, si erge il cascinale di Rensín. Con i calzoni macchiati dalle gore di grasso del trattore, un rigo nero di terra sotto le unghie, Rensín vive in quella casa da quando è nato. Quando assomigliava a Mastroianni, ha fatto breccia nel cuore di Marina, la zia di Stella che lavorava in una clinica a Napoli come inserviente prima di trasferirsi nel Munfrà, il nomignolo fraterno con cui Rensín chiama il Monferrato. In quel cascinale del Munfrà, Stella, Michele e poi Angela, la sorella di Stella, assisteranno, nel corso degli anni, allo svolgersi delle vite racchiuse tra quelle mura. Alla vita della zia Marina, innanzi tutto, che sarchierà la terra, legherà le viti, raccoglierà le uova dal pollaio, ma resterà sempre prigioniera di un amore impigliato, incapace di sciogliersi dalla trama del destino. A quella di Rensín, che, attaccato alle leggi della terra, tratterà le bestie da bestie finché non si ammalerà. Alla vita, infine, di Lodovina, la nonna piccola, bassina, con la bocca grande e gli occhi enormi e distanziati, che narrerà degli spettri celati in ogni casa, in ogni famiglia, in ogni paese, spettri che non l’aiuteranno, però, ad alleviare la spietata durezza della vecchiaia. Vite appartate, lontane dai clamori della Storia, vite tuttavia che hanno il proprio posto nel mondo e, sapendo che l’amore si nutre soltanto della creatura che lo genera, sono capaci di cogliere gli istanti di felicità che l’esistenza riesce a elargire. -
Cavalchiamo la marea
Eulabee e Maria Fabiola hanno tredici, quasi quattordici anni, e non soltanto la vita, ma anche le strade di Sea Cliff, il lindo e ricco quartiere di San Francisco, appartengono a loro. Ogni giorno le percorrono per andare alla loro scuola, appollaiata in alto in faccia al Pacifico, o per scendere alle spiagge affollate di pescatori e di freak. Conoscono ogni angolo, ogni casa di quelle stradine. Quella del mago, ad esempio, col tavolo da pranzo che sbuca da una botola nel pavimento, o quella del cantante della rock band con l’altalena sospesa sul mare. Eulabee e Maria Fabiola girano con altre due compagne: Julia, la pattinatrice con gli occhi a suo dire «cobalto» e una sorella che, coi pantaloni a zampa e i capelli arruffati, non ha ancora capito che corrono gli anni Ottanta, anni puliti e dai colori accesi e netti; e Faith, che fa il portiere in una squadra di calcio e somiglia ad Anna dai capelli rossi per alcuni o a Pippi Calzelunghe per altri. Le vere regine delle spiagge di Sea Cliff sono però lei, Eulabee, figlia di una parsimoniosa famiglia di origine svedese, e Maria Fabiola, che a volte dice di essere italiana, a volte no, ed è di una bellezza così imbarazzante da avere sul viso un’espressione di sorpresa costante, come se fosse lei stessa incredula davanti alla propria fortuna. Un giorno, tuttavia, cambia tutto: nel tragitto verso la scuola, le ragazze si ritrovano al cospetto di un evento oscuro e perturbante. Sarà il punto di non ritorno per la loro amicizia, l’origine di una serie di conseguenze incontrollabili. Rese ancora più gravi da una scomparsa improvvisa, un rapimento, forse, che minaccia di far affiorare verità inaspettate nella privilegiata comunità di Sea Cliff. -
Hotel degli insonni
In Hotel degli insonni, raccolta di undici magistrali storie, questo procedimento giunge a uno dei suoi esiti più riusciti. Tutti i protagonisti vi compiono il proprio «passo verso il nulla», rivolgendo lo sguardo verso il cuore di tenebra della propria condizione. Nel racconto che dà il titolo al libro, Vassilij Mihailovicˇ Blochin, il boia della Lubjanka, si ritrova al cospetto di Isaak Babel’, scrittore ebreo caduto in disgrazia presso il governo sovietico dopo aver pubblicato l’Armata a cavallo, un’implacabile cronaca dell’Armata Rossa guidata da Budënnyi, il generale amico di Stalin. Prima di piantare la Walther, la sua fidata pistola tedesca, nella nuca del poeta, Blochin ingaggia un breve duello verbale con Babel’, che osa giustificarsi adducendo la responsabilità della letteratura «davanti alla vita, davanti alla verità». «La verità vera» controbatte il boia, «la verità definitiva… la pronuncia solo la pallottola». Nella scioccante drasticità