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Galvani. Le operaie raccontano
La fabbrica di ceramiche Galvani è stata una bella protagonista nella storia della città di Pordenone. I fiori e i decori multicolore dipinti su piatti, caraffe, vasi e zuppiere sono stati ammirati ed apprezzati per tanti anni, sono più che meritati i complimenti fatti ai Galvani, ai direttori artistici e ai grandi disegnatori per le opere create, per l'ingegno, le capacità e le competenze messe a disposizione dell'azienda. È quasi un piccolo miracolo che la ""Ceramiche Galvani"""", nonostante abbia cessato la produzione negli ormai lontani anni '70, sia molto radicata nei ricordi affettivi dei Pordenonesi. Ancora oggi i suoi manufatti sono conservati con cura come ricordi di famiglia o molto usati quotidianamente, e il vasellame di pregio è molto ricercato nelle vetrine degli antiquari e nei banchi dei mercatini dell'usato. In queste pagine ho raccontato la Galvani prendendo spunto dai ricordi di chi ci ha lavorato ed ha fatto la sua parte per farla andare avanti; ho voluto rappresentare tutte quelle persone facendone rivivere alcune, raccontando quello che erano e quello che hanno vissuto in alcuni particolari periodi storici. Tutto questo è solo la cornice intorno ai veri protagonisti del racconto e cioè i sentimenti provati dalle persone. Sentimenti quotidiani, semplici, ma sempre degni di essere evidenziati perché è con questi che le nostre vite si riempiono."" -
Amianto. I polmoni dei cantierini di Monfalcone
Monfalcone è la città che si affaccia sul punto più a Nord del mare Adriatico. Da oltre un secolo è attivo un cantiere navale che è tra i più grandi d'Europa. Gli operai del cantiere, i cantierini, erano molto orgogliosi di costruire navi belle e imponenti. Ma un giorno, prima uno e dopo altri mille e mille ancora hanno cominciato a respirare male. Molto male. Fino a morire. Li ha uccisi l'amianto. Questo libro racconta la loro storia; se questa storia i cantierini l'avessero saputa prima a quest'ora sarebbero ancora vivi. Qui da noi il silenzio uccide. -
Anime e storie a Polcenigo e Budoia
Molti uomini e molte donne che nel secolo scorso hanno vissuto i drammi delle due guerre mondiali, dell'emigrazione, della fame e delle epidemie, hanno spesso confinato nei meandri della memoria i ricordi. Ciò ha portato spesso a velare i loro racconti o a perderli. Questo libro di testimonianze vivide di storie realmente vissute, raccolte tra gli anziani del territorio pedemontano tra Polcenigo e Budoia, recupera i fatti e le esperienze di chi ha fatto il Novecento. Un libro dedicato a chi c'era allora e a chi verrà domani, come testimonianza di valori quali dignità, doveri, diritti, onore e rispetto. Un libro di storie e fotografie, che vuole anche donare ai lettori allegri racconti di semplice vita quotidiana, quella di tutte le famiglie. Vita nostra. -
Vajont. Il giorno dopo
Alle 22.39 del 9 ottobre 1963 un boato tremendo scosse tutta la vallata. La frana di roccia compatta era venuta giù di schianto. Era entrata nel lago ed era risalita dall'altra parte della sponda dopo aver cacciato l'acqua. Un'ondata valicò la diga e si diresse verso Longarone. Un'altra risalì la montagna lungo la sponda di sinistra per quasi cento metri di altezza andando verso Pineda e San Martino e travolse tutto nella sua corsa. Erto fu bombardata di sassi, fango, acqua, ma non fu sommersa mentre La Spesse e Frasein che stavano sulla riva destra di fronte alla frana furono spazzate via. Il cataclisma durò non più di 4 minuti e la morte corse rapida lungo le rive del lago e poi nel cantiere della Sade. Molti quando sentirono arrivare l'acqua corsero verso la montagna cercando di guadagnare zone più elevate e, grazie a questo, si salvarono. Tutta la vallata fu avvolta dall'oscurità ed i superstiti, a tentoni, cercarono di trovare i familiari, di prestare loro soccorso, ma erano pochi. E tutti gli altri? Intanto coloro che avevano raggiunto luoghi elevati si organizzarono cercando della legna e accesero dei fuochi. Verso il bagliore di quelle fiamme si diressero i superstiti, come formiche, trascinandosi dietro i bambini ed i feriti. -
