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Amor ch'a nullo amato. Dante di Shakespeare
Tutto soggiace alla falce del Tempo, che ruba le cose care all’uomo. Solo nella poesia si può crearle di nuovo. All’alba del XXI secolo, dopo un sonno pluricentenario, viene ritrovato e battuto all’asta a Vienna il dramma perduto di Shakespeare: una trilogia teatrale su Dante Alighieri. Si scopre così che, per riuscire nell’impresa impossibile di raccontare il Sommo Poeta e la sua Divina Commedia, ci voleva il Sommo Drammaturgo: il genio di Stratford ha narrato l’intera vita di Dante intrecciandola con la trama del suo capolavoro, con le immagini sconvolgenti di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Vedremo in scena l’infanzia e la giovinezza del Poeta, la morte della madre, l’incontro con Beatrice, i rovesci famigliari e politici, le tentazioni del sesso, la scoperta dell’amicizia con Guido Cavalcanti e della filosofia con i compagni di studi dell’Ateneo bolognese. Sulle assi del palcoscenico si susseguiranno avventure e disavventure, tradimenti, lotte, e soprattutto incubi e visioni: perché Dante, marchiato da un male oscuro, deve lottare con stati di alterazione e allucinazioni, chiave narrativa della Commedia, le cui scene balenano come una trama occulta nel corso travagliato della sua vita. Uno spettacolo vertiginoso, che strappa alle tenebre del passato dettagli e personaggi misconosciuti eppure decisivi e regala svolte inaspettate, in cui la vivida ricostruzione storica si fa intreccio appassionante, mescolando con successo stili e suggestioni tra il Trecento, l’epoca elisabettiana e i giorni nostri. Un’opera che riesce nell’impresa di restituirci Dante Alighieri in tutta la sua umanità, controcorrente. -
Ti lascio per riprendermi. Manuale praticomico per affrontare la separazione
Amarsi si deve, smettere di amarsi si può: è un peccato, ma è così. Questo libro non può evitare che succeda (gli autori sarebbero miliardari) ma può aiutarvi ad attraversare il tragico momento con il minimo indispensabile di traumi e persino con qualche risata. Un consiglio? Fate la valigia per andarvene di casa quando ancora siete felici con il vostro partner e tenetela lì, perché nella notte della tragedia e delle lacrime rischiate di buttar dentro cose alla rinfusa e ritrovarvi per strada a gennaio con due scarpe spaiate, una camicia hawaiana e il tutù delle medie. Non trascurate i 10 segni che è arrivato il momento di lasciare e impratichitevi dei più infallibili metodi per farlo (dalle tecniche della psicologia cognitiva al più diffuso di tutti: la fuga). Giocate d'anticipo intuendo per tempo che state per essere lasciati e colpendo per primi. Pianificate con cura la comunicazione della notizia ai parenti, scegliete bene gli amici da cui farvi ospitare. E qualsiasi cosa accada non cedete alla tentazione più inevitabile, quella del ritorno di fiamma. Due autori con vasta esperienza hanno distillato la saggezza appresa (a mazzate) in una vita di abbandoni per costruire questo manuale di cui (purtroppo) c'era un gran bisogno. Con affetto e umorismo riescono nell'impresa più difficile: insegnarci a mettere le cose in prospettiva. E magari ad avere per noi stessi almeno un decimo dell'amore e delle attenzioni che abbiamo avuto per gli altri. -
Tabitha Hardy si difende da sola
Tabitha è minuta, introversa, aggressiva come può esserlo chi, nella vita, ne ha passate tante. Siede in una cella, come un animale ferito, in custodia cautelare con l'accusa di omicidio, ma è convinta che ci sia un errore e presto sarà di nuovo libera di disporre di sé stessa. Ma le cose non stanno esattamente così: è quello che cerca di farle capire il suo avvocato d'ufficio. Tutti, a Okeham, il piccolo paese dove Tabitha è nata, e dove ha commesso l'errore di tornare, sono convinti che sia colpevole. Altrimenti, perché il cadavere di Stuart Rees sarebbe stato trovato proprio nel capanno vicino a casa sua? Tabitha è confusa, non ricorda quasi nulla di quel 21 dicembre, se non che fosse uno dei suoi «giorni neri»: un tempo terribile fuori dalle finestre e un abisso spaventoso