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Viaggio sentimentale. Memorie 1917-1922
«La mia storia d'amore con la rivoluzione è profondamente infelice...» scrive a Gor'kij dalla Finlandia, dov'era fuggito per evitare l'arresto, Viktor Šklovskij. È il 15 aprile 1922. A Mosca si preparava il processo ai «socialrivoluzionari di destra», e Šklovskij aveva militato nelle cellule clandestine del Partito socialrivoluzionario. «Negli allevamenti di cavalli ci sono stalloni che chiamano ""ruffiani"""" ... Il ruffiano monta sulla giumenta, lei prima si rifiuta e scalcia, poi inizia a concedersi. A quel punto il ruffiano viene trascinato via e fanno entrare il vero riproduttore ... Noi socialisti abbiamo """"scaldato"""" la Russia per i bolscevichi...». E mentre attende di poter partire per Berlino, comincia a scrivere nuove – le più ardue, dolorose – memorie del recente passato. Nasce così Viaggio sentimentale, titolo che è un palese e sorridente omaggio a Sterne, lo scrittore da lui «resuscitato in Russia». La prima guerra mondiale, la rivoluzione d'Ottobre e la lotta fratricida che ne seguì – tutto è raccontato da un testimone che, per nostra fortuna, non ha pretesa alcuna di imparzialità. È semmai la scrittura, l'inconfondibile e celebrata paratassi šklovskiana (frasi essenziali, brevi, dai legami sintattici e logici ridotti al minimo), a illuminare di verità il racconto – erratico, digressivo e aberrante come i fatti che cambiarono la storia del XX secolo.rnGrande bricoleur, teorico della letteratura e «narratore professionista» che riesce, parlando, raccontando, a confondere anche la polizia politica che gli dà la caccia, Šklovskij ha scritto con «Viaggio sentimentale» il suo libro più bello, dove alla sapienza nell'organizzare un materiale ancora caldo, grondante stupore, pietà e sdegno, si unisce l'abilità nel fondere due piani – dei fatti e della memoria, della visione e della coscienza morale – sempre intermittenti. E, ancor più, un libro indispensabile per chi voglia assistere dal vivo, quasi in presa diretta, alla «fine dello spettacolo """"Russia""""»."" -
Incroci
A volte sembra che Tullio Pericoli scriva con la stessa matita che usa per disegnare – magari quel mozzicone minuscolo che tiene sempre pronto in tasca per ogni evenienza. Ma la matita di Pericoli è anche il suo contrario, una gomma che serve per cancellare tutto quanto appare superfluo. Lo dimostra questo libro, dove Pericoli schizza a memoria ventidue profili di persone che ha incontrato, e che hanno segnato altrettanti punti di svolta. Può trattarsi di amici di una vita, come Umberto Eco, di bizzarri mecenati come Livio Garzanti, o anche di personaggi illustri abbordati in un attimo di incoscienza – come Eugenio Montale, incrociato per caso nell'androne del «Corriere», poi accompagnato a casa in 500, in un silenzio surreale che trasforma l'incontro in una micropièce dell'assurdo. In quasi tutti questi racconti lunari e sorridenti, intervallati da ritratti che disegnano una sorta di libro parallelo, ci sono pause improvvise, o reticenze che a volte spiazzano: ma sono solo un piccolo trucco, un piccolo effetto speciale di Pericoli per farci sentire meglio il suono – inconfondibile – della sua matita al lavoro. -
Sonecka
Scritto nel 1937, quando ormai tutto annunciava la catastrofe finale, all'ombra della perdita e del dolore, il racconto-epitaffio è smagliante, luminoso, sembra irradiare vitalità e tepore. rn«Ha il sapore dello zucchero, perché all'autrice dolce è stato scriverlo: si chiude con rimpianto e si legge con tenerezza» - Melania Mazzucco, Robinsonrn«La fine e l'impossibilità, che caratterizzano la vita di Cvetaeva e sono solitamente espresse con inflessibile lucidità, vengono smorzate in una malinconica dolcezza che coniuga il sublime con il quotidiano» - Barbara Castiglioni, Il VenerdìrnrnrnrnrnrnMarina Cvetaeva conobbe l'attrice Sof'ja (Sonečka) Gollidej – il suo «più grande amore femminile» – alle soglie del 1919, il «più nero, pestilenziale, mortifero» degli anni postrivoluzionari, quando in una Mosca misera e affamata «si affratellò a una banda di commedianti»: gli attori allievi del Secondo Studio presso il Teatro d'Arte. Ventidue anni – ma con l'aspetto di una ragazza-bambina –, elfo, Mignon, Infanta, Sonečka, che aveva allora grande successo nelle Notti bianche di Dostoevskij, era capricciosa, sentimentale, indisciplinata, instancabile raccontatrice di sciocchezze, sogni, deliziose storielle, con un debole per le «paroline da collegiale», i diminutivi, le romanze strappalacrime da cui sembrava lei stessa uscita – l'opposto dell'indole «virile, retta, di acciaio» di Marina. Fra le due donne nacque una «amicizia frenetica, reciproca deificazione di anime», destinata a concludersi quando, dopo neppure un anno, Sonečka abbandonò Mosca per seguire il suo «destino di donna».rnScritto nel 1937, quando ormai tutto annunciava la catastrofe finale (la Cvetaeva era stata definitivamente proscritta dalla colonia émigrée parigina e il marito, smascherato come agente sovietico, sarebbe fuggito di lì a poco nella Russia comunista, dove aveva già fatto ritorno la figlia Alja, dalla quale era arrivata la notizia della morte di Sonečka), all'ombra della perdita e del dolore, il racconto-epitaffio è smagliante, luminoso, sembra irradiare vitalità e tepore. Prodigi di una ancora viva affezione, ma anche di una scrittura – sempre sottesa dal pensiero poetico – che coniuga arditamente il sublime con la lingua della vita quotidiana, della strada. -
Souvenirs
«Nei suoi Souvenirs persino la Parigi di Picasso appare fiacca e imborghesita. Uno dei tanti paradossi di un artista che sfidava la tradizione con l'ironia e il cosmopolitismo» - Il Venerdì«Che più triste dei ricordi» scrive Savinio in procinto di pubblicare questi Souvenirs. Ma è pessimismo del poi, di chi guarda con amarezza a quanto è scomparso, travolto dalla bufera bellica. A rileggerli oggi, infatti, quel che colpisce in questi reportage parigini è semmai l'insolente ironia, lo humour acuminato con cui Savinio osserva Parigi - «dama dal passato brillantissimo» che, incapace di rassegnarsi, continua a credere che al di là della sua cinta daziaria gli uomini, «vestiti di rozze pelli», combattono ancora le fiere «con zagaglie di silice» - e i suoi vecchi e nuovi dèi. Fatta eccezione per Apollinaire, «il poeta più profondamente classico che onori di sé il primo quarto del nostro secolo», e per Georges Simenon, un «Dostojewski minore», l'indomabile impertinenza di Savinio non risparmia nulla e nessuno: Max Jacob e Colette, Jean Cocteau e René Clair, l'Opéra e i Salons d'Automne. E tantomeno i surrealisti, il cui carattere dominante è «la puerilità, la quale, di là dalle frontiere dell'infanzia, si chiama scemenza» - non già l'intelligenza satanica. Ma colpiscono soprattutto, e incantano, il talento digressivo, l'erudizione nonchalante, e una scrittura insieme classica e aspramente inventiva, che disegna uomini e paesaggi con visionaria precisione: come nella splendida descrizione della baia del Mont-Saint-Michel, dove il mare «invade le praterie di tozze erbe salate, onde i montoni dagli occhi perlacei e feroci fuggono spaventati, con uno stretto galoppo arcuato». Con una nota di Eugenia Maria Rossi. -
Il libro dei mostri
