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Paolina
Ancora una volta, con parole cariche di poesia, Lodoli cuce in una storia il finito e l'infinito, la fragilità e l'assoluto, il tempo e l'eternità. rnrn«Forse tutti quanti insieme portano l'umanità da qualche parte, non sanno dove ma spingono la vita verso il futuro del mondo. E allora ognuno ha un senso, anche chi va in direzione opposta».rnrnQuando Paolina scopre di essere incinta non ha niente e nessuno, solo tanti pensieri da mettere in fila, un giorno per decidere, e tre rose rosse ricevute in dono da una zingara. Investita di un compito piú grande di lei, s'incammina per le strade di Roma invisibile al mondo, alla ricerca dei tre ragazzi con cui ha avuto una breve storia d'amore. Il primo è un punk che suona in un centro sociale, il secondo è un borghese che tira di scherma, il terzo è un amico pieno di problemi. Quando li trova, è ogni volta un incontro difficile, vibrante, deludente. Nessuno di loro vuole essere il padre di suo figlio: sono infelici, fragili, confusi, ma sono soprattutto così rassegnati da sentirsi già la vita alle spalle. Paolina si trascina per la città ancora piú sola, in una giornata che sembra dilatarsi all'infinito, e che diventa ai suoi occhi attenti un immenso teatro in cui da sempre si ripete identica la stessa scena. Sarebbe bello sparire, pensa, o forse, nonostante tutto, incrociare uno sguardo «che la mantenga nel mondo», che le dica che in quel caos anche il suo esserci ha un senso. E cosí arriva la sera, il buio, la paura, e Paolina non può far altro che chiudere gli occhi, per difendersi dal mondo e rifugiarsi altrove, in un ricordo leggero che la porti via di lí. Ma all'alba, nella macchina parcheggiata in cui ha trascorso la notte, il cellulare suona. Ed è una telefonata assurda e miracolosa. Una voce sconosciuta che sa come proteggerla perché da sempre conosce la sua solitudine. E soprattutto quel vuoto incolmabile che la rende diversa eppure speciale, perché, le rivela, nel suo niente c'è coraggio, c'è il mondo intero, e tutta se stessa. Ancora una volta, con parole cariche di poesia, Lodoli cuce in una storia il finito e l'infinito, la fragilità e l'assoluto, il tempo e l'eternità. Paolina ha quindici anni e la sensazione di averne diecimila. Di essere inutile eppure in qualche modo necessaria, come una montagna che fa da contrappeso al mondo impedendogli di precipitare. Con l'immensa fatica degli ultimi, di chi ha solo il posto che gli è stato assegnato e nient'altro, Paolina percorre la sua strada con la forza e la purezza di una creatura celestiale chiamata a un compito supremo: andare piú lontano e non essere mai infelice, neanche nell'infelicità. -
Mangiare è un atto civico
L'atto di mangiare implica la responsabilità di tutti e di ciascuno, attraverso una grande catena che va dalla Terra al piatto. Noi non siamo al centro del mondo. Le altre specie viventi - animali e vegetali - meritano lo stesso rispetto che riserviamo a noi stessi. Continuare a distruggerle, come stiamo facendo, significa condannarci a una morte certa, ben più di quanto non si creda. In questo libro, dove ha scelto di raccontare alcuni episodi della sua vita, Alain Ducasse ci propone alcune soluzioni concrete per riapprendere a mangiare. Nel corso di queste pagine incontrerete un curioso gesuita delle Filippine, un cuoco che serve delle carote al vapore a tutta New York, un orticoltore della banlieu, una coppia di piccoli produttori che, in Normandia, hanno creato un ecosistema unico nel suo genere. Il loro impegno, l'impegno di Ducasse, è anche il vostro. Perché mangiare è un atto civico. -
L' alba di un mondo nuovo
Con questo suo primo libro di narrativa, Alberto Asor Rosa rimette in gioco la sua scrittura immergendola nei grovigli della memoria. Ci troviamo a leggere così la storia di un bambino che inizia ad andare a scuola verso la fine degli anni Trenta ed è ormai un ragazzino quando il libro finisce, nel maggio del '45. E leggiamo la storia dell'Italia che in quel giro di anni vive avvenimenti politici decisivi: l'entrata in guerra, i primi bombardamenti, i militari sbandati dopo l'8 settembre del '43, le Fosse Ardeatine. E poi le avvisaglie di un mutamento antropologico che sarà rapidissimo nel dopoguerra; le ultime istantanee di un'Italia di campagna fatta di lampade a petrolio e spostamenti a dorso d'asino. Ma sotto il racconto, così apparentemente razionalizzato, si sente il ribollire dei frammenti di vita inappagati dalla trascrizione, si sentono le infinite possibilità scartate. Ed è questo che fa del libro, al di là del valore etico di testimonianza, un avvincente viaggio nella memoria. -
La città e la casa. Nuova ediz.
