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Rashomon e altri racconti
I racconti di Akutagawa dipingono, con uno stile terso e dolente, un universo in cui l'uomo è costantemente minacciato dalla povertà, dalla follia, dall'avidità, dalla morte, ma in cui, improvvise, possono balenare la bellezza e la speranza.«La prima qualità della scrittura di Akutagawa Ryunosuke è lo stile, l'uso squisito della lingua giapponese. Non ci si stanca mai di leggere e rileggere le sue opere» – Murakami HarukiPochi autori hanno saputo rappresentare, come Akutagawa, lo spirito e la mentalità del popolo giapponese. Capace di fondere, nei suoi primi racconti, temi tradizionali e inquietudini moderniste, in seguito Akutagawa si è rivolto alla propria vita per trarne il materiale per testi struggenti e drammatici. Da Rashōmon e Nel bosco – da cui Kurosawa avrebbe ricavato uno dei suoi film piú celebri – fino a Vita di uno stolto e Il registro dei morti, i racconti di Akutagawa dipingono, con uno stile terso e dolente, un universo in cui l'uomo è costantemente minacciato dalla povertà, dalla follia, dall'avidità, dalla morte, ma in cui, improvvise, possono balenare la bellezza e la speranza. Il risultato è un'opera complessa e sfumata la cui superficie smaltata e rilucente cela una sostanza amara, satirica, incredibilmente moderna. -
Le antiche vie. Un elogio del camminare
«Camminare per favorire la vista e il pensiero, per attraversare gli spazi, per sentire, per essere, per conoscere.»rnrnPercorrendo a piedi quasi duemila chilometri di antiche vie, Robert Macfarlane scrive un «elogio del camminare» che riaccende di vita il legame tra la strada e il racconto, tra l'andare e il pensare, dando un senso nuovo allo spaesamento di chiunque si metta in viaggio, di ogni uomo che esce fuori per conoscersi dentro. Come un autentico sciamano, fa parlare i paesaggi resi muti dall'abitudine, dà voce ai fantasmi che li abitano, narra per noi i pellegrinaggi, gli sconfinamenti e le storie con cui gli uomini hanno abitato il mondo. Traduzione di Duccio Sacchi. -
Senza mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya
Questo è il viaggio che Paolo Cognetti intraprende sul finire del suo quarantesimo anno, poco prima di superare il crinale della giovinezza.rnrn«""Senza mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya"""" ci riconsegna quei luoghi nello spirito di una esplorazione e di una immedesimazione autentiche in cui sono la natura e l’oltre a plasmare la psiche del viaggiatore che le contempla, ne subisce il fascino, finanche la forza invincibile» – Andrea Velardi, Il Messaggerornrn«Cognetti, tra pecore azzurre e leopardi invisibili, ha fatto un viaggio nell’aspra poesia della natura» – Paolo Mauri, la Repubblica rnrn«Paolo Cognetti riprende il passo fisico e letterario – lento, costante, classico – col quale ci aveva lasciati» – Stefania Chiale, Sette – Corriere della Serarnrn«Alla fine ci sono andato davvero, in Himalaya. Non per scalare le cime, come sognavo da bambino, ma per esplorare le valli. (...) Ho camminato per 300 chilometri e superato 8 passi oltre i 5000 metri, senza raggiungere nessuna cima. Mi accompagnavano un libro di culto, un cane incontrato lungo la strada, alcuni amici: al ritorno mi sono rimasti gli amici»rnrnChe cos'è l'andare in montagna senza la conquista della cima? Un atto di non violenza, un desiderio di comprensione, un girare intorno al senso del proprio camminare. Questo libro è un taccuino di viaggio, ma anche il racconto illustrato, caldo, dettagliato, di come vacillano le certezze col mal di montagna, di come si dialoga con un cane tibetano, di come il paesaggio diventa trama del corpo e dello spirito. Perché l'Himalaya non è una terra in cui addentrarsi alla leggera: è una montagna viva, abitata, usata, a volte subita, molto lontana dalla nostra. Per affrontarla serve una vera spedizione, con guide, portatori, muli, un campo da montare ogni sera e smontare ogni mattina, e soprattutto buoni compagni di viaggio. Se è vero che in montagna si cammina da soli anche quando si cammina con qualcuno, il senso di lontananza e di esplorazione rinsalda le amicizie. Le notti infinite in tenda con Nicola, l'assoluta magnificenza della montagna contemplata con Remigio, il saliscendi del cammino in alta quota, l'alterità dei luoghi e delle persone incontrate. Questo è il viaggio che Paolo Cognetti intraprende sul finire del suo quarantesimo anno, poco prima di superare il crinale della giovinezza. «Alla fine ci sono andato davvero, in Himalaya. Non per scalare le cime, come sognavo da bambino, ma per esplorare le valli. Volevo vedere se da qualche parte nel mondo esiste ancora una montagna integra, vederla coi miei occhi prima che scompaia. Sono partito dalle Alpi abbandonate e urbanizzate e sono finito nel piú remoto angolo di Nepal, un piccolo Tibet che sopravvive all'ombra di quello grande e ormai perduto. Ho camminato per 300 chilometri e superato 8 passi oltre i 5000 metri, senza raggiungere nessuna cima. Mi accompagnavano un libro di culto, un cane incontrato lungo la strada, alcuni amici: al ritorno mi sono rimasti gli amici»."" -
Dei bambini non si sa niente
L'esordio, di straordinaria maturità, di una scrittrice che, riallacciandosi a Marguerite Duras e Ian McEwan, sa raccontare l'universo dei bambini e quasi adolescenti tra innocenza e corruzione, tra giochi odori cose familiari e certezze spensierate di una volta.rnrn «A leggere la Vinci mi è venuta voglia di ripassare di là. Chissà cosa sono diventati, Budrio e Medicina…» - Cesare Garboli, la Repubblicarn «Simona Vinci vuole immergerci in una zona oscura, un bordo dimenticato e sepolto, e tuttavia profondamente incardinato nella coscienza di ciascuno» - Stefano Giovanardi, L'Espressornrn «Questo libro non si fa dimenticare, e non per l'eccesso della vicenda, ma per la sua – non sorprenda la parola – fatalità» - Rossana Rossanda, il manifestornrn Una bambina di dieci anni canta, in grembiule azzurro e anfibi rossi, davanti a un mare di grano. È Martina, che non fa domande, che cerca di capire con gli occhi. E attraverso il suo sguardo, che vede il mondo con lo stupore assorto, un po' imbambolato, dei grandi saggi, il lettore entra nel racconto perfetto di un mistero. Alla fine dell'anno scolastico, nel tempo breve e infinito di un'estate, tra i campi gialli e verdi di Granarolo dell'Emilia, lontano dallo sguardo degli adulti, un gruppo di bambini si esercita in giochi proibiti sempre piú estremi. Buono e cattivo, gioia dolore e schifo, e anche l'orrore, ci sono, semplicemente. Attraverso il punto di vista di Martina, Matteo, Luca e Mirko, il ragazzo piú grande, quindici anni, il capo del gruppo. L'esordio, di straordinaria maturità, di una scrittrice che, riallacciandosi a Marguerite Duras e Ian McEwan, sa raccontare l'universo dei bambini e quasi adolescenti tra innocenza e corruzione, tra giochi odori cose familiari e certezze spensierate di una volta, il rock acido dei Soundgarden e la scoperta del sesso, del corpo, e di come sia inevitabile e spaventoso crescere. -
Stanza 411. Nuova ediz.
Dalla vincitrice del Premio Campiello 2016, un'educazione sentimentale per l'età che aveva rinunciato ai sentimenti.rnrn""Dentro la stanza 411 ci sono poche cose. Una valigia. La mia. Il tuo zaino nero. Gli abiti che indossavamo oggi appesi nell'armadio e sulla spalliera di una sedia. Siamo in due. Tu sei un uomo. E io sono una donna. È la prima volta che lo penso. Degli altri, quelli che sono venuti prima di te, pensavo: ragazzi. Di me davanti a loro, pensavo: bambina."""" Due esseri umani si incontrano, si desiderano, provano a mettere insieme le loro vite contro ogni logica e convenienza. E come molti falliscono. È la voce di lei – scarnificata, precisa, sincera – a raccontare una storia d'amore che è anche la storia delle nostre paure, delle nostre aspettative, della manipolazione che cova in ogni rapporto, dell'impossibilità di conoscersi davvero fino in fondo, e del bisogno ostinato di crederci, nonostante tutto. Una donna si guarda allo specchio, nuda in una stanza d'albergo, al centro esatto della città di Roma, a pochi passi dal Pantheon. Come la Shahrazad delle Mille e una notte, inizia a raccontare una storia, rivolgendosi a un uomo. Racconta la storia di un amore, il loro, ma potrebbe essere benissimo un altro. La storia viene ripercorsa in tutti i suoi momenti, nella nascita della passione, nella voglia di lei di abdicare a sé stessa donandosi a lui, nella scoperta della violenza e del rifiuto. Una storia che somiglia a una confessione, ma è misteriosa come l'architettura di un tempio pagano."" -
In tutti i sensi come l'amore
Da un'ossessione all'altra, una raccolta di racconti che è una lezione di leggera e stupefacente crudeltà, un'anatomia dell'amore al tempo della sua scomparsa. Una bambina in viaggio con la madre in una Maremma soffocata da una coltre nera di pioggia; una ragazza alla finestra su una strada di periferia che spia un uomo e lo invita in casa; solitudini di corpi alle prese con pulsioni elementari e assolute che potrebbero chiamarsi amore, o forse sesso cibo silenzio, nel confronto continuo con la figura materna, nella vendetta continua sulla figura paterna, spezzata e franta in tante patetiche figure maschili. Questi racconti di Simona Vinci, Premio Campiello 2016, sono diventati nel tempo un libro di culto per tutti i suoi lettori. «In tutti i sensi», ovvero esplorazione sensoriale, incursione senza fine e senza respiro nei momenti estremi della vita quotidiana, di un'apparente normalità sotto la quale scandagliare, cercare un residuo di senso, forse la grazia, forse una povera illuminazione, forse una nuova fraternità. Sapendo che l'amore è soluzione atmosferica, è potassio e iodio, è delirio, e appunto per questo, proprio quando sembra scomparso o è impossibile nominarlo, proprio allora, nell'assenza e nella perdita, appare tanto piú semplice e necessario. -
Artisti a Londra. Bacon, Freud, Hockney e gli altri
«Essere un buon pittore non era abbastanza. Paradossalmente fu la serietà con cui si assunse il compito di dipingere a rendere Bacon diverso da molti artisti britannici della sua generazione...»rnQuella della scena pittorica londinese dal dopoguerra airnprimi anni Settanta è una storia che non è mai statarnraccontata in modo complessivo, eppure nellarnmetropoli lavoravano numerosi artisti di rilievo,rnalcuni dei quali nel corso del tempo sarebbero diventatirnceleberrimi.rnMartin Gayford esplora il periodo avvalendosirnsoprattutto delle tante conversazioni intrattenute inrntrent’anni con testimoni e protagonisti; raccogliendornimpressioni, dichiarazioni di estetica e aneddoti relativirna molti importanti artisti, tra i quali: Francis Bacon,rnLucian Freud, Frank Auerbach, David Hockney,rnBridget Riley, Gillian Ayres, Frank Bowling e HowardrnHodgkin.rnIn questo magistrale racconto storico-artistico,rnriccamente illustrato con fotografie documentarie ernopere d’arte, l’autore intreccia le diverse sensibilità e lernopere dei pittori per mostrare come e perché a Londrarnla pittura, molto tempo dopo essere stata dichiaratarnufficialmente morta, non solo fosse ben viva marnprosperasse. I pittori inglesi, consapevoli delle influenzerncontemporanee di Pollock o Giacometti, cosí comerndelle tradizioni dell’arte occidentale da Piero dellarnFrancesca a Picasso e Matisse, erano legati l’un l’altrorndalla fiducia in questa antica pratica che, in opposizionernalla fotografia e ad altre forme espressive, dimostrava dirnpoter ancora produrre opere innovative e bellissime.rnTutti esploravano, in modi diversi ma con egualernpassione, le potenzialità del dipingere..rnCon 114 illustrazioni nel testo. -
