Sfoglia il Catalogo feltrinelli007
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 8341-8360 di 10000 Articoli:
-
3 4 6 8
Tutto cominciò in quel giorno di novembre: il cielo era plumbeo, tutto era ingrigito senza colori. Dalla finestra osservavo le gocce di pioggia che, cadendo, bagnavano il marciapiede con un suono indefinito. Le strade, quasi deserte, parevano luccicare e le poche persone sorprese dal temporale cercavano riparo nelle botteghe. Ripensai così, tra i suoni della pioggia, alle mattine quando in prossimità della maturità scolastica noi ragazzi avevamo fretta di riversarci per strada scalpitando nei banchi in attesa della fine delle lezioni, e ancora a quei sabati sereni con Esaù, mio padre, Ruth, mia madre, Davìd, mio fratello, trascorsi in casa tra melodie del grammofono e canti della mia terra. Tutto era ancora presente nella mia mente, tutto era vivo, incancellabile, il tutto che purtroppo non era e non fu più realtà. Mi chiamo Ester e sono Ebrea. Anno 1940 -
Il papiro Ebers. Saggezza delle medicina dell'antico Egitto
Lo studio della medicina dell’antico Egitto coinvolge molti aspetti della sua civiltà e cultura. L’osservazione delle fonti letterarie, delle rappresentazioni artistiche in pittura e scultura, dei resti umani e delle mummie fornisce già molto materiale di studio. Inoltre l’ampia interazione tra gli antichi malanni e l’ambiente odierno implica gli studi sull’architettura e l’urbanistica delle città, il vestiario, la nutrizione, l’agricoltura, il mondo animale, il commercio e i viaggi. La medicina è una scienza e un’arte. L’arte di proteggere e curare la salute è antica quanto l’uomo, ma la scienza di scoprire e analizzare il processo delle malattie non sarebbe possibile, oggi, senza il progresso della ricerca e dei suoi mezzi più che conosciuti, e sempre in avanzamento di risoluzioni. Queste metodologie si applicano anche ai reperti umani degli antichi Egiziani, per scoprire le loro malattie, lo studio del DNA, e tutto ciò che è legato al tipo di vita che si conduceva in quelle epoche. -
Osmosi
Hanno una strana forza i versi di Filippo Passeo: scabri, lontani da ogni idea di musicalità e regolarità espressiva, non indulgono alle insidie della retorica di tanta (troppa) poesia urlata; né allettano il lettore con quel birignao iperletterario fatto di citazioni più o meno colte o ammiccamenti pseudo-sperimentali che ancora in certi cataloghi di poesia vengono spacciati per lo stato dell'arte. No: Passeo costruisce questa raccolta sulla base di un parlato che sa di ""poesia onesta"""", e ci dice che, ancora, la poesia può essere una finestra sui pensieri di un uomo - se vogliamo, di un'anima, o comunque di una vita esposta alle intemperie del mondo. In versi aperti e trasparenti, il poeta mette a nudo un'intera esistenza, tanto che si sarebbe tentati di parlare di diario, andando magari alla ricerca di puntuali riferimenti biografici e soprattutto testuali."" -
Il gesto è compiuto
La poesia della Tasin appare - già da una prima lettura o apertura libro casuale - manifestarsi in una diversità di strati lessicali, affastellando in un breve spazio vocaboli di varia origine semantica...Scrive con nervi tesi, agglutinando eterogenee metafore, che spesso si infilano l'una nell'altra come pezzi di un gioco di pazienza, matematico, simile a un rebus, a rompicapi insolubili, con allusioni, ricordi, riferimenti che solo le persone a lei vicine potrebbero intendere; ma la poesia sincera - ed è il caso della insegnante in materie scientifiche Adriana Tasin - chiede sempre al lettore un contributo non piccolo di fatica e d'intelligenza; un'intelligenza del cuore: sembra suggerire l'autrice, da saper quasi ""teologicamente condividere"""". (Nota di Lamberto Garzia)"" -
Habitare secum. Poetry therapy