Come Hrundi V. Bakshi (il protagonista di Hollywood Party), ha scritto Edoardo Camurri, «Wilcock si diverte a mandare a gambe all'aria tutto quanto»: sotto la caustica ferocia dei suoi attacchi crollano frasi fatte, luoghi comuni, banalità e ideologie.rnrnRoberto Bolaño racconta che il primo libro di Wilcock che gli capitò di leggere – «in giorni nei quali tutto faceva presagire solo tristezza» – gli «restituì l'allegria, come riescono a farlo solo i capolavori della letteratura che sono al tempo stesso capolavori dello humour nero». Da allora non smise mai di raccomandare, come si raccomanda un farmaco benefico, quello che definiva «uno dei più grandi e più strani (con tutto ciò che di rivoluzionario ha in sé questa parola) scrittori di questo secolo, che nessun buon lettore deve trascurare». Il libro dei mostri, l'ultimo di Wilcock, lo conferma: è uno dei suoi più felici e sfrenati viaggi nel fantastico, la ricognizione puntuale ed esilarante-raccapricciante di un «piccolo mondo mostruoso», dove non troveremo Sirene e Onocentauri, ma molti personaggi improbabili – e che pure ci sembra di incontrare ogni giorno, in quella quotidianità, riconoscibile come semplice maschera del caos, in cui vengono genialmente innestati il grottesco e l'assurdo, la diversità e la follia: il geometra Elio Torpo, per esempio, si è tramutato in un vulcano di fango, l'ufficiale postale Frenio Guiscardi in «un ammasso di peli, lana e bambagia, di forma genericamente sferica», il critico letterario Berlo Zenobi in una massa di vermi, il veterinario Lurio Tontino in un asteroide, e lo psicoanalista Ruzio Haub-Haub è in tutto simile a una vipera... Come Hrundi V. Bakshi (il protagonista di Hollywood Party), ha scritto Edoardo Camurri, «Wilcock si diverte a mandare a gambe all'aria tutto quanto»: sotto la caustica ferocia dei suoi attacchi crollano frasi fatte, luoghi comuni, banalità e ideologie. -
Un soffio di vita
Libro postumo, libro testamento – ma anche «intrepido e scherzoso libro di vita», debordante di «frasi sconnesse come in sogno», di «idee allo stato grezzo», formato di «resti della demolizione di un'anima» e di «estasi provvisorie» –, Un soffio di vita mette in scena due personaggi (l'Autore e la sua creazione, o creatura, Ângela) che dialogano affrontando tutti i temi sui quali la Lispector si è incessantemente interrogata: le parole, il tempo, il mondo, la storia, la preghiera, gli esseri viventi e quelli inanimati. Infine: la grazia. La scrittrice non nasconde affatto le sue intenzioni e, perentoria come sempre, esordisce: «Voglio scrivere movimento puro». Quel che si propone, infatti, non è una stesura coerente, una trama qualsivoglia, bensì il definitivo esorcismo dell'indicibile. Quando compone gli ultimi frammenti, le è stata diagnosticata una malattia mortale, e la morte pervade questo testo, che lei stessa confessava essere stato «scritto nella sofferenza». Olga Borelli, l'amica-assistente che per otto anni le è stata vicina, annotando i suoi pensieri e battendo a macchina i suoi manoscritti, ha affermato che Un soffio di vita doveva essere il suo «libro definitivo», scaturito com'è «da uno slancio doloroso che lei non era in grado di trattenere». -
Thunderball
Dopo aver scritto Goldfinger - e molto prima che Broccoli e Saltzman, a Hollywood, cominciassero a darsi da fare - Ian Fleming aveva capito che la sua creatura era pronta per il cinema, e aveva lavorato a una sceneggiatura.rn«Per i cultori della materia, Thunderball è il romanzo della svolta» - Enrico Deaglio, Robinsonrnrn Lo spunto poteva anche essere preso da un incidente qualsiasi (e infatti, Bond finisce in un rehab per disintossicarsi da fumo e alcol, con una cartella clinica quasi identica a quella del paziente Fleming, ricoverato da poco per problemi analoghi). Il plot poteva ruotare intorno a un pretesto abbastanza semplice - il furto di un bombardiere atomico e delle sue due testate. Ma tutto il resto, il cinema essendo il cinema, andava un po' irrobustito. Così, al posto della logora Smersh ecco entrare in scena la più strutturata Spectre (dove confluiscono «elementi della sSmersh, della Gestapo, della Mafia e della Triade»): e a compensazione del superlavoro, a 007 non tocca la solita Bond girl, gliene spettano addirittura tre, una più soddisfacente dell'altra. Ma nessuna, inutile dirlo, esplosiva quanto Domino. -
Homo aequalis. Vol. 1-2: Genesi e trionfo dell'ideologia economica-L'ideologia tedesca.