Amarcord bianconero
Il calcio come un album di famiglia in cui possiamo ritrovare noi stessi e il colore di un tempo perduto.rnrnCon questo libro di memorie autobiografiche Ernesto Ferrero, qui in veste di giovane tifoso juventino, ci riporta a un momento in cui l'epica di un calcio dal volto umano era ancora parlata e scritta: affidata alle radiocronache di Nicolò Carosio, alle immaginifiche descrizioni dei settimanali sportivi e poi di Gianni Brera, a figurine un po' meste in cui i calciatori non sorridono mai. Ma l'amarcord va oltre le tinte bianconere. Perché il calcio è un linguaggio universale in cui c'è dentro tutto: il singolo e il gruppo, il valore e la fortuna, il metodo e l'estro, la beffa e il riscatto. Siamo nei primi anni del secondo dopoguerra, segnati dalla storica partita Italia-Inghilterra e dalla tragedia del Grande Torino, e poi negli anni Cinquanta e Sessanta, quelli di un trio indimenticabile: l'astuto «cardinal» Boniperti; John Charles, il gigante buono; e Omar Sivori, l'imprendibile, beffardo coboldo italo-argentino. Insieme a loro, altri campioni e gregari, un'intera città in amore, il suo carismatico monarca Gianni Agnelli. Il calcio diventa una lente con cui guardare un tempo incantato che sembra favolosamente remoto. Le storie famigliari (il padre che aveva giocato nelle squadre giovanili, la nonna che confeziona bandiere), gli incontri e i singoli ritratti si sciolgono con naturalezza in quella grande metafora della vita che è il calcio, in cui ritroviamo tutta l'incompiutezza e la fallibilità degli esseri umani, le loro grandezze e miserie e imprevedibilità. Anche per questo il calcio ha coinvolto e appassionato scrittori che, in dialogo con l'autore, vengono colti al volo in queste pagine. Cosí Mario Soldati, Pier Paolo Pasolini, Vittorio Sereni, Giovanni Arpino, Osvaldo Soriano diventano parte integrante di un album di famiglia che non smetteremmo mai di sfogliare. -
Una stagione selvaggia
Hap ha rinunciato da tempo a salvare il mondo: la sua unica preoccupazione è vivere tranquillo, tra chiacchiere oziose e interminabili bevute con l'inseparabile Leonard. Ma il grande sogno degli anni Sessanta gli è rimasto incollato addosso perché non ha mai dimenticato Trudy, la bionda con cui aveva giocato a fare la rivoluzione. Quando Trudy ricompare nella sua vita, chiedendogli di recuperare il bottino di una rapina in banca, accetta l'incarico finendo però a capofitto in una spirale di violenza alla quale potrà sottrarsi soltanto con l'aiuto di Leonard. Quei soldi fanno gola a molti, e c'è chi è disposto a tutto pur di non dover dividere il malloppo. Lansdale accompagna il lettore tra paludi melmose e palazzi fatiscenti, ormai accerchiati dalla nuova America dei centri commerciali e degli immensi parcheggi di cemento. E già dispensa a piene mani quel misto di umorismo sardonico e sottile nostalgia, di idealismo e disillusione che ha fatto di Hap Collins e Leonard Pine una coppia di detective tra le più affascinanti e amate degli ultimi anni. -
Crooner
Illustrato da Bianca Bagnarellirnrn«Una storia d'amore e altre cose, malinconica come Venezia» – Il Postrnrn Venezia, una gondola al chiaro di luna, la voce calda del vecchio crooner Tony Gardner, che un tempo ammaliava le folle. Esiste scenario piú romantico per una serenata all'amore che fu? Esiste scenario piú crudele? -
Lo spazio bianco
Maria ha superato da poco i quarant'anni, vive a Napoli, lavora come insegnante in una scuola serale e un giorno, al sesto mese appena di gravidanza, partorisce una bambina che viene subito ricoverata in terapia intensiva neonatale. Dietro l'oblò dell'incubatrice Maria osserva le ore passare su quel piccolo corpo come una sequenza di possibilità. Niente è più come prima: si ritrova in un mondo strano di medicine, donne accoltellate, attese insensate sui divanetti della sala d'aspetto, la speranza di portare sua figlia fuori da lì. Nei giorni si susseguono le mense con gli studenti di medicina, il dialogo muto con i macchinari e soprattutto il suo lavoro: una scuola serale dove camionisti faticano su Dante e Leopardi per conquistarsi la terza media. La circonda e la tiene in vita un mondo pericolante: quello napoletano, dove la tragedia quotidiana si intreccia con la farsa, un mondo in cui il degrado locale è solo la lente d'ingrandimento di quello nazionale. -