Apparso nel 1984, «La città e la casa» è un romanzo epistolare che racconta la disgregazione della famiglia, la crisi dei ruoli tradizionali, il vuoto drammatico che accompagna la vita dei nostri giorni. La mancanza di virilità, l'assenza della figura paterna, l'insicurezza dei figli compongono i frammenti di un'armonia ormai dispersa in un fitto susseguirsi di eventi spesso drammatici tra Roma, l'Umbria e l'America. Lettera dopo lettera, padri, figli, amici, amanti vengono messi di fronte a se stessi e al loro bisogno di verità. L'autrice ricostruisce le schegge di queste vite e racconta nel consueto stile, asciutto e lirico insieme, la perdita di quel senso di appartenenza che ha il suo simbolo più evidente nella casa: perché «uno le case può venderle o cederle ad altri finché vuole, ma le conserva ugualmente per sempre dentro di sé». -
Barzellette
Divertenti, dissacranti, scorrettissime. Ascanio Celestini ha raccolto e reinventato barzellette provenienti da ogni parte del mondo. Ce le racconta in una cornice inaspettata con la sapienza di un grande narratore, mettendole in fila come i vagoni di un treno e mostrandoci «quanto siamo infami, ma anche quanto siamo liberi e deboli».rn Te la ricordi quella battuta dei due giovani preti sul matrimonio? Il primo dice all'altro: – Secondo te ci arriveremo a vedere il giorno in cui si sposeranno preti e suore? E il secondo risponde: – Noi non lo vedremo, ma i nostri figli sí! Sai che differenza c'è tra la fidanzata, l'amante e la moglie? Dopo aver fatto l'amore la fidanzata alza gli occhi, sospira e dice: – Ti amo. L'amante invece sospira, alza gli occhi e ti dice: – Sei grande. E la moglie? Non sospira, ma anche lei alza gli occhi. Poi dice: – Beige… Il soffitto lo farei beige! La fidanzata parla al fidanzato. – Amore, cosa significa la parola pedofilo? E lui: – Che parolone difficile per una bambina di sei anni!Una stazione, due uomini che aspettano un misterioso convoglio partito da lontano e un «brogliaccio» pieno di barzellette da leggere per ingannare l'attesa. Sono storielle popolate da naufraghi e cannibali, carabinieri e politici, scienziati e filosofi, preti, suore, ebrei e musulmani, mariti e mogli impegnati nell'eterna lotta tra i due sessi, e ancora animali, suocere, amanti. Storie che non appartengono a nessuno, ma sono a disposizione di tutti. Ci dicono cosa siamo diventati, ci consentono di scavare nel torbido senza diventare persone torbide. E, soprattutto, fanno letteralmente morire dal ridere. -
La strada che va in città
Questa edizione, corredata da Notizie sul testo, antologia della critica, bibliografia e cronologia della vita e delle opere, ripropone la versione ristampata nel 1945 con il nome dell'autrice, che comprendeva anche i racconti Un'assenza, Casa al mare, Mio marito.«Aspro, pungente, pieno di sapori nuovi come un frutto appena un po' acerbo, ""La strada che va in città"""" è uno dei libri piú belli di Natalia Ginzburg» – Cesare GarboliUscito nel 1942 sotto lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte, La strada che va in città è la storia di una ragazza che sceglie di fare un matrimonio d'interesse, di prendere la strada che va in città. Per poi accorgersi che il vero amore è altrove. Passioni senza via di uscita, vite alla deriva, anime alla ricerca di un approdo sicuro dove lenire le proprie delusioni: con uno sguardo impietoso ma distaccato, Natalia Ginzburg, in questo suo primo romanzo, descrive la solitudine di un'esistenza che nel gioco della memoria rievoca ciò che le è passato accanto come un mistero incomprensibile e inafferrabile.Completano l'opera un'introduzione di Cesare Garboli e una prefazione dell'autrice."" -