di questa affermazione si mostra, in tutta la sua bestialità morale, la crudele sovranità della tirannia, il suo diritto di vita e di morte. I restanti dieci racconti sono raggruppati attorno a questo nucleo del libro come sottili variazioni sul tema. Nel primo, la rottura della corda di un violino, proprio quando i suoni fluivano limpidi, è il preludio del punto di rottura che irrompe bruscamente nella vita dei personaggi delle storie seguenti. Rothmann non si appella, narrandole, a nessuna consolazione, a nessuna solennità o atroce eleganza della fine. Come dice un impresario di pompe funebri protagonista di uno dei racconti, «Anche la morte – è solo una povera disgraziata…». -
La gazza
La porta grigia, i mattoni del colore delle nocciole tostate, la strada alberata e silenziosa per Londra, il quartiere ben frequentato: una casa perfetta per Marisa, illustratrice di libri per ragazzi, il rimedio a tutto ciò che nella sua vita chiede di essere riparato. Come lo è Jake, naturalmente, confortante come una pietra calda sul palmo della mano. Certo, quando la signora dell'agenzia immobiliare ha aperto la vetrata sul giardino, un uccello è volato dentro. Una gazza bianca e nera, che ha sbattuto contro le pareti prima di sfrecciare fuori, mandando in frantumi un vaso. Per Marisa, però, quell'apparizione improvvisa ha prodotto soltanto una lieve punta di disagio. Nessun segno infausto può offuscare il suo sogno di vivere con Jake e formare con lui una famiglia. rnNei mesi successivi trascorsi in quella casa, la vita si svolge perciò, per la giovane illustratrice, come una vera e propria commedia romantica in cui le basta un semplice sguardo di Jake per capire che quell'uomo, cosí poco espansivo nei gesti e nelle parole, è la persona con cui condividere il resto dei suoi giorni. Finché un mattino arriva Kate, l'inquilina destinata a occupare la stanza di sopra, dato che i soldi non bastano mai. Bruna e disinvolta – l'esatto opposto di Marisa nell'aspetto –, trentaseienne critica cinematografica, Kate fa subito suo lo spazio comune della casa, abbandona le scarpe all'ingresso, si intrufola in ogni angolo, lascia lo spazzolino da denti accanto al loro anziché nel bagno di sopra, rivolge indelicate domande sul loro desiderio di avere un figlio, lancia sguardi insistiti a Jake. La sua invadenza si fa via via insopportabile per Marisa. Jake tenta di rassicurarla, ma nemmeno la notizia della sospirata gravidanza riesce a distogliere Marisa dalla sensazione sgradevole di avere un ospite ingrato in casa. Qualcosa non va in Kate: quella donna coltiva qualche oscuro disegno e non si fermerà finché non l'avrà realizzato. Dopo il successo de Il party, Elizabeth Day ritorna con un romanzo psicologico che ha ottenuto grande consenso di critica e di pubblico in Inghilterra. Un'opera che parla di maternità desiderata, di relazioni disfunzionali, dell'irreparabile danno del dolore, della realtà che prende la forma dell'ossessione. Con due voci narranti che si contendono la scena in un gioco di prospettive dal finale sorprendente. -
Il mistero di Anna
Siamo nel 1968. La piccola Anna Cannavò, di dieci anni, frequenta la quinta elementare a Siracusa. È una bambina poverissima. La famiglia vive ai margini della società. Eppure la piccola Anna non se ne accorge. È tutta protesa a carpire il mistero delle parole poetiche che sta impa - rando ad amare. Quando la maestra annuncia in classe che il ministero della Pubblica istruzione ha indetto un concorso e che il premio consiste nel trascorrere una intera settimana a Milano in compagnia di una famosa scrittrice, Anna Cannavò decide di partecipare. Il concorso consiste nello scrivere una lettera alla scrittrice raccontandole la propria giornata. La destinataria è Anna Maria Ortese. Con grande stupore di tutti la piccola Anna Cannavò viene selezionata e parte alla volta di Milano per trascorrere un’intera settimana con la «signora Anna». Arrivata a destinazione, però, la bambina avrà una grande sorpresa. Non c’è solo una signora Ortese, ma due: Anna e la sorella Maria. La piccola Anna si immette nel mondo delle due sorelle Ortese rompendo le solitudini di Anna Maria e accostandosi alla malattia degenerativa della sorella con tenerezza. Attraverso questa e altre storie intrecciate Simona Lo Iacono compie un altro viaggio dei suoi, di quelli che il pubblico in questi anni ha imparato ad amare: alla ricerca di un femminile che è talento e misura, forza e umiltà. -