La spiaggia di Mestre
Che città è Mestre? Se lo chiedono i tanti turisti che, dopo il ricco itinerario architettonico, artistico e museale offerto da Venezia, nel tardo pomeriggio o di sera camminano per queste strade. Mestre, per tanti, spesso anche per chi ci abita, è una città conosciuta ancora solo superficialmente. I racconti de La spiaggia di Mestre sono il modo migliore per scoprire la città che sta alle porte della laguna. Spaziano dagli incerti anni del dopoguerra, ai mitici anni Sessanta, fino ai grandi mutamenti del nuovo secolo. Pagine che prendono il lettore per mano e lo conducono in una passeggiata attraverso storie, volti, voci, dentro la piazza con la vecchia torre da un lato e il duomo dall'altro, lungo le vie in penombra e sotto i portici degli antichi palazzi, alla scoperta del suo cuore pulsante, di ieri e di oggi. Infine, come dice il titolo, Mestre aveva anche una spiaggia, ma quella, purtroppo, non ce l'ha più. E vive solo in questo libro. -
La Prima guerra mondiale. Diario inedito
L'Undicesima battaglia dell'Isonzo, dal 17 al 31 agosto 1917, fu un massacro. In pochi chilometri quadrati persero la vita 30mila italiani e 20mila austriaci ai quali si aggiunsero complessivamente 160mila feriti e 50mi-la tra dispersi e prigionieri. A distanza di due mesi la Dodicesima battaglia dell'Isonzo definita la battaglia di Caporetto, dal 24 ottobre al 12 novembre 1917, impiegò 257.400 soldati italiani contro 353.000 soldati austriaci e tedeschi. Morirono 13mila italiani con 30mila feriti e decine di migliaia fatti prigionieri. Persero la vita circa 50mila austriaci e tedeschi. Due spaventose carneficine in un piccolo pezzo di terra. Dentro questa terra Pio Rossi raccontò la sua guerra. -
I nostri alpini. Friuli occidentale, adunata nazionale, Pordenone 2014. Ediz. illustrata
"Gli alpini parlano con gli occhi. Basta osservarli, mentre raccontano le proprie storie, per capire i valori profondi che ispirano ogni loro azione. Non divise impeccabili e cappelli perfetti, ma sacrificio e solidarietà. Sempre disponibili verso gli altri, in maniera autentica e disinteressata, sono disposti a dare tutto, senza pretendere nulla in cambio. Chiedere alle penne nere se alpinità è sinonimo di altruismo e unione suona come una domanda retorica. A questo interrogativo, in tanti hanno sorriso, perché la risposta non poteva che essere affermativa. Non sempre riescono a spiegare in maniera esaustiva il loro mondo e i suoi principi ispiratori, e non perché non ne siano capaci, ma perché sono abituati ad agire con il cuore, senza pensarci su. Non si pongono troppi interrogativi: senza attendere ordini, si mettono al servizio di chi ha bisogno. Da qui la difficoltà di tradurre in parole quella che, per loro, è la normalità. 'Lavorare per gli altri è normale'. Tante penne nere hanno messo in evidenza questo aspetto. E l'hanno fatto con un filo di voce, senza troppi proclami. Lo spirito di solidarietà, insomma, fa parte di loro.""""" -
Diritto di memoria. Canto per mia madre e mio padre emigranti