La ricerca delle radici
Quanto delle nostri radici viene dai libri che abbiamo letto? «Tutto, molto, poco o niente, risponde Primo Levi, a seconda dell'ambiente in cui siamo nati, dalla temperatura del nostro sangue, dal labirinto che la sorte ci ha assegnato.» Nel 1981 Levi allestisce un'antologia degli autori che gli sono più cari e più hanno contato per lui, motivando le sue scelte attraverso una serie di 'cappelli' che possiamo anche leggere come una dichiarazione di poesia. Ancora una volta Levi si conferma scrittore onnivoro, enciclopedico e curioso, che incrocia gli interessi scientifici con quelli umanistici, sino a comporre una figura di scrittore rara e forse unica nel nostro panorama letterario. -
Amore di confine
I capitoli in cui è diviso il libro sembrano scandire i momenti di un'autobiografia: la prigionia nei campi di lavoro nazisti narrata con attenzione al fiorire della solidarietà anche nelle circostanze più drammatiche; il ritorno a casa e il lavoro come avventizio al servizio catastale, esemplare microcosmo di contadini e montanari, dove è possibile seguire sulle mappe e sui documenti l'intreccio delle varie vicende familiari; la vita quotidiana al paese, con i suoi personaggi salienti. Il titolo allude sia alla particolare posizione geografica di quel crocevia di genti, di lingue ed esperienze, che a quello speciale momento che è caro all'ispirazione dell'autore: il trapasso struggente di età e stagioni, che ogni anno trova la sua dimensione poetica nel disgelo. -
Dialogo
Nel giugno 1984, davanti a un piccolo registratore, un grande scrittore e un grande fisico si ritrovano a parlare delle loro esperienze e passioni intellettuali. Ne scaturisce un dialogo pieno di sorprese, curiosità, confessioni autobiografiche, proiezioni mirabolanti, humour. Uno dei rari momenti in cui la cultura scientifica e quella umanistica si ritrovano per dare vita a uno straordinario percorso di conoscenza. -
Il coraggio di dire no. Conversazioni e interviste 1963-2007
La guerra in Russia, il ritorno a casa, il lavoro, la stesura dei suoi libri, la storia d'Italia e, naturalmente, la forza commovente della natura: Giuseppe Mendicino mette insieme quarant'anni di interviste a Mario Rigoni Stern, regalandoci il ritratto di un autore che consegna al pubblico non soltanto la sua opera e le riflessioni sulla scrittura, ma anche la sua altissima coscienza morale e civile. Un Rigoni Stern che non si sottrae, che spiega, precisa, discute, prolungando nelle interviste l'arte di un racconto epico fondato sulla memoria. E che affronta questioni politiche, etiche e civili del ventesimo secolo con la dolorosa lucidità di un uomo che è stato testimone di uno dei momenti più bui della storia del nostro Paese. -
La Germania di Weimar. Utopia e tragedia. Nuova ediz.