Angelica
Sono molti i romanzi che approfondiscono un personaggio letterario, raccontando una parte rimasta segreta che l’autore aveva deciso di tralasciare. Così Silvana La Spina torna a visitare Il Gattopardo, romanzo iconico e intoccabile della tradizione letteraria italiana, e va alla ricerca di Angelica: narrandone la vita, le passioni, i fallimenti. La figlia di don Calogero Sedara, amministratore dei feudi del principe di Salina, è una ragazzina come tante. Ma il padre, arrivista senza scrupoli, che fa affari loschi anche con i banditi locali pur di arricchirsi, la avvia a conoscere la buona società. Angelica diviene amica di Concetta, la primogenita del principe di Salina, va a studiare in un collegio raffinato di Firenze, incontra il giovane Tancredi, al momento garibaldino.rnAngelica è bella, Tancredi ha bisogno di soldi per fare carriera, così deciderà di sposarla, abbandonando la cugina Concetta con cui era vagamente fidanzato. A quel punto Angelica cambierà posizione nel mondo, divenendo principessa, una dama alla moda, bellissima, che legge, suona, si intende di arte. La sua vita si svolgerà a Palermo, a Roma, dove il marito fa di tutto per diventare deputato, anche con l’aiuto mafioso del suocero. Fino a Vienna, dove Angelica finirà per infilarsi nelle maglie della politica, aiutando l’imperatrice Sissi a risolvere un grave problema del figlio Rodolfo.rnAngelica è un romanzo moderno. Per Silvana La Spina, la Sicilia non è mai un pretesto, una maniera, una moda: è un cantiere aperto, un laboratorio di passioni scritte in una mappa letteraria originale e spiazzante. -
Appuntamento con il male. I delitti dello Yorkshire
Un pugno di case con i tetti in ardesia annidate nel fondovalle, una rupe torreggiante alle spalle, una quinta di verdissime colline: benvenuti a Bruncliffe, paesino delle Yorkshire Dales, dove tutti gli abitanti hanno opinioni da esprimere con veemenza e, con rare eccezioni, vantano radici autoctone da plurime generazioni. A Bruncliffe è ritornato l'ex poliziotto Samson O'Brien, dopo un'assenza di molti anni che è sembrata più una fuga, aprendo la Dales Detective Agency proprio nello stabile di proprietà della bella Delilah Metcalfe, sua vecchia conoscenza dal carattere pepato e la lingua sciolta, che sempre lì ha avviato la Dales Dating Agency, agenzia per cuori solitari. Stesso edificio, stesso acronimo, stesso episodio biblico, Sansone e Dalila: i potenziali clienti spesso sbagliano piano quando cercano un investigatore o un'anima gemella. In ogni modo Samson, dopo anni nella polizia metropolitana di Londra, sta cercando di riabituarsi ai ritmi torpidi di Bruncliffe, dove la gravità dei problemi da risolvere, salvo qualche rara impennata, è a misura del numero delle anime. Perciò, quando in un gelido mattino di dicembre si trova di fronte la svaporata Mrs Shepherd che gli chiede aiuto perchè teme per la propria vita, non trova le parole per convincere l'inquilina della residenza per anziani Fellside Court che, forse, quel pericolo esiste solo nella sua testa. A conferma del suo declassamento professionale, irrompe nel suo ufficio Clive Knowles, un allevatore collerico in allarme per la scomparsa del suo campione di riproduzione ovina. Ma quando poi proprio a Fellside Court cominciano a verificarsi fatti inquietanti, Samson deve ricredersi e iniziare a indagare, a costo di riprendere i rapporti col vecchio padre, alcolista forse redento. A costo di coinvolgere anche Delilah, che non rinuncia mai a punzecchiarlo, in quella che potrebbe essere l'occasione per lui, la pecora nera di Bruncliffe, di riconquistare la fiducia dei suoi diffidenti abitanti. In Appuntamento con il male torna la coppia di investigatori dei Delitti dello Yorkshire, Samson e Delilah, in un altro intricato caso ambientato nel piccolo villaggio della verde provincia inglese che tutto sa e nulla dimentica. -
Shock