nel cuore. Non rammenta dove sia stata, né cosa precisamente abbia fatto, né perché la polizia l'abbia trovata coperta del sangue della vittima. Più cerca di concentrarsi, di mettere a fuoco, più qualcosa le sfugge, nella ricostruzione dei fatti, qualcosa di essenziale. Contro l'unanime condanna, Tabitha vuole la verità. E sa che c'è una sola persona che può scoprirla, una sola capace di difenderla, una sola su cui contare: sé stessa. Un thriller che trascina il lettore nei meandri della mente della protagonista e poi sui banchi del tribunale, dove si consuma il gioco feroce del «tutti contro una». Una figura di donna, insieme fortissima e fragile, che affronta a mani nude il corpo a corpo con il pregiudizio, l'omertà, la doppiezza di chi la circonda. -
Il gusto puffo
Siamo un'umanità al gusto puffo, ammettiamolo. Ognuno fiero del suo colore un po' sopra le righe, ma senza il coraggio di uno scarto di personalità al di là di quel sapore indefinibile, che tende alla vaniglia. Ognuno impegnato a sopravvivere, anche un po' a se stesso. Ognuno detentore di certezze granitiche, costruite quando va bene su un malinteso. I protagonisti di queste storie rappresentano in questo senso un invidiabile campionario di velleità, incongruenze, ispirazioni a sproposito. Un aspirante California Dream Man ultrasessantenne a cui si sloga una spalla ogni volta che esce da una torta. L'inventore della legge che impone agli artisti di far posare le modelle solo vestite, col loden. Un uomo che vuole adottare un bambino a distanza ma non sa quale sia la distanza minima. Il genero che per non dover portare la suocera al mare decide di farle rompere il femore da una banda di criminali. E naturalmente l'inventore del gusto puffo - appunto - che come tutti sanno si è portato nella tomba il suo segreto. Vite che non sono le nostre e che, pure, ci appartengono in una varietà di modi, tutti inquietanti. Con il suo stile stralunato e insieme capace di cogliere con precisione chirurgica la verità delle emozioni e delle situazioni, Gene Gnocchi costruisce tassello dopo tassello un mosaico di storie personali e collettive, spudoratamente apocrife e proprio per questo capaci di mostrarci, come in uno specchio deformante, la verità dei nostri pensieri e della nostra vita. Un libro che suscita ilarità e malinconia in egual misura, e che ci chiama in causa personalmente, come se ogni pagina parlasse di noi. -
La comunione dell'aria
"Shu ha fame d’aria. Non in senso figurato: soffre di dispnea, una patologia che ti toglie il respiro dai polmoni all’improvviso. Forse per questo dell’aria ama parlare, gli piace inseguirla, cercarne le manifestazioni anche più estreme come il tornado del Montello, il più grande della storia d’Italia, che nel luglio del 1930 sconvolse il Nordest. Di questo evento rievoca i protagonisti, come don Luigi Panizzolo, rabdomante del suo gregge che cercò uno a uno i parrocchiani rimasti sepolti tra le macerie, o Zaccaria Dal Secco, fotografo che corse incontro al tornado per immortalarlo. Ma Shu non si ferma alle catastrofi, vuole raccontare anche altre storie. Quelle di chi dell’aria fa musica, come Eddie Busnello, sassofonista di Nervesa della Battaglia, o come la prima orchestra di theremin che proprio nel 1930 esordì sulle scene alla Carnegie Hall di New York. Quelle di Francis Beaufort, il primo nel 1805 a descrivere l’intensità del vento, con la scala che ancora oggi porta il suo nome; di Alessandro Piangiamore, artista che lavora a un’opera dal titolo Tutto il vento che c’è; dell’aviatore francese André Japy, che nel 1936 tentò il volo da Parigi a Tokyo, rischiando di perdere la vita. In tutti loro e in molti altri, Shu cerca se stesso. Vorrebbe dar forma alla storia sua e della sua famiglia, alla strana malattia che lo affligge e all’ancora più strana sensazione che prova, quella di esistere, sì, però forse in una forma che non gli appartiene. È uomo, è aria?Per tutti arriva il momento in cui vorremmo saperci staccare da terra, e non avere radici né zavorre, sembra essere il messaggio del misterioso Shu. A tutti è dato di farlo, sembra dire la sua costellazione di storie, come il vento, inafferrabili e potenti.""""" -