Attraverso un habitare secum poetico, Angela Manfredini fa scoprire al lettore la propria poesia interiore. Perciò qui l''abitare' non è uno statico 'dimorare', ma un iter interiorepsicologicamente e spiritualmente fertile. Questo aspetto del prendersi in cura è rafforzato dal corredo presente nel libro, costituito dalle note a piè di pagina di alcune poesie e da un saggio metodologico della ricercatrice di Poetry therapy Marisa Brecciaroli. La speranza è anche quella di favorire un contatto coi pionieri della disciplina, dispersi inun'Italia ancora priva di una Scuola di Biblioterapia! (Nota in IV di copertina) -
Coleoptera
«""Coleoptera"""" - sin dalle metafore, presenti nella prima parte, del fiore calpestato e dei fatali anacronismi esistenziali «fuori tempo massimo» - è un'elegia del residuale, del marginale, di quel particolare scarto biologico, capace di ogni adattamento pur di sopravvivere, che è l'uomo. Meglio dunque rinunciare agli effetti speciali e denunciare la nostra natura saprofita - o magari decisamente parassita - simboleggiata dal volo di corvi di il futuro del mondo (III) e dai coleotteri, nel testo che dà il nome al libro: «forse la soluzione potrebbe stare nel / vivere come un coleottero qualunque / tra miliardi di simili incompresi e vacui / con la disinvoltura del saprofago / che sceglie con cura ogni sostanza». Poeti come Roversi, tre generazioni dopo Stevens, scelgono ancora una volta di attraversare la realtà senza sconti, lasciandosene in pieno contaminare. Non temono di increspare la loro voce con dissonanze che, una volta scoperte e metabolizzate, non si potranno mai più tacere. Essi sono capaci di trasferire il loro coraggio, la loro lucidità in uno stile assolutamente riconoscibile, che dosa pause, punteggiatura e sintassi con un effetto di improvvisazione mai banale.» (Prefazione di Alessandra Paganardi)"" -
Lungo l'argine aperto
"L'incerto stare di febbraio di Valeria Borsa apre la nuova raccolta a favore di un equilibrio cercato con ostinazione, con tenacia perseguito nella versificazione ove enjambement, allitterazioni, metafore, personificazioni se da un lato sono le linee fondative di un impianto lirico in grado di autosostenersi, dall'altro si misurano con contenuti ontologicamente privi di bilanciamento. Un equilibrio dato per perderlo, perduto per essere ritrovato e via via di seguito. Il titolo stesso modula la sonorità di un'ampiezza senza limiti (ciò che è aperto non è chiuso, rinserrato in alcunché) e fa leva allo stesso modo su un concetto preciso di confine, demarcazione incline a perimetrare ciò che per sua natura non è dato fare. Un'istanza """"chiusa"""" accessoriata di dinamiche difensive destinate a sfociare nell'immenso. Non è forse un atto di liberazione e di profondo afflato l'immagine dei passi di Valeria che si sovrappongono a quelli del padre lungo l'argine del fiume?"""" (Dalla Prefazione di Cristina Raddavero)" -
Croci del Sud
«È il libro della musica quello di Sergio Spezzano - in versione monastica padre Elia, con una sorta di duplice profezia di passione e silenzio, secondo il carisma del profeta di Tishbe. Una musica che arriva dove non arriva il cuore, non per mancanza di coraggio, ma per una sorta di - ancora monastica - umiltà. È una porta del cuore che si deve aprire, per vedere le rose di lorchiana memoria, anch'esse segno di sentimenti così radicati da sbocciare. È una poesia dal caldo respiro quasi latino americano, una via di mezzo tra Lorca e Neruda, immaginazioni in libertà, senza il peso di anacronistiche censure, ma poesia di lotta, canzone da battaglia, a metà strada tra Mosè e gli Inti Illimani. I versi di Spezzano sono come un Magnificat che non può non ampliare la sua voce, traducendosi in un noi che è al tempo stesso poetico e politico, nel senso della polis, mai abbandonata nell'austero isolamento dell'abbazia cistercense. L'amore, in questi versi, è un valore non solo cristiano, ma incistato nella carne del povero, che è l'uomo tout court, con la sua sempre risorgente, tenera violenza. La contaminazione linguistica è un segnale dell'io che sconfina nell'altro» (dalla Prefazione di Fabrizio Centofanti) -