Questa edizione è arricchita da una nuova introduzione e da un capitolo finale dedicato all'eredità di Weimar, come simbolo di tutte le fragilità che insidiano ogni democrazia.rnrnrn La Repubblica di Weimar è stata a lungo dipinta solo come un momento di passaggio, seppur drammatico, tra la Grande Guerra e il Terzo Reich. In realtà, fu molto di piú. Il sistema di democrazia parlamentare che seppe realizzare fu sorprendente: non solo perché nacque pochi mesi dopo la fine di un conflitto mondiale da cui la Germania era uscita sconfitta e umiliata da quanto stabilito nel Trattato di Versailles ma, soprattutto, per la portata delle trasformazioni politiche, sociali e del costume che la contraddistinsero. Alle riforme di welfare si accompagnò una vivacità intellettuale e una creatività che fecero in particolare di Berlino una capitale mondiale dell'arte d'avanguardia: la letteratura, l'architettura, il cinema, la fotografia e la filosofia furono rivoluzionati da personalità le cui opere sono divenute capisaldi della cultura occidentale del Novecento. Con una narrazione calibrata e sempre avvincente, Weitz fa rivivere quel periodo di radicali contrapposizioni, con l'ausilio di documenti istituzionali, articoli e testimonianze dirette corredati da immagini e fotografie. Ne emerge un quadro esaustivo dei quattordici anni della repubblica, con le sue molte luci e le sue altrettanto numerose zone buie. -
Racconti parigini
Hemingway senza un soldo fra bistrot e librerie, Proust a Versailles per la festa del secolo, Buzzati alle prese con la sua personale Torre Eiffel, Perec in Saint-Sulpice per un nuovo esperimento... Attraverso le loro storie e le loro parole, Corrado Augias ci guida in un viaggio di scoperta per la città piú raccontata del mondo. Perché Parigi è una festa mobile, che «non avrà mai fine». rnrnGli ampi boulevard, le luci infinite, gli spettacoli piú arditi, le avanguardie piú innovatrici, e poi la disinvoltura dei costumi, la ricchezza e il disordine della vita artistica, lo stile dispensato in ogni minimo dettaglio... Nessuno scrittore dell'Otto e Novecento ha saputo resistere al richiamo di Parigi, e tutti hanno lasciato traccia del loro incantamento in racconti e romanzi entrati di forza nell'immaginario globale, al punto che oggi è impossibile visitarla per la prima volta senza avere l'impressione di conoscerla da sempre. Corrado Augias, parigino di adozione e fine conoscitore della storia anche artistica della città, ha raccolto venti fra i racconti piú belli su Parigi: da Balzac a Zola, da Gertrude Stein a Vila-Matas, da Irène Némirovsky a Benjamin, una carrellata di storie, visioni e descrizioni che ne celebrano la grandezza e ne illuminano i misteri nascosti. Perché la città delle luci non è priva di ombre, dai grandi romanzi popolari tessuti su storie sinistre ai gialli affidati all'intuito del commissario Maigret. Parigi è città di pietra e di fantasia. Quello che si compone è un mosaico di voci e immagini, ma è anche una sorprendente guida di viaggio. Non c'è rue o arrondissement che non abbia generato un suo riflesso letterario, e attraverso le pagine dei grandi scrittori si può meglio comprendere la vera natura di Parigi, luogo dell'immaginazione prima ancora che reale, «di tutte le città del mondo, la piú vistosa e la piú invisibile». Globale come New York, misteriosa come Londra, antica (quasi) come Roma, vivace come Istanbul, Parigi è una città che ne contiene mille. È nota universalmente come ville lumière , ma forse sarebbe piú giusto dire ville littéraire , perché nessun luogo è stato amato, vissuto e decantato dagli scrittori piú di Parigi. -
Il pianeta umano. Come abbiamo creato l'Antropocene