"Diranno che tu, ma non solo tu, tutti noi, siamo talmente ignoranti che non sappiamo nemmeno che il mare è cosa di pianura e non di montagna! Da che mondo è mondo la montagna è montagna, il mare è pianura!"""". Non è una colpa, non può essere una colpa cercare un futuro, una vita più umana, in altre terre. Può essere dolore, questo sì, dolore profondo e smisurato, senza possibilità di redenzione, se non con un ritorno a casa sperato e immaginato ogni giorno. Le voci che si alternano in questo romanzo, sono voci intrise di storia, di fughe, di corse verso paesi lontani. Sono memorie che il passare del tempo non ha cancellato. Perché il sangue porta segni come un abete porta gli anelli nel cuore del suo fusto, il sangue ha una memoria che nulla può scalfire. E gli emigranti, gli ultimi, quelli sporchi, nel secolo scorso eravamo noi, noi italiani. E allora le voci del libro si sforzano di unire quello che la vita ha spezzato. La Merica, o meglio le Meriche, e le montagne di Trento si inseguono, si rincorrono per tutto il romanzo, per trovare solo nelle ultime righe un senso a tutta una vita. Il senso racchiuso in un buona notte sussurrato appena." -
L' ultimo avamposto del mondo. Viaggio tra partigiani, cosacchi, emigranti, eremiti lungo le acque dell'Arzino
Se alzi la testa vedi monti che sovrastano tutto. E se ti volti, ancora loro, rocce e alberi. Tutto è montagne e boschi. Terra strana questa, di indemoniate e cosacchi, di partigiani e paesi che non esistono più. Un rifugio buono dove poter stare, dove assecondare il silenzio e rimanere in disparte dal mondo. Due uomini al tavolo accanto al mio parlano dell'avvistamento di un orso. Dicono che fino a qualche anno fa gli orsi erano scomparsi, ma che adesso sconfinano dalla Slovenia e trovano una natura selvaggia e adatta ad accoglierli. A pensarci bene, a me proprio non dispiacerebbe un Friuli ripopolato da branchi di lupi e da qualche orso bruno. Ma forse è solo una suggestione romantica di un luogo selvaggio. Terre che facevano parte della Repubblica libera della Carnia e che ora si dileguano nella storia. -
Pordenone. Guida alla città
Una città vista dall'alto fa comprendere la sua complessità, la sua architettura e la sua urbanistica. Ma la sua voce, i suoi profumi, il suo calore, quindi l'anima della città, vengono compresi solo camminandoci dentro. Lorenzo Cardin, come un viaggiatore d'altri tempi, con pazienza e attenzione, ha camminato per le strade, le piccole vie, le piazze. È entrato nei negozi, ha parlato con le persone, ha mangiato, dormito, ascoltato, fotografato e descritto la città. -
Storia di Torino
Per secoli città romana, periferica e modesta, chiusa nel quadrilatero di mura antiche; dal 1563 capitale sabauda, trasformata dagli architetti barocchi nel ""più bel villaggio del mondo"""" (Montesquieu); a metà Ottocento, guida del Risorgimento, in un fervore di presenze nazionali, di dibattiti politici, di energie intellettuali; all'inizio del Novecento capitale dell'imprenditoria, la moda, l'automobile, il cinema, gli aeroplani. Nel secondo dopoguerra città della Fiat e della monocoltura industriale, simbolo del boom economico e delle sue contraddizioni; oggi città che riscopre un'identità propria, in un percorso innovativo e arduo tra le secche della crisi economica. Torino ha tante stagioni, che nel corso dei secoli si sono alternate in un ricorrere di resurrezioni e decadenze: e forse proprio in questo si ritrova il suo carattere distintivo, nella capacità di """"reinventarsi"""" ogniqualvolta le vicende storiche le hanno sottratto un ruolo e l'hanno messa di fronte alla necessità di ridefinirsi."" -
Storia di Aquileia e di Grado. Dalle origini ai giorni nostri