Il libro segreto di Jules Verne
Questa è la storia di uno strano volume rilegato in pelle, pieno di pagine bianche. La storia di un cimitero e di una notte di tempesta, di un pescecane e di una balena, di due giri del mondo e di un diavolo in una bottiglia. La storia di un libro segreto che può raccontare a chi lo sfoglia avventure fantastiche che cambieranno per sempre il suo destino. Questo è successo a Jules Verne, Collodi, Edgar Allan Poe, Robert Louis Stevenson, Edmondo De Amicis, Nellie Bly... E accadrà anche a voi lettori. Età di lettura: da 8 anni. -
Molière col morto
«È una brutta storia. E proprio perciò la voglio raccontare.» Così si apre il sipario su una vicenda che ha la più magica delle cornici, un teatro celebre in tutto il mondo, e il più brutale degli inizi, l’assassinio di una giovane donna. Siamo nell’ottobre del 1979 e alla Fenice di Venezia va in scena – o meglio dovrebbe andare in scena – Il misantropo di Molière, ma Marcellina Feltre, l’attrice che interpreta Celimene, viene trovata strangolata nel suo camerino. A indagare, assieme al suo braccio destro Bartolomeo Cadorna, è il commissario di origini siciliane Eriberto Passalacqua. Che sospetta di tutti: dall’irascibile regista Teffner al canuto primattore Romolo Lanfranchi e dalla chiacchierata Pentesilea Marcenaro alla costumista Odette, che ha appena subito un grave trauma per la perdita del figlio. Mentre tra un interrogatorio e l’altro fervono le prove, dal momento che lutto o non lutto lo spettacolo deve continuare, l’affascinante commissario si trova coinvolto dal nuovo caso più di quanto immaginasse. Forse perché non aveva mai visto un cadavere di tale impudica bellezza né un ambiente così suggestivo, forse perché il susseguirsi di misteriosi incidenti e rivelazioni incrociate dietro le quinte non gli dà tregua. O forse a tormentarlo è il ricordo di Silvia, la sua compagna morta pochi mesi prima? Di certo c’è che avere come indiziati un gruppo di attori non è affatto comodo: mentono tutti, ciascuno interpretando la propria parte in commedia. Raccontato e ricostruito grazie all’esperienza di prima mano di Pierfrancesco Poggi, il mondo del teatro emerge come il vero coprotagonista di un giallo a un tempo impeccabile e travolgente. In cui l’unico ruolo non segnato sulla locandina è il più importante: quello dell’assassino. -
A proposito di Kamala. Una vita americana
Tutto il mondo parla di Kamala Harris. Come ha fatto la figlia di due immigrati, nata nella California ancora segregata, a diventare la prima vicepresidente donna nera degli Stati Uniti? Se Kamala deve a qualcuno il suo posto nella storia, quel qualcuno è la donna che la mise al mondo a Oakland nel 1964, dandole il nome di una dea indù, perché «una cultura che venera divinità femminili produce donne forti». Sua madre era una ricercatrice indiana emigrata in California a 19 anni in cerca di una vita e un’istruzione migliori. Suo padre, un professore di economia giunto negli Stati Uniti dalla Giamaica per gli stessi motivi. Kamala assorbe in famiglia l’insofferenza per l’ingiustizia sociale e impara a non farsi spaventare dalle porte chiuse. Al pari dei suoi compagni della Howard University, l’ateneo nero di Toni Morrison, sente di poter diventare qualunque cosa. «Eravamo giovani, talentuosi e neri, e non avremmo permesso a niente e nessuno di sbarrarci la strada.» Etica del lavoro, determinazione, volontà di ferro sono le sue armi. E con queste sfonda molti muri e inaugura la sua collezione di prime volte: nel 2003 procuratrice distrettuale di San Francisco, nel 2010 prima procuratrice generale nera nella storia della California. Nel 2016 è eletta senatrice: è la prima afro-asio-americana. E se con queste stesse armi ha perso una battaglia, le primarie presidenziali, ha vinto però la guerra: la vicepresidenza degli Stati Uniti. Da procuratrice, si batte contro gli abusi sui minori, i crimini d’odio, la dispersione scolastica. Da candidata in lizza per la nomination democratica contesta a Joe Biden la sua antica collaborazione con due senatori contrari agli scuolabus per l’integrazione razziale: «C’era una bambina, in California, che ogni mattina prendeva uno di quegli autobus. Quella bambina ero io». Parole che hanno fatto il giro del mondo, utilizzate dai suoi sostenitori quanto dai suoi detrattori. Certo è che quello stesso Joe Biden l’avrebbe poi scelta come numero due della Casa Bianca. Kamala si era fatta notare. Ancora una volta, a modo suo. -