Il signor Mani. Romanzo in cinque dialoghi
La saga appassionata e coinvolgente di un'antica famiglia ebraica, i Mani, si dipana a ritroso nel tempo strappando al passato le voci di sette generazioni.Dal giovane Efraim, soldato israeliano di stanza in Libano nei primi anni Ottanta, al patriarca Abraham vissuto nell'Atene di metà Ottocento, i diversi «signor Mani» sfilano nella storia e si trasmettono di padre in figlio una tragica eredità. Può un uomo spezzare la catena che lo lega al passato e al futuro? Può annullare la propria identità? Yehoshua mette in scena cinque dialoghi in cui di volta in volta una voce diversa ci guida verso i molti misteri di un intero popolo e di una famiglia animata dall'utopia della pace. -
I viaggi
Nel 1325 Ibn Battuta, partito da Tangeri 28 anni prima, torna definitivamente in Marocco dopo ventotto anni di viaggi e centoventimila chilometri percorsi con tutti i mezzi di trasporto allora in uso, dal cavallo al dromedario, dal carro ai più svariati tipi di imbarcazione. Secondo un odierno atlante geografico, ha attraversato l'equivalente di quarantaquattro stati moderni dall'Africa a tutto il Medio Oriente, dalla pianura del Volga alle isole Maldive, dall'India alla Cina, incontrando migliaia di persone e prendendo nota dei loro usi e costumi. Tre anni dopo il suo ritorno, un giovane letterato di origine andalusa, Ibn Juzayy, inizia per ordine del sultano ad annotare i ricordi di Ibn Battuta e le sue osservazioni di viaggio, scrivendo cosi uno dei libri più famosi della letteratura araba medievale. -
La vita accanto
Rebecca è nata irreparabilmente brutta. Sua madre l'ha rifiutata dopo il parto, suo padre è un inetto. A prendersi cura di lei, la zia Erminia, il cui affetto però nasconde qualcosa di terribile, e la tata Maddalena, affettuosa e piangente. Ma Rebecca ha mani bellissime e talento per il piano. Grazie all'anziana signora De Lellis, Rebecca recupera un rapporto con la complessa figura della madre, scoprendo i meccanismi perversi della sua famiglia. E nella musica trova un suo modo singolare di riscatto, una vita forse possibile. La Veladiano racconta senza sconti l'ipocrisia, l'intolleranza, la crudeltà della natura, la prevaricazione degli uomini sulle donne, l'incapacità di accettare e di accettarsi, la potenza delle passioni e del talento. -
Il desiderio di essere come tutti
I funerali di Berlinguer e la scoperta del piacere di perdere, il rapimento Moro e il tradimento del padre, il coraggio intellettuale di Parise e il primo amore che muore il giorno di San Valentino, il discorso con cui Bertinotti cancellò il governo Prodi e la resa definitiva al gene della superficialità, la vita quotidiana durante i vent'anni di Berlusconi al potere, una frase di Craxi e un racconto di Carver... Se è vero che ci mettiamo una vita intera a diventare noi stessi, quando guardiamo all'indietro la strada è ben segnalata, una scia di intuizioni, attimi, folgorazioni e sbagli: il filo dei nostri giorni. Francesco Piccolo ha scritto un libro che è insieme il romanzo della sinistra italiana e un racconto di formazione individuale e collettiva: sarà impossibile non rispecchiarsi in queste pagine (per affinità o per opposizione), rileggendo parole e cose, rivelazioni e scacchi della nostra storia personale, e ricordando a ogni pagina che tutto ci riguarda. ""Un'epoca quella in cui si vive - non si respinge, si può soltanto accoglierla""""."" -
Le cavie. Poesie 1980-2018
