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La camera di Jacob
Iniziato nel 1920 e pubblicato due anni dopo, questo «squisito piccolo romanzo si stacca vigorosamente» osserva Anna Banti, traduttrice e presentatrice d'eccezione di questa edizione «dai primi esordi di Virginia Woolf», e introduce il lettore nell'universo stilistico al quale appartengono i più famosi capolavori della scrittrice inglese. «L'approccio sarà del tutto diverso questa volta,» annota la Woolf nel suo ""Diario"""" a proposito di """"La camera di Jacob"""" «niente impalcatura, non si deve quasi vedere un mattone...». E, in effetti, è presente qui con precoce pienezza quel raccontare per sequenze separate, per scorci, per «epifanie» che fa della Woolf uno dei massimi innovatori della tecnica romanzesca. Attraverso questo audace e al tempo stesso fluido, naturale smontaggio e rimontaggio del visibile e del vissuto, la vicenda esistenziale di Jacob ci giunge, paradossalmente, chiara e integra: infanzia, adolescenza, primi amori, primi viaggi... fino all'epilogo amaro, delicato e fatale."" -
Le stanze di alabastro. Testo inglese a fronte
"Questo è un germoglio del cervello - un piccolo seme in corsivo piantato da un disegno o dal caso che lo spirito ha generato - esitante come il vento nelle sue camere rapido come la lingua di un torrente così è il processo segreto del fiore dell'anima. Felici, i pochi che lo trovano il saggio se lo porta a casa nutre con cura la sua zolla perché nasca un altro fiore. Quando viene perduto quel giorno è il funerale di Dio - sul suo petto, un'anima si chiude il fiore di nostro Signore.""""" -
Visioni profetiche. Angeli, sogni e resurrezione
«Mi propongo di mostrare come quattro delle inquietudini che sempre più ci tormentano siano tra loro necessariamente legate: l'angelologia, l'aspetto in qualche maniera premonitore presente nei sogni, l'esperienza della pre-morte e l'avvicinarsi del millennio (variamente collocato nel 2000 o nel 2001 o nel 2033). La fusione di questi materiali è assai antica rispetto alla nostra attualità, e può essere fatta risalire alla Persia e alla Palestina arcaiche, all'Arabia, alla Provenza e alla Spagna medievali. Sono ricorso alla gnosi cristiana, al sufismo sciita musulmano e alla cabala ebraica come fonti esplicative perché ciascuna di esse fornisce interpretazioni persuasive dei legami tra angeli, sogni, viaggi ultraterreni o manifestazioni di corpi astrali e attese messianiche. Esistono altre tradizioni esoteriche al cui interno si ritrovano questi elementi, ma forse non con l'evidenza e la rilevanza che assumono per gnostici, sufi e cabalisti. Sembra esserci un orientamento comune, forse di natura ermetica, nella gnosi, nella teosofia sufi e nella cabala, che in questa sede cercherò di sviluppare in un modo che possa far luce su certi aspetti dell'arcano che oggi interessa tanti di noi, scettici e credenti in egual misura». Con uno scritto di Federico Ferrari. -
Poesie mistiche
Morite, morite, di questo amore morite, se d’amore morirete, tutti Spirito sarete! “Morite, morite, questa morte non paventate, dalla terra volate e i cieli in pugno afferrate! Morite, morite, da questa carne morite, è laccio la carne, e voi ne siete legati! Spezzate, spezzate la vostra prigione! Spezzata che l’avrete, sarete principi, emiri! Morite, morite dinanzi al Sovrano bellissimo: morti che dinanzi a Lui sarete, sultani sarete! Morite, morite, da questa nube uscite, usciti che ne sarete, Luna lucente sarete! Tacete, tacete, il silenzio è sussurro di morte; tutta la vita è in questo: siate flauto silente.” -
Amras
Segregati in una torre - al tempo stesso eremo mistico e simbolo della loro tradizione familiare - due fratelli vivono un tempo sospeso e dilazionato, dopo il suicidio dei genitori, cercando un impossibile approccio all'Assoluto. In questo bruciante racconto della maturità, ritenuto dall'autore il proprio capolavoro, Thomas Bernhard ha condensato i motivi e i temi cardine del suo intero universo poetico. Poche pagine della letteratura sono così struggenti come quelle in cui il narratore rievoca i momenti precedenti il tentato suicidio della famiglia. Quei suoni che provengono dalla strada, le figure ancora intraviste dalle tende tirate nell'incombente buio della sera, i libri di poesia ancora compulsati, i noti oggetti e volti quotidiani, percepiti in un istante che si avverte come estremo, l'improvviso e imprevisto piacere delle proprie «mani, voci e idee»: tutto questo è inaspettatamente evocato con un amore segreto e umanissimo, che restituisce alla vita tutta la sua aura sacrale, sia pure nella consapevolezza tragica e piena del suo incancellabile dolore. (Luigi Reitani) -