Niente da perdere
Antonio Ornano dà vita e voce a un alter ego narrativo che ha la forza letteraria dei grandi protagonisti: cinico, ingenuo, pigro, irrefrenabile. Un uomo che affronta la vita con una famiglia disfunzionale, un mestiere superfluo, una morale approssimativa e amici di dubbio gusto. Uno di noi.In un mattino di settembre, Gualtiero sale sul suo «Like» rosso pallido, forse il motorino più brutto e scassato del mondo, diretto all'appuntamento con il destino: oggi dirà agli autori che lavorano ai suoi spettacoli comici, Renato il bagnino e Jacopo il poeta, che con le luci del palcoscenico ha chiuso. Il colpo inferto alla sua attività di stand-up comedian dalla pandemia, con la lunga stagione dei teatri chiusi, è stato troppo forte e lui è in crisi economica, in crisi creativa, forse in crisi coniugale e più che certamente sull'orlo di una crisi di nervi. Basta. Tanta è la sua determinazione che i due amici ci mettono cinque minuti a convincerlo a rilanciare progettando un nuovo, grande show televisivo. E cominciano i fuochi d'artificio, tra dirigenti-serpenti, un agente sfuggente, vip capricciosi, figli irrispettosi, una moglie che sospetta di aver sposato una risorsa umana improduttiva e una badilata di conti con il passato, inclusi scomodi segreti di famiglia e l'inevitabile malattia destinata a portarlo alla tomba. O no? È vero che l'anno destinato a essere, secondo l'oroscopo, il migliore della sua vita è cominciato con il lockdown e continua pisciando sangue, ma è anche vero che quando pensi di non avere più niente da perdere hai due possibilità: puoi ancora perdere tutto, oppure puoi ritrovarlo. -
Tutto da vivere
«Non si accorse subito che stava avanzando verso di lei si riscosse dai suoi pensieri solo quando madre e figlio le furono a un passo. E nel respiro vivo del parco, d'un colpo anche l'erba trattenne il fiato». Le giornate in cui sta per succederti qualcosa di straordinario sembrano quasi sempre normalissime. Anna, commessa in un negozio di moda del centro di Milano, da questo momento di relax al parco Sempione non si aspetta nulla. Tantomeno che la ragazza triste con il passeggino, che ha visto spesso da quelle parti, di punto in bianco le chieda di tenere per un po' il suo bambino di due anni. E invece proprio questo gesto dà il via a una catena di eventi destinati a cambiare direzione alle vite di quattro donne. La giovane madre, Agnese, sta cercando una via d'uscita da una guerra famigliare ormai conclamata. Lorenza, la sua migliore amica, è presa al laccio di un amore tormentato con un uomo famoso quanto inaffidabile. Luciana, dirigente della Questura, si divide tra un lavoro impegnativo e l'ospedale dove il marito lotta con la morte in attesa di un trapianto. E Anna? Lei non ha mai niente di interessante da raccontare. O almeno così sembra. Ma nel momento in cui Agnese si allontana dal parco, lasciando dietro di sé suo figlio Leo, è come se si rovesciasse una clessidra e i granelli di sabbia prendessero a scendere, rapidi, inesorabili. Nel giro di poco più di ventiquattr'ore, le vite delle quattro donne cominciano a intrecciarsi, in modo sempre più fitto. Ciascuna dovrà fare le proprie scelte ma tutte capiranno che non sono sole, anche se credevano di esserlo. Un romanzo corale, una corsa a perdifiato in cui a ogni metro, a ogni minuto, ogni cosa può ancora cambiare. -
Strana vita, la mia
