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Nietzsche
«Noi, lettori di Nietzsche, dobbiamo evitare quattro possibili fraintendimenti: 1. sulla volontà di potenza (credere che la volontà di potenza significhi “desiderio di dominare”, o “volere la potenza”); 2. sui forti e i deboli (credere che i più “potenti”, in un dato regime sociale, siano per ciò stesso dei “forti”); 3. sull’eterno ritorno (credere che si tratti di un’idea antica, ripresa dai Greci, dagli Indù, dai Babilonesi...; credere che si tratti di un ciclo, ovvero di un ritorno dello Stesso, di un ritorno allo stesso); 4. sulle opere dell’ultimo periodo (credere che queste opere siano eccessive o già squalificate dalla follia)». -
Il freddo e il crudele
«Con troppa fretta si è portati a ritenere che sia sufficiente rovesciare i segni, capovolgere le pulsioni e concepire la grande unità dei contrari per ottenere Masoch partendo da Sade. Il tema di una unità sadomasochista, di una entità sadomasochista, è stato particolarmente nocivo per Masoch. Egli ha sofferto non soltanto un ingiusto oblio, ma anche un’ingiusta complementarità, un’ingiusta unità dialettica con Sade. Infatti, quando si legge Masoch appare chiaro che il suo universo non ha nulla a che vedere con quello di Sade. Non si tratta soltanto di tecniche, ma di problemi e di preoccupazioni, di progetti totalmente diversi. Non si può obiettare che la psicoanalisi ha da gran tempo dimostrato la possibilità e la realtà delle trasformazioni tra sadismo e masochismo. È l’unità stessa di quel che viene denominato sadomasochismo ad essere in causa. La medicina distingue tra sindromi e sintomi: i sintomi sono segni specifici di una malattia, ma le sindromi sono unità di incontro o di incrocio, che rinviano a discendenze causali molto diverse, a contesti variabili. Non siamo certi che l’entità sadomasochista non sia essa stessa una sindrome, che dovrebbe esser dissociata in due discendenze causali irriducibili. Troppe volte ci è stato detto che uno stesso soggetto era sadico e masochista; abbiamo finito per crederci. […] Poiché il giudizio clinico è pieno di pregiudizi, bisogna ricominciare tutto da un punto situato al di fuori della clinica, dal punto letterario, che diede nome alle perversioni. […] La sintomatologia pertiene sempre all’arte. Le specificità cliniche del sadismo e del masochismo non sono separabili dai valori letterari di Sade e di Masoch. E in luogo di una dialettica che riunisce affrettatamente i contrari, è necessario tendere a una critica e a una clinica in grado di cogliere sia i meccanismi realmente differenziali che le originalità artistiche». -
Questione di donna
«Sacra profondità dorme nella donna. Il suo cervello è fresco, non incatenato dal sapere. Lasciate crescere la donna libera dal modo di agire e di pensare dell'uomo! Immensi torrenti di idee nuove si leveranno in turbine, verranno nuove religioni, nuovi dèi, nuovi mondi. La donna non conosce limiti al pensiero, non si adatta a nessun sistema, non è ancora stata scoperta, è enigmatica, sorprendente. L'uomo perisce, ma la donna è eterna. Si risveglia una civiltà della donna, del sesso forte. Le donne sono forti, piene di speranza, di buona speranza». Con uno scritto di Jutta Prasse. -
La tomba di Antigone
La cifra essenziale dell’opera di María Zambrano, una delle figure più originali del pensiero del Novecento, è la riconciliazione in un’unica forma espressiva della parola poetica con la parola filosofica. “La tomba di Antigone”, straordinario testo filosofico-poetico-teatrale del 1967, è non solo una nuova lettura in chiave filosofica del personaggio sofocleo, ma è soprattutto una incomparabile riscrittura che fa vivere Antigone di una vita propria, attualissima. María Zambrano riprende la figlia di Edipo là dove Sofocle l’abbandona, e discende con lei agli inferi, che sono anche gli inferi dell’anima, dei legami famigliari e sociali. L’Antigone della Zambrano non è l’eroina canonizzata dalla tradizione, bensì la fanciulla sola, nel silenzio e nell’assenza degli dèi. Nella tomba in cui Antigone è sepolta viva, si fa strada l’evento impercettibile attraverso cui va germinando il significato fondamentale della sua figura mediatrice fra amore e conoscenza. -
Le foreste del Maine. Chesuncook
«Anticamente i re inglesi consideravano le foreste indispensabili per i loro svaghi e per la caccia, e talvolta distruggevano i villaggi per accrescere l'estensione di quelle esistenti o per crearne di nuove; io penso che fossero animati da un autentico istinto vitale. Perché non dovrebbe esser così anche per noi, che abbiamo rinunciato all'autorità del re, che abbiamo le nostre risorse nazionali, dove non è necessario distruggere villaggi, dove possono sopravvivere l'orso e la pantera e persino qualche esemplare della razza dei cacciatori, senza essere ""civilmente"""" cancellati dalla faccia della terra? Perché allora non difendiamo le nostre foreste, non solo per far divertire il re, ma per salvare, lui, il re, il signore della creazione, - non per lo svago o per il cibo, ma per lo spirito e per la sua autentica rigenerazione? O vogliamo, da stolti, dissodarle tutte distruggendo il nostro stesso territorio?»."" -
Illuminazioni. Testo francese a fronte
“Con Rimbaud la poesia ha cessato di essere un genere letterario, una competizione. Prima di lui Eraclito e un pittore, Georges de La Tour, avevano costruito e mostrato quale Casa fra tutte l’uomo dovesse abitare: al tempo stesso dimora per l’ispirazione e per la meditazione. Baudelaire è il genio più umano di tutta la civiltà cristiana. Il suo canto la incarna nella sua propria coscienza, gloria, rimorso, maledizione, nell’istante della sua propria decollazione, detestazione, apocalisse. «I poeti», scrive Hölderlin, «si rivelano per lo più all’inizio o alla fine di un’età. È cantando che i popoli abbandonano il cielo della loro infanzia per entrare nella vita attiva, nel regno della civiltà. È cantando che essi ritornano alla vita primitiva. L’arte è la transizione dalla natura alla civiltà, e dalla civiltà alla natura». Rimbaud è il primo poeta di una civiltà non ancora comparsa, civiltà i cui orizzonti e le cui pareti non sono che fuochi di paglia. Parafrasando Maurice Blanchot, siamo di fronte a una esperienza della totalità, fondata sul futuro, espiata nel presente, la quale non ha altra autorità che la propria.” (Dallo scritto di René Char) -
La vagabonda
Colette, pseudonimo di Sidonie-Gabrielle Colette (1873-1954), è stata una scrittrice e attrice teatrale francese e una delle grandi protagoniste della sua epoca. La sua vita e la sua opera letteraria danno testimonianza del suo essere una donna libera, anticonformista ed emancipata. Fu una vita, la sua, scrive Anna Banti, l'eccezionale traduttrice de ""La vagabonda"""" «ricchissima di esperienze che, mentre confermavano nei critici suoi contemporanei una fama di esibizionistica spregiudicatezza, favorirono una sua ascesa non solo letteraria e poetica, ma saggiamente, lucidamente morale». E Colette sembra rispecchiarsi in Renée Neré, la protagonista de """"La vagabonda"""", «gioiello di romanzo breve, che più che un romanzo d'amore è la celebrazione della rinunzia all'uomo», al matrimonio, alla sicurezza, al calore di un focolare domestico, in nome di una libertà insopprimibile. La scelta di Renée, certo, è dolorosa e la sua virtù è crudele, «oserei dire una virtù giansenista»."" -
Liriche e frammenti. Testo greco a fronte
Saffo è la più grande poetessa mai esistita. Vissuta a Lesbo nel VII secolo a.C., dopo un lungo soggiorno in Sicilia fondò una sorta di comunità di fanciulle consacrate al culto di Afrodite e delle Muse. Della vasta produzione poetica di Saffo, che scrisse in dialetto eolico, a noi restano un'ode intera e numerosi frammenti, di mirabile bellezza. Saffo è la poetessa dell'amore, un amore che è fuoco e febbre, tenerezza e gelosia, un amore che rivolge principalmente alle fanciulle a lei devote, la cui bellezza è per lei una sorta di rivelazione del sacro. L'amore è per Saffo un'indomabile forza della natura, a cui niente e nessuno può resistere, ed è memoria, ricordo straziante delle esperienze passate, per sempre perdute. -
Il canto dell'impresa di Igor'. Testo originale a fronte
«Cominciamo dunque, fratelli, questo racconto dall'antico Vladimir al presente Igor', che tese la mente con la volontà, che infiammò il cuore con l'ardimento; colmo di spirito guerresco condusse le sue schiere valorose per la terra di Russia, contro la terra dei Polovcy. Alzò Igor' lo sguardo al sole luminoso e vide che da esso veniva un'ombra che copriva tutti i guerrieri. E disse Igor' alla sua druzina: ""Fratelli e druzina , meglio essere calpestati che fatti prigionieri. Montiamo, fratelli, sui nostri veloci destrieri, per guardare l'acqua dell'azzurro Don!"""". S'infiammò al principe il cuore per il desiderio di guerra, e la brama di bere l'acqua dell'azzurro Don gli rese oscuro il presagio. """"Voglio"""" disse """"con voi, o Russi, spezzare la mia lancia sul confine del campo dei Polovcy; voglio scommettere la testa o bere con l'elmo l'acqua del fiume Don!""""». (Eridano Bazarelli)"" -
Storia della sessualità. Vol. 1: volontà di sapere, La.
Questo volume apre una serie di studi che non pretendono di essere continui, né esaustivi; si tratterà di qualche sondaggio in un territorio complesso. Il mio sogno sarebbe un lavoro di lungo respiro, capace di correggersi man mano che si sviluppa, aperto alle reazioni che suscita, alle congiunture che gli toccherà d'incontrare, e forse a ipotesi nuove. Lo vorrei un lavoro disperso e mutevole. I lettori che si aspettassero di apprendere in che modo per secoli la gente ha fatto l'amore, o come le è stato vietato di farlo - problema serio, importante, difficile -, rischiano di restare delusi. Non ho voluto tracciare una storia dei comportamenti sessuali nelle società occidentali, bensì trattare un problema molto più austero e circoscritto: in che modo questi comportamenti sono diventati oggetto di sapere? Ossia come, per quali vie e per quali ragioni si è organizzato questo campo di conoscenza che, con una parola recente, chiamiamo «sessualità»? Quel che i lettori troveranno qui è la genesi di un sapere - un sapere che vorrei cogliere alla radice, nelle istituzioni religiose, nelle forme pedagogiche, nelle pratiche mediche, nelle strutture familiari, laddove si è formato, ma anche negli effetti di coercizione che ha potuto avere sugli individui, dopo averli persuasi della necessità di scoprire in se stessi la forza segreta e pericolosa di una «sessualità». (Dalla prefazione dell'Autore all'edizione italiana) -
Le leggi dell'ospitalità. Vol. 1: La revoca dell'Editto di Nantes
Nei tre romanzi della grande trilogia di Roberta (“La revoca dell’editto di Nantes”, “Roberta stasera” e “Il suggeritore”), riuniti dall’Autore sotto il titolo “Le leggi dell’ospitalità”, «Klossowski, dal fondo dell’esperienza cristiana,» scrive Michel Foucault «ha ritrovato il prestigio e la profondità del simulacro, e con esso tutti i giochi del senso e del non-senso, del significante e del significato, del simbolo e del segno. Simulacro, similitudine, simultaneità, simulazione e dissimulazione: questa costellazione è meravigliosamente ricca». I tre romanzi gravitano infatti attorno a due enigmatici personaggi: Ottavio, prete fallito, teologo vizioso, specialista in perversioni, e Roberta, sua moglie, di origine protestante, atea, attivista radical-socialista. I due si fronteggiano, rispettando ognuno l’ideologia dell’antagonista, finché Ottavio non decide di revocare il loro editto privato di Nantes (l’editto che permise in Francia il culto protestante, riconoscendo in tal modo libertà religiosa e di pensiero). Ne nasce una tacita sfida: Ottavio moltiplica per Roberta le occasioni di «peccato» per farle provare rimorso e costringerla così a riconoscere la legge divina, Roberta le accetta senza opporre resistenza, più volte sfiora il rimorso, ma nella sua freschezza di spirito, nella sua rettitudine intellettuale dimostra di non venir mai fiaccata dalla colpa. Il gioco si esaspera, al punto che la donna si sdoppia: da un lato Roberta, dall’altro la sua controfigura che obbedisce, come un personaggio al suo autore, agli ordini di Ottavio, che progressivamente rimane vittima del suo stesso gioco, sino a non riuscir più a riconoscere né la propria identità né quella altrui. «Nell’opera di Klossowski,» scrive ancora Michel Foucault «il regno dei simulacri obbedisce a regole ben precise. Il rovesciamento delle situazioni avviene in un istante, in modo quasi poliziesco (i buoni diventano cattivi, i rivali si rivelano complici, i carnefici sono sottili salvatori, anche le frasi più banali hanno un doppio senso). Ogni rovesciamento sembra trovarsi sul cammino di una epifania, ma in realtà ogni scoperta rende più fitto l’enigma, moltiplica l’incertezza, e non svela un elemento che per velare il rapporto che esiste fra di esso e tutti gli altri. Ma i simulacri non sono qui né cose né tracce, né quelle belle forme immobili che erano le statue greche. Qui i simulacri sono esseri umani». Con uno scritto di Maurice Blanchot. -
Oracolo manuale e arte di prudenza
«La stoltezza ha ormai invaso il mondo, e se è rimasta un po' di saggezza, anch'essa è stoltezza, paragonata alla sapienza celeste. Ma più sciocco di tutti è colui che non ritiene d'esserlo e che considera sciocchi tutti gli altri. Il vero sapiente è colui che sa di non sapere; e cieco è colui che non s'accorge che anche gli altri vedono. Ma pur essendo il mondo popolato di sciocchi, non c'è nessuno che si creda tale o abbia almeno il sospetto di esserlo». -
Lettere d'amore della monaca portoghese. Testo portoghese a fronte
“Le ‘Lettere portoghesi’ furono pubblicate nei primi mesi del 1669 a Parigi dall’editore Barbin ed ebbero un sorprendente successo per la novità del genere letterario che inauguravano, per l’interesse morboso dell’intrigo che lasciavano supporre e più che altro per il profumo violento di una passione senza rimedio che venivano a diffondere inaspettatamente, in un mondo assuefatto alla convenzione galante e al divertimento amoroso. Esempio cospicuo di realismo psicologico dopo le stanchezze dell’Arcadia e alle soglie dell’epoca romantica, esse trovarono facile accoglienza nella Francia cartesiana del XVII secolo che seppe vedervi, oltre il risultato letterario, un profondo significato umano ed un contributo alla storia del sentimento. Mentre le edizioni si susseguivano ed incominciavano le imitazioni, nasceva il dubbio sulla loro autenticità; e serviva quasi come stimolo a sempre nuove ristampe che le diffondevano in tutta Europa, integre o manomesse, sole o con immaginarie risposte, alcune volte arbitrariamente accresciute o ridotte in versi, altre volte variamente illustrate dagli incisori e dai disegnatori più estrosi.” (Dallo scritto di Piero Chiara) -
De profundis
Oscar Wilde (1854-1900) è uno degli scrittori più amati e discussi dell'Ottocento. La sua prosa spregiudicata ha dato alla luce capolavori come ""Il ritratto di Dorian Gray"""" e """"L'importanza di chiamarsi Ernesto"""". Il """"De Profundis"""" (1897) è fra le ultime opere del grande autore irlandese. Composta in parte durante la detenzione nel carcere di Reading - dove era rinchiuso per essersi «macchiato» del reato di sodomia - si presenta in forma di lettera indirizzata al giovane amante Alfred Douglas. Wilde vi appare affascinante ribelle, spirito eccentrico e contraddittorio, come sempre fu, ma ormai fiaccato nell'animo e sofferente per la sua condizione di uomo condannato dalla società puritana e di artista incompreso e isolato dal resto del mondo."" -
La vera storia di Ah Q e altri racconti
Lu Hsün (1881-1936) è il maggior scrittore cinese del Novecento, autore di saggi violentemente ironici su temi sociali in un momento tormentato e decisivo della storia della Cina, che vede il crollo dell’impero e precede e prepara la Rivoluzione comunista. Ma è soprattutto autore di racconti, i più importanti dei quali qui presentiamo nella magistrale traduzione di Luciano Bianciardi. “La vera storia di Ah Q” è il principale tra essi, con una forte connotazione autobiografica e, come l’altro grande racconto “Diario di un pazzo”, una lacerante denuncia delle condizioni del popolo cinese che ondeggia tra la fatalistica accettazione dei soprusi dei potenti, come Ah Q, e la disperata rivolta del «pazzo» dell’omonima novella. E il tutto espresso sempre in uno stile esemplare e rigoroso, in cui l’indignazione si coniuga mirabilmente all’ironia. -
Sulla volontà nella natura
«Dopo diciannove anni ho avuto la gioia di poter porre mano per la seconda volta, per rivederla, a questa piccola opera; e la gioia è stata tanto più grande in quanto quest’ultima è di particolare importanza per la mia filosofia. Giacché, partendo dalla pura empiria, dalle osservazioni di naturalisti spregiudicati, intenti a seguire il filo della loro scienza specifica, qui giungo direttamente al vero e proprio nocciolo della mia metafisica, mostro i suoi punti di contatto con le scienze naturali e fornisco così, in certa misura, la prova del nove del mio dogma fondamentale, che in tal modo riceve la sua fondazione più pregnante e più specifica, e inoltre si presta all’intelligenza nella maniera più chiara, comprensibile e precisa che in qualsiasi altro luogo». -
Le leggi dell'ospitalità. Vol. 2: Roberta stasera.
Nei tre romanzi della grande trilogia di Roberta (La revoca dell'editto di Nantes, Roberta stasera e Il suggeritore), riuniti dall'Autore sotto il titolo Le leggi dell'ospitalità, «Klossowski, dal fondo dell'esperienza cristiana,» scrive Michel Foucault «ha ritrovato il prestigio e la profondità del simulacro, e con esso tutti i giochi del senso e del non-senso, del significante e del significato, del simbolo e del segno. Simulacro, similitudine, simultaneità, simulazione e dissimulazione: questa costellazione è meravigliosamente ricca». I tre romanzi gravitano infatti attorno a due enigmatici personaggi: Ottavio, prete fallito, teologo vizioso, specialista in perversioni, e Roberta, sua moglie, di origine protestante, atea, attivista radical-socialista. I due si fronteggiano, rispettando ognuno l'ideologia dell'antagonista, finché Ottavio non decide di revocare il loro editto privato di Nantes (l'editto che permise in Francia il culto protestante, riconoscendo in tal modo libertà religiosa e di pensiero). Ne nasce una tacita sfida: Ottavio moltiplica per Roberta le occasioni di «peccato» per farle provare rimorso e costringerla così a riconoscere la legge divina, Roberta le accetta senza opporre resistenza, più volte sfiora il rimorso, ma nella sua freschezza di spirito, nella sua rettitudine intellettuale dimostra di non venir mai fiaccata dalla colpa. Il gioco si esaspera, al punto che la donna si sdoppia: da un lato Roberta, dall'altro la sua controfigura che obbedisce, come un personaggio al suo autore, agli ordini di Ottavio, che progressivamente rimane vittima del suo stesso gioco, sino a non riuscir più a riconoscere né la propria identità né quella altrui. «Nell'opera di Klossowski,» scrive ancora Michel Foucault «il regno dei simulacri obbedisce a regole ben precise. Il rovesciamento delle situazioni avviene in un istante, in modo quasi poliziesco (i buoni diventano cattivi, i rivali si rivelano complici, i carnefici sono sottili salvatori, anche le frasi più banali hanno un doppio senso). Ogni rovesciamento sembra trovarsi sul cammino di una epifania, ma in realtà ogni scoperta rende più fitto l'enigma, moltiplica l'incertezza, e non svela un elemento che per velare il rapporto che esiste fra di esso e tutti gli altri. Ma i simulacri non sono qui né cose né tracce, né quelle belle forme immobili che erano le statue greche. Qui i simulacri sono esseri umani». Con disegni dell'autore. -
Charlie Chaplin
Iniziato da Sergej M. Ejzenstejn nel 1937, «Charlie the Kid», che qui presentiamo con altri due brevi testi del grande regista su Charlie Chaplin, avrebbe dovuto far parte di un libro incompiuto, ""Metodo"""", insieme a studi sulla fruizione dell'opera d'arte, sul cinema di David W. Griffith e sul «grande artista e maestro» Walt Disney. Ejzenstejn nutrì per l'intera vita un affetto profondo, una stima senza confini nei confronti di Chaplin, che ebbe modo di conoscere nella sua sfortunata esperienza cinematografica in America nel 1930. «Si festeggia in questi giorni il vostro giubileo,» così scrive Ejzenstejn «e io ricordo con calore quei sei mesi durante i quali ci siamo frequentati a Hollywood, le nostre partite di tennis, i nostri giri per i grandi parchi d'attrazioni popolari, dove i giovani che incontravamo vi battevano amichevolmente sulla spalla dicendo: """"Hello, Charlie!"""", le nostre crociere sul vostro yacht nelle acque dell'Oceano Pacifico al largo dell'isola Catalina. [...] La vostra via fu quella di un'arte che gode di un favore senza pari nel mondo intero, e che professa un profondo amore per l'umanità, quale voi avete manifestato sin dai vostri primi film. Per questo amore verso l'uomo, per il vostro desiderio di partecipare alla lotta dell'uomo in cerca della sua dignità e di condizioni di esistenza degne di lui, per le vostre magnifiche opere, si vorrebbe battervi confidenzialmente sulla spalla, come si usa da voi, in America, e dire dal profondo del cuore: """"Hello, Charlie!... Mano nella mano per molti anni ancora, e lunga vita ai più grandi ideali dell'umanità!""""»."" -
Sopra lo amore ovvero Convito di Platone
«Mistica è la dottrina ficiniana dell'amore, ed ha la sua mistica morale. L'Amore non si spegne per aspetto o tatto di corpo alcuno, perché non questo o quel corpo cerchiamo, ma la luce divina, che in tutti rifulge, ossia cerchiamo, errando, nella creatura finita, di saziare un amore che è infinito perché datoci dall'infinito e per l'infinito, dall' Assoluto per sé. Il male morale non è dunque alcunché di positivo. Esso consiste nell'arrestarsi dello slancio d'Amore, che questo, come suscitatore ed essenza dell'universo, cioè Dio, ha posto in noi: nel suo arrestarsi alle creature finite, al particolare, invece che progredire all'Universale. ""Il vero Amore non è altro che un certo sforzo di volare alla divina bellezza, desto in noi dallo aspetto della corporale bellezza"""", il bene morale, quindi, è unicamente il percorrere che faccia in noi questo slancio d'Amore interamente la sua via, nel giunger come meta al suo punto di partenza, nel salire là donde mosse, all'Universale, all'Infinito, a Dio. """"Questo gran dono ci dà quella celeste Venere, mediante lo Amore, cioè mediante il desiderio della Bellezza divina, e mediante lo ardore del Bene""""...» (Dallo Scritto di Giuseppe Rensi)"" -
Trattato sull'emendazione dell'intelletto
«Dopo che l'esperienza mi ebbe insegnato» così Spinoza apre il Trattato sull'emendazione dell'intelletto «che tutto ciò che spesso ci si presenta nella vita comune è vano e futile - e vedendo come tutto ciò che temevo direttamente o indirettamente non aveva in sé niente di buono né di cattivo se non in quanto l'animo ne veniva commosso, decisi infine di ricercare se ci fosse qualcosa di veramente buono e capace di comunicarsi e da cui solo, respinti tutti gli altri falsi beni, l'animo potesse venire affetto; meglio ancora, se ci fosse qualcosa tale che, trovatolo ed acquisitolo, potessi godere in eterno di continua e grandissima felicità». I tre scritti che qui presentiamo sono le prime tappe di questa grandiosa ricerca di Spinoza, ispirata dall'«amore per una cosa eterna e infinita che nutre l'animo di sola letizia, priva di ogni tristezza». Due di essi furono editi dallo stesso Spinoza: i Princìpi della filosofia cartesiana vennero infatti pubblicati ad Amsterdam nel 1663, in un volume del quale facevano parte anche i Pensieri metafisici, presentati come appendice dello scritto precedente. Fu questa l'unica pubblicazione che uscì sotto il nome di Spinoza durante la vita dell'autore. L'altra opera edita durante la sua vita, il Trattato teologico-politico (1670), uscirà infatti anonima. Il terzo scritto qui tradotto, il Trattato sull'emendazione dell'intelletto, venne pubblicato per la prima volta tra le Opere postume di Spinoza (Amsterdam 1677) dagli amici dell'autore, insieme con l'Etica, il Trattato politico, alcune lettere e una grammatica ebraica. Il breve, ma importantissimo scritto era rimasto incompiuto. Gli editori, nel presentarlo, invitavano il lettore a scusarne ciò che vi si sarebbe incontrato di non rifinito, di oscuro, di appena abbozzato. Malgrado questo, il Trattato rappresenta una delle vette del pensiero seicentesco.