La poiana bianca del libero arbitrio
Jörge, professore di fisica teorica in un'università della Scozia, è un uomo in crisi, Zbigniew un ricercatore che ha negli anni riscoperto la fede, Fioravante un ex-partigiano tormentato dai sensi di colpa, Susan un'avvenente trader d'assalto, Ludwiga un'aristocratica alla ricerca di una riscossa personale e delle sue radici, Sheila una hostess thailandese che finisce coinvolta in un tentativo di dirottamento: i legami sotterranei che un destino insondabile ha stabilito, come un beffardo burattinaio dietro le quinte, tra le vite di questi personaggi apparentemente scollegati tra loro, mettendo in crisi tutte le loro certezze, emergeranno a poco a poco. Nei loro incontri Jörge, e Zbigniew, come duellanti schierati su fronti opposti, affronteranno implicazioni filosofiche, scientifiche e morali alla ricerca di qualche brandello di verità. Sarà anche un confronto tra opposte visioni del mondo, non esente da complicazioni sentimentali, in cui nessuno vincerà la partita. Come un convitato di pietra, un attore del tutto non previsto né prevedibile tirerà alla fine le conclusioni più insospettabili e inaspettate. -
In limine alla rossa
La vita fantasmatica, mai doma, di un tu evanescente, dai toni sfumati, caratterizza la produzione di Raffaele Piazza e, nello specifico, ""In limine alla rosa"""". In linea con la tradizione post-novecentesca, il poeta affronta la tematica della mancanza con atmosfere rarefatte, talvolta calate nella natura marina, altre in interni tratteggiati e mai stabilmente dati, come se dialogasse in absentia, con tono meditativo e avvolgente, calando il lettore in passaggi lirici limpidi e metamorfici. La prima evidenza del libro è legata alla scelta stilistica: il verso, spesso breve o puntiforme in Piazza, ritmicamente levigato, nello specifico diventa discorsivo, piano e idealmente spostato in una pacatezza narrativa legata al respiro, spesso lungo e incisivo, più marcato, mai lirico. """"In limine alla rosa"""" segna, quindi, una tappa ineludibile nella ricerca poetica di un autore complesso, moderno, che tende, oggi, a una sorta di sperimentalismo metrico dalle soluzioni ardite ma convincenti. (Dalla Prefazione di Ivan Fedeli)"" -
Tutte le distanze
«Leggendo quest'opera di Chiara Olivero, poetessa casalese ancora giovane e già attiva da oltre un lustro nella scrittura in proprio, nell'editoria e nelle collaborazioni con altre forme d'arte (in particolare con la musica), si ha l'impressione fortissima di un contrappunto. È come se la voce della poetessa fosse costituita da due tonalità armonicamente congiunte: quella infantile e quella matura. La prima, annunciata dall'esergo di Margherita Guidacci (Ho messo la mia anima fra le tue mani./ Curvale a nido. Essa non vuole altro/che riposare in te) si esprime appieno nelle brevi composizioni d'inizio, elegiache e forse volutamente ingenue - proprio nel senso etimologico di nate libere... ma... questa voce, che viene spontaneo figurarsi acuta e sorgiva, si arricchisce di tonalità più meditate e gravi. Tonalità che, proprio come in un contrappunto, non si azzerano ma si potenziano, l'una rincorrendo e inverando l'altra. Allora, pur in un dettato che si vuol fluido e lineare, sorgono chiose e soprattutto chiuse che fanno posto al pensiero, a metafore originali proprio nella loro captata immediatezza, nella presa radente sulla realtà.» (Dalla Prefazione di Alessandra Paganardi). Con Postfazione di Roberto Agostini. -