Quarant’anni di poesia alla ricerca di un passaggio fra sperimentazione e comunicazione.rnrn«Venti, venticinque anni fa leggevo moltissimi poeti italiani. Italiani. Negli ultimi anni non molto. Amo certi nomi, come Zanzotto. Ho visto cose di un giovane che mi piacciono, Magrelli» - Joseph Brodskyrn«La sua poesia è un soliloquio scritto con la penna su un quadernetto, nelle ore più tarde e silenziose della notte. Poesia chiara come acqua in un bicchiere di vetro e, proprio come quell’acqua, vertiginosa: nella sua chiarità, annegano gli sguardi. Poesia in cui il pensiero si guarda pensare, e, nel guardarsi, scompare» - Octavio Pazrn«Aveva ragione Zanzotto quando io, nel mio entusiasmo, incontrando Zanzotto a Treviso, gli ho parlato di questo Magrelli, Zanzotto da poeta vero, da grande artista, ha detto c'è il passo della tigre» - Federico Fellinirn«C’è un poeta come Magrelli che io metterei molto in alto nella gerarchia» - Andrea ZanzottornrnrnQuesto volume riunisce le sei raccolte di Valerio Magrelli: Ora serrata retinae (1980), Nature e venature (1987), Esercizi di tiptologia (1992), Didascalie per la lettura di un giornale (1999), Disturbi del sistema binario (2006) e Il sangue amaro (2014). Grazie all’aggiunta di dodici testi successivi, il libro presenta dunque una produzione che, dopo il precoce esordio dal taglio meditativo, è passata a descrivere paesaggi tecnologici e patologici, toccando timbri di carattere civile, morale, politico.rnTradotta in molte lingue, l’opera di Magrelli è stata apprezzata da Italo Calvino, Giorgio Caproni, Elio Pagliarani, Antonio Porta, Enzo Siciliano e Andrea Zanzotto, mentre tra i suoi lettori stranieri spiccano Octavio Paz, Iosif Brodskij, Charles Simic, Yves Bonnefoy e Bernard Noël. -
L' ospite
Nessuno conosce davvero l'ospite, finché non lo incontra. Due straordinari racconti neri dell'indimenticabile maestro del thriller italiano. rn""I suoi occhi erano davanti a me, con la stessa nitidezza della prima e unica volta in cui i nostri sguardi si erano incrociati, cosí vicini da poter distinguere nettamente le sue pupille, nelle quali il colore non era immobile, ma pareva in continuo movimento. Fu come affacciarsi per un attimo sul bordo di un pozzo, nel quale l'acqua che rifletteva la luna non fosse uno specchio piano, ma si muovesse come aspirata da un gorgo.""""rnL'ospite è sempre diverso. È una presenza bizzarra e terrorizzante, dall'espressione imperturbabile, che attraversa la vita di un presentatore ritiratosi all'apice della carriera e quella di un cronista spregiudicato che ha seguito le sue tracce fino ai Caraibi. È un anonimo passeggero sceso da un treno in una stazione di provincia, un uomo che ha negli occhi la determinazione di chi ha compiuto una scelta: non ha scadenze da rispettare, solo un risultato da ottenere. L'ospite può portare a termine una resa dei conti perfetta, oppure essere un mistero tanto spaventoso che nessuno, in realtà, vuole svelare. «I suoi occhi erano davanti a me, con la stessa nitidezza della prima e unica volta in cui i nostri sguardi si erano incrociati, cosí vicini da poter distinguere nettamente le sue pupille, nelle quali il colore non era immobile, ma pareva in continuo movimento. Fu come affacciarsi per un attimo sul bordo di un pozzo, nel quale l'acqua che rifletteva la luna non fosse uno specchio piano, ma si muovesse come aspirata da un gorgo»."" -
In principio, confusione e paura
Un classico della letteratura ebraica moderna e contemporanearnrn«Sono tante le voci di questa storia. Tante e variegate, l'una diversa dall'altra. E c'è una straordinaria capacità dell'autore di intrecciare il pubblico e il privato, di mostrarci angoli di vita intimi, di costruire dialoghi che pare di sentirli con le orecchie e vederli nei volti e nei gesti dei personaggi. È un realismo molto particolare, quello di Reuveni: se c'è una tesi nel romanzo, che ruota intorno a questo nuovo spaesamento generato da circostanze storiche in cui ancora una volta gli ebrei sentono la terra mancare loro sotto i piedi, è non meno vero che queste pagine sono avvincenti per la trama, per il formidabile disegno dei suoi personaggi, della città, dei suoi spazi esterni e interni. C'è in sostanza un attaccamento profondo e tenace alla realtà. E, soprattutto, alla complessità di una realtà piú inafferrabile che mai, in cui non è soltanto il futuro a essere incerto. A buon diritto, dunque, In principio, confusione e paura si inscrive nella categoria dei classici della letteratura ebraica moderna e contemporanea.» – dalla prefazione di Elena LowenthalrnrnAllo scoppio della Prima guerra mondiale il progetto sionista entrò in crisi. Moltissimi ebrei insediati in Palestina provenivano dalla Russia e all'entrata in guerra dell'Impero ottomano a fianco degli Imperi centrali erano diventati dei nemici. Di fronte alla prospettiva di essere internati o spediti ai lavori forzati e di fronte alla paura di violenze e rapine, molti decisero di lasciare gli insediamenti e trasferirsi in Egitto o in America. Il romanzo di Reuveni, pubblicato nel 1919, racconta il bivio politico-morale-esistenziale di quanti dovevano prendere una decisione in quei giorni. Con personaggi in parte presi dalla realtà (Ben Gurion, Ben Zvi, Reuveni stesso) in parte di invenzione, come il contabile Tziprovitch, una delle grandi figure di «inetto» della letteratura del Novecento. -