Ci sono alcune idee portanti della civiltà occidentale che ci appaiono del tutto ovvie e naturali. Ma, se le osserviamo da vicino e nel contesto delle altre civiltà, scopriamo che esse hanno addirittura un carattere eccezionale ed eccentrico. Due fra queste idee sono indicate dai termini individuo ed eguaglianza. Louis Dumont si è proposto di mostrare appunto la peculiarità di tali idee, il loro formarsi, le loro implicazioni. Questo ampio disegno comprende «Homo hierarchicus» (1966) e i due volumi di «Homo aequalis». Nel pensiero di Dumont la polarità gerarchia/eguaglianza ha una funzione fondatrice, ma dietro di essa se ne distingue un'altra: olismo/individualismo. Tra le società che conosciamo, l'individualismo moderno si presenta come un caso unico, articolato però in forme diverse. Dapprima Dumont fi ssa l'attenzione sul nostro rapporto con le cose e su quella disciplina dove esso diventa tematico, l'economia politica. E ci mostra come l'emanciparsi della categoria dell'economico coincida con il sorgere e il trionfare dell'«ideologia moderna». Nel secondo volume si concentra sulla comparazione fra le varianti nazionali di tale ideologia, e in particolare su quella tedesca - e, a mano a mano che se ne delineano i tratti specifici, sugli «aspetti francesi più o meno corrispondenti». Da grande antropologo quale è, Dumont non si distacca mai dalla precisione del dettaglio: «Più è ambiziosa la prospettiva, più deve essere meticolosa la cura del particolare, più umile l'artigiano». -
Inquietanti azioni a distanza
«L'universo» scrive George Musser introducendo la sua sorprendente incursione nelle acquisizioni della fisica contemporanea «è un luogo selvaggio e capriccioso, pieno di insidie e di arbìtri»; eppure, su quello sfondo, «le leggi del mondo brillano per la loro rassicurante regolarità». Una regolarità che passa per vincoli come quello della «località», cui Einstein associava due aspetti chiave – la «separabilità» tra due oggetti e il loro interagire solo per contatto – e che rappresenta «l'essenza stessa dello spazio». Ma negli ultimi decenni la fisica sta dimostrando come, a un livello più fondamentale, il discorso muti, con le coppie di particelle sottoposte a quella che Einstein stesso definiva «un'inquietante azione a distanza», e che ora possiamo ricondurre al principio di «non-località». In certi esperimenti tali coppie si comportano come «monete magiche» in grado di far uscire sempre testa o croce in sinergia, a prescindere dallo spazio che le separa: possono cioè «allontanarsi fino alle estremità opposte dell'universo, e comportarsi lo stesso all'unisono». Ed è solo l'inizio: diverse tipologie di non-località sembrano agire molto al di sopra del livello subatomico (nei «paradossi» dei buchi neri o nella struttura «su larga scala» dell'universo), tanto da risultare decisive in una riformulazione della teoria unificata delle forze. Ma le conseguenze più profonde investono la natura stessa dello spazio, che secondo le nuove conoscenze potrebbe non essere «la base ultima della realtà fisica». -
Esiste Ascoli Piceno? Con 10 cartoline di Tullio Pericoli
Quando, nei primi anni Ottanta, una rivista di Ascoli Piceno gli chiede un breve contributo, Manganelli risponde con uno stupefacente gioco di prestigio, degno di un grande illusionista del linguaggio: negando l'esistenza della città. Nessuno, se non Tullio Pericoli, che lì ha vissuto, poteva avere l'audacia di affiancare i suoi disegni a quel memorabile, magistrale articolo. -
Il macellaio