Lettere da Vincennes e dalla Bastiglia
"Questo, che il lettore avrà modo di conoscere leggendo il suo epistolario, è il grande Sade, nato dalle ceneri dello squallido aristocratico libertino che frustava e drogava le ragazze raccolte per le strade di Arcueil o di Marsiglia. Totalmente assorto in se stesso e nel suo nuovo mondo, assapora la gioia profonda di creare, di ripopolare il mondo con emblemi del Male, che assumono le sembianze dei personaggi delle sue opere, che hanno il loro comune principio non in una poetica, ma in un assioma instancabilmente ripetuto e illustrato: «La Natura è il Male, e noi siamo i suoi figli obbedienti o riluttanti, ma senza scampo». Da una parte Sade e i suoi simili - «noi, filosofi atei» - dall'altra gli altri, né filosofi né atei, ma solamente persecutori ottusi di colui che ha capito il segreto dell'universo. «Questo modo di pensare» scrive alla moglie «che voi biasimate è la sola consolazione della mia vita». Sade imposta così il problema nella forma più irrevocabile, rendendo vana e risibile ogni discussione: «Il Bene per me costituisce uno stato di fastidio e di malessere» [...]. Nella sua memorabile prefazione a Justine, Georges Bataille ammonisce che «esaltando Sade, noi edulcoriamo il suo pensiero», un pensiero che non tollera di essere impostato neppure come ipotesi critica: infatti, o viene assunto quale astratta costruzione intellettuale, o rende impossibile non soltanto qualsiasi convivenza civile, ma persino la sopravvivenza stessa del genere umano. Forse Sade pensava a questo quando chiese che il suo stesso nome fosse cancellato, quasi per una damnatio memoriae, dal ricordo degli uomini."""" (Dalla postfazione di Luigi Baccolo)" -
Lo spirito romanzo
«Questo libro non è un'opera di filologia, e solo per cortesia si potrebbe dire che è uno studio di letteratura comparata. A me interessa la poesia: ho quindi tentato di esaminare alcune forze, alcuni elementi, o qualità, che erano operanti nelle letterature medievali delle lingue neolatine, e che sono ancora certamente operanti nelle nostre. La storia di un'arte è storia di capolavori, non di fallimenti né di mediocrità. L'onnisciente storico dovrebbe mostrare i capolavori, le loro cause e la loro interrelazione: lo studio della letteratura è ""culto degli eroi"""", è un raffinamento, o anche, se volete, una perversione di quella religione primordiale. [...] Questo libro tratta soltanto di quelle opere medievali le quali posseggono ancora un qualche interesse, oltre a quello archeologico, per il lettore moderno non specialista. La mia critica è consistita più nello scegliere che nel presentare opinioni. Alcune parti di questo libro sono ricerca originale nel senso più rigoroso; e comunque, tutte le affermazioni critiche di tutto il libro sono basate sullo studio diretto dei testi e non sui commenti»."" -
Camminare
Figura memorabile del gruppo trascendentalista americano, Henry David Thoreau è considerato una delle voci più autentiche, vigorose ed essenziali della letteratura americana. ""Walking"""" è il testo di una conferenza tenuta da Thoreau per la prima volta al Concord Lyceum il 23 aprile 1851; divenuto ben presto il suo testo preferito e più noto, fu letto più volte negli anni successivi e progressivamente ampliato. In esso, centrale è il simbolismo legato all'escursione come modello di vita: l'anelito al movimento è nella sua essenza desiderio di liberazione dall'ansia e dal malessere avvertiti nel mondo. Il messaggio di Thoreau è dunque sorprendentemente moderno, decisivo e urgente: al senso di perdita e di alienazione trasmesso dal contesto urbano lo scrittore contrappone la necessità della conservazione della «wilderness» quale complemento della vita civilizzata. Thoreau, in definitiva, si fa portavoce di un paradosso che oltre a possedere un'attualità stringente è in contrasto organico con la mitologia americana: il successo, l'assillante corsa al potere e alle prosperità materiali possono essere l'amara ricompensa di una sconfitta, mentre la vita in solitudine e in oscurità può offrire doni preziosi e insospettati."" -
La malinconia allo specchio. Tre letture di Baudelaire