rn Meteoriti, metano, megavulcani e oggi gli esseri umani; alle vecchie forze naturali che trasformarono la Terra molti milioni di anni fa se ne è aggiunta un'altra: noi.rn «Questo libro, scritto in modo splendido, è davvero uno dei libri piú importanti che abbia mai letto» - Ellie Mae O'Hagan, «The Guardian»rnrn Le nostre azioni hanno portato la Terra in una nuova epoca geologica, l'Antropocene. Per la prima volta nei quattro miliardi e mezzo di storia del nostro pianeta, una specie ne sta determinando il futuro. Per alcuni, l'Antropocene simboleggia un futuro di controllo superlativo dell'ambiente. Per altri, è la massima hybris , l'illusione di dominare la natura. Comunque la pensiate, appena sotto la superficie di questo termine scientifico un po' strano, Antropocene, troverete un entusiasmante miscuglio di scienza, filosofia, religione e politica collegato alle nostre paure piú grandi e alle nostre visioni utopistiche. Ricostruendo i nostri impatti sull'ambiente nel corso del tempo per capire quando gli esseri umani iniziarono a dominare la Terra, gli scienziati Simon Lewis e Mark Maslin ci mostrano in modo magistrale che cosa significa la nuova epoca per tutti noi. La storia, la scienza e la politica di una delle idee scientifiche piú importanti del nostro tempo ricostruite da due esperti di fama mondiale. Il racconto vertiginoso dell'azione umana sul sistema Terra e delle sue enormi ripercussioni sull'ambiente e sui modi in cui viviamo. -
Artù, Lancillotto e il Graal. Vol. 1: La storia del Santo Graal. La storia di Merlino. Il seguito della storia di Merlino
Il ciclo di romanzi in antico francese che gli specialisti conoscono con il titolo Lancelot-Graal, o ciclo della Vulgata, non è mai stato tradotto integralmente in italiano in epoca moderna, nonostante sia una delle opere piú grandiose del Medioevo europeo, e abbia esercitato uno straordinario influsso sull'immaginario narrativo della cultura occidentale. Di autore ignoto, forse piú autori al lavoro insieme, composta nei primi decenni del XIII secolo in una località imprecisata della Francia del Nord, non incardinata né sui miti del mondo greco-romano né sul confronto tra il mondo cristiano e il mondo islamico, la Vulgata non sembra possedere i connotati che definiscono un classico secondo i parametri correnti, e di fatto non è stata ancora pienamente riconosciuta come tale. Non è tra le opere entrate nei canoni della modernità letteraria, non è tradotta in molte lingue, anche in Francia è entrata nella collana della Pléiade solo pochi anni fa. Eppure è in questa successione di romanzi che per la prima volta trova una struttura compiuta, e riesce quindi a porsi come nuova fonte mitologica, un mondo narrativo la cui potenza è rimasta memorabile fino a oggi. Non solo il bacio dell'amore tra Lancillotto e Ginevra, o il regno di Artú e le magie di Merlino, ma il potere di Escalibur, la spada nella roccia, l'equilibrio utopico della Tavola Rotonda, l'idea dell'avventura come condizione del cavaliere errante, le foreste e i draghi, le damigelle e i giganti, la gratuità e la follia dell'amore e dell'amicizia, e infine l'intreccio di questo mondo con le tragedie della guerra e soprattutto con il mito del Graal, che a partire dal nostro ciclo diventa il riferimento originario – in quanto strumento eucaristico dell'Ultima Cena – della storia cristiana, e insieme il segno escatologico del suo compimento. L'efficacia di questo nuovo sistema articolato di racconti fantastici si è manifestata, oltre che nel successo del ciclo in quanto tale, anche e anzi soprattutto nella fortuna di alcune sue componenti e nella capacità di offrire materia inesauribile alla letteratura per i secoli a venire. A partire dall'invenzione del Lancelot-Graal vedono la luce gli altri grandi cicli di poco successivi, il Tristan en prose e il Guiron le Courtois , e da questo bacino tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento Boiardo e l'Ariosto reinventeranno il poema cavalleresco, incrociandolo con la materia epica nel nome di Orlando. (...) Questa incredibile fecondità tematica del mondo arturiano cosí come fu per la prima volta organizzato nel Lancelot-Graal si deve anche a un fattore del suo successo che è sicuramente meno noto, ma che ha svolto un ruolo non secondario nello sviluppo della narrativa europea moderna. È infatti nei romanzi del nostro ciclo che si sperimentano per la prima volta, con un'estensione fino ad allora impensabile, i meccanismi narrativi della prosa di finzione in una lingua volgare. La gestione dei personaggi e dei loro rapporti, le sfumature dei dialoghi e dei monologhi interiori, l'intreccio di piú piani concomitanti dell'azione, l'organizzazione del tempo narrato e... -