Chi era Ugo Cerletti? La scarna biografia di quest’uomo dice che nacque a Conegliano nel 1877 e che morí nel 1963. Di professione era uno psichiatra, formato nel tempo in cui la psicoanalisi freudiana si imponeva in tutta Europa. Ma Cerletti inseguiva altre idee e altre terapie: soprattutto una, quella che lui stesso chiamò con il termine di elettroshock. Inventare e soste - nere una pratica che in pochi decenni è diventata sinonimo di brutalità, di sofferenza e persino di tortura è stato per Cerletti una sciagura. Un uomo che ebbe un ruolo fondamentale nella storia della medicina diventò, agli occhi di molti, il carnefice dei pazzi. Un’onta che investí lui e la sua invenzione, di cui si mise in dubbio l’efficacia. Carlo Patriarca, medico, scrittore, ma soprattutto uomo abituato a leggere tra le righe di documenti d’archivio, capace di muoversi tra le pieghe della storia con rigore e precisione, in una sorta di romanzo-biografia prova a raccontare questa storia dal punto di vista di un ipotetico assistente di Cerletti. Un assistente che ha avuto la sfortuna di avere un fratello pazzo. Ne esce un romanzo suggestivo, vertiginoso, dove è in gioco il progresso della medicina ma anche l’orrore sociale verso la malattia mentale. Ne esce la storia drammatica di uno scienziato che pagò il suo modo di trattare e curare la follia. Il paradosso è che molti anni dopo la sua morte Cerletti sarebbe stato riabilitato, per quanto parzialmente. Quella macchina per curare i pazzi è stata riconsiderata. Ma questo l’inventore dell’elettroshock non avrebbe mai potuto immaginarlo. -
Delitto/Colpa/Castigo
Friedhelm Fähner, rispettabile medico ultrasettantenne, massacra senza motivo la moglie a colpi d’ascia dopo quarant’anni di matrimonio. La giovane Theresa Tackler uccide l’amato fratello per salvarlo dalla vita. Una donna è accusata di aver ammazzato il marito in un piccolo villaggio bavarese, a seguito di una pratica sessuale estrema. Un giovane fa a pezzi il cadavere di un uomo trovato in casa sua, pensando che sia stata la sua fidanzata ad assassinarlo. Un uomo senza nome elimina a mani nude due skinhead armati di coltello e mazza da baseball per legittima difesa: è un killer di professione. Un altro viene assolto dopo aver ferito la sua ragazza: voleva mangiarla, ci riproverà. I membri di una banda di paese, bravi padri di famiglia, durante una festa di piazza si tramutano in mostri. rnPer la sua intera esistenza, Ferdinand von Schirach si è occupato delle infinite manifestazioni del male. Non soltanto per gli oltre ottocento procedimenti penali che lo hanno visto nel ruolo di avvocato della difesa, ma anche per il suo desiderio di fare i conti, come molti della sua generazione, con le pagine oscure della storia nazionale. La sua ricerca, umana ancor prima che professionale, tende alla comprensione di quell’attimo in cui il male può impadronirsi, senza motivo e senza preavviso, di un uomo o una donna inducendoli a perdersi, a infliggere dolore, a uccidere. Da questo lungo viaggio è nato uno dei piú noti scrittori tedeschi contemporanei. -
Il mulino di Leibniz
Il protagonista, il colpevole di questo giallo efferato e cupo, è indicibile. Non puoi dargli un nome e non puoi svelarlo. Ma quando uno storico della scienza come Paolo Mazzarello decide di scrivere un romanzo, e un romanzo di delitti e di misteri, ha una sola strada possibile: mettere nel libro tutto quello che un lettore non si aspetterebbe, ovvero filosofia e logica. Ma non solo, l'autore racconta una storia di omicidi, compiuti da qualcuno, che sembrano obbedire a una logica, a un disegno, come nella migliore tradizione giallistica, che seguono un filo, unico appiglio per degli investigatori sgomenti e turbati. Peccato che questo filo sia governato dal caos, dall'imponderabile, da una mente superiore che si ha persino paura di scoprire, perché il fatto stesso che possa esistere cambia il nostro modo di guardare il mondo, e mette in profonda crisi la nostra idea positiva della scienza e della tecnologia. È una terra di nessuno quella in cui si muovono i personaggi di questo libro, che comincia con un delitto in un mulino negli Stati Uniti e con un rapimento, e