«Finora inedito in Italia, ""Il macellaio"""" di Sándor Márai (1928) svela come un uomo senza qualità con istinti sadici si trasforma nel soldato perfetto. Un noir politico che ci fa riflettere» - Robinsonrn«Resta il merito di Sándor Márai che al debutto affronta di petto un passaggio d'epoca tanto atroce e perturbante» - Franco Marcoaldi, Il VenerdìrnrnOtto, il protagonista di questo racconto che segnò l'esordio letterario di Márai, è un formidabile, agghiacciante esempio di abiezione spontanea, naturale e ragionevole: uccidere animali in un mattatoio o soldati nemici in guerra non fa una grande differenza per lui, anzi corrisponde a una sorta di vocazione. Che si manifesterà in seguito in una forma brutale. Anticipando la Figura di Moosbrugger, il memorabile criminale dell'Uomo senza qualità di Musil, Márai ha saputo concentrare in un personaggio l'incontenibile sommovimento psichico che condusse alla prima guerra mondiale e devastò gli anni successivi. Ma racconta tutto questo con la pacatezza, lo scrupolo e la concisione di un cronista – come qualcosa che appartiene a una nuova, terrificante normalità."" -
Santuario
«In confronto ad altri romanzi del Faulkner, Santuario è d’intreccio relativamente scarno: una musica a poche parti, in uno stile staccato, corposo, che s’avviluppa e monta faticosamente, con effetti poderosi ... Faulkner ha dato una quantità di prosa di tale altezza e potenza, di così straordinaria complessità di contrappunto, che per molti aspetti sfida qualunque paragone ».rnrnEMILIO CECCHI -
Lolly Willowes o l'amoroso cacciatore
«In ""Lolly Willowes"""", il suo primo romanzo, Sylvia Townsend Warner si inoltra con fosca risolutezza nel reame del trascendente, e la sua prosa, con le sue scabre, repentine evocazioni, ha un che di soprannaturale. Questa è la storia arguta e arcana di una donna inglese molto per bene, che si sottrae educatamente all'ineluttabile connubio con l'altro sesso per diventare, invece, una strega.» John Updike"" -
Il castello dell'arsenico e altri racconti
In un anno, il 1938, in cui scrive alcuni dei suoi romanzi migliori (e basterà citarne tre: La casa dei Krull, Gli intrusi e Il borgomastro di Furnes) Simenon, quasi per distrarsi, butta giù anche trentatré racconti, fra cui quelli che hanno come protagonista il «dottorino», un simpatico medico di provincia con la vocazione del «risolutore di enigmi».rnrn«Alle cinque ero là, come gli altri giorni... Stavo mandando giù un sandwich, e intanto mi guardavo intorno distrattamente... E a un tratto ho notato una donna che mi osservava sorridendo... Non sono un dongiovanni, mi creda... Mi è sempre bastata mia moglie... Ma quella lì... Mi sono subito chiesto che ci facesse in un locale così popolare... Le capita di andare al cinema, no?... Ha presente le dive americane, le vamp, come le chiamano?... Be', dottore, avevo davanti agli occhi una vamp!...»rnrnConvinto di vivere un'avventura con la donna più bella che abbia mai incontrato, un anonimo ragioniere si trova, letteralmente, un cadavere tra le braccia; un ammiraglio che non è un ammiraglio ma solo un ex cuoco di bordo si volatilizza in pieno giorno senza lasciare tracce; un tale che ha la mania di comprare pantofole viene ucciso in un grande magazzino mentre ne prova un ennesimo paio: sono alcuni degli omicidi che dovrà risolvere, nei cinque racconti che concludono il ciclo delle sue avventure, il dottor Jean Dollent, investigatore dilettante ma ormai parecchio scafato; non solo: gli toccherà anche indagare sui misteriosi avvelenamenti che avvengono in un immenso castello fatiscente e scalcinato, nonché sull'autore di un delitto quasi perfetto. In un anno, il 1938, in cui scrive alcuni dei suoi romanzi migliori (e basterà citarne tre: La casa dei Krull, Gli intrusi e Il borgomastro di Furnes) Simenon, quasi per distrarsi, butta giù anche trentatré racconti, fra cui quelli che hanno come protagonista il «dottorino», un simpatico medico di provincia con la vocazione del «risolutore di enigmi». -
Il picnic e altri guai
In questa raccolta nella quale, inopinatamente, mancano gli animali, Gerald Durrell ci propone con la consueta, vivacissima grazia cinque storie di grande malia, spaziando in generi per lui insoliti: l'erotico, il macabro, lo horror. E ci offre con prodigalità la sua dote più amabile: l'arte di trasformare ogni esperienza in divertimento. -
I Maigret: Pietr il Lettone-Il cavallante della «Providence»-Il defunto signor Gallet-L'impiccato di Saint-Pholien-Una testa in gioco. Vol. 1
