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Un cerino nel buio. Come la cultura sopravvive a barbari e antibarbari
L'istruzione superiore allo sbando, i quotidiani inzeppati di gossip e celebrities, la narrativa arrancante dietro ai fumetti e al cinema di intrattenimento: il tutto sotto l'imperio delle grandi cerimoniere, la televisione e la rete. Un quadro vorticoso che polarizza le reazioni e aggiorna coppie di opposti vecchie di quarant'anni. Da un lato l'allarme colto e un po' sdegnoso di chi vede inverarsi le profezie situazioniste e prendere corpo i peggiori fantasmi apocalittici, dall'altro il tripudio ultramodernista di coloro che inneggiano alla maggiore democraticità del nuovo orizzonte. Franco Brevini prova a percorrere una terza via, incrociando vita vissuta e rielaborazione intellettuale. Scrittore, docente universitario e collaboratore di giornali e periodici, racconta le peripezie del suo pendolarismo tra editoria, scuola e giornali, i tre luoghi deputati alla produzione, trasmissione e comunicazione del sapere, quelli in cui lo stravolgimento dei modelli finora invalsi è maggiormente tangibile. Ne emerge uno spaccato della nostra società mediatica che sfata alcune leggende passatiste, a cominciare dall'eclisse della cultura. Il vero problema è dare un nome alla sua nuova vitalità, intuirne le dinamiche più promettenti perché meno sottomesse alle logiche usurate della pura custodia o del festoso collasso. -
A ciascuno il suo cervello. Plasticità neuronale e inconscio
Cosa accadrebbe se, secondo quanto gia auspicato da Freud, la psicoanalisi potesse trovare conferma nelle neuroscienze? E se le neuroscienze stesse si avvantaggiassero dal confronto con il modello psicoanalitico? Francois Ansermet e Pierre Magistretti propongono in questo saggio l'incontro originale tra due discipline spesso presentate come antagoniste. E il punto di incontro e rappresentato proprio da quei meccanismi di plasticità neuronale grazie ai quali il cervello rimane aperto al cambiamento e alle trasformazioni portate dall'esperienza. Dall'incontro tra stimoli provenienti dalla realtà esterna e stimoli provenienti dalla realtà interna inconscia nasce la specificità individuale, che rende ogni individuo un essere unico e imprevedibile. -
Trattato di storia delle religioni
"Il fine che ci siamo proposti - scrive Eliade - è quello di mostrare che cosa sono i fatti religiosi e che cosa rivelano"""". Nel complesso labirinto che essi costituiscono il lettore penetra a poco a poco, acquista familiarità con le diversità culturali da cui essi dipendono, prende contatto con le manifestazioni del sacro che si palesano a vari livelli cosmici (il Cielo, le Acque, la Terra, le Pietre), nei fenomeni biologici (i cicli vegetativi, i ritmi lunari, la sessualità), nei miti e nei simboli (il famoso mito dell'eterno ritorno). Il """"Trattato"""", che a distanza di sessant'anni dalla pubblicazione conferma il suo valore e la sua permanente attualità, può leggersi da un duplice punto di vista: come interpretazione fenomenologico-religiosa spesso suggestiva e stimolante, e come documento del travaglio della cultura moderna, impegnata nella ricerca di un più ampio e sensibile umanesimo." -
Il simbolismo dell'occhio
L'occhio è il più prezioso fra gli organi di senso e il suo dominio sugli altri ha permesso all'intelletto umano di dar vita alla civiltà. Vedere significa prendere coscienza dell'ambiente: equivale a ""sapere"""", possedere il mondo, dominarlo. Poiché dipende dalla luce che riceve, fonte della vita stessa, l'occhio è l'organo essenziale della vita dell'uomo, e della sua individualità. Per questi e mille altri motivi, l'occhio è stato da sempre al centro della cultura umana: trasformato in simboli, al centro di riti, protagonista di metafore. Il grande archeologo svizzero Deonna, in questo libro, frutto di una vasta erudizione, racconta e spiega, partendo dalle civiltà più antiche e lontane, perché, ad esempio, si chiudano gli occhi ai morti, oppure perché Dio e le divinità siano state rappresentate sotto forma di occhio. """"Le Symbolisme de l'oeil"""" fu pubblicato postumo nel 1965 a Parigi e viene qui tradotto in italiano con un apparato di note che completa quelle dell'autore."" -
Trattato della lontananza