continua a crescere come fosse una foresta, un bosco narrativo che non ha disegnato nessuno, dove non ci sono sentieri. Mazzarello ci porta in un mondo diverso da quello frequentato dai giallisti tradizionali. Non si tratta soltanto di commissari e di pazzi maniaci che mandano mail misteriose, non si tratta di capire cosa accade ma soprattutto perché accade. E in quel perché c'è una vera e propria teologia, c'è il male e il caso, l'orrore e l'indifferenza. Con grande abilità l'autore del Mulino di Leibniz ci conduce dove nessuno di noi saprebbe arrivare con le proprie forze. E conferma la vecchia ipotesi di Borges: l'unico giallo che si deve ancora scrivere è quello dove l'assassino è il lettore.Proposto da Gian Arturo Ferrari al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:rn«Il mulino di Leibniz è una singolare commistione tra un romanzo giallo – inizia con un misterioso delitto –, un’immersione nella scienza contemporanea e nella storia della filosofia, una stupefacente riflessione sulla natura della cosiddetta rete che qui acquista una propria, e nefasta, personalità. Un’opera singolarissima e per questo meritevole di partecipare alla gara dello Strega.» -
Doppio cieco
Nel 2012 Edward St Aubyn pubblicò Lieto fine, l'ultimo capitolo della saga dei Melrose, e a numerosi critici apparve subito chiaro che uno scrittore di immenso talento aveva fatto il suo ingresso sulla scena letteraria internazionale. Alcuni videro nei suoi romanzi l'opera di una specie che si pensava estinta con Evelyn Waugh: l'anatomista dell'upper class. Altri colsero opportunamente nella sua scrittura, in cui la vasta gamma dei sentimenti che la anima non sfugge mai allo humour e all'ironia, «una densità filosofica» (Zadie Smith) rara nella narrativa contemporanea. Doppio cieco è, per profondità di pensiero e accuratezza dello stile, l'opera di St Aubyn più accostabile al ciclo narrativo dei Melrose. Apparentemente è un libro alla maniera di Ian McEwan - uno dei suoi personaggi minori è, non a caso, il dottor McEwan, neurochirurgo - in cui la letteratura si cimenta con i temi propri della scienza. Biochimica, botanica, immunoterapia, schizofrenia ed etica dei placebo sono, infatti, tra gli argomenti trattati. In realtà, è un'opera sulla contemporaneità e sul conflitto tra determinismo e libertà che la caratterizza. Spiccano, nella galleria dei personaggi che vi compaiono e ne fanno un romanzo corale, le figure di Olivia e Lucy, amiche sin dalla loro frequentazione di Oxford. Olivia è una biologa che si innamora di Francis, un naturalista incontrato a un convegno sulla megafauna, il quale, per conto di ricchi mecenati, si occupa di «ricreare» la spontaneità della natura. Lucy si innamora, invece, di Hunter Sterling, un capitalista megalomane e immaginifico che vuole «ricreare» l'esperienza dei mistici con il suo «casco Nirvana». Attorno a loro, un coro di figure minori, rappresentanti perfetti del caos della contemporaneità: accademici saccenti, impostori ammantati di linguaggio pseudoscientifico, schizofrenici, psicoanalisti, e sacerdoti come l'indimenticabile padre Guido, spedito a casa di Hunter dal Vaticano, incuriosito dalle sue mirabolanti invenzioni. Nell'universo tecnoscientifico dominato dalla «Medusa del determinismo» irrompe a un certo punto la fragilità della vita umana, la sua finitezza in cui solo consiste la libertà, la possibilità, ciò, di decidere e di prendersi cura dell'esistenza -
Nel paese dell'aquilone cosmico
Trait d'union del pianeta frammentato, il calcio è, come ha affermato uno scrittore britannico, la soap opera del nostro tempo. Un eccellente modo, dunque, per accostarsi, secondo Olivier Guez, alla storia di paesi e città, ai meandri del turbocapitalismo, persino alle metamorfosi dell'umanità divisa e ai cambiamenti nei suoi costumi, valori, speranze e paure. In queste pagine, l'autore dell'""Elogio della finta"""" conduce per mano il lettore nel paese della pampa e dei gauchos, l'Argentina, e lo fa attraverso un affascinante excursus nella storia del suo calcio. Una storia lunga un secolo. Dalla passione sportiva esportata dagli inglesi, nel desiderio di ricreare il proprio universo insulare