Primo volume della raccolta delle opere di Maigretrn«Eleganza e distinzione, come si addice a un vero classico» – Il VenerdìrnPietr il LettonernIl commissario Maigret, della 1a Squadra mobile, alzò la testa ed ebbe l’impressione che il brontolio della stufa di ghisa posta al centro dell’ufficio e collegata al soffitto da un grosso tubo nero si stesse affievolendo. rnIl cavallante della «Providence»rnLa ricostruzione pur minuziosa dei fatti non chiariva nulla, se non che la scoperta dei due cavallanti di Dizy era a dir poco inverosimile. Quella domenica – era il 4 aprile –, alle tre del pomeriggio aveva cominciato a cadere una pioggia torrenziale.rnIl defunto signor GalletrnIl primo contatto fra il commissario Maigret e il morto, con il quale avrebbe poi vissuto per settimane in una sconcertante intimità, avvenne il 27 giugno 1930 in circostanze banali, penose e indimenticabili al tempo stesso.rnL’impiccato di Saint-PholienrnNessuno si accorse di quello che succedeva. Nessuno sospettò che nella sala d’attesa della stazioncina ferroviaria, dove tra l’odore di caffè, birra e limonata solo sei passeggeri aspettavano il treno con aria abbattuta, si stesse svolgendo un dramma.rnUna testa in giocornQuando in lontananza una campana suonò le due, il prigioniero era seduto sul letto, con le grosse mani nodose avvinghiate alle ginocchia. -
I Maigret: Il cane giallo-Il crocevia delle Tre Vedove-Un delitto in Olanda-All'insegna di Terranova-La ballerina del Gai-Moulin. Vol. 2
Secondo volume della raccolta delle opere di MaigretrnrnIl cane giallornVenerdì 7 novembre. Concarneau è deserta. L’orologio luminoso della città vecchia, che si intravede al di sopra dei bastioni, segna le undici meno cinque. La marea ha raggiunto il suo culmine e un forte vento di sud-ovest fa cozzare una contro l’altra le barche ormeggiate nel porto. rnIl Crocevia delle Tre VedovernQuando Maigret, con un sospiro di sfinimento, scostò la sedia dalla scrivania sulla quale teneva appoggiati i gomiti, l’interrogatorio di Carl Andersen durava esattamente da diciassette ore. rnUn delitto in OlandarnQuando, in un pomeriggio di maggio, arrivò a Delfzijl, Maigret sapeva ben poco della faccenda che l’aveva condotto in quel paesino situato all’estremità settentrionale dell’Olanda. rnAll’Insegna di Terranovarn«... perché è un ragazzo d’oro, e la sua mamma, che ha soltanto lui, ne morirebbe. Sono certo, come del resto tutti qui in paese, che è innocente. Ma ne ho parlato con alcuni marinai i quali sostengono che verrà condannato perché i tribunali civili non hanno mai capito niente delle cose di mare...». rnLa ballerina del Gai-Moulinrn«Chi è?...». «Non so! È la prima volta che viene» disse Adèle soffiando fuori il fumo della sigaretta. Pigramente cambiò posizione alle gambe, si aggiustò i capelli sulle tempie con qualche colpetto e contemplò la propria immagine in uno degli specchi che tappezzavano la sala per assicurarsi che il trucco fosse in ordine. -
I Maigret: La balera da due soldi-L'ombra cinese-Il caso Saint-Fiacre-La casa dei fiamminghi-Il porto delle nebbie. Vol. 3
Terzo volume della raccolta delle opere di MaigretrnrnLa balera da due soldirnUn tardo pomeriggio radioso. Un sole quasi languido nelle strade tranquille della Rive Gauche. E ovunque la gioia di vivere, sui visi, nei mille rumori familiari della strada. Ci sono giorni come questo, in cui l'esistenza è meno banale, e i passanti sui marciapiedi, i tram e le auto sembrano uscire da una fiaba.rnL’ombra cinesernLe dieci di sera. I cancelli del giardino al centro di place des Vosges erano chiusi; la piazza era deserta: solo le tracce lucide lasciate dalle macchine sull'asfalto e il canto ininterrotto delle fontane, gli alberi senza foglie e la linea monotona dei tetti che si stagliavano uniformi contro il cielo.rnIl caso Saint-FiacrernPochi colpi sommessi alla porta; il rumore di un oggetto posato sul pavimento; una voce timida: «Sono le cinque e mezzo! È appena suonata la prima campana della messa...».rnLa casa dei