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Pietro Bussolo. Scultore a Bergamo. Nel segno del Rinascimento. Catalogo della mostra (Bergamo, 29 aprile-3 luglio 2016). Ediz. illustrata
"Le dodici opere esposte nella Sala delle Capriate documentano il ruolo centrale assunto, nell'ultimo decennio del Quattrocento, da Pietro Bussolo che, ben prima di Foppa in Santa Maria delle Grazie, porta a Bergamo le flagranti novità del dibattito culturale milanese tra Bramante e Leonardo. Il serrato confronto fra opere e documenti ha inoltre messo in luce il ruolo della sua bottega (importanti le novità emerse in merito a Donato Prestinari) che sarà presente nel primo Cinquecento nei cantieri più importanti della città. Per rievocare l'impegno delle comunità e la saturazione visiva degli apparati liturgici delle chiese che accoglievano le ancone intagliate, dipinte e dorate di Bussolo, sono esposti in mostra preziosi paramenti dalla basilica di Gandino e due croci astili ancora dalla Basilica di Gandino e da Sant'Alessandro in Colonna a Bergamo che - collocandosi tra la metà del Quattrocento e la metà del secolo successivo - offrono una visione di lunga durata della committenza di oreficerie e del lento affermarsi di maestri locali rispetto al ricorso all'esterno che caratterizza il Quattrocento bergamasco"""". (M. Albertario, M. Ibsen, A. Pacia, M.C. Rodeschini)" -
Ultime poesie
Le ultime poesie inedite di Sara Virgillito scritte nell'ultimo anno della sua esistenza rivelano ancora una volta una materia incendiaria, mostrando l'itinerarium per ignem che conduce all'Amato. Poesia d'amore dunque, un amore che si racconta attraverso le rocambolesche fughe e i violenti agguati dell'Altro, voce costantemente presente, che forza le piaghe del cuore, caverna mistica in cui accadono le più terrificanti teofanie. Nelle ultime poesie Virgillito tenta nuovi linguaggi per esprimere l'indicibile, per carpire la segreta essenza di un'esperienza visionaria giunta al culmine. La raccolta annoda e sdipana le linee che compongono la fitta trama invisibile che sottende alla poesia di Sara Virgillito, custode di antichi riti primordiali a cui assistiamo, come già ricordava nel 1991 Mario Luzi, rapiti e affascinati. Nelle liriche è continua la perfetta osmosi tra reale e immaginario, tra visibile e invisibile, tra ombra e luce, tra fuori e dentro. Virgillito sceglie la condizione liminare della soglia, abita l'invisibile. Come scrisse l'autrice a proposito di Montale, ciò che resta è ""un labirinto che ancora cela, come ogni grande poesia, il suo ultimo segreto""""."" -
Capovolgiamo le piramidi. Bergamo 2001-2021 Racconti e dialoghi per un altro mondo ancora possibile
In queste pagine si ripercorrono i vent'anni dell'alba del nuovo millennio: gli anni zero e gli anni Dieci. Vent'anni densi di avvenimenti ed evoluzioni. Segnati da una parte dall'11 Settembre 2001 e dall'altra dalla pandemia causata dal Covid-19 tra 2020 e 2021. Questi i due estremi temporali. Due decenni complessi, difficili da leggere retrospettivamente, nel momento in cui siamo immersi. È pregio di Matteo Rossi portarci per mano in questo arco temporale con la capacità di dare chiavi di lettura e, soprattutto, di raccontare il vissuto. Una storia personale, indubbiamente, ma che si fa necessariamente collettiva. È la dimensione del collettivo, del condiviso, che caratterizza questo libro. Ci diciamo sempre, e ce lo stiamo ripetendo soprattutto dallo scoppio della pandemia, che anche le situazioni di maggiore difficoltà possono dischiudere opportunità. Che anche nei momenti peggiori dobbiamo cogliere le opportunità. E certamente la pandemia ci ha costretti a ripensarci: ripensare noi stessi e il mondo nel quale viviamo. Sbattuti in casa da un giorno all'altro, in solitudini inimmaginabili fino al giorno precedente. A contatto con un nuovo vocabolario che si è imposto sulle televisioni e sui giornali. A fare i conti con la paura di qualcosa di invisibile a occhio nudo che ha la forza di cambiare le nostre abitudini, le nostre società, le nostre vite. Che ha la forza di strapparci gli affetti più cari. Da questo turbine di morte, paura e solitudine, emerge con più forza la voglia di lasciare traccia e dare un senso alle nostre storie di vita. Provare a rintracciare i fili che ci hanno spinto alle scelte quotidiane negli anni, che ci hanno fatto incontrare persone, amare un'idea. Il racconto di Matteo Rossi nasce proprio da questa esigenza: riannodare i fili, sistematizzare una storia e riconoscere quei valori e quei principi che dimostrano come questo mondo va affrontato insieme. Non da soli. Ciascuno di noi ritroverà sé stesso leggendo il racconto di Matteo. Tramite i suoi occhi e la sua storia, c'è la storia di tantissimi italiani degli anni duemila. Ma è l'utopia che muove il mondo, che sta nell'orizzonte, parafrasando Galeano, citato anche da Matteo. Puoi camminare due passi, e l'orizzonte è sempre là. Puoi camminare ancora dieci passi, e l'orizzonte rimane laggiù. A cosa serve, dunque l'orizzonte, l'utopia? Serve a non smettere mai di camminare. (dalla prefazione di Walter Veltroni) -
Ester
Ettore, deluso della sua vita sentimentale con Laura e colto da innumerevoli dubbi sul suo modo di essere, lascia Civitanova Marche per trasferirsi a Bergamo e dare il via alla sua nuova attività di direttore nella nascente radio locale. Promettente giornalista musicale ottiene l'opportunità di intervistare il più grande musicista di progressive rock che ha appena registrato il suo ultimo album prima di ritirarsi dalla scena. L'incontro si rivela ricco di episodi, anche personali, che hanno condizionato la vita del ''Guru'', così viene soprannominato il musicista nell'ambito musicale. La sera stessa, in circostanze fortuite, Ettore incontra Ester ed è subito un colpo di fulmine. La ragazza, di straordinaria bellezza, in un momento di confidenza gli rivela retroscena inquietanti che riguardano anche la vita del ""Guru"""". Argomentazioni sconcertanti e inverosimili per le quali il giornalista verrà coinvolto in un raccapricciante epilogo."" -
Dei normali
Quando si lavora sulla scrittura dei giovani si tocca con mano la pertinenza di quella categorizzazione che in qualche modo già Pier Vittorio Tondelli aveva delineato. Si era negli anni Ottanta e l'autore aveva promosso un progetto - Under 25 - per favorire la pubblicazione di testi scritti da giovani, aprendo un mercato editoriale poco penetrabile. Sono passati quarant'anni da quelle ""gioventù"""" eppure tutte le volte in cui mi trovo a fare scrittura con """"giovani"""", che nemmeno vogliono essere scrittori e che spesso si iscrivono al corso organizzato dalla scuola per i più svariati e meno immaginabili motivi, ritrovo alcune delle costanti inventariate allora. Questa volta, per esempio, l'invenzione della trama è caduta in un luogo imprevedibile, lontano nel tempo e nello spazio (nell'Olimpo e in Sicilia e la sfida di una tessitura che da subito partiva complicata è stata superata dalla loro perseveranza a dispetto di molti ostacoli. Il risultato è stato sorprendentemente capace di stravolgere alcuni luoghi comuni dei nostri giorni. Autori: Marilyn Brizzolari, Martina Coccia, Tommaso Digonzelli, Giulia Duzioni, Elisa Leidi, Monica Papis, Francesco Ronzoni, Matteo Sangalli."" -
La valle di ognidove
Ishmael è un giovane boscaiolo che incontra la linea d'ombra, il passaggio della consapevolezza. È boscaiolo nel Dever, conosce solo la foresta, non pensa alle conseguenze delle azioni che compie. Quando scopre una baita nella quale legge alcuni vecchi libri, inizia a scrivere e a collegare le trame della vita di cui è parte. Ce lo racconta dalla cuccetta sulla Calanus, vascello che entra ed esce dalle nebbie come lo spirito guida del viaggio di Ishmael tra spazi aperti, epoche e paesaggi della mente. Presa coscienza delle proprie azioni nel contesto dell'ecosistema Terra, il protagonista si confronta con il mondo tra esplorazioni, slanci artistici, filosofici, storici, l'incontro con Gesù prima che diventi icona. La crescita di Ishmael è anche un tributo a quello imbarcatosi con il capitano Achab per la caccia alla Balena Bianca, che in questo romanzo è La Valle di Ognidove: «Prima di salutarmi mi aveva detto: Ishmael, chi legge questo libro lo ama. Chi lo capisce compie il viaggio. Addio.». ""In questo libro che non assomiglia a nessun altro, Davide Sapienza disegna la mappa di un territorio che vuole essere immaginario fin da subito: la Valle di Ognidove. Attenzione, però: immaginario non vuol dire arbitrario! L'immaginazione di un artista è rigorosissima. Uno scrittore vero, e Davide lo è, va incontro a un'esperienza inevitabile: non è lui a decidere cosa deve diventare parola e racconto. Lo scrittore è più piccolo delle storie che racconta; è il servo della storia e della pagina, la mappa continuamente ridisegnata di un sogno infinito, che come tutti i sogni è fatto di realtà. È preciso e mai mistificatorio: come gli angoli e le anse del mondo, come le pagine di questo libro."""" (dalla prefazione di Raul Montanari)"" -
Lorenzo Lotto. Dipinti e committenze domenicane
L'ordine dei frati domenicani accompagna come un filo rosso, attraverso committenze e patronati, gran parte della vita di Lorenzo Lotto. Per i padri di Recanati ha firmato nel 1508 il polittico che rappresenta il primo vero e proprio capolavoro della sua carriera, per quelli di Bergamo ha creato la più grande macchina d'altare che gli sia toccato dipingere, a Cingoli ha consegnato nel 1539 un vertice d'intimità stravagante con l'invenzione felice, immortale, dei putti che spargono con impertinenza giocosa petali di rose mariane. Presso i frati di San Giovanni e Paolo a Venezia ha abitato in un periodo della sua vita: per la stessa chiesa dipinse una pala che contiene il germe della rivoluzione caravaggesca, esprimendo la volontà testamentaria di essere sepolto nel cimitero dei religiosi e rinunciando a una parte del compenso per il suo lavoro. Ripercorrere attraverso le opere domenicane la storia di Lorenzo Lotto significa penetrare l'universo di un pittore che sa unire la cultura figurativa veneziana con un profondo realismo e sentimenti meditati, moderni, psicanalitici, che ci vengono consegnati attraverso gli occhi intriganti e malinconici dei suoi personaggi. -
L' amico nascosto
«Antonio era restio a raccontare di sé, a farsi conoscere. E proprio per questo ho ritenuto che, oltre all'esposizione dei suoi disegni e alla proiezione del documentario ""Bergamo"""", fosse doveroso da parte mia raccogliere e valorizzare quanto ci ha lasciato sia in campo artistico che culturale al fine di far conoscere i diversi aspetti della sua personalità, il suo vissuto e l'amore per la sua Bergamo. (Frumento Cembran) Pochi sapevano che Cembran era uno della dolce vita di Cortina d'Ampezzo, uno che era in ottimi rapporti con Gianni Agnelli e Indro Montanelli, che era un pupillo della mamma di Sofia Loren. Questo libro è nato per lasciare almeno intuire la personalità di un uomo particolare, che ha vissuto un'esistenza in buona parte fuori dall'ordinario.» (Aresi). «Orientarsi tra i temi non è facile, bisogna dotarsi di una lente analogica, che lo stesso Cembran ci fornisce spesso nascosta in una parola, un segno, una ripetizione errata all'angolo del foglio. Non è una mostra """"normale"""", ma un catalogo di pensieri liberi, da consultare, un laboratorio linguistico e di immagini che stanno in equilibrio tra luoghi comuni ribaltati ad uso dello spettatore.» (Pizzigoni)"" -
Sii forte!
"Mi chiamo Gloria Ingihan Ferri, le mie origini sono bulgare. Ho scelto di scrivere la mia storia, una storia di adozione, perché il vissuto di una persona può essere di aiuto ad altre. Credo che ognuno, durante la sua vita, abbia avuto degli insegnamenti e delle esperienze che lo hanno trasformato e che possono illuminare chi si trova in situazioni analoghe.""""" -
In viaggio a Bergamo, torri e terrazze-Discovering Bergamo, towers and terraces
Facciamo parte della generazione che ha visto il professor Keating esortare i propri studenti a salire in piedi sul banco di scuola, per guardare la realtà da angolazioni diverse. Abbiamo la fortuna di vivere in una città nata e cresciuta sui colli, contornata da mura, lungo cui poter passeggiare e ricca di punti panoramici strepitosi. Ecco perché siamo salite in alto e abbiamo riletto il luogo in cui viviamo da un diverso punto di vista: dalle torri e dalle terrazze di Bergamo. Da quassù ti inviteremo a osservare la doppia città da prospettive nuove: ti insegneremo a rallentare per concederti il tempo necessario per scoprire dettagli, forme, colori su cui i tuoi occhi scorreranno lenti, per cercare luoghi familiari o riconoscerne di nuovi. Tutti movimenti che, se vissuti con calma, ti permetteranno di riempire i polmoni e respirare. Ti offriamo una guida alternativa, utile per te che risiedi qui, ma anche per te che sei in viaggio e magari ti fermi poche ore e desideri abbracciare in un unico percorso tutta la bellezza di questa città. (Le autrici) -
Desideri di narrazione. Madri e padri in viaggio in cerca di domande. Con QR Code
C’era una volta… L’incontro tra noi non era previsto, non era destino; forse perché a noi il destino non è mai piaciuto, preferiamo le scelte. Le nostre due storie si sono intrecciate e con il tempo moltiplicate, dando voce a tre, quattro… venticinque storie, infinite storie. Quelle, per esempio, di un gruppo di padri e madri che hanno deciso di mettersi in gioco, partecipando ad alcuni focus group: un viaggio nel mondo della genitorialità che si è trasformato in un viaggio alla (ri)scoperta di sé. Partendo da solidi riferimenti socio-pedagogici, il libro vuole soprattutto essere un invito ad abbandonare i percorsi certi e conosciuti, per lasciarsi andare all’esplorazione di nuove strade, nuove idee, inversioni di rotta e ripartenze. Chi ci leggerà potrà, attraverso schede cartacee ma anche link con QR code, partecipare in modo interattivo al dialogo, in un viaggio alla ricerca generativa di qualche risposta, ma soprattutto di nuove domande. -
Tra due primavere
A Bergamo, in Lombardia, in Italia, siamo stati travolti dagli eventi e abbiamo vissuto in apnea per due lunghissimi mesi, al termine dei quali molte persone non c'erano più. È stato in quel momento, quando abbiamo rialzato la testa, che ho pensato che tutto ciò che avevamo vissuto, tutte le ingiustizie, le lacune che avevo osservato e ancora osservavo, le storie raccolte al bancone della farmacia non potessero essere dimenticate e che occorreva fissare nella memoria collettiva tutti i ritardi, le inefficienze, le incongruenze di un sistema sanitario regionale che non solo si era mostrato impreparato all'evento pandemico, ma che non avrebbe nemmeno recuperato terreno nei mesi a venire. Ed è stato per quel desiderio che ho tenuto e scritto questo diario. Attraverso le storie, i dati, le emozioni, le notizie dal mondo, le vicende di un piccolo quartiere di periferia, di una famiglia come tante ho voluto fissare nella memoria, non solo mia, quanto avvenuto. Un racconto di vita, di lavoro e di politica scritto innanzitutto per ripercorrere quel tempo e meglio comprendere anche il tempo venuto dopo. -
Aldiqua. Immagini per chi resta
Che cosa è l’Aldiqua, se non la dimensione di chi resta alla vita, sopravvivendo al dolore del lutto, sospeso tra la presenza di chi è venuto a mancare, la mancanza per chi è rimasto e la memoria dei legami? L’arte, come sempre in grado di dare volti e immagini alle fragilità, ha provato a elaborare numerose risposte, se non a illuminare questa zona d’ombra, lavorando nel dominio del visivo. Il sacro si mescola al privato, il privato al pubblico e al politico, in una liturgia spesso amplificata dal posizionamento dell’opera in spazi museali che chiama in causa chi osserva, abbatte la distanza tra opera e pubblici, tra arte e vita. Così, confrontandosi con l’assenza, l’arte diventa presidio al desiderio di non dimenticare e di non essere dimenticato. ""Aldiqua. Immagini per chi resta"""" attraversa i secoli, spaziando dalla Crocifissione di Masaccio alla Morte di Marat di David, da Raffaello a Picasso, dalla Turchia di Tekin alla Palestina di Jacir, dallo spazio intimo di Paci alla storia delle dittature latinoamericane di Salcedo e dei funerali di Aldo Moro, tra il brusio della collettività e il silenzio della solitudine, facendo incontrare..."" -