ovunque essi approdino, passando per i primi club all'inizio del Novecento e poi per gli anni Venti a Buenos Aires, quando il calcio era «lo sport collettivo del popolo creolo e il tango la sua musica», fino al fatidico pomeriggio del 29 giugno 1986 in cui Víctor Hugo Morales, cronista argentino, celebra l'epopea del pibe de oro. Maradona, l'«aquilone cosmico» che, dopo aver planato con traiettoria imprevedibile fino al gol nello stadio Azteca, alza al cielo di Città del Messico la Coppa del Mondo, scrivendo una delle pagine piú belle della storia del fútbol. Maradona, il campione leggendario che, in sette anni a Napoli, dal 1984 al 1991, ne cambia irrimediabilmente la storia, ma anche il dio fallibile, l'eroe rimbaldiano che, in cerca di adrenalina per sentirsi vivo, precipita in un abisso senza fondo, non cessando, però, un solo istante di essere amato come il pibe astuto e fragile in cui si svela l'anima di un popolo."" -
Alternative alla prigione
Il testo presentato in queste pagine si basa sulla trascrizione condotta nel 1993 da Jean-Paul Brodeur, professore all'École de criminologie dell'Università di Montréal, dell'intervento di Michel Foucault a un convegno sulle alternative alla carcerazione tenutosi nella città canadese nel 1976. Si tratta di un intervento poco conosciuto, non incluso nei Detti e scritti del pensatore e storico francese. Un intervento, tuttavia, in cui il ricorso di Foucault a esempi a lui contemporanei sulle forme di controllo emergenti contribuisce non poco a comprendere la sua idea di un'estensione della società poliziesca nella nostra epoca. Gli istituti «alternativi» alla prigione - centri sociali e terapeutici, strutture di transizione e di reinserimento con programmi di esecuzione della pena personalizzati per ogni detenuto - liberano, nella considerazione di Foucault, il delinquente dalla «reclusione stretta, completa, esaustiva a cui era destinato nelle carceri ottocentesche». Ma insieme a lui è liberato anche qualcos'altro, «qualcosa di più grande di lui». Attraverso la risocializzazione ottenuta mediante il lavoro, la famiglia e l'autocolpevolizzazione, le vecchie funzioni carcerarie, infatti, si diffondono e si espandono in tutto il corpo sociale. Il testo, curato da Sylvain Lafleur, è accompagnato da una serie di conversazioni con Tony Ferri e Anthony Amicelle, esperti di esecuzione e controllo penale, sul rapporto tra progressismo penale e imposizione sempre maggiore di misure restrittive extra moenia. «Quella cosa che chiamiamo punizione e che per secoli, forse millenni, è parsa più o meno ovvia alla civiltà occidentale, la nozione stessa di punizione, vi sembra altrettanto scontata oggi? Cosa significa essere puniti? È davvero necessario essere puniti?» -
Mercanti di sangue
Londra, 1781. Un cadavere senza nome penzola da un gancio su un molo di Deptford, cittadina alle porte di Londra, cresciuta attorno al più importante cantiere navale della regione: il corpo porta i segni di orribili torture ed è marchiato a fuoco come quello degli schiavi. Anche se la sua pelle è bianca. Qualche giorno più tardi, il capitano Harry Corsham, eroe di guerra con una promettente carriera parlamentare davanti a sé, riceve la visita della sorella di un caro amico, Tad Archer. L’amico, fervente abolizionista, era sul punto di rivelare importanti verità che avrebbero potuto danneggiare irreparabilmente il fiorentissimo commercio britannico degli schiavi. Ma qualcuno lo minacciava, e ora è sparito. Per scoprire la sorte di Tad, Corsham è costretto a riprendere le fila delle sue ricerche immergendosi nel cuore della cospirazione che stava per venire alla luce. La risposta potrebbe celarsi tra i moli di Deptford, da cui salpano le grandi navi dirette in Africa. Questa indagine sottoporrà a dura prova l’integrità del capitano, metterà a repentaglio le sue ambizioni politiche, la felicità della sua famiglia e lo obbligherà a fare i conti con segreti del suo passato che potrebbero distruggerlo. Sullo sfondo della Londra brutale di fine Settecento, mirabilmente ricostruita, Mercanti di sangue è la conferma del talento narrativo di Laura Shepherd-Robinson, maestra del thriller storico.