fiamminghirnQuando Maigret scese dal treno alla stazione di Givet, la prima persona che vide, proprio davanti al suo scompartimento, fu Anna Peeters. Nemmeno avesse previsto che si sarebbe fermato esattamente in quel punto del marciapiede! Non ne pareva sorpresa, e neppure compiaciuta. rnIl porto delle nebbiernQuando avevano lasciato Parigi, verso le tre del pomeriggio, la folla brulicava ancora sotto un pallido sole autunnale. Poi, verso Mantes, si erano accese le lampade dello scompartimento. A Évreux, fuori era tutto buio. E adesso, attraverso i finestrini lungo i quali scivolavano gocce di vapore, si vedeva una fitta nebbia che circondava di un alone lattiginoso le luci della strada ferrata. -
I Maigret: Il pazzo di Bergerac-Liberty Bar-La chiusa n.1-Maigret-I sotteranei del Majestic. Nuova ediz.. Vol. 4
Quarto volume della raccolta delle opere di MaigretrnrnIl pazzo di BergeracrnQuando si dice il caso. Fino al giorno prima la prospettiva di un viaggio appariva a Maigret del tutto improbabile. Anche se quella era la stagione in cui Parigi cominciava a pesargli: un mese di marzo frizzante, con già qualche avvisaglia di primavera e un solicello chiaro, vivo, quasi tiepido.rnLiberty BarrnLa prima sensazione fu di essere in vacanza. Quando Maigret scese dal treno, la stazione di Antibes era inondata per metà da un sole così luminoso che la folla in movimento sembrava fatta di ombre. Ombre munite di cappello di paglia, pantaloni bianchi e racchetta da tennis.rnLa chiusa n.1rnQuando osserviamo dei pesci attraverso uno strato d’acqua che ci impedisce qualsiasi contatto con loro, li vediamo restare a lungo inspiegabilmente immobili, poi spostarsi un po’ più in là, con un lieve fremito delle pinne, come se aspettassero qualcosa.rnMaigretrnPrima di socchiudere gli occhi, Maigret aggrottò la fronte, non sapendo se credere a quella voce che veniva a strapparlo da un sonno profondo: «Zio!...».rnI sotterranei del MajesticrnIl rumore secco di una portiera. Un’altra giornata aveva inizio. Il motore in folle. Forse Charlotte stringeva la mano al tassista. Poi l’auto si allontanò. Dei passi, la chiave che entrava nella serratura, lo scatto di un interruttore.Lo schiocco di un fiammifero in cucina e il leggero sibilo del fornello a gas che si accendeva.rnrnLe inchieste del commissario Maigret raccolte in questo volume sono state scritte tra l'aprile 1931 e l'ottobre 1942. -
I Maigret: La casa del giudice-Cécilie è morta-Firmato Picpus-Félicie-L'ispettore Cadavere. Vol. 5
Quinto volume della raccolta delle opere di Maigret rnLa casa del giudicern«Cinquantasei, cinquantasette, cinquantotto...» contava Maigret.rn Non che volesse contare. Gli veniva automatico. Aveva la testa vuota, le palpebre pesanti.rn«Sessantuno, sessantadue...».rnGettò un’occhiata fuori. I vetri del Café Français erano smerigliati...rnrnCécile è mortarn La pipa che Maigret accese uscendo di casa, in boulevard Richard-Lenoir, gli parve più gustosa del solito. La prima nebbia era una sorpresa piacevole, come la prima neve per i bambini, specialmente perché non era la brutta nebbia giallastra di certe giornate invernali...rnrnFirmato Picpus rn Tre minuti alle cinque. Sull'enorme pianta di Parigi che ricopre buona parte del muro si accende una spia bianca. L'impiegato posa il sandwich che stava mangiando e infila una spina in uno dei mille fori del centralino.rnrnFélicie rn Fu un attimo assolutamente straordinario, e con ogni probabilità tutto durò davvero solo un attimo, come pare accada in quei sogni che ci sembrano invece lunghissimi. A distanza di anni Maigret avrebbe potuto ancora indicare il luogo preciso in cui era successo... rnrnL’ispettore Cadavre rn Maigret si guardava attorno con l’aria ingrugnita e involontariamente sussiegosa di chi è rimasto chiuso per ore e ore senza far niente in uno scompartimento ferroviario. Come sempre accade, assai prima che il treno rallentasse per entrare in stazione, i viaggiatori uscivano ciascuno dalla sua nicchia infagottati nei loro cappotti...