Antonio Cifrondi «pittor fantastico». (Clusone 1656 Brescia 1730)
A settant’anni dalla mostra I pittori della realtà in Lombardia (1953) che lo rivelò al grande pubblico e a quaranta dall’ultima antologica tenutasi proprio a Clusone (1983), nelle sale di Palazzo Marinoni Barca (ora sede del MAT) Antonio Cifrondi torna a far parlare di sé. Nell’anno di Bergamo-Brescia Capitale della Cultura 2023 è sembrato non esserci proposta migliore che una rassegna dedicata al pittore nato nella cittadina della Val Seriana (1656) e morto a Brescia (1730) in cui mostrare i principali aspetti della sua, per molti versi, straordinaria carriera. Non una mera celebrazione ma un’iniziativa in grado di mettere a frutto gli esiti delle più recenti ricerche, condotte in parte da giovani studiosi, che hanno contribuito a chiarire molti aspetti (non tutti) dello sterminato catalogo dell’artista e della sua vicenda biografica. Le diverse sezioni della mostra e del catalogo ne restituiscono, sia pure per campioni, la sfaccettata produzione negli ambiti della pittura sacra e di storia, delle figure di genere e della ritrattistica, in un arco cronologico sufficientemente ampio - dal 1690 ca. al 1730 - per coglierne gli importanti avanzamenti sul piano stilistico e tecnico. -
Il pota
L’aspetto del Pota è per lo più sconosciuto in quanto cambia da ospite a ospite e prende forme diverse in base alla parte corporea in cui si annida. Può prendere, ad esempio, la forma di cerume all’interno dell’orecchio, di un pelo o di un neo sulla cute, di forfora tra i capelli. Scoperto dal biologo bergamasco Giuseppe Moroni detto il Bepo, non era mai stato individuato fino alle prime scoperte di quest’ultimo, a cui si devono inoltre importanti strumenti di individuazione e studio quali il Pota-Detector e il Pota-Translator. Possiamo considerare il Pota un parassita più che un animale; infatti, si nutre del dialogo degli ospiti infettati facendogli produrre il semplice vocabolo da cui prende il nome. L’habitat naturale del Pota sono le campagne e le valli bergamasche dove viene attratto dalla “Polenta”, cibo tipico bergamasco ottenuto con il mais macinato, cotto in acqua e sale. Molto più raro è trovarlo in città dove grazie al maggior grado di istruzione della popolazione non riesce a diffondersi: ""... nella mente del colto il Pota va sdilinquendo"""" (Moroni G. 1982, """"Del Pota e il suo ospite"""")."" -
Daniele Maffeis. Divagazioni musicali. Cronache 1962-1966 pubblicate per «Il Giopì», periodico quindicinale organo ufficiale del Ducato di Piazza Pontida, Bergamo
Scritti tra il 1962 e il 1966, i ventisette articoli pubblicati sul quindicinale ‘Giopì’, organo principale del Ducato di Piazza Pontida, sono un sincero ritratto dell’anima pura ed onesta dell’autore, nei quali mette in luce le proprie personali posizioni su diversi argomenti di cultura, musica, tradizione anche attraverso il ricordo di esperienze passate, descrivendo e commentando talvolta anche proprie opere: un grande campionario della buona e profonda personalità dello ‘Zio Daniele’, compositore con a cuore il proprio passato e la propria tradizione culturale. Una dimensione profondamente umana, che parte dal proprio passato e che attraversa il tempo, giungendo anche alla dimensione religiosa: profondamente fedele, la semplicità dell’anima di Maffeis traspare attraverso la personale visione della sacralità, vissuta attraverso i luoghi e le persone incontrate. -
Danza con me! Il tempo corre... il sangue scorre
Marco, medico bergamasco, impegnato nella ricerca genealogica dei suoi avi, scoperchia ignaro un vaso di Pandora… uno di quelli pericolosi, che portano solo disgrazie e morti. Documenti secretati dalla Curia, giunti avventurosamente in suo possesso, lo proiettano nel lontano anno 1485, quando un certo Arnaldo Donadinus, forse lontano parente del novello investigatore, fugge dalla sua amata Venezia con progetti segreti per la costruzione di un particolare orologio planetario. Vorrebbe consegnarli, in cambio di una nuova vita priva delle difficoltà economiche che deve affrontare giornalmente nella Serenissima, nelle mani dei notabili di un piccolo sconosciuto paese della lontana landa bergamasca, Clusone in Val Seriana. Ma il Doge Barbarigo non può certo accettare un simile affronto, che deve essere lavato con il sangue… ma sangue chiama sangue, vendetta chiama vendetta. L’inchiesta di Marco, attraverso inaspettati colpi di scena, non si ferma al tardo Quattrocento, ma giunge sino a oggi, Anno Domini 2022. Scopre intrighi, stragi e atti di ferocia, ma anche di generosità, resilienza ed amore. Ma nel frattempo il sangue scorre dalla valle bergamasca sino alla Città Eterna… -