Tutto parte dall'Emilia e dalle lezioni politiche della madre, dalle partite di calcio al Campo Volo nella Reggio Emilia rossa degli anni Cinquanta. Romano Prodi si racconta per la prima volta in queste pagine scritte con Marco Ascione, giornalista del «Corriere della Sera»: la vita intensa di un protagonista della nostra storia che ha sempre «interpretato a soggetto» da riformista, sì, ma a modo suo. Vicino alla Democrazia cristiana, ma non dentro. Fondatore dell'Ulivo, senza farne un partito. Cattolico osservante, ma «adulto». Atlantista, ma ostinato coltivatore del multilateralismo, impegnato a trarre il meglio anche dal rapporto con i dittatori. I conti da pagare non sono mancati, anche a causa, talvolta, di una certa ostinazione. Eppure ogni passo è stato benzina. Pochi politici in Italia possono vantare la sua carriera: professore universitario a Bologna, negli Stati Uniti e in Cina, due volte a capo dell'Iri e due volte premier, capo della Commissione europea e quasi presidente della Repubblica, affossato da una congiura del suo partito. «Strana vita, ma fortunatissima» dice. Perché può vantare di averci davvero provato a lasciare un segno. Sia fondendo sotto lo stesso tetto le tradizioni riformiste della Dc e del Pci, sia portando l'Italia nell'euro o pilotando da Bruxelles lo storico allargamento dell'Europa. Il suo racconto, lungo il solco degli aneddoti e delle riflessioni politiche, rimanda l'eco delle riunioni con Beniamino Andreatta e Arturo Parisi nella casa di via Gerusalemme a Bologna, delle lezioni americane, della strana chimica con Putin (ma anche con Gheddafi), degli scambi di battute con Chirac, delle missioni in Africa, dei grandi entusiasmi in piazza Santi Apostoli, dei duelli con Cuccia, delle delusioni dirompenti in Parlamento, del complesso rapporto con D'Alema e con Bertinotti, della profonda distanza con Berlusconi, «anche se la vecchiaia porta saggezza». -
La moglie di Dante
"Gemma, la donna di cui Dante non scrisse mai. Che tempra deve aver avuto, questa fiorentina che nessuno ricorda? Sposa, per amore, un uomo sconsigliabile: non ricco, privo di potere politico e per di più poeta. Non si lascia sgomentare quando lui si trova sul fronte sbagliato, in una Firenze in cui la lotta aspra tra fazioni distrugge vite e patrimoni. Ne affronta il lungo esilio diventando una «vedova bianca» a trent’anni: dapprima deve gestire le difficoltà economiche, quattro figli che crescono, l’ostilità politica che monta intorno alla famiglia del «nemico» Alighieri; poi si vede confiscare tutti i beni e deve fuggire, incinta, dalla città per rifugiarsi con i ragazzi in una malsana palude. E a ogni svolta del destino le si para davanti suo cugino Corso Donati, il barone bello come un san Michele, violento e seduttore ma anche protettivo e leale, che lei respinge ma da cui in realtà è attratta. E la rivale, l’angelicata Beatrice? Non è un suo problema. Perché è lei, sempre accanto a Dante, forte nella sventura e artefice delle sue fortune, la vera musa della sua vita. Una moglie lo sa benissimo. È solo la storia che lo ha dimenticato. In un Trecento feroce e splendido di castelli, duelli e fazioni, di fede e scomuniche, Gemma è carne, sangue, intelligenza e passione. Ed è solo un errore del destino se Dante è diventato immortale e lei invisibile. Con questo romanzo Marina Marazza le restituisce una storia personale ricca di vicissitudini e la riporta alla vita nella dimensione che è sua: quella delle grandi eroine e delle grandi donne." -
Tremare e umano. Una breve storia della paura
Avere paura è un grande destino umano. I tempi difficili in cui siamo immersi ne sono segnati e questo sentimento rischia di immobilizzarci, come animali di fronte a un pericolo. Ma forse è possibile guardarlo con altri occhi. In queste pagine colte e appassionate, Adriano Prosperi ci accompagna a incontrare le paure dell'uomo, ci racconta le epoche di pestilenza e ci ricorda la potenza di un'iconografia del peccato e del Male che informa e percorre le costruzioni intellettuali attraverso cui comprendiamo la vita. E assieme al passato ci spiega il presente, mettendo a nudo il cuore antico della nostra modernità globalizzata, in un'analisi sferzante di ciò che davvero abbiamo da temere: un orizzonte di disparità economica, saccheggio ambientale e impoverimento culturale. Questo è il vero flagello, su questo orizzonte compariranno - o sono già comparsi - i nuovi cavalieri dell'Apocalisse. La pestilenza ha portato alla luce, come in ogni tempo, complottismi popolari e strategie dei potenti, attacchi ai medici e processioni penitenziali, pozioni miracolose e capri espiatori. Ma occorre guardare oltre. E riconoscere la paura nel suo aspetto più nascosto di forma di dominio, peste delle menti per cui esiste un solo rimedio, pietra filosofale ricercata nei secoli dalla scienza come dall'arte: la conoscenza. L'arma con cui possiamo affrontare un sentimento che ci appartiene e che, se riusciamo a dominarlo, può renderci più forti. -