Il cormorano Bryan
"Chiara Albanese, alla sua prima e sentita prova poetica, ci rende partecipi di un territorio intimo e geografico, una geografia delle relazioni e della memoria che ci apprestiamo a percorrere con reverenza e con pudore, come entrando in una stanza privata. Con fare induttivo, partendo da un dettaglio: un oggetto, un gesto, una luce improvvisa, una parola pronunciata di sfuggita, Albanese ci mostra nuove dimensioni del quotidiano, moltiplicando i nostri punti di vista e aprendoli a prospettive plurali e non consolatorie. Ci accompagna in questo viaggio lo sguardo bambino di un """"cormorano Bryan"""": lo slancio al volo di una infantile presenza, quel bambino invisibile mai posseduto, mai cólto dallo sguardo di adulti (una madre, un genitore, una maestra) che non sa contenere se non orrore e dolore per questa perdita. Il sentimento della perdita dell'infanzia, e della violenza cui l'infanzia è spesso sottoposta nelle famiglie di oggi esplode già nella prima poesia, Damocle scese sulla terra, dove la dura realtà quotidiana della violenza assistita è resa """"pane di metallo/ fatto con levità e pazienza"""""""". (Dalla Prefazione di Loredana Magazzeni)" -
La contadina
Come tutti i veri poeti, Giuseppina Biondo rimane un mistero a noi e a se stessa: una figura mitologica, un enigma che nessun Edipo sa risolvere, neppure un Edipo attuale capace di algoritmi e di ogni astuzia tecnologica. Il poemetto che è nel cuore del libro e che gli dà il titolo è altrettanto misterioso: visionario, audace, simbolico, realistico, onirico, ossessivo, mette in scena una fuga: «Poi un sogno cantato, / saltando nel vuoto, / inseguita da una pantera»... Dopo il poemetto intitolato La contadina, la parte seconda del libro, quella intitolata Metamorfosi e distrazioni, prosegue con una serie di poesie brevi, che hanno la misura dell'haiku, talvolta perfetta, ma spesso sono intrise di una sensibilità combattiva, occidentale, e con alcuni testi più lunghi e complessi, tra cui spiccano Il pianto della fenice, una invocazione domestica, familiare, in un linguaggio in cui trovano posto persino le «pennette» da cuocere, assieme allo spirito di rinascita della Fenice stessa, e Il verso del drago: una poesia decisiva per capire da dove nasca l'ispirazione dell'autrice e a quali fini tenda. (Dalla Prefazione di Giuseppe Conte) -
Complicazione di altra natura
"La raccolta di Marcantoni dipana un sentire poetico in cui la connotazione leopardiana di natura-matrigna, pur mantenendo intero il proprio stigma, si dilata fino a comprendere referenti plurimi """"d'altra natura"""": la società, il progresso, la relazione fra i sessi, i rapporti d'amicizia; ma anche i drammatici eventi della storia e della contemporaneità... Scrittura fortemente espressionista, quella di Marcantoni. Non si lascia intimorire da mode e tendenze, non teme di risultare a tratti corrosiva, si lascia infine consapevolmente dominare dal sentimento presente e sa toccare, a seconda dei casi, una gamma molto vasta di corde, dalla nostalgia alla rabbia, dalla rassegnazione al furore. Unica costante, forse, la coscienza - a tratti fiera - di una fragilità che non è personale ma universale, quasi una necessaria testimonianza dell' originario polemos dal quale siamo stati generati."""" (Dalla Prefazione di Alessandra Paganardi)" -
Nero fittizio
Laura Capra non ci propone una poesia risolta e conclusa ma un diario crudele di emozioni, un concitato monologo rivolto a sé e all'altro da sé, concitato ma lucido. ""Nero fittizio"""" è un libro che l'autrice ha custodito a lungo dentro di sé e che ora, dopo una faticosa gestazione, si risolve a pubblicare."" -
U!