"La malinconia ha un profondo legame con la riflessione e gli specchi. Forse nasce nel punto in cui lo sguardo s'incontra nello specchio, questa «trappola di cristallo». Baudelaire è stato un mirabile testimone della congiunzione di specchio e malinconia. Un tale motivo, che ha dato vita ad allegorie e a rappresentazioni molteplici, esigeva un ascolto attento. Un ascolto qui consacrato ad alcune poesie, tra cui Le Cygne, autentico capolavoro. A questo si aggiunge, sotto l'influenza di Saturno, tutta la serie di «figure chinate», di occhi che si abbassano su altri sguardi, su sguardi che si rivolgono alle lontananze della patria assente o del vano riflesso. «Vedo tua madre» si legge in La Lune offensée «che piega la greve massa dei suoi anni verso lo specchio, imbellettando artisticamente il seno che t'ha nutrito!»."""" (Jean Starobinski)" -
Morire
"All'amico Hugo von Hofmannsthal, che nel 1903 gli rimproverava di aver scritto «un libro così arido e angoscioso come 'Morire'», Schnitzler aveva replicato che esso risaliva al periodo in cui il suo interesse era rivolto «più al """"caso in sé"""" che agli uomini». Ma al di là della effettiva crudezza del tema, la descrizione clinicamente precisa degli ultimi mesi di vita di un malato di tisi, il giovane Schnitzler raggiunge in questa novella un perfetto equilibrio fra introspezione psicologica e impianto tecnico-formale, fornendo un primo esempio delle sue mirabili qualità di narratore. La novità di 'Morire' consiste nella calibrata analisi parallela della trasformazione interiore dei protagonisti: Felix, il prototipo dell'eroe negativo schnitzleriano, borghese ipersensibile, raffinato e oppresso dall'angoscia della fine, e Maria, «dolce fanciulla» del popolo, passionale e pronta al sacrificio, ma non fino al punto da annullare la propria istintuale volontà di vita. La storia d'amore si evolve in 'Morire' in un vero e proprio conflitto esistenziale. L'amore è infatti solo una delle componenti della tormentata vicenda psicologica dei due personaggi ed è, come loro, sottoposto a un processo di graduale svilimento, fino a risultare smitizzato del tutto nel momento in cui, identificandosi con la vita, esso arretra di fronte alla tragica e ineluttabile evidenza della morte."""" (Giuseppe Farese)" -
Su Wagner
"Il saggio di Baudelaire su Wagner è una straordinaria meditazione sulla musica, sui riverberi e le corrispondenze che trascorrono tra il linguaggio musicale e gli altri linguaggi dell'arte. È allo stesso tempo una appassionata difesa del nuovo, dell'invenzione e dell'azzardo che definiscono e rendono vivo il lavoro dell'artista, qualunque sia il suo linguaggio specifico. L'occasione è data da due eventi parigini: i concerti wagneriani al Théâtre des Italiens, diretti dallo stesso compositore - gennaio e febbraio del 1860 - e la «prima» del Tannhäuser all'Opéra nel marzo del 1861, il cui terzo atto è sommerso dal tumulto della contestazione. Presenti alla «prima», con Baudelaire e Gautier, molti poeti e artisti difensori di Wagner, ma anche musicisti come Gounod, Offenbach, Berlioz. Le pagine baudelairiane dicono lo sdegno per la diffusa incomprensione della «nuova musica» e raccontano i temi più coinvolgenti dell'opera wagneriana: il cielo e l'inferno che abitano l'anima, l'eros e il richiamo dell'assoluto, la caduta e il sogno di una redenzione impossibile. La critica, aveva scritto Baudelaire, bisogna che sia «parziale, appassionata, politica, cioè fatta di un solo punto di vista, ma che apra il più grande orizzonte»: il saggio su Wagner è la dimostrazione, vibrante e decisa, che questa critica è possibile."""" (Antonio Prete)" -
Esercizi spirituali
"Chi volesse indugiare brevemente in una ricerca di frequenze lessicali si accorgerebbe con facilità [...] di quante volte ricorrano i due verbi «fare» (hacer) e «vedere» (ver) sui quali sembra imperniarsi l'intero sistema degli Esercizi: fare orazione, fare scelta, fare colloquio, fare tutto ciò che, secondo la via tracciata da Ignacio, colui che dà gli esercizi indica a colui che li riceve; e vedere, con gli occhi di un'immaginazione spinta ai limiti dello stravolgimento, tutto ciò che si esorta a vedere, a sentire, in una continua osmosi tra parole di preghiera, pensieri, consolazioni, desolazioni e finalmente proposte di immagini, sempre e comunque fortemente materializzate, localizzate, rese attingibili ai sensi. Un po' come il prodotto, non prevedibile e però scarsamente governabile, dell'immaginazione poetica o ispirazione, che nasce anch'esso (come l'«illuminazione» a cui puntano gli Esercizi) da un'ékstasis ossia, letteralmente, da una dislocazione, da uno spostamento della sensibilità, da una distrazione della coscienza soggettiva, da un suo non esserci alle cose usuali, da un suo dimenticarsi nel silenzio in cui una voce «altra» parlerà, in uno spazio non dissimile da quello dell'autentico pregare (e questo è, più che un chiedere, un darsi)."""" (Dalla Postfazione di Giovanni Giudici)" -
Storia della sessualità. Vol. 2: uso dei piaceri, L'.
«In questo saggio vorrei sottolineare alcuni elementi generali che caratterizzano il modo in cui il pensiero greco classico si è piegato sul comportamento sessuale come campo di valutazione e di scelta morali. Partirò dalla nozione, allora comunemente accettata, di ""uso dei piaceri"""" - chr?sis aphrodisi?n - per individuare i modi di soggettivazione cui essa si riferisce: sostanza etica, tipi di assoggettamento, forme di elaborazione di sé e di teleologia morale. Quindi, partendo ogni volta da una pratica che aveva nella cultura greca le sue radici, il suo status e le sue regole (la pratica del regime igienico, quella della gestione della famiglia, quella del corteggiamento amoroso), studierò il modo in cui il pensiero medico e filosofico ha elaborato questo """"uso dei piaceri"""" e ha formulato alcuni temi di austerità che sarebbero divenuti ricorrenti su quattro grandi assi dell'esperienza: il rapporto con il corpo, il rapporto con la sposa, il rapporto con i ragazzi e il rapporto con la verità»."" -
Considerazioni sulla storia universale
"Burckhardt è stato a buon diritto universalmente lodato per i caratteri della sua esposizione, ma anche per la capacità di trasporre in forma letteraria complessi materiali storici e di trasformare l'indagine scientifica in arte. Per conseguire tali risultati gli tornarono utili la vivezza del linguaggio, la capacità di distribuire luci ed ombre e anche un penetrante intuito psicologico, con il risultato complessivo di far riemergere individui e periodi storici dalle tenebre in cui erano piombati. In sostanza, la peculiare plasticità della sua esposizione era solo il riflesso della sua enorme «sete di conoscenza». Egli non avrebbe potuto concludere nulla, affermò una volta, se avesse dovuto trasferire sulla carta «un'immagine tratta dalla propria interiorità»; ogni pensiero doveva essere rapportato «a qualcosa di esterno». Per questo motivo Burckhardt riteneva anche di essere incapace di ragionamenti filosofici. Eppure non era un narratore. Le sue descrizioni rivelano fin nell'impianto che egli privilegia l'apparato concettuale, la riflessione e la comparazione. [...] Nel complesso, il suo modo di procedere è tipico della ritrattistica più che dell'epica, per cui Burckhardt non riproduce i processi ed il succedersi degli avvenimenti, ma immobilizza l'evento, scelto il più delle volte con uno spirito drammatico, per metterne a nudo la natura alla maniera del ritrattista, capace di fissarla nitidamente, di coglierne i tratti essenziali. Tutto quel che si trova in secondo piano e ancor più dietro, sullo sfondo, non è meno significativo degli attori che campeggiano davanti, «testimoni di primo grado nel processo». Erwin Rohde, l'amico di Nietzsche, ha definito con acume lo stile di Burckhardt «riflessivo nell'esposizione»."""" (Dallo scritto di Joachim Fest)" -
Dostoevskij
"Per Lukács, l'opera di Dostoevskij può essere letta come un unitario commento al paolino «è terribile cadere nelle mani del Dio vivente». Nel mondo abbandonato da Dio (il mondo del romanzo) ogni contatto con la trascendenza non può essere altro che un contatto devastante per la creatura e naturalmente per le istituzioni. Già l'etica luciferina si nutriva della """"demonia"""" di chi afferma d'essere meglio dei propri dèi e dunque tendenzialmente della distruzione dell'esistente. Ora, nell'epos dostoevskijano «la demonia ha acquistato senso», non è più fuga nell'artificiale totalità del soggetto, ma affermazione della volontà di trasvalutazione di tutti i valori, distruzione dell'esistente, che sul piano etico significa principalmente crisi delle """"istituzioni"""" (Gebilde) dell'etica kantiana: «Dimostrare che non solo la seconda etica paraclitica ma anche quella luciferina deve trascendere la giustizia (il saggio, l'eroe tragico, amor dei intellectualis - inconfutato!)». Chi ha visto Dio, o chi è incarnazione di Dio sulla terra, come il popolo russo, non può che «andar oltre il diritto e l'etica» anche se ciò dovesse significare il sacrificio della propria anima. Non a caso nello studio su Dostoevskij si elabora tutta una fenomenologia di figure che incarnano questo ideale riconducibile all'idea dell'inevitabilità del peccato in un mondo che è incarnazione somma di Satana. Figure di questa fenomenologia sono i """"peccatori santi"""", cioè coloro che nel peccato trovano una strada verso Dio, come Sonja in Delitto e castigo o la Giuditta di Hebbel, """"eretici"""" per amor di Dio, come quelli descritti da Sebastian Franck e da certa mistica ebraica, uomini per i quali la colpa è già espiazione, come Raskol'nikov, terroristi e suicidi, come Kirillov e Svidrigajlov, folli e idioti che non vogliono vedere le """"relazioni"""" del mondo che li circonda, come il Myskin di Dostoevskij e altri ancora."""" (Dallo scritto di Michele Cometa)" -
Il collare della colomba
"Ibn Hazm, una delle più alte figure intellettuali della Spagna musulmana del secolo XI, schizzò rapidamente quest'opera, che è un trattato «scientifico» di fenomenologia dell'amore e al tempo stesso una confessione, un documento storico e umano di non comune valore. In tutti i trenta capitoli di questo leggiadro Collare della colomba, la teoria ora acuta, ora sottile e sofistica, si correda di esempi tratti non già, come spesso accade in altre opere di analogo argomento, dal vecchio patrimonio di storie e leggende d'amore dell'antichità araba, ma dalla viva esperienza dell'autore, che ha quasi sempre come sfondo la splendida Cordova musulmana. Ecco quindi la corte dei califfi, [...] i loro grandi ministri, come il famoso Almanzor, e visir e ciambellani e dignitari di corte, tra i quali il padre dello stesso Ibn Hazm, e dotti e giuristi, teologi e tradizionisti, ufficiali e poeti, che affollano il Palazzo, la Gran Moschea cordovana, i ponti sul Guadalquivir, le ville e i giardini suburbani della metropoli. Ed ecco il mondo femminile, intravisto in fuggevoli lampi fra le cortine dell'harem, o liberamente circolante per le vie e le piazze tra la turba delle schiave e delle ancelle, pronte allo scherzo, all'avventura e all'intrigo. Ne risulta una varietà, una libertà di rapporti fra i sessi, anche al di fuori dell'elemento servile, superiore a quanto ci aspetteremmo dagli schemi tradizionali della donna musulmana sempre segregata e velata. [...] L'amore che agita questo mondo è concepito e analizzato dall'autore nella più ampia estensione del termine; è insieme Venere urania e pandemia, anzi addirittura amor femminile e amor maschile, indifferenziato e talora nemmeno distinguibile con chiarezza nella terminologia amorosa."""" (Dallo scritto di Francesco Gabrieli)" -
Il sogno creatore
«Come si sa da molto prima di Freud, dalla notte dei tempi, la conoscenza dei sogni è una finestra, o quantomeno una fessura, aperta a una strana verità: la verità della menzogna, della congenita menzogna in cui sembra che la creatura umana non possa fare a meno di avvolgersi come vengono avvolte di solito le creature; coprendole, per proteggerle dall'inclemenza del luogo in cui nascendo si vedono lanciate. Nel momento in cui entra nel sonno, l'uomo cessa per quanto è possibile di essere persona per diventare creatura. A causa dell'ossessione, stabilizzatasi in pensiero, della morte, è l'immagine di questa a essersi sovrapposta alla situazione del dormiente, che in realtà ricorda piuttosto l'immagine di chi dovrà nascere, o è addirittura già sul punto di farlo. Entrare nel sonno è entrare nel dominio del sogno o, meglio, attraverso il sogno, in un luogo sotterraneo, in una grotta - ""Ypnos"""" -; ritornare a non essere visto; cadere nel grembo della vita madre che tutto consente; smettere di prender parte al gioco imposto dalla realtà, quello in cui si paga pegno, per giocare a un gioco proprio, gratuito, nel quale non esistono né leggi né frontiere, nel quale, come diceva Eraclito, si vive in un mondo privato, in cui non c'è da rispondere perché non c'è da domandare». (Carlo Ferrucci)"" -
Sulla stupidità
"Signore e Signori! Chi oggi abbia l'audacia di parlare della stupidità corre gravi rischi. Il farlo può essere infatti interpretato come arroganza, o persino come tentativo di turbare il progresso della nostra epoca. Per quel che mi riguarda, diversi anni or sono ho scritto: 'Se la stupidità non somigliasse tanto al progresso, al talento, alla speranza e al miglioramento, nessuno vorrebbe essere stupido'. Questo accadeva nel 1931, e nessuno oserà porre in dubbio che anche successivamente il mondo abbia conosciuto progressi e miglioramenti! In tal modo si rende sempre più indifferibile una risposta alla domanda: che cos'è realmente la stupidità? E neppure vorrei sottacere che nella mia qualità di poeta conosco la stupidità da gran tempo, potrei persino dire che più d'una volta ho intrattenuto con lei rapporti camerateschi!"""". Con uno scritto di Giancarlo Mazzacurati." -
Il libro tibetano dei morti
"Per i Tibetani la morte è o il cominciamento di una nuova vita, come accade per le creature che la luce della verità non rigenerò e trasse a salvazione, o il definitivo disparire di questa fatua personalità - effimera e vana come il riflesso della luna sull'acqua - nella luce indiscriminata della coscienza cosmica, infinita potenzialità spirituale. Continuare ad esistere in una qualunque forma di esistenza, anche come dio, è dolore: perché esistenza vuol dire divenire, e il divenire è l'ombra dell'essere, un sempre rinnovato corrompimento, un non mai soddisfatto desiderio, una pena che mai si placa. La pace è nel dissolversi inconsapevole in quella luce incolore da cui tutte le cose traggono nascimento e che, senza che ne siamo consapevoli, brilla in noi stessi. Per dirlo con altre parole, quando si muore, sono due le vie che a noi si aprono: o un definitivo spegnimento della creatura singola che è la sorte degli Eletti; oppure la rinascita, che attende chi non seppe comprendere che tutto è sogno. Per la qual cosa, questo trattato dovrebbe essere piuttosto conosciuto, anziché come il libro dei morti, col suo vero nome tibetano, che significa libro della salvazione, o traducendo alla lettera: «il libro che conduce alla salvazione dall'esistenza intermedia per il solo sentirlo recitare», perché la sua recitazione evoca nel principio cosciente del morituro o del defunto la verità redentrice. E per salvazione s'intende appunto lo spegnimento della personalità, o come l'evasione da una nuova rinascita verso la quale il carma maturando fatalmente ci urge."""" (Dall'Introduzione di Giuseppe Tucci)" -
Storia della sessualità. Vol. 3: cura di sé, La.
«Tutta una riflessione morale sull'attività sessuale e i suoi piaceri sembra sottolineare, nei primi due secoli della nostra era, un certo rafforzamento delle tematiche di austerità. Vi sono medici che considerano allarmati gli effetti della pratica sessuale, tendono a raccomandare l'astinenza e dichiarano di preferire la verginità all'uso dei piaceri. E vi sono filosofi che condannano ogni eventuale relazione extramatrimoniale e prescrivono agli sposi una fedeltà rigorosa e assoluta. Infine, l'amore per i ragazzi sembra essere investito da una certa squalifica dottrinale. Si deve forse riconoscere, nello schema che così si prefigura, l'abbozzo di una morale a venire, quella che si troverà nel cristianesimo quando l'atto sessuale stesso sarà considerato un male, quando non gli si attribuirà legittimità che all'interno del legame coniugale e quando l'amore per i ragazzi sarà condannato come contro natura? E si deve supporre che nel mondo greco-romano alcuni avessero già presagito quel modello di austerità sessuale cui si darà poi, nelle società cristiane, struttura legale e supporto istituzionale?».