Alta sull'Adriatico e protesa verso i Balcani, Roma ha scelto nel 181 a.C. di fondare qui Aquileia, facendone la terza città dell'Impero. Con Grado, approdo per i traffici verso l'Africa e l'Oriente. Spesso vi soggiornavano con mogli e figli, Giulio Cesare e Ottaviano Augusto, ghiotto del pesce della costa istriana. Sant'Ambrogio vi guiderà nel 381 il Concilio che condanna l'eresia ariana. E passato Attila, si sono insediati i Longobardi. Carlo Magno veniva per le battute di caccia nella folta selva che andava dall'Isonzo alla Livenza. A Grado si rifugiarono più volte quelli di Aquileia, guidati dal Vescovo, quand'erano in vista i barbari invasori. La città sul mare, conseguì la massima affermazione religiosa fra il VII e il IX secolo, con la supremazia sulle Venezie e sull'Istria. Poi il potere passerà alla Serenissima. Verso il Mille, la Diocesi di Aquileia è diventata un vasto Stato feudale, guidato per cinquecento anni da trenta Patriarchi-Principi. Rivalità e lotte intestine, ricatti e tradimenti hanno via via logorato dall'interno la Patria del Friuli; pur dotata di un Parlamento, antesignano della democrazia rappresentativa. L'indebolirsi dei confini orientali ha agevolato poi le mire delle Signorie vicine; ma anche fatto erigere le splendide fortezze di Gradisca e Palmanova. -
Non solo casa e chiesa
Alla fine degli anni Quaranta, lasciati alle spalle gli orrori della guerra, l'Italia vede l'inizio di una profonda trasformazione. La fiducia nel futuro, la ripresa dell'economia, le mode provenienti da oltreoceano, porteranno a superare il mondo rurale e familiare. Cadono tabù secolari, nascono nuove opportunità di lavoro e realizzazione, progetti che solo fino a pochi anni prima non erano neppure pensabili diventano alla portata di molti. Le donne trovano per la prima volta un loro spazio, fuori dalla tradizionale famiglia. Per tutte coloro che affrontano il mondo del lavoro, nelle fabbriche come nelle attività commerciali, arrivano nuove sfide: conciliare l'impegno lavorativo con la famiglia, sostenere nuove responsabilità, affrontare critiche e pregiudizi. Chiara, Francesca, Maria Grazia, Renata e Giuliana, attraverso il ricordo dei propri sogni, delle proprie aspirazioni, delle proprie esperienze umane e professionali, raccontano la vita di milioni di donne. -
Penne nere. Alpini friulani
Più passa il tempo, più gli alpini lasciano il segno nella storia del nostro Paese. La costanza con cui si susseguono le adunate è la testimonianza del reciproco senso di appartenenza tra le penne nere che sfilano e la moltitudine che le applaude e le esalta con bandiere, striscioni, musiche in un'atmosfera inebriante con la cadenza degli scarponi in marcia. Quest'anno tocca a Pordenone (anzi, a tutta la Destra Tagliamento) accogliere migliaia e migliaia di figli della montagna: accade per la prima volta e anche per questo la festa assume un carattere straordinario, consegnando i valori della memoria alle giovani generazioni che non hanno fatto in tempo a vivere i momenti della chiamata alle armi e della destinazione al Corpo entrato nel mito dal momento della sua nascita oltre un secolo fa. Sergio Gervasutti, giornalista e scrittore, si è spesso occupato degli alpini per professione, ma più ancora per passione, essendo stato anch'egli - come ama ricordare - caporale della Julia. Questo è il suo secondo libro sulle penne nere, inserendo la loro storia nel contesto ambientale di questi festosi giorni. Così molti convenuti avranno modo di conoscere i pordenonesi, che tanta parte hanno avuto nelle vicende narrate, e la terra che ha contribuito sempre con slancio a dare vita al Corpo speciale, onorandolo in tutte le circostanze. Vengono qui ricordati personaggi e vicende che hanno segnato le tappe gloriose dall'unità d'Italia ai giorni nostri... -