Ricordi dormienti
Con parole che sembrano scritte sulla superficie dell'acqua, tra sogno e ricordo, Modiano traccia quell'itinerario sentimentale che tutti percorriamo a ritroso alla ricerca di noi stessirnrnUn giorno, sul lungosenna, Jean perde l'equilibrio: dalla riva del presente precipita in un vortice di ricordi che credeva perduti. Anche se il tempo ne ha sfumato i contorni, a Jean tornano in mente numeri di telefono inventati, fermate del metrò, dediche scritte con l'inchiostro blu. Ma i dettagli piú irrisori sono indizi per ritrovare le donne che Jean ha incontrato e che ora, come spettri evanescenti, eludono la sua presa nel labirinto della memoria. Nelle piante le gemme dormienti rimangono a riposo anche per diversi anni – fino a cento nella quercia – e si schiudono un giorno, per caso. Ai ricordi di Jean succede la stessa cosa: il titolo di un libro intravisto su una bancarella del lungosenna basta a destare le immagini di un passato che credeva di avere smarrito. Come trasportato da una nuvola di impalpabile malinconia, Jean ritorna cosí alla Parigi della sua giovinezza, alle passeggiate della domenica pomeriggio, agli incontri nei caffè all'alba, agli arrondissement deserti nel caldo d'agosto. Scene, dettagli, parole che scortano il protagonista ad appuntamenti con fantasmi in bianco e nero, lo investono di paure dimenticate, lo seducono con fughe da porte secondarie e dedali di strade parigine in cui nascondersi. La geografia dei luoghi si fonde con i ritratti sfuggenti di donne dal fascino sibillino: Martine, Mireille, Geneviève, Madeleine, la signora Hubersen, una ragazza di cui Jean omette il nome perché coinvolta in un misterioso delitto. E proprio come se avessero commesso un crimine in preda a un raptus emotivo, i ricordi del narratore – che a volte sembrano tanto coincidere con quelli dell'autore – non implorano né oblio né perdono, bensí l'impunità immeritata che il tempo garantisce anche ai piú feroci assassini. Ma non c'è una legge dei ricordi a sancirne la prescrizione: in questi casi non resta che rinviarli al giudizio inappellabile della nostalgia. -
Vivere con i libri. Un'elegia e dieci digressioni
I libri che abbiamo letto e conservato, quelli che abbiamo accumulato, quelli che teniamo sempre con noi anche se non li abbiamo mai aperti: una biblioteca è capace di raccontare una vita a volte meglio di qualsiasi biografia. rnrn«Manguel ha tracciato una cartografia dell’eros della lettura. Èrnil Don Giovanni delle biblioteche» - The GuardianrnrnrnAlberto Manguel ha scritto un'elegia struggente ma non nostalgica, dolce ma non rassegnata sul nostro amore per i libri. E su come essi siano, insieme alle librerie e alle biblioteche pubbliche, la base del vivere civile. «Manguel ha tracciato una cartografia dell'eros della lettura. È il Don Giovanni delle biblioteche». «Uno scrittore scrive quello che può, un lettore legge quello che vuole», disse una volta Jorge Luis Borges. Intendeva che il lettore gode di una libertà che allo scrittore è preclusa: libertà di immaginare e di imparare, certo, ma anche libertà di leggere o non leggere un libro, di decidere cosa è o non è un classico, di ignorare le mode o gli obblighi di lettura. Un lettore o è libero o non è. Forse non è eccessivo definire Alberto Manguel, scrittore, traduttore, critico, direttore della Biblioteca nazionale argentina, il «lettore definitivo». E infatti nel corso di una vita intera dedicata ai libri ha costruito una biblioteca personale di oltre 35 000 