Stringersi la mano. Storia breve di un gesto insostituibile
"La pandemia da Covid-19 ha profondamente mutato le nostre relazioni, cancellando pratiche sociali fino a poco tempo fa del tutto naturali. Una delle prime «vittime» è stata la stretta di mano, che da gesto pieno di significati positivi si è trasformato in «arma biologica». Un paradosso, se si pensa che le origini e la diffusione della stretta di mano sono popolarmente ricondotte al fatto che così si dimostrava all’interlocutore di non essere in possesso di un’arma. Ma se il mezzo per offendere, e contro la propria volontà, è lo stesso che dovrebbe portare il segno di pace? È arrivato forse il momento per un necrologio della stretta di mano? Ella Al-Shamahi preferisce scriverne la biografia, raccontandoci con spirito e ampiezza di visione le sue alterne vicende nei sette milioni di anni che rappresentano la sua evoluzione. La stretta di mano ha conosciuto altre eclissi, ma è sempre tornata in auge, perché appartiene alla nostra biologia, non solo alla nostra cultura. Perché è uno dei principali riferimenti della connessione umana. Perché non può essere sostituita nella sua efficacia e sensibilità di esternazione, e i tentativi in tal senso sono sempre falliti. Perché per molti ha rappresentato una conquista irrinunciabile (vedi l’autrice). I nostri antenati preistorici hanno lasciato impronte di mani. I Greci e i Romani se le stringevano, in pace e in guerra. Le strette di mano diplomatiche hanno condizionato la vita di milioni di persone. Fra le tante possibili «versioni» del gesto, alcune modalità sono risultate vincenti e altre sono cadute in disuso, sopravvivendo solo in contesti isolati. Ma tutto conferma il valore unico di questa forma di contatto fisico, testimone della nostra natura di «esseri umani»: Al-Shamahi ci rassicura che la storia della stretta di mano è tutt’altro che al termine." -
Love me tender
Constance è nella situazione di tante madri, durante una separazione tumultuosa: problemi con suo figlio, problemi con il suo ex, problemi di soldi, problemi di letto. Ma niente ha più importanza, per lei. Ha lasciato suo marito dopo vent'anni di matrimonio, ha lasciato il lavoro di avvocato per scrivere il suo libro, ha lasciato gli uomini per passare da una donna all'altra, cercando una nuova parte di sé. Aveva tutto, ora non ha più niente, niente che possa dirsi suo. Meno proprietà possibili, case, luoghi, esseri umani. Al diavolo tutte le menzogne della vita borghese. Rimane solo Paul, suo figlio, l'unico richiamo alla vita che ha vissuto, l'unica proprietà che non può abbandonare: la battaglia legale per il suo affidamento è un basso continuo che la sfinisce con la sua sorda violenza burocratica. Eppure, anche il dolore, quello più sacro, più antico di tutti, ha un punto di non ritorno. E quello che resta, dopo, appartiene a una storia che solo Constance può scrivere. Una scrittura senza compromessi, tagliente e sincera fino allo spasimo, che s'interroga sull'estremo, innominabile confine, laddove finisce una madre e comincia una donna. -
Stati di grazia. Un'avventura ai confini dell'uomo
