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Attendersi il peggio realizzare il meglio. Tre conversazioni con Max Horkheimer
Queste tre conversazioni con Max Horkheimer intrecciano i temi consolidati del suo pensiero con i nuovi problemi che si affacciavano con intensità all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso. La contestazione studentesca, già in parziale riflusso ma i cui effetti non voluti cominciavano a essere visibili; l'idea di rivoluzione e il suo inaspettato, e pericoloso, rilancio dopo i fallimenti lucidamente riscontrati dalla Scuola di Francoforte; il ruolo della scienza e la critica al positivismo. In queste pagine, rischiarate da una insospettabile capacità di sintesi e raccoglimento intorno al nucleo essenziale del suo pensiero, scorre il senso di una ricerca che sfocia, inaspettatamente, nella riscoperta delle categorie teologiche. Non come indice di una verità da contrapporre a quella scientifica bensì come nuovi ed essenziali punti di riferimento per l'azione dell'uomo. Se saltano questi, come ormai era chiaro che stava accadendo, si modifica il modo stesso dello stare al mondo dell'uomo, il suo significato e la sua comprensibilità. Nell'ultima delle interviste emerge il ritratto di un uomo che nell'attesa serena della morte raccoglie il senso di un'esistenza nell'affetto portato al ricordo della moglie e agli amici di un tempo che si allontana velocemente verso l'incognito. -
L' amorosa iniziazione
"Simile a Miguel Mañara, dramma che non a caso fu composto un paio d'anni più tardi, ricalcando l'archetipo di un Don Giovanni che ha perduto qualsiasi anelito alla dissoluzione, paradossalmente tentato da una dimensione spirituale che tende a un ascetismo di ascendenza cattolica, Pinamonte si delinea dotato di una personalità altrettanto proteiforme, sfuggente. Si pensi in tal senso ai nomi e agli appellativi con i quali di volta in volta Milosz designa il personaggio: «Sassolo Sinibaldo, conte Pinamonte e tredicesimo duca di Brettinoro», «conte-duca Anthystène», che si vanta «di discendere dalla casa estinta dei Benedetto» ecc. Sembra che tale situazione sia riconducibile alle innumerevoli varianti sul nome stesso dell'autore che, secondo la lezione di Piveteau e Kohler, comprende ben ventidue firme differenti nell'arco delle lettere rinvenute. Avere troppi nomi è come non averne e, di conseguenza, l'identità stessa di Pinamonte risulta inafferrabile, circonfusa di un alone misterioso, teso a occultare le sue reali caratteristiche. È come se il personaggio di Pinamonte rimandasse a un'entità simbolica, un alter ego dello stesso narratore la cui figura viene idealmente dissezionata ricomponendosi, come quella di Osiride, nella fisionomia del suo eccentrico artefice. Si consideri inoltre la valenza autobiografica della vicenda, documentata dall'infatuazione, avvenuta proprio a Venezia, nei confronti di una ragazza di cui si conoscono solo le iniziali del nome. (...) La Venezia di Milosz è una città poco riconoscibile, un dedalo di calli e campielli - ma soprattutto di interni sovraccarichi di oggetti e suppellettili riccamente decorati che affiorano dalla penombra come nel palazzo di Fortuny -, in cui si svolgono eventi che rimandano all'edificazione spirituale o alla dissipazione"""". (Pasquale Di Palmo)" -
Lo scrittore e lo specchio. Moralismo e letteratura
Rivière è un maestro che occorre oggi riprendere in mano, perché le sue idee e il suo stile conservano quella ""informalità"""" che lo rende autore al tempo stesso classico e moderno. Come direttore della """"Nouvelle Revue Française"""" cercò di mantenere sempre questo equilibrio, che lo portava a cogliere il nuovo senza negare ciò che lo precedeva, come invece accade in certe avanguardie. Grande cultore della musica, della poesia e delle arti visive, resta traccia di questi suoi molteplici interessi critici il libro Études dove sono raccolti i saggi su Baudelaