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Saggi su Heidegger
«L'autore di questo saggio di valutazione critica può dire forse senza lusingarsi che la sua prima edizione, apparsa nel 1953, è valsa all'intento che l'ispirava contribuendo a rompere l'aura di silenzio confuso e di sterile ripetizione del maestro da parte di seguaci proni al suo fascino. Ma una discussione, che sul terreno di Heidegger e dell'intento suo affrontasse il problema del rapporto dell'Esserci umano all'Essere e dell'Essere col tempo, non si può ancora dire che si sia svolta. Manca per questo certo all'uomo d'oggi, immerso nel tempo della storia e che esiste come contemporaneo, ogni esperienza di un Essere eternamente duraturo e vivo, identico a sé nel mutare di tutte le sue forme. Ed è la profonda ma evidente adeguatezza a questo tempo del pensiero di Heidegger che gli procura, nonostante ogni apparente remoto distacco, una tanto diffusa ed efficace influenza. Tuttavia, la sua sfida radicale, che risale fino al limite estremo della tradizione europea per rimetterne in questione la razionalità, da lui vista come storia di un decadimento, resta ancora senza adeguata risposta. [.. .] ""Male è ripagato il maestro di cui si rimane sempre soltanto scolari. E perché non volete strappare le foglie della mia corona? Voi mi venerate: ma che accadrebbe, se un giorno la vostra venerazione si perdesse?"""" ». (Dalla prefazione)"" -
Storia dell'occhio
"Benché l'Histoire de l'oeil comporti alcuni personaggi che hanno un nome, e il racconto dei loro giochi erotici, Bataille non ha inteso scrivere la storia di Simone, di Marcelle o del narratore. L'Histoire de l'oel è veramente la storia di un oggetto. Come può un oggetto avere una storia? Esso può passare di mano in mano, e può passare anche di immagine in immagine; la sua storia allora è la storia di una migrazione, il ciclo delle reincarnazioni (in senso proprio) che esso percorre nel distaccarsi dall'essere originale, seguendo l'inclinazione di una certa immaginazione che lo deforma senza tuttavia abbandonarlo: è il caso del libro di Bataille. L'Histoire de l'oeil non è un'opera profonda: tutto in essa è dato in superficie e senza gerarchia, la metafora è dispiegata nella sua interezza; circolare ed esplicita, non rimanda a nessun segreto: ci imbattiamo qui in una significazione senza significato (o in cui tutto è significato); e non ultima tra le bellezze e le novità di questo testo è di costituire una letteratura a ciclo aperto, situata al di là di ogni decifrazione e tale da poter essere accompagnata - molto a distanza -solo da una critica formale."""" (Roland Barthes)" -
Da un'opera abbandonata
"Per intuire quello spirito singolare e isolato che è Beckett, bisognerebbe insistere sull'espressione """"tenersi in disparte"""", motto silenzioso di ciascuno dei suoi istanti, su ciò che essa presuppone di solitudine e di ostinazione sotterranea, sull'essenza di un essere situato al di fuori, che prosegue un lavoro implacabile e senza fine. Di colui che tende all'illuminazione si dice, nel buddhismo, che deve essere accanito come 'il topo che rosicchia una bara'. Ogni vero scrittore compie uno sforzo simile. È un distruttore che accresce l'esistenza, che l'arricchisce scalzandola. [...] Credo che sia pertinace come un fanatico. Neppure se il mondo crollasse, abbandonerebbe il lavoro in corso o cambierebbe argomento. Nelle cose essenziali non è certamente influenzabile. Per il resto, per l'inessenziale, è senza difesa, probabilmente più debole di noi, più debole perfino dei suoi personaggi... Prima di redigere queste note, mi ero proposto di rileggere ciò che, in prospettive differenti, Meister Eckhart e Nietzsche hanno scritto sull''uomo nobile'. - Non ho realizzato il mio progetto, ma non ho dimenticato un solo istante di averlo concepito."""" (Dallo scritto di E.M. Ciorari)" -
L' erotismo
«Da lungo tempo gli uomini parlano senza paure e apertamente di erotismo. Ciò di cui parlo è cosa ormai nota. Ho voluto semplicemente ricercare, nella diversità dei fatti descritti, una coesione. Ho tentato di fornire un quadro coerente di un insieme complesso di atteggiamenti umani. È questa ricerca di un insieme coerente che differenzia il mio tentativo da quelli della scienza. La scienza studia un problema isolato. Accumula lavori specialistici. Io ritengo che l'erotismo abbia per gli uomini un senso che la metodologia scientifica non è in grado di cogliere. L'erotismo può essere fatto oggetto di indagine solo se, indagando su di esso, si indaghi sull'uomo. In particolare, l'erotismo non può essere considerato indipendentemente dalla storia del lavoro, non può essere considerato indipendentemente dalla storia delle religioni. Ecco la ragione per cui i capitoli di questo libro spesso si allontanano dalla realtà sessuale. D'altra parte ho trascurato problemi che ad alcuni sembreranno non meno importanti di quelli da me trattati. Ma io ho sacrificato tutto alla ricerca di un punto di vista dal quale risulti l'unità dello spirito umano». (Georges Bataile) -
Le origini del pensiero greco
"Non era forse un po' troppo azzardato pretendere di delineare in pochi capitoli le origini del pensiero greco, ossia di abbozzare il quadro delle mutazioni intellettuali che si producono tra il XII secolo prima della nostra era, quando crollano i reami micenei, e il V secolo, il momento in cui si colloca il fiorire di una città come Atene? Settecento anni da sorvolare, la massima parte dei quali, dal XII all'VIII secolo, rappresentata dal periodo battezzato dagli storici dell'antichità come """"secoli oscuri"""" giacché, scomparsa in quell'epoca la pratica della scrittura, non disponiamo per conoscerla di nessuna fonte grafica, di nessun testo. Su un'estensione temporale di questo genere non era dunque possibile procedere come uno storico o un archeologo che mobilitano per la loro indagine tutte le risorse della loro disciplina. Nella forma di un semplice saggio, la cui ambizione non era chiudere il dibattito con una ricerca esaustiva ma di rilanciarlo orientando la riflessione su una nuova strada, ho così tentato di ridisegnare le grandi linee di un'evoluzione che, dalla monarchia micenea alla città democratica, ha segnato il declino del mito e l'avvento dei saperi razionali. Di questa rivoluzione intellettuale ho proposto un'interpretazione globale che mi sembrava, nella sua coerenza, conforme ai principali dati di fatto di cui disponiamo. Qual è, mi sono dunque chiesto, l'origine del pensiero razionale in Occidente? Come è avvenuta la sua nascita nel mondo greco?""""." -
Mia madre
Jean-Jacques Pauvert, primo editore, nel 1956, di ""Ma mère"""", così presentò questo romanzo ritrovato tra le carte inedite di Bataille, dopo la sua morte: """"II giovane protagonista, Pierre, racconta come, dopo un'infanzia profondamente religiosa, viene, all'età di diciassette anni, iniziato alla perversione dalla madre. Sprofondando grazie a lei nella dissolutezza e nell'orgia, scopre l'estasi della perdizione in cui si mescolano angoscia, vergogna, godimento, disgusto, adorazione e rispetto. Adorazione e rispetto per quella donna, la madre, che ha osato bruciare ogni suo vascello, e che, dopo aver toccato il fondo dell'abisso, trascina il figlio con lei, prima di darsi la morte. """"Ma mère"""" è uno dei testi più violenti, più scandalosamente belli di Georges Bataille, che diceva di se stesso: """"Io non sono un filosofo, ma forse un santo, forse un folle"""", sapendo che è proprio in questa ambiguità che risiede l'unica filosofia possibile""""."" -
La centuria poetica
"La poesia giapponese è l'espressione di una ispirazione improvvisa, di un'emozione istantanea, accennata con pochi, rapidi tratti. È un'arte essenzialmente basata sull'accenno, spesso appena adombrato, e sulla metafora, a cui l'abilità del poeta conferisce la facoltà di evocare nell'animo del lettore tutto un mondo di immagini. È stato detto più volte, e giustamente, che mentre il poeta occidentale descrive, quello giapponese suggerisce, accenna. [...] Lo Hyaku-nin Is-shù, letteralmente """"Una poesia (per ognuno) di cento poeti"""", reso da noi con """"La centuria poetica"""", è un'antologia privata (Shisen-shù) attribuita a Fujiwara-no-Sadaie, più comunemente noto, leggendo il suo nome alla cinese, come Fujiwara Teika. Questa raccolta riflette i gusti e le tendenze artistiche dell'epoca più splendida della poesia giapponese."""" (dallo scritto di Marcello Muccioli)" -
Lenin. Testo russo a fronte
"Quando Giulio Einaudi mi propose di tradurre il 'Lenin' di Vladimir Majakovskij, restai sulle prime perplesso. Perché il 'Lenin', composto dall'aprile all'ottobre del 1924, è tra i poemi di Majakovskij il meno robusto e il più povero di invenzioni e metafore, e quello in cui più si svela il suo assillo di schiacciare la gola della propria canzone. Mi perseguitava la dura frase con la quale Pasternàk, nello 'Schizzo autobiografico', condanna la poesia politica majakovskiana: 'Non mi dicono nulla queste ricette goffamente rimate, questa ricercata vuotaggine, questi luoghi comuni e le trite verità formulate in maniera così artificiosa, confusa e piatta'. Del resto i torrenti di apologetica, che grondano da un capo all'altro del poema, mi avevano sempre respinto, anche se l'idolo in esso osannato non ha perduto grandezza nella rovinosa distanza del tempo e può ancora apparire, come afferma Leiris, 'l'apôtre ou le saint de ce XX siècle travaillé de courants si divers'."""" (Dalla Postfazione di Angelo Maria Ripellino)" -
Racconti e memorie
"Esaminandola dal punto di vista del bene e del male che ho fatto, m'accorsi che tutta la mia lunga vita si scinde in quattro periodi; il periodo miracoloso - soprattutto in confronto di quelli successivi -, innocente, giocondo e poetico, dall'infanzia fino ai 14 anni. Poi il secondo, i 20 anni orribili, o il periodo della più grossolana licenza, dato al servizio della vanità, della superbia e soprattutto della lussuria. Quindi il terzo periodo, che durò 18 anni, dal mio matrimonio alla mia nascita spirituale, che dal punto di vista secolare potrebbe chiamarsi morale, perché durante quei 18 anni vissi una vita di famiglia regolare, onesta, senza darmi a nessuno dei vizi condannati dall'opinione pubblica, ma durante il quale tutti i miei interessi erano limitati a preoccupazioni egoistiche, alle cure della famiglia, agli sforzi per aumentare il mio patrimonio, per raggiungere un successo letterario, e alla ricerca d'ogni sorta di piaceri. Viene infine il quarto, l'ultimo periodo dei 20 anni che vivo ora e nel quale spero di morire, sotto la cui luce vedo intero il significato della mia vita passata e che non vorrei modificare in nulla fuorché nell'abitudine del male, da me acquisita durante i periodi precedenti."""" (Dall'introduzione di Tolstoj ai suoi """"Ricordi"""")" -
I sette colori
«Tutti coloro che hanno riflettuto sulla tecnica del romanzo hanno notato l'estrema libertà del genere, e la sua facilità ad ammettere tutte le forme. Sono stati considerati come romanzi, nel corso dei secoli, racconti, frammenti di diari, raccolte di lettere, poesie, costruzioni puramente ideologiche come ""Séraphita e Louis Lambert"""", dialoghi come quelli che furono di moda prima della guerra. Un monologo interiore surrealista è forse un romanzo, e una serie di documenti cuciti insieme (com'è stato fatto ad esempio per la morte di Tolstoj) può passare per un'altra forma di quest'arte. Nella maggior parte dei romanzi, del resto, racconto, dialogo (anche dialogo indiretto), saggio o massime, documenti, lettere, pagine di diario, monologo interiore si mescolano in una stessa opera, e le pubblicità di César Birotteau, le lettere di Madame de Merteuil, il discorso dell'""""Ulisse"""" fanno parte integrante del genere romanzesco. È sembrato che si potesse tentare almeno una volta di presentare questi diversi elementi non più confusi, ma dissociati, per quanto è possibile, e che ciascuna di queste forme potesse convenire meglio di un'altra per descrivere un particolare episodio, nel corso del tempo che fugge»."" -
Il sole si spegne
Dazai Osamu, una delle voci più originali e discusse della letteratura giapponese del Novecento, nacque nel 1909 da una famiglia di ricchi proprietari terrieri, gli Tsushima, che secondo autorevoli studiosi facevano parte di un'aristocrazia nebulosa nelle sue linee, ma indiscutibile. La consapevolezza di appartenere a una classe privilegiata per diritto di nascita fu probabilmente alla base del senso di colpa angosciosamente avvertito dallo scrittore nel corso di tutta la sua vita e da cui sarebbe nata non solo la rivolta contro ogni forma di autorità costituita (la famiglia, i circoli letterari, lo stato), ma anche la ricerca disperata di un suo inserimento entro i movimenti politici clandestini di sinistra, verso gli anni Trenta; esperienza peraltro amarissima da cui si sarebbe ben presto allontanato. Nacque da questo l'interpretazione seducente di Dazai come aristocratico ribelle solidale con le classi popolari ma incapace di identificarsi con esse, e di ""Shayo"""" (""""Il sole si spegne""""), una delle sue opere più alte, pubblicata nel 1947, come di una vivida rappresentazione dell'aristocrazia giapponese in declino, al punto che il titolo del romanzo ha introdotto nel lessico giapponese un nuovo termine, shaydzoku, «la gente del sole calante ». Giudicato con severità dagli ambienti conservatori che non giustificavano i suoi eccessi, i suoi ripetuti tentativi di suicidio, la sua sfida alla società e al,perbenismo, Dazai venne nel dopoguerra riconosciuto da un'intera generazione come il suo rappresentante più autentico, e il suo messaggio di disperazione e di anticonformismo venne accettato, condiviso, esaltato. Dazai si uccise nel giugno 1948 e la sua morte ebbe un'enorme risonanza che durò a lungo, stimolando anche reazioni di un estremismo sconcertante (uno dei suoi allievi, Tanaka Hidemitsu, si uccise davanti alla tomba del maestro). Il suicidio del grande scrittore emblematicamente chiudeva un periodo. Si avviava alla fine il momento più tormentato dell'esperienza del dopoguerra, segnato da smarrimento, disperazione, disordine, ma anche dalle speranze di un rinnovamento radicale della società giapponese, ben presto amaramente deluse. Il messaggio di Dazai sarebbe comunque rimasto, anche nel Giappone dell'affluenza economica, come lo specchio di un'epoca."" -
Lezioni sulla storia d'Europa
" Una volta compreso che non vi furono né vi saranno le età dell'oro di cui si favoleggia, ci si libera dalla follia di sopravvalutare qualche epoca passata o di disperare del presente o di sperare nel futuro, e si riconosce nella contemplazione dei secoli un'occupazione tra le più nobili: è la storia della vita e delle sofferenze dell'umanità nel suo complesso. Eppure l'antichità avrebbe per noi una grande, speciale importanza obiettiva: da essa deriva la nostra idea di Stato; è la culla delle nostre religioni e della parte duratura della nostra civiltà. Molte delle sue produzioni plastiche e letterarie sono esemplari e ineguagliate; di essa dobbiamo tener conto per infiniti rispetti di affinità e di opposizione. Ma può bastare che sia per noi il primo atto del dramma dell'uomo, ai nostri occhi già di per sé una tragedia, con fatiche, colpe e sofferenze smisurate. E anche se discendiamo da popoli ancora immersi nel sonno dell'infanzia accanto ai grandi popoli civili dell'antichità, pure ci sentiamo i veri discendenti di questi ultimi, perché in noi è passata la loro anima, e sopravvivono in noi la loro opera, la loro missione, il loro fato""""." -
Su Nietzsche
«L'aspirazione estrema, incondizionata, dell'uomo è stata espressa per la prima volta da Nietzsche a prescindere da un fine morale e dal servizio di un Dio. Nietzsche non può definirla con precisione ma essa lo anima, egli la assume sotto tutti gli aspetti. Ardere senza rispondere a qualche imperativo morale, espresso drammaticamente, è certo un paradosso. È impossibile predicare o agire partendo da queste premesse. Ne deriva un risultato sconcertante. Se di uno stato d'ardore noi non facciamo più la condizione di un altro, successivo e dato come bene attingibile, lo stato proposto sembra una pura folgorazione, uno struggimento vuoto. [...] Nietzsche non ebbe chiara coscienza di questa difficoltà. Dovette constatare il suo fallimento: seppe alla fine che aveva parlato al deserto. Eliminando l'obbligo, il bene, denunciando il vuoto e la falsità della morale, distruggeva il valore d'efficacia del linguaggio. La fama tardò e poi, quando venne, egli non poté più far nulla. Nessuno rispondeva alla sua attesa. Oggi credo di dover dire: quelli che lo leggono e lo ammirano, lo scherniscono, ed egli lo seppe, lo disse. Escluso me? (semplifico). Ma tentare di seguirlo come lui chiedeva significa abbandonarsi alla stessa prova, allo stesso suo smarrimento. [...] Oggi trovo giusto affermare il mio smarrimento: ho cercato di trarre da me stesso le conseguenze di una chiara dottrina, che mi affascinava come la luce: ho ricavato quasi sempre angoscia e l'impressione di soccombere. Ma anche soccombendo non lascerei l'aspirazione di cui ho parlato. O piuttosto questa aspirazione non potrebbe lasciarmi: morirei, ma non tacendo per questo (credo almeno): augurerei a quelli che amo di resistere o di soccombere a loro volta. C'è nell'essenza dell'uomo una tensione violenta, verso l'autonomia, la libertà dell'essere. Libertà certo interpretabile in diversi modi: ma chi oggi si stupirebbe che si muoia per essa? Le difficoltà che incontrò Nietzsche - abbandonando Dio e il bene eppure continuando a bruciare del fuoco di coloro che per Dio e per il bene si fecero uccidere - le incontrai anch'io a mia volta. La solitudine scuorante ch'egli ha descritto ora mi toglie le forze. Ma la rottura con le entità morali dà all'aria che respiro una verità così grande che preferirei vivere da paralizzato o morire piuttosto che ricadere nella schiavitù». Postfazione di Maurice Blanchot. -
Religione, storia, ragione
«Che cosa significa interrogarsi sulle origi¬ni della ragione greca, allorché ci domandiamo quali furono le condizioni sociali e psicologiche che permisero la comparsa, in un piccolo angolo dell'Asia Minore abitato da coloni greci, di una nuova forma di pensiero? Pensiero che a buon diritto possiamo già definire razionale in quanto rappresenta una rottura decisiva con quel tipo di immaginazione mitica che costituisce forse la forma più diffusa del pensiero umano. Significa chiedere alla Ragione stessa di render conto di quel che essa è. Per comprendere la natura e la funzione del pensiero razionale, in un certo modo gli rivolgiamo contro le sue stesse armi. Lo sottomettiamo all'esigenza di una indagine razionale, gli applichiamo le regole elaborate pazientemente dalle discipline scientifiche, specialmente dalla storia, in suo nome e sotto il suo segno. Questo modo di procedere implica conseguenze decisive. Si può dire che d'un tratto, per il suo stesso proposito, esso sradica una certa concezione della Ragione, immutabile, eterna, assoluta, ancora dominante, credo, in molti circoli ""razionalisti"""" come il nostro. Si tratta dell'idea, cara agli uomini della Rivoluzione francese, di una dea Ragione che illumina il cammino dell'umanità, che dissipa le tenebre dell'ignoranza, i fantasmi della superstizione religiosa o le illusioni del sentimento.»"" -
Le «Elegie duinesi» di Rilke. Seguito da «Elegie duinesi» di Rainer Maria Rilke con testo tedesco a fronte
Peter Szondi, nato in Ungheria nel 1929 e scomparso prematuramente a Berlino nel 1971, ha tracciato un solco profondo nell'ambito della critica testuale del nostro secolo, battendosi tra l'altro per il rinnovamento dell'insegnamento della filologia con la fondazione presso la Freie Universität di Berlino, a metà degli anni '60, di un Istituto di letteratura generale e comparata. Un'iniziativa di forte valenza politica, oltre che culturale, che avrebbe conferito una decisiva svolta al metodo ermeneutico in direzione di un approccio non autoritario al testo. Brillante allievo di Emil Staiger a Zurigo, ma ben presto anche suo antagonista critico, Szondi mostrò fin dal suo primo ciclo di lezioni, dedicate alle ""Elegie duinesi"""" di Rilke, e qui presentate, l'esigenza di """"scomparire"""" interamente nella propria interpretazione per dare voce al poeta, e corpo alla sua energia espressiva. Rimarrà fedele a questo principio anche in seguito quando, ormai attento lettore di Benjamin, Lukäcs e Adorno, svilupperà una semantica delle forme in grado di leggere, tra l'altro, le contraddizioni esistenti nella struttura di un'opera d'arte come manifestazione di un conflitto storico che lascia il segno nel passaggio da un'epoca culturale a un'altra. Szondi ha solo ventisette anni quando affronta le Elegie duinesi, un'opera così eccezionalmente alta e """"difficile"""", ma il percorso della sua lettura è già sicuro e rigoroso. (Elena Agazzi)"" -
Seneca. Con una antologia di testi