Che tipi a Bergamo e Brescia! I più antichi libri a stampa testimoni di una rivoluzione
“Che tipi a Bergamo e Brescia! I più antichi libri a stampa testimoni di una rivoluzione” è certamente una mostra specialistica, dedicata a un capitolo importante della storia della stampa nelle due città che, quest’anno, sono Capitale Italiana della Cultura. L’accuratezza dell’indagine non deve intimorire. Si tratta di una vicenda estremamente affascinante, una testimonianza viva di quanto, pochi anni dopo la rivoluzione di Gutenberg, i due capoluoghi lombardi siano stati capaci non soltanto di accogliere l’innovazione, ma anche di dar vita, tra i primi in Italia, ad attività imprenditoriali di rilievo nel campo della stampa a caratteri mobili. (Laura Castelletti) Bergamo e Brescia sono accomunate dalla presenza di due straordinarie biblioteche (Angelo Mai e Queriniana) di conservazione, custodi di patrimoni di inestimabile valore, che devono essere valorizzati e messi nella disponibilità dei cittadini, diventando parte integrante delle loro conoscenze. Questo l’obiettivo fondamentale delle due mostre, che mette a fuoco un tema originale e poco conosciuto, facendo anche il punto delle ricerche e degli studi, grazie all’accurato catalogo che le accompagna. (Nadia Ghisalberti) -
Il Gerolamo ritrovato. Il cantiere, la storia e il restauro. Ediz. illustrata
«Ma sì... è il vecchio amico Gerolamo che torna nel suo teatro... è il teatro Gerolamo che ha ripreso vita... a Milano c'è un teatro che si riapre... ecco, questa è la Civiltà!... così possiamo spiegarla meglio di tanti discorsi complicati... un teatro che si riapre!!!» Così scriveva Giorgio Bocca alla fine degli anni Cinquanta in occasione della riapertura (una delle tante nella ricca e travagliata storia di questo teatro) del Gerolamo sotto l'egida di Paolo Grassi. Il libro ripercorre la lunga vita del teatro sorto nel 1868 sulle ceneri dell'antico teatro di marionette Fiando, restaurato una prima volta già alla fine dell'Ottocento e divenuto nella prima metà del Novecento il «regno» incontrastato della famiglia Colla e delle sue marionette. I bombardamenti della seconda guerra mondiale e la prospettata demolizione, per fortuna scongiurata, allontanano i Colla e, dalla fine degli anni Cinquanta alla chiusura nel 1983, sul palco del Gerolamo si alterneranno gli spettacoli della Compagnia Stabile del Teatro Milanese e i recital di Eduardo, Milly, Juliette Greco, Franca Rame e Dario Fo, Ornella Vanoni, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e molte altre personalità anche internazionali. L'ultimo restauro, appena terminato, ha finalmente restituito a Milano uno dei suoi teatri più amati. Le parole di Dino Buzzati, pubblicate sul «Corriere della Sera» in occasione della riapertura del 1958, risuonano oggi profetiche: «Lustri e vitaminizzati dalla vernice fresca, sorridono i profili dei poeti nei loro medaglioni di stucco. Frusti e spenti sino a poche settimane fa, non erano che i lari in disfacimento di un teatrino agonizzante. Il Gerolamo è tutto un cantiere, si rifanno pavimenti, si rinforzano muri, si ricavano vani per i camerini, si rappezza e si consolida». -
Viaggio di nozze
L’autore prende d’assalto un’immagine deliziosa, quella del Viaggio di nozze, e lo fa da miscredente amoroso e crudele nei confronti dei giovani sposi. Questi si avventurano nell’esplorazione di un «territorio» fisico e dei sentimenti con lo spirito di chi ha cercato le Sorgenti del Nilo, imparando dalla natura forse più di quanto avrebbe voluto conoscere e potuto sopportare. Ora dopo ora il senso di quei momenti della loro vita in comune uscirà allo scoperto e il mito sarà impietosamente spennato come una gallina da pentola. A sedare profondamente il loro salvifico turbamento, la torma dei pensieri mostruosamente estranei alla regola da tutti immaginata che, alla fine, siederà irrispettosa e insensibile nelle loro menti.