«Negli assoluti silenzi, negli immensi spazi, ho trovato una mia ragione d'essere un modo di vivere a misura d'uomo.»Il catalogo della mostra dedicata a Walter Bonatti dal Museo Nazionale della Montagna «Duca degli Abruzzi» di Torino. Una mostra imperdibile, che analizza la figura del grande alpinista, esploratore e fotoreporter attraverso un punto di vista inedito: la capacità empatica che permise a Bonatti di entrare in sintonia con ambienti incontaminati, animali selvaggi e popolazioni indigene, e di risvegliare in sé istinti sopiti e condizioni psicofisiche tali da porlo in quello che lui stesso in alcune circostanze definì «stato di grazia». Accadde, per esempio, sulle pareti del Petit Dru, nelle foreste pluviali, e in Africa davanti ai leoni: lo stato di grazia, per Bonatti, è una dimensione sospesa in cui l'impossibile cessa di essere tale, una sorta di comunione ipnotica, in situazioni di eccezionale difficoltà, tra l'uomo e i propri istinti primordiali sepolti. È la meraviglia di fronte alle forze della natura e la scoperta, anch'essa sorprendente, di aver incontrato e di riuscire a superare i propri limiti. -
Le italiane. Il Paese salvato dalle donne
Un racconto a più voci che è anche un viaggio dentro l'animo femminile e nella comunità nazionale.rn«Un omaggio alle donne in un paese ""ancora maschilista""""» – Stefano Folli, RobinsonrnSono le donne a custodire l'identità italiana. Partendo da questa convinzione, Aldo Cazzullo rievoca le figure, il carattere e le storie delle italiane che ha conosciuto. Un racconto a più voci che è anche un viaggio dentro l'animo femminile e nella comunità nazionale. Dalle centenarie che hanno fatto l'Italia, come Franca Valeri e Rita Levi Montalcini, alle giovani promesse di oggi, come Chiara Ferragni e Bebe Vio. Donne di potere, come Nilde Iotti e Miuccia Prada, e donne di parola, da Oriana Fallaci a Inge Feltrinelli. Per arrivare a oggi: chi ha salvato l'Italia nell'anno terribile della pandemia? Noi diciamo medici e infermieri, al maschile. Ma non solo la maggioranza delle infermiere sono donne; sono donne la maggioranza dei giovani medici. Neppure il lockdown ha fermato le cassiere dei supermercati, le edicolanti, le poliziotte, le farmaciste, le professoresse che hanno fatto lezione on line, le mamme che hanno lavorato e badato ai figli rimasti a casa, le nonne che hanno corso rischi pur di prendersi cura dei nipoti. In queste pagine si raccontano in prima persona attrici come Monica Bellucci e Stefania Sandrelli, cantanti come Laura Pausini e Gianna Nannini, campionesse dello sport come Valentina Vezzali e Federica Pellegrini. Scrittrici come Dacia Maraini, critiche come Fernanda Pivano, editrici come Elvira Sellerio. Ma compaiono anche figure storiche come Chiara d'Assisi, patriote, partigiane, combattenti. Alcune non ci sono più, altre hanno tutta la vita davanti. Samantha Cristoforetti ha conquistato lo spazio, Nives Meroi l'Himalaya, Sofia Viscardi la Rete. Tante hanno sofferto moltissimo, sia pure in modi diversi: Alda Merini in manicomio, Vittoria Leone nelle stanze del potere, Maria Romana De Gasperi quando il padre era nelle carceri fasciste. Molte testimoniano che l'Italia resta purtroppo un Paese maschilista; ma tutte confermano che la grande avanzata delle donne è appena cominciata."" -
Nero lucano
Una Matera invernale e inquietante, di straordinario fascino tra tempeste e gravine, fa da sfondo a una corsa contro il tempo sulle tracce di un serial killer implacabile. La vista che si presenta di fronte a Viola Guarino, anatomopatologa chiamata per un sopralluogo sulla scena del delitto, è orribile: un uomo con la testa spaccata, letteralmente, in due. È un ingegnere di origini lucane che da tempo abita a Varese, tornato al paese per affari. Ma quali affari? La sua efficientissima segretaria - e forse amante - ne ha perso per ore le tracce proprio alla vigilia di un accordo milionario. E la moglie Leda, che detesta la Basilicata, si mostra vaga fino al punto di essere sospetta. Le fin troppo sensibili «antenne» di Viola, un po' scienziata e un po' strega, colgono una tensione erotica più torbida rispetto a un semplice triangolo - o quadrato - extraconiugale. O forse si sta lasciando influenzare dal ritorno del sostituto procuratore Loris Ferrara, irresistibile e sfuggente come il giorno in cui si sono incontrati - e come il giorno in cui si sono lasciati? Prima che possa fare ordine tra prove, intuizioni e sentimenti, però, si scopre un nuovo cadavere. C'è stata un'altra vittima, prima dell'ingegnere. L'assassino firma i suoi crimini lasciando al suo passaggio tracce che sembrano sberleffi: una mappa del territorio fin troppo dettagliata, una pagina dalla Divina Commedia. Non c'è dubbio che colpirà ancora. Una Matera invernale e inquietante, di straordinario fascino tra tempeste e gravine, fa da sfondo a una corsa contro il tempo sulle tracce di un serial killer implacabile. Per inseguirlo, in sella alla sua moto, Viola Guarino dovrà attraversare diverse sfumature di nero: dentro e fuori dall'animo umano. -