«Seneca non avrebbe potuto essere un martire: fu sempre un intellettuale e niente di più. Un intellettuale per cui la gloria è impossibile. Fedele a una ragione senza trascendenza, a una ragione naturale. La ragione di Platone e di Plotino, l'idea, non era più di questo mondo, come non lo è la pura verità. Seneca celebrava la ragione della mediazione, della relatività. Per questo il suo pensiero, e ancora più del suo pensiero, la sua immagine, la sua figura, è viva in tutti i tempi in cui la ragione, senza fede, vuole mediare tra un mondo irrazionale e il regno puro che ha dovuto lasciare. Seneca tornerà in vita ogni volta che di fronte all'inesorabilità della morte e del potere umano si troverà, tra una fede che si estingue e un'altra che la sostituisce, una Ragione abbandonata». -
Realtà e mistero. Le radici universali dell'idealismo e la filosofia del nome
"Non esiste uomo che, seppur per un attimo, non sia stato seguace di Platone. Chi può dire di non essersi sentito spuntare le ali dell'anima? Chi non l'ha sentita levarsi verso la contemplazione diretta, immediata di ciò che la grigia coltre di nuvole del quotidiano nasconde alla vista? Chi, grazie all'""""eros"""", non ha toccato profondità della conoscenza alle quali la ragione non ha accesso? Chi non ha visto svelarsi la realtà altra e luminosa dove colui che ha conosciuto l'ispirazione incontra """"de visu"""" gli archetipi eterni delle cose? Chi non ha assistito al crollo, alla caduta del muro invalicabile tra soggetto e oggetto, chi non ha visto l'Io abbandonare i limiti della propria introversione egoistica per respirare a pieni polmoni l'aria rarefatta della conoscenza e fondersi con tutto il creato? E quei 'sogni d'amore meravigliosi, puri, senza nulla di terreno, intessuti di profumo di fiori e luce lunare, con i quali oggi si ottenebrano i giorni della giovinezza e che sono sulle labbra di tutti i poeti di tutte le nazioni colte' non sono forse figli del platonismo?""""." -
Lettere alla cugina. Testo tedesco a fronte
Le vicissitudini della pubblicazione di queste lettere di Mozart sono state illustrate dalla moglie Constanze: ""Anche le lettere alla cugina, di gusto certo discutibile, ma molto spiritose, meritano una menzione, ma non devono essere pubblicate"""". Anche molti biografi e studiosi di Mozart rinunciarono a una pubblicazione delle """"Lettere"""" per ragioni di decoro. Per la """"pruderie"""" dell'Ottocento le """"audaci espressioni"""" di Mozart non erano ammissibili. Ancora nel 1914 la """"prima completa edizione critica"""" delle lettere di Mozart e dei suoi familiari espunge le parti incriminate per """"ragioni estetiche"""" e solo nelle edizioni successive verranno pubblicate, sia pur parzialmente."" -
Ciò che resta del fuoco. Testo francese a fronte
Riprendendo e sollecitando una frase indecidibile e forse senza appartenenza posta a sigillare, commemorativamente, una delle precedenti opere di Derrida, ""il y a là cendre"""" (là, vi è cenere; vi è la cenere: nella """"Dissémination""""), questo """"polylogue"""" dipana, intreccia, annoda e disperde - attraverso un intersecarsi di voci maschili e femminili, anche responsive o rivolte alla voce dell'autore - il motivo della cenere in quanto resto sia di ciò che """"fu"""" (feu) sia di ciò che è stato """"dato al fuoco"""" (feu): così già nel titolo, anch'esso indecidibile e intraducibile, """"Feu la cendre"""". Resto che non serba traccia né di sé né di niente, emblema della """"traccia"""" in quanto cancellazione progressiva del percorso, la cenere, nel polylogue, è anche ciò che si consuma e si disperde di un grande rogo (di un olocausto), fatto di parole e di nomi (nomi comuni e nomi propri), di lettere rubate e di cartoline (""""cartes postales""""), di firme e di dediche: polvere del fuoco, ma per ciò stesso """"polvere innamorata""""."" -
L' amore nel Tantra
"Il Tantra si fonda sulla vita. Il Tantra è l'arte di vivere e di amare. Il Tantra è il metodo attraverso cui entri in rapporto con la tua sensualità, con la tua fisicità, con la tua sessualità. E tu ne hai paura perché ti è stato detto che in tutto questo c'è qualcosa di malato. Hai paura di incontrare il tuo corpo e il corpo dell'altro, perché in profondità temi di fronteggiare il terrore assoluto della morte nel sesso, quando il sesso tocca un punto estremo""""."