volumi. Ma cosa succede quando si ritrova a dover traslocare dalla sua casa nella Loira a un piccolo appartamento newyorkese? Succede che deve scegliere quali volumi portare con sé e quali lasciare in un deposito, passarli in rassegna, uno dopo l'altro, e ascoltare la loro voce. La biblioteca di Manguel, a parte una manciata di esemplari, non possiede volumi particolarmente rari: è composta tanto di umili tascabili quanto di volumi rilegati in pelle, di novità luccicanti e di malconci libri che si porta dietro in ogni trasloco fin da quando era bambino, libri belli e libri brutti. Il fatto è che i libri raccontano tutti una storia. Non solo quella che c'è scritta dentro (che a volte non è nemmeno la piú importante), ma quella che si portano dietro. Perché ogni biblioteca è un luogo di memoria: sugli scaffali si succedono non solo i volumi ma anche il ricordo di quando leggemmo quel determinato testo, la città in cui l'abbiamo comprato, la persona che ce lo consigliò, il piccolo o grande dolore che quella lettura ha saputo lenire. Una libreria è una collezione di malinconie e di gioie, un repertorio di persone amate o dimenticate, un tributo alla speranza (o all'illusione) che quell'inerme massa di carta possa in qualche modo restituirci l'immagine degli individui che siamo. Cosí, mentre imballava la sua biblioteca e ne ascoltava la voce, Manguel ha scritto questa luminosa elegia con «dieci digressioni» che è tanto un diario di letture quanto una meditazione appassionata e urgente sulla lettura nel tempo presente; un'autobiografia e una riflessione sull'importanza delle biblioteche pubbliche e delle librerie per cucire insieme il tessuto civile di una comunità; una storia d'amore e di libertà degna di Eco e di... -
Martin Eden
Romanzo largamente autobiografico, ""Martin Eden"""" riflette l'inquietudine di London, la sua vita stravagante, la tensione autodistruttiva che lo porterà al suicidio. Il protagonista è un marinaio americano che finisce casualmente per frequentare il mondo borghese, salotti colmi di libri e fanciulle eteree. Tra l'iniziale timidezza e un'irresistibile attrazione per il nuovo ambiente, Martin Eden dovrà misurarsi con due impreviste passioni: la giovane Ruth Morse e la letteratura. Attraverso sogni delusi e speranze che sfumano, la strada verso la conquista di una fama che si rivelerà effimera sarà costellata dal conflitto tra le sue origini modeste e una cultura che comunque gli è estranea. I propositi di riscatto sociale e l'inclinazione per i miti borghesi del successo e della ricchezza si dilegueranno di fronte alla consapevolezza di una inevitabile alienazione."" -
Dove sta il limite. Attraversare i confini della Palestina occupata
Coraggioso, intelligente e decisamente controverso, Shehadeh esplora gli effetti devastanti dell'occupazione anche negli aspetti piú intimi della vita quotidiana.rnrn «Shehadeh rievoca brillantemente la tragedia palestinese, attraverso un'amicizia complicata. Un racconto di intensa intelligenza e onestà» - Ian McEwanrnrn Raja Shehadeh da giovane avvocato si era dato da fare per impedire il sequestro delle terre palestinesi e favorire la pace e la giustizia nella regione. È in quel periodo che stringe una forte amicizia con Henry, un ricercatore ebreo canadese. Ma quando la vita giorno dopo giorno diventa sempre piú insopportabile nei Territori, è impossibile sfuggire alla politica e al passato. E anche la piú forte delle amicizie, sul filo del confine israelo-palestinese, viene messa a dura prova. Shehadeh in questo libro, attraversando lo spazio (da Tel Aviv a Jaffa) e il tempo (dal 1959 al 2013), ci racconta l'evolversi della situazione dei palestinesi nei Territori occupati. Coraggioso, intelligente e decisamente controverso, Shehadeh esplora gli effetti devastanti dell'occupazione anche negli aspetti piú intimi della vita quotidiana. E si domanda se, coloro che oggi si considerano a vicenda i peggiori dei nemici, potranno mai riuscire a costruire un futuro comune insieme. -