Questo saggio, di uno dei maggiori esperti di Leopardi, descrive alcune figure della lontananza, così come la letteratura e le altre arti le hanno accolte e interrogate. Oggi la lontananza non è più lontana ma prossima, transitabile, persino domestica. Infatti è nelle case, sul monitor del computer, sul display dei cellulari, nel suono che giunge agli auricolari. La tecnica del nostro tempo, la tecnica oggi trionfante, è infatti la tecnica del lontano. Tutto quel che è lontano - isole, deserti, città, avvenimenti, paesaggi, costumi di ignote popolazioni - viene oggi verso di noi, bruciando il tempo e lo spazio della lontananza. Si fa contemporaneo. Si fa superficie, schermo, suono. -
Il corpo come testo. Storie del diritto
Ci sono libri che raccontano una storia, e che vanno letti dall'inizio alla fine. Questo, di storie ne racconta più d'una: dalla censura alla confessione, dalla grammatica dei segni alle retoriche del sacro, dall'ordinaria miseria di esistenze oscure alle interminabili prose del potere. Ecco perché ognuna di esse può essere letta come un avvenimento singolare, circoscritto nello spazio e nel tempo, sullo sfondo e all'orizzonte della vicenda sempre ricominciata delle leggi, delle norme, delle coercizioni e delle discipline e delle loro prese molteplici sull'anima e sul corpo degli individui. Se l'analogia originaria della poetica occidentale si basa sulla trasposizione metaforica del corporeo in testuale, le storie di questo libro tracciano qualcosa di molto diverso: narrano la testualità dei corpi nella loro inviolabile scrittura, fanno meritare al diritto il suo giusto posto nei territori della letteratura. -
Signatura rerum. Sul metodo
«Il nono libro del trattato di Paracelso Sulla natura delle cose s'intitola De signatura rerum naturalium (Sulla segnatura delle cose naturali). L'idea che che tutte le cose portino un segno che manifesta e rivela le loro qualità invisibili è il nucleo originale dell'episteme paracelsiana. [...]In questo senso, se - come scrive Paracelso - ""tutte le cose, erbe, semi, pietre, radici dischiudono nelle loro qualità, forme e figure ciò che è in esse"""", se """"vengono tutte conosciute attraverso il loro signatum"""", allora """"la signatura è la scienza attraverso cui tutto ciò che è nascosto viene trovato e senza quest'arte non si può fare nulla di profondo"""". Questa scienza è tuttavia, come ogni sapere, una conseguenza del peccato, perché Adamo nell'Eden era assolutamente """"non-segnato"""" e tale sarebbe rimasto se non fosse """"caduto nella natura"""", che non """"lascia nulla non-segnato""""». Così inizia questo libro di Agamben dedicato ai problemi del metodo e diviso in tre parti, corrispondenti ad altrettante riflessioni su tre aspetti specifici: a) il concetto di paradigma; b) la teoria delle segnature; c) la relazione fra storia e archeologia. Spunto per queste considerazioni è l'indagine sul metodo di uno studioso come Michel Foucault, sul quale Agamben dichiara di aver avuto occasione, negli ultimi anni, di apprendere molto. Così, accanto alla riflessione sul pensiero di Paracelso, il volume costituisce anche una nuova lettura del grande filosofo francese e della sua archeologia del sapere."" -
Timbuctu
Un reportage scritto da un antropologo con la sensibilità di un poeta, attento alla luce, alle polveri, ai minimi particolari e, allo stesso tempo, attento alle impronte che l'economia globale lascia su quel mondo ormai solo apparentemente lontano. Ma ""Timbuctu"""", al di là del mito, rimane un luogo per osservare se stessi e guardare al proprio mondo: """"Vista di qua, da questa piazza sabbiosa che confonde l'immensità del Sahara con la più antica moschea d'Africa, la sabbia anarchica delle dune con la terra impastata e lavorata dagli uomini, anche l'Europa appare diversa. E mi accorgo che, se non fosse stato per il mito costruito su Timbuctu, forse non sarei riuscito a scrivere tutto questo."""" (Marco Aime)."" -
Breve trattato sulla decrescita serena
La decrescita - sostiene l'autore - non è la crescita negativa. Sarebbe meglio parlare di ""acrescita"""", così come si parla di ateismo. D'altra parte, si tratta proprio dell'abbandono di una fede o di una religione (quella dell'economia, del progresso e dello sviluppo). Se è ormai riconosciuto che il perseguimento indefinito della crescita è incompatibile con un pianeta finito, le conseguenze (produrre meno e consumare meno) sono invece ben lungi dall'essere accettate. Ma se non vi sarà un'inversione di rotta, ci attende una catastrofe ecologica e umana. Siamo ancora in tempo per immaginare, serenamente, un sistema basato su un'altra logica: quella di una """"società di decrescita""""."" -
Il mondo come gioco matematico. La vita e le idee di John von Neumann
Galileo e Newton dimostrarono che è possibile rappresentare il mondo fisico con la matematica. Leibniz si dedicò al progetto di costruire un calcolo logico universale, capace di guidare meccanicamente il pensiero umano. Gli illuministi credettero nella possibilità di matematizzare le relazioni sociali per renderle razionali. Attorno al Circolo di Vienna si sviluppò l'idea di un'etica come scienza esatta, capace di orientare l'individuo nella scelta di decisioni corrette mediante l'analisi logico-matematica. Von Neumann ereditò tutte queste aspirazioni e intuizioni filosofiche più o meno antiche, proponendo una concezione del mondo come gioco matematico: un mondo retto globalmente da una logica universale, in cui le coscienze individuali si muovono seguendo diverse strategie. Sostenuto da capacità matematiche smisurate, che gli consentirono di lasciare una traccia quasi in ogni settore della matematica e della fisica matematica, e dalla fiducia nel potere dei calcolatori, von Neumann consacrò la sua vita a questo progetto fantastico, il cui culmine fu la concezione di una teoria degli automi, capace di modellizzare e sistematizzare la coscienza di un ""essere"""" perfettamente logico che interagisce con la realtà scambiando informazione matematizzata. Figura poco nota e controversa, Von Neumann introdusse nel dibattito intellettuale e nella scienza del XX secolo elementi profondamente inquietanti, che erano stati già avvertiti alla fine dell'Ottocento, con toni apocalittici."" -
La perdita
La ""perdita"""" è un tema da un lato troppo presente, dall'altro ancora lontano: idea assillante ma sospesa sul vuoto dell'esperienza che avrebbe potuto sostanziarlo di pensieri e sentimenti reali. Forse la condizione """"giusta"""", né troppo dolorosa né troppo distaccata, per pensare la morte propria e delle persone che abbiamo amato, non si da mai. La morte, come coscienza che siamo destinati a scomparire """"a uno a uno"""", come dicono Rossanda e Fraire, è il """"grado zero"""" della rappresentazione, l'""""impensabile"""". Tra tutte le opposizioni """"incomponibili"""" che danno un'impronta """"tragica"""" alla vita, la più resistente ai nostri sforzi di pacificazione è sicuramente quella di un Io costretto a riconoscersi straniero nel proprio corpo, parte del ciclo biologico e, al medesimo tempo, di una """"natura"""" speciale, irriducibile alla materia di cui sono fatti gli altri viventi."" -
Sul giornalismo
"Quale sarà la condizione della società e della politica di questa Repubblica di qui a settant'anni, quando saranno ancora vivi alcuni dei bambini che adesso vanno a scuola? Sapremo salvaguardare il primato della Costituzione, l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e l'incorruttibilità della giustizia, oppure avremo un governo del denaro e dei disonesti?"""" Joseph Pulitzer se lo chiedeva all'inizio del Novecento, quando per sua iniziativa nasceva la Scuola di giornalismo della Columbia University di New York. Era convinto che la risposta dipendesse in buona parte dalla qualità dell'informazione. A distanza di un secolo, nel momento in cui il consumo di notizie ha raggiunto ritmi prima inimmaginabili e rischia paradossalmente di rovesciarsi in disinformazione, la richiesta di qualità è ancora più decisiva per il bene pubblico. Perché """"la nostra Repubblica e la sua stampa progrediranno o cadranno insieme""""." -
Intervista sul capitalismo italiano
Nel 1976 Guido Carli rilasciò a Eugenio Scalfari questa intervista, un anno dopo pubblicata da Laterza. Si trattava di una sua personale riflessione sul passato e sul futuro dell'Italia, che egli condusse con un amico di lunga data poco prima di assumere la presidenza della Confederazione degli industriali italiani, in una fase drammatica per il paese. Nell'intervista vi è la storia economica italiana interpretata da uno dei suoi protagonisti. Carli si interroga con sincerità appassionata sulle sorti del nostro capitalismo, questione fin da allora di grande attualità, che non ha ancora ricevuto una risposta adeguata dai gruppi dirigenti del paese. La rilettura di questo testo, a trent'anni di distanza, invita a riflettere sulla radice dei problemi che assillano la società italiana. -
Il biocapitalismo. Verso lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni
Il biocapitalismo è la forma più avanzata di evoluzione del modello economico capitalistico. Esso si caratterizza per il suo crescente intreccio con la vita degli esseri umani. Il biocapitalismo produce infatti valore economico non soltanto usando il corpo come strumento materiale di lavoro ma agendo sulle componenti biologiche, mentali, relazionali e affettive degli individui. E se le imprese si impossessano sempre più delle idee dei loro dipendenti, sfruttando il loro cervello e quindi godendo del loro tempo ben oltre l'orario di lavoro, è soprattutto operando nella sfera del consumo che esse sono in grado di intervenire massicciamente sulle emozioni e sugli affetti, sui corpi e sulle menti degli individui e lo fanno utilizzando strumenti di comunicazione potenti come la marca e il cinema. In questo modo l'ambito della cultura e della comunicazione viene progressivamente assorbito da quello della produzione economica, creando una situazione di crisi per il funzionamento del sistema democratico. -
Contro l'architettura
Mai come adesso l'architettura è di moda. Nelle riviste, nei quotidiani, in televisione le opere delle super-star dell'architettura sono oggetto della curiosità di lettori che prima erano completamente digiuni in materia. Eppure mai come adesso l'architettura è lontana dall'interesse pubblico: incide poco e male sul miglioramento della vita della gente, a volte ne peggiora le condizioni dell'abitare. Questo accade perché l'architettura è diventata un gioco autoreferenziale, incentrata sulla ""firma"""", sulla genialità del singolo architetto, genialità che è quotata nella borsa della moda al pari di un qualunque brand. Gli architetti si rifiugiano in una artisticità che li esclude da qualunque responsabilità. Purtroppo spesso viene affidata loro la trasformazione di interi pezzi di città, trasformazioni che spesso compiono con incompetenza, superficialità e convinti che si tratti di un gioco formale. Ma le città funzionano diversamente: sono il territorio profondo su cui agisce l'inconscio collettivo, sono il luogo delle appartenenze e dei conflitti. Questo libro invita ad abbandonare le """"archistar"""" al loro egoismo e ad accettare che l'architettura abbia esaurito la sua funzione. Oggi c'è bisogno di altro, soprattutto nella situazione di emergenza in cui le città e l'ambiente rischiano di diventare sempre più inabitabili."" -
Il dono nel mondo dell'utile
Il movimento antiutilitarista, sorto in Francia nel 1980, rifacendosi all'opera dello storico economico Karl Polanyi e dell'antropologo Marcel Mauss, ha messo radicalmente in dubbio l'universalità dell'homo oeconomicus spinto dal calcolo dell'utile individuale. I suoi teorici (tra i quali Alain Caillé, Serge Latouche e lo stesso Salsano) propongono di pensare i rapporti sociali attraverso il modello di triplice obbligo del dono (dare, ricevere, ricambiare) e trasferire questa forma di scambio nel mondo contemporaneo, dominato da Stato e mercato. Nato come critica all'economicismo implicito nelle scienze sociali, l'antiutilitarismo è, secondo Salsano, allo stesso tempo una critica della modernità e la ricerca di forme democratiche corrispondenti a un ""vero"""" utilitarismo."" -
L'arte di costruire
Il ""De re aedificatoria"""" di Leon Battista Alberti, la cui ultima edizione italiana risale alla metà degli anni sessanta, segna uno dei punti più alti, e radicalmente innovativi, della riflessione rinascimentale sullo statuto teorico e il significato sociale dell'attività architettonica, promossa per la prima volta al rango non solo di vera scienza ma anche di """"arte liberale"""", sullo stesso piano della letteratura e della filosofia. Questa nuova edizione del trattato, così come gli apparati critici che la corredano, è opera di un architetto, dunque - secondo la definizione di Adolf Loos - di """"un muratore che sa il latino"""". L'attenzione è qui rivolta anzitutto alla comprensione dei contenuti tecnici e alla esatta resa del denso e variegato linguaggio albertiano. Perché - questa la convinzione di fondo che ha guidato il lavoro della curatrice - il """"De re aedificatoria"""" resta ancora oggi, a distanza di secoli, non solo un testo di alto valore letterario e culturale, ma anche una straordinaria fonte di insegnamento dei molteplici saperi che costituiscono l'architettura, un vero e proprio repertorio di indicazioni e soluzioni tecniche utili anche all'architetto di oggi."" -
Storia della civiltà greca. Vol. 1: I greci e il loro mito. La polis
"Per svago personale leggo la 'Storia della civiltà greca' di Burckhardt, che mi offre paralleli inaspettati"""". All'inizio del 1899, quando Sigmund Freud confidava le sue letture all'amico Wilhelm Fliess, il primo volume dell'opera era in libreria da qualche mese. Lo aveva dato alle stampe il filologo Jacob Oeri, nipote di Burckhardt e suo legatario, contravvenendo alle disposizioni testamentarie dello zio, che formulavano un esplicito divieto di pubblicazione. Le lezioni burckhardtiane di storia greca all'Università di Basilea, risalenti agli anni Settanta, erano entrate ormai nella leggenda; oltre agli studenti, vi furono ammessi solo pochissimi uditori. Tra gli esclusi, il giovane collega Friedrich Nietzsche, che era solito attendere Burckhardt all'uscita per farsi ricapitolare, sulla via di casa, i contenuti che non aveva potuto ascoltare poco prima. In quelle fervide conversazioni accadeva qualcosa di imparagonabile alla trasmissione di un sapere antiquario consolidato; prendeva forma un'idea di grecità che i classicisti avrebbero ritenuto del tutto spaesante, tanto era sprovvista dell'attributo di suprema armonia con cui generalmente la si qualificava. I due - il professore attempato e il filosofo che stava gettando scompiglio con 'La nascita della tragedia' -condividevano anche lo stile di incursione: il """"vagare"""" in """"modo curioso e selvaggio"""" nell'età remota dove """"l'elemento umano si rivela senza maschera e privo di umanesimo""""." -
Simile alle ombre e al sogno. La filosofia dell'immagine
Umbratili come le presenze dell'Erebo evocate nel verso omerico che dà il titolo al libro, le raffigurazioni si lasciano cogliere da noi attraverso una duplice operazione: vediamo, ossia percepiamo una consistenza fenomenica, e insieme immaginiamo, abbandonandoci a un viluppo ludico-narrativo. Paolo Spinicci si incarica di tracciare il sottile confine che distingue, nelle immagini fuori di noi che vengono designate dal concetto di raffigurazione, la dimensione percettiva da quella immaginativa. È dai ranghi filosofici che prende la parola, per restituire alle raffigurazioni uno statuto svincolato dalla concezione linguistica e convenzionalistica in cui troppo a lungo sono rimaste impaniate, e rimettere in onore proprio il ""vedere senza sapere"""". L'assunto è che esse non siano delle parole visive che """"stanno per"""" qualcos'altro, bensì oggetti percettivi che costruiscono e interpellano attraverso la loro """"profondità apparente"""". Fenomenologia della percezione e pragmatica sono ugualmente implicate nell'atto di guardare, al punto da delimitarne le condizioni di possibilità. Il dispositivo culturale complesso a cui appartiene l'immagine funziona in virtù della dialogicità che si instaura quando una scena raffigurata si rivolge allo spettatore e lo invita a una drammatizzazione immaginativa che conserva """"il battito delle cose reali""""."" -
Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé. Riscrittura e continuazione
A quale prezzo psicologico si ottiene un ""bravo bambino""""? Di quali sottili violenze è capace l'amore materno? Per l'autrice, il dramma del """"bambino dotato"""" - il bambino che è l'orgoglio dei suoi genitori - ha origine nella sua capacità di cogliere i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia, l'indignazione, la paura, l'invidia) che risultano inaccettabili ai """"grandi"""". In tal modo, viene soffocato lo sviluppo della personalità più autentica, e il bambino soffrirà di insicurezza affettiva e di una sorta di impoverimento psichico. Da adulto, sarà depresso, oppure si nasconderà dietro una facciata di grandiosità maniacale. Numerosissimi esempi documentano la sofferenza inespressa di questi bambini e, al tempo stesso, le difficoltà dei genitori, incapaci di essere disponibili verso i figli.""