Il fuoco di Pandora
Generose e vendicatrici, sagge e impetuose, Matteo Strukul costruisce in questo libro un vero e proprio pantheon di capostipiti femminili, a cui dà voce di volta in volta per ricostruire i miti fondativi della nostra cultura da una prospettiva insolita e coinvolgente. Un racconto storico appassionante che fa rivivere il mondo antico e le sue protagoniste con la potenza di una narrazione senza tempo eppure moderna, capace di accendere gli animi come il fuoco illumina il buio.Nella notte che regna sui villaggi degli uomini, Pandora ricorda. Si è esiliata dall'Olimpo per rimediare al dolore scatenato sul mondo dall'apertura del vaso a lei affidato, la trappola di Zeus. Si è data una missione: portare agli umani il fuoco, i suoi usi e le sue storie, dalla magia della Fenice alla sfortunata corsa di Fetonte sul carro del sole, alla battaglia di Ecate, Signora delle Fiaccole, contro il gigante Clizio. Ma quello tra le donne e il fuoco è un legame che non finisce con Pandora. Continua con Pentesilea, amazzone guerriera, forgiata nelle fiamme, perseguitata da una maledizione e destinata ad affrontare Achille sotto le mura di Troia. Con la pira funebre che conclude la vicenda di Didone, regina orgogliosa e abbandonata che si dà la morte dopo la partenza di Enea. Con il diadema e la veste intrisi di fiamme che consumano Glauce, la nuova moglie di Giasone, doni mortali di Medea ripudiata. Generose e vendicatrici, sagge e impetuose, Matteo Strukul costruisce in questo libro un vero e proprio pantheon di capostipiti femminili, a cui dà voce di volta in volta per ricostruire i miti fondativi della nostra cultura da una prospettiva insolita e coinvolgente. -
Il cucchiaio
«Il cucchiaio non ha gambe, eppure viaggia. Alle peripezie delle posate associamo guerre, colonizzazioni e sanguinosi saccheggi. Ma il cucchiaio viaggia anche come regalo, messaggero e simbolo di un impegno. L'apparizione di questo oggetto in un luogo lontano dalla sua terra non è quindi mai priva di significato». Seren non conosce ancora le Memorie di un collezionista del colonnello Montgomery Philipps, quando nota per la prima volta il cucchiaio che giace muto sul comodino, vicino al letto del padre appena morto. «Viviamo circondati da cose a cui non diamo alcuna importanza finché non scompaiono, si rompono o si rivelano sotto una luce nuova» medita fra sé, in quella notte in cui nessuno dorme all'Hôtel des Craves, nel Galles, e il lutto avvolge sua madre, i suoi fratelli, i suoi nonni. Ma Seren non riesce a concentrarsi su nient'altro che quell'oggetto, un estraneo fra i servizi di posate dell'albergo di famiglia. Il nonno Pompom, alcolista impenitente, da intenditore vi ravvede somiglianze con un tastevin proveniente dalla Borgogna. Armata di un irrefrenabile bisogno di sapere e pure di un certo spirito d'avventura, Seren sbarca in Francia al volante della vecchia Volvo 145 di suo padre, con il libricino del colonnello Philipps in tasca, sperando di trovare la chiave per decifrare l'enigma che ormai l'ossessiona. La guida a destra le fa perdere l'orientamento, e il francese è ben altra cosa dalla lingua insegnata a scuola da madame Llewellyn: dopo un viaggio on the road costellato di contrattempi, malintesi e incontri rivelatori, con il suo cucchiaio in tasca Seren giungerà a un castello ricco di storie. E lì troverà la sua. Un romanzo pieno di tenerezza e di fresca ironia, sospeso tra la commozione e il sorriso, un inno all'adolescenza e alla sua capacità di credere, sempre, anche nei momenti più bui, nella vita e nei suoi imprevisti.