Istria. Il Golfo del Quarnero e le sue isole
Il vestire delle donne varia all'infinito: quanti villaggi, tante mode diverse; allettano l'occhio le graziose acconciature del capo; la maggior parte nascondono i capelli sotto ampii drappi bianchi, ornati di trine e di ricami a traforo, che ne incorniciano le brune fisionomie; ma alcune mostrano altresì le treccie intessute di cordoncini bianchi, verdi o rossi. Le Fienarole scendono a una a una, lentamente, faticosamente, curve sotto un fascio così enorme, da parer delle biche in moto; la parte superiore della persona è scomparsa sotto la massa del fieno, e vedete soltanto le gambe nude e abbronzate, che paiono agire da sole. Sono partite prima di giorno, per portar al mercato il fieno raccolto a grande stento nelle fessure delle rupi, affine di metter insieme il fascio. Così ripiegate, ansanti sotto il peso, hanno camminato quattro ore; giunte agli archi del Terzato, hanno addossato un istante ai pilastri il carico, si sono inginocchiate davanti alla Madonna, e ben presto hanno proseguita la strada fino alla piazza Urmeny, dove rimarranno ad aspettar di vendere il fieno. Portarlo indietro sarebbe impossibile; il prezzo solito è poco meno d'un fiorino, ma se la sorte non le ha favorite, lo daranno per nulla. Restano là serie, silenziose, rannicchiate a' piedi del loro fascio, senza far un gesto, e aspettando il compratore. -
Dalmazia
Ei tiene la Guzla tra le ginocchia, come fosse un violoncello, e preludia con delle voci di testa di tono altissimo; a poco a poco, la folla gli si aggruppa intorno; i presenti dapprima ascoltano con indifferenza, accudiscono intorno al cantatore alle faccende domestiche, lo disturbano, vanno, vengono, passano, entrano, escono; ma la sua voce si scalda, e gli astanti si raccolgono, si forma il circolo, i passanti si fermano; se uno entra, lo fa con precauzione, e tutti si allogano in atteggiamenti svariatissimi, e si mettono ad ascoltare gravemente. Alcuni stanno ritti in piedi contro le pareti; altri, stesi su sacchi, accoccolati, seduti alla turca, rimangono immobili e muti; nessuno apre la bocca; se un passeggiero, assetato, vuol che gli servano il caffè o la bevanda del luogo, si accontenta di fare un segno. La voce del cantore intanto si è alzata, egli si eccita e i suoi occhi fluttuano; il verso slavo è rotto da singhiozzi singolari, che accentuano ciascuna frase del canto: non è certo musica, e direi volentieri che non c'è né melodia, né armonia, né forma, né suono; con tutto ciò la melopea uniforme ha un non so che d'attraente, di malinconico, di cupo, con dei lampi talvolta e degli accenni di trionfo. E come la storia del popolo, pieno di tristezza e di speranza; è la loro Iliade, la loro Odissea, il loro romancero; a volte è altresì un'antologia e un idillio, un epitalamio o una canzone, il riflesso della vita, la sua storia in versi, il racconto delle sue leggende, la glorificazione de' suoi eroi. -
La colpa. Ascesa e caduta del Nordest
La colpa narra l'ascesa e la caduta dell'anima del Nordest, attraverso gli occhi, la voce e la vita quotidiana di una famiglia veneta. Il lavoro, i rapporti tra genitori e figli, i ruoli nella coppia, il cambiamento e stravolgimento del territorio, i contadini divenuti operai e gli operai poi finiti cassintegrati, i sogni e le difficoltà della piccola industria, l'intera e profonda mutazione della società: anni di vita veneta vengono raccontati in un grande romanzo da uno dei nuovi e più talentatosi autori del Realismo letterario. In un viaggio a quattro voci, quella del marito, della moglie e dei due figli, attraversiamo la vertiginosa trasformazione del Veneto, alla scoperta di come eravamo e di come siamo diventati in poco tempo, dove l'economia ha creato più fratture che benessere, più attriti che progresso. Dove andremo a finire? pare chiedere l'autore attraverso i protagonisti del romanzo. La risposta vive in queste pagine struggenti e potenti, buie e luminose, pagine che raccontano la vita di tutti noi. -