Il ladro di anime
Non sono state stuprate. Non sono state torturate. Non sono state uccise. Eppure sono state annientate. Uno psychothriller mozzafiato che in Germania ha venduto 500mila copie. rn «Per fortuna era solo un sogno. Non era nuda. E le sue gambe non erano legate a quel lettino ginecologico antidiluviano, mentre il pazzo metteva in ordine gli strumenti su un carrello arrugginito. Poi si voltò e sulle prime non riconobbe cosa teneva nella mano incrostata di sangue. Appena lo vide, volle chiudere gli occhi, ma non ci riuscí. Non poteva distogliere lo sguardo dal saldatore incandescente che si avvicinava lentamente al suo corpo». rnrnrnrnIn una clinica psichiatrica immersa nella campagna innevata alle porte di Berlino si consumano le nove ore che precedono la paura. Pazienti, medici, infermieri scoprono che il Ladro di anime, il folle che da tempo terrorizza la città si trova all'interno della struttura. Di lui si conoscono soltanto i crudeli effetti provocati da un misterioso trattamento che riduce le vittime a meri involucri, e gli ambigui indovinelli che lascia dietro di sé come macabra firma. Inizia cosí una frenetica caccia al serial killer, guidata da Caspar, un ex chirurgo che ha perso la memoria in seguito a una tragedia personale e che si troverà a far fronte a qualcosa di inaspettato e terribile. Mentre il tempo scorre inesorabile nel tentativo di neutralizzare il Ladro di anime, Caspar vede riaffiorare dal subconscio pezzi della sua vita precedente, che fanno luce sulla sua identità e sul suo passato, costringendolo a uno sconvolgente viaggio negli abissi piú oscuri della propria psiche. -
Le otto montagne
Vincitore Premio Strega 2017Vincitore Premio Strega Giovani 2017Vincitore del Premio ITAS del Libro di Montagna 2017. Sezione Migliore opera narrativa.La storia di Pietro, del suo amico Bruno e del loro amore per la montagna. Un caso editoriale internazionale.«Il raffinato racconto di quanto può essere profondo l'amore che lega gli esseri umani» – Annie Proulx«Un libro speciale. Non sorprende che facciano il nome di Cognetti insieme a quelli di Ernest Hemingway, Jack London e Mark Twain» – Die Zeit«Un libro di vita potente, universale e sempre umile, che non è la meno rilevante delle sue qualità» – Philippe Claudel, membro dell'académie GoncourtLa montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio, tempo e misura. Lo ha imparato Paolo Cognetti, che tra una vetta e una baita ambienta questo potentissimo romanzo. Una storia di amicizia tra due ragazzi – e poi due uomini – cosí diversi da assomigliarsi, un viaggio avventuroso e spirituale fatto di fughe e tentativi di ritorno, alla continua ricerca di una strada per riconoscersi.COME COMINCIAMio padre aveva il suo modo di andare in montagna. Poco incline alla meditazione, tutto caparbietà e spavalderia. Saliva senza dosare le forze, sempre in gara con qualcuno o qualcosa, e dove il sentiero gli pareva lungo tagliava per la linea di massima pendenza. Con lui era vietato fermarsi, vietato lamentarsi per la fame o la fatica o il freddo, ma si poteva cantare una bella canzone, specie sotto il temporale o nella nebbia fitta. E lanciare ululati buttandosi giú per i nevai.Mia madre, che l'aveva conosciuto da ragazzo, diceva che lui non aspettava nessuno nemmeno allora, tutto preso a inseguire chiunque vedesse piú in alto: perciò occorreva aver buona gamba per rendersi desiderabili ai suoi occhi, e ridendo lasciava intendere di averlo conquistato cosí. Lei piú tardi alle corse cominciò a preferire sedersi nei prati, o immergere i piedi in un torrente, o riconoscere i nomi delle erbe e dei fiori. Anche in vetta le piaceva soprattutto osservare le cime lontane, pensare a quelle della sua giovinezza e ricordare quando c'era stata e con chi, mentre mio padre a quel punto veniva invaso da una specie di delusione, e voleva soltanto tornarsene a casa.Credo fossero reazioni opposte alla stessa nostalgia.