"U! appare più come poema unitario, che come raccolta di poesie; costruito secondo un'architettura precisa che si snoda in due sezioni quasi complementari: In descensus inferis e Chiara luce. Effettivamente le sezioni segnano uno iato (risolto) in quella che possiamo definire fenomenologia empirica della scoperta, la quale apre ad una prospettiva semiologica binaria del discendere e del salire, che sono percepiti sia in una modalità dello stare fisico, che nell'altra che è aspirazione metafisica e metapsichica. Del resto ¡u! possiede un andamento monodico il cui tema principale è l'amore... Giancarmine Fiume è poeta autentico, e persino perché si è condotto ad un esordio tardivo, quindi meditato, consapevole, sapiente."""" (Dalla Prefazione di Michelangelo Zizzi)" -
Polena
"Polena, donna e mito delle prime acque, l'acqua amniotica che fende l'involucro per uscire in altri mari, per la ciurma che la insegue e non raggiungerà mai, perché lei sta davanti a tutti, è un sogno tra il cielo e gli abissi, è madre del mondo e amante di Ulisse, ogni uomo è Ulisse, la Polena è amante di tutti e sposa di nessuno... Così l'autrice un po' Polena un po' Falena salpa da un mare interno, rompe l'ampolla amniotica per partenogenesi, espandendosi nell'acquario dell'altrove, quello è il suo mare, alla ricerca di un nuovo mondo, un arcipelago inesplorato da circumnavigare fendendo le acque salate delle sacche lacrimali, una navigazione cieca nella notte esistenziale guidata dagli odori che ristagnano nel passato..."""" (Dalla Prefazione di Mauro Macario)" -
Gente che se ne va
"La poesia di Alina Rizzi può essere letta come una liturgia laica dell'anima, costantemente filtrata - in una sorta di déja vu sottotono - dalla cifra emotiva forse più marcata della sua scrittura: la nostalgia. Questo libro, tutto permeato di rarefatta ritualità, restituisce un senso particolare allo scorrere delle stagioni e alle ore della giornata - con il loro quotidiano, solenne ritornare... I versi di Alina Rizzi non offrono facili soluzioni o indicazioni terapeutiche. Alcune parti di noi vanno irreparabilmente perdute e non torneranno mai più. La scrittura non è certo una mappa per ritrovarle. Forse può diventare una specie di bussola per orientarsi a vista nel naufragio. Non trattenendo nulla, né sperando di farlo: semplicemente imparando, in alto mare e senza neppure il conforto di una spettrale casa di doganieri, a riconoscere persino al buio il volto di chi va, di chi resta."""" (Dalla Prefazione di Alessandra Paganardi)" -
Collezione privata
«La raccolta della Sancino ci appare suddivisa in sei sezioni (Estroflessioni, Soror, Sorrow, La vita delle forme, L'oltremare, Anonymous, Collezione privata) con testi che affrontano tematiche diverse, se pure per certi versi molto simili, che si sono sviluppati in seguito a uno stretto legame con un'opera d'arte - non importa se contemporanea o del passato, perché ve ne sono di ogni epoca - e che tendono a costruire un'ipotetica galleria dove tutto si tiene perché così funziona: lo diceva Elias Canetti che in letteratura tutto si tiene e, per analogia, pensiamo di poterlo estendere anche a questa poesia, che mette in scena i colori e le forme di quadri e sculture cari all'autrice, offrendoci il suo incondizionato amore per l' arte e per ciò che è capace di tirare fuori da noi.» (dalla Prefazione di Cinzia Demi) -
Storie di confine
"Spesso nella vita i grandi vuoti lasciati dalla scomparsa di anime care crea invisibili crepe di frattura in quella che riteniamo essere la nostra solidità di esistenza, di pensiero e di coscienza. Le ondate di dolore spingono spesso la nostra anima vicina a queste crepe che nella dimensione interiore un po' fosca e nebulosa ci sembrano i bordi frastagliati del nostro mondo. Alcuni di noi scelgono di non essere semplici ostaggi delle ondate di dolore, di vuoto e di tristezza e salpano nel mare della coscienza per esplorare i bordi frastagliati. Iniziano in questo modo a conoscere il confine, lo perlustrano, trovano particolari punti di osservazione o comodi anfratti in cui accoccolarsi in una dimensione ancora più profonda e intimista, quasi ad ascoltare il pulsare profondo del loro Essere."""" (Patrizia Sfreddo)"