Sotto le rocce. Storie di montanari di ieri e di oggi
"Nelle giornate serene si riuscivano a vedere le montagne, là in fondo, quelle vere, fatte di roccia e mughi, non come quelle che incombevano sul paese, coperte di boschi. Ecco, forse solo d'inverno, anche quelle acquistavano il fascino di vere montagne, quando la neve e le nuvole a stracci le facevano sembrare più grandi, inarrivabili, misteriose."""" C'è un mondo sotto le rocce che spesso sfugge agli alpinisti nelle loro veloci sortite sui monti. E un mondo di uomini semplici e operosi, spesso costretti in passato dalla povertà ad abbandonare la loro terra in cerca di fortuna, come Giovanni, emigrante di fine Ottocento nelle Meliche, e Anna, donna di servizio a Venezia, e Lina e Ulisse nell'allora grande Milano, per poi tutti, un giorno, farvi ritorno alla ricerca di quella parte di sé nella lontananza andata perduta. C'è un mondo sotto le rocce che pare immutabile a chi lo attraversa di corsa, e che invece non è immune ai cambiamenti della storia. Di qui lo smarrimento di chi resta. Di Arsilio, l'autista, che si vede messo da parte, di Tarcisio e Cesira, inascoltati nelle loro antiche saggezze, di un giovane pastore, solitario nella sua passione. In questi racconti si parla di partenze e ritorni, di montanari che si sono persi e poi ritrovati, di una montagna che cambia portandosi in groppa i suoi uomini." -
Ne uccise più la fame
Ne uccise più la fame narra una Prima Guerra Mondiale ""inedita"""", poco raccontata dalla storiografia ufficiale, raramente approfondita negli studi. Il libro ripercorre gli anni di guerra vissuti dai civili nelle retrovie delle città, dei piccoli villaggi, dove non giunsero direttamente gli orrori delle trincee, ma il vuoto e la paura lasciati da centinaia di migliaia di giovani partiti al massacro, la fame esplosa dai campi abbandonati, il terrore di madri, padri, nonni, fratelli, centinaia di migliaia di famiglie, che sapevano che nulla sarebbe stato mai più come prima, in questa parte d'Italia. Un libro dedicato ai dimenticati di una guerra che di eroico ha avuto unicamente la capacità di sopravvivenza. """"Ne ha ammazzati più la fame che le pallottole"""", dicevano nel 1915-18, nelle retrovie."" -
Ravenna
Giravo per delle ore nelle vie; non avevo mai veduto tanti parrucchieri; il numero è affatto fuori di proporzione colla popolazione, e ogni bottega somiglia a un salotto, dove la sera si riuniscono i clienti. Come in un Club, gli avventori discutono di tutto; dei lunghi divani di cuoio, acconciamente disposti, permettono agli astanti di aggrupparsi, e l'artista, ritto, colle forbici in mano, gesticola spesso con effervescenza, piantando là il paziente per opporre un argomento senza replica a un partigiano del signor Nicotera o del generale Mezzacapo. Questa osservazione non è nuova, perché può applicarsi alla maggior parte delle città dell'Italia e della Spagna meridionale; ma Ravenna da questo lato è privilegiata. Le botteghe dei farmacisti sono anch'esse centri di riunione, come in molte città del Nord, e qualcheduna presenta un certo carattere per i bei lavori in legno dei secoli decimo settimo e decim'ottavo e per le collezioni di vasi di majolica usciti dalle antiche fabbriche di Faenza, di Pesaro e di Gubbio.