L' arte di perdere
Naïma è francese e pensa di non avere nulla in comune con quel paese sulla riva opposta del Mediterraneo. Fino a quando per lavoro non è costretta a visitare l'Algeria e decide di conoscere meglio la travagliata storia della sua famiglia. rnrn«L'arte di perdere ricompone i tasselli mancanti di una famiglia, raccontando in che modo – in un battito di ciglia – si può perdere l'equilibrio e finire dalla parte sbagliata della Storia.» – Le MondernrnNaïma si sente francese e non si è mai interrogata sul passato della sua famiglia. Per lei l'Algeria è una filastrocca incomprensibile cantata dalla nonna, i capelli ricci ereditati da suo padre, la schiera di zii e zie riuniti per i banchetti a base di couscous. Ma cosa significa che suo nonno era un harki ? E per quale motivo suo padre non ha mai voluto parlarle della sua infanzia? L'arte di perdere è la storia di un lungo silenzio e della volontà di colmarlo. Attraverso il ritratto indimenticabile di tre generazioni, Alice Zeniter canta l'amore di una famiglia prigioniera di un passato tenace e di una struggente voglia di libertà. « L'arte di perdere ricompone i tasselli mancanti di una famiglia, raccontando in che modo – in un battito di ciglia – si può perdere l'equilibrio e finire dalla parte sbagliata della Storia». Alí ha perso tutto. Eppure non ha mai creduto che la Storia potesse riservargli qualcosa di brutto. Non a lui che è sopravvissuto alla battaglia di Montecassino combattendo per la Francia. Non a lui, a cui il cielo ha – letteralmente – donato un torchio e Dio un primogenito bello e sano come Hamid. Ma quando nel 1962 l'Algeria ottiene l'indipendenza, Alí non è piú l'uomo onorato e rispettato del suo piccolo villaggio. Ha dovuto collaborare con gli oppressori francesi: ora nuovi oppressori lo perseguitano in nome di un'altra bandiera. Alí deve lasciare per sempre – ma questo ancora non lo sa – gli uliveti della sua amata montagna in Cabilia. Hamid è ancora piccolo quando perde tutto per la prima volta. O meglio, scambia tutto quello che ha: l'innocenza per lo spettacolo delle torture della guerra civile, la casetta sul crinale per una tenda in un desolante campo d'accoglienza, i suoi fieri genitori per due ombre svuotate da un'anonima banlieue francese. Di quello sradicamento Hamid finisce per farne una religione, condannando il paese della sua infanzia all'oblio e se stesso alla condizione permanente di straniero. Naïma ha perso l'Algeria prima ancora di poterla avere. Perché il padre Hamid non ha mai voluto raccontarle niente, sua nonna non parla la sua lingua, la metà dei suoi zii è nata in Francia, suo nonno Alí è morto da tempo e in fondo va bene cosí. Naïma è francese e pensa di non avere nulla in comune con quel paese sulla riva opposta del Mediterraneo. Fino a quando per lavoro non è costretta a visitare l'Algeria e decide di conoscere meglio la travagliata storia della sua famiglia. Anche se tutti... -
Brooklyn
L'America vista dagli occhi di una giovane irlandese che emigra in cerca del suo posto nel mondo.1952. Trovare lavoro a Enniscorthy, nel Sud-Est del-l'Irlanda, semina solo frustrazione e desiderio di un benessere che non c'è. La giovane Eilis Lacey, prigioniera del confronto quotidiano con la madre e la sorella Rose, non ha davanti a sé alcuna prospettiva, finché la visita di un prete emigrato, padre Flood, le fa intravedere l'opportunità di un'esistenza migliore, al di là dell'oceano, a New York. Sarà proprio a Brooklyn che Eilis a poco a poco imparerà a sentirsi a casa in una terra dove tutto è possibile. E l'incontro con Tony, un ragazzo italiano, cambierà la sua vita per sempre. Un romanzo in grado di parlare la lingua dei legami piú autentici e profondi, che attraversa oceani emotivi in quella linea d'ombra tra l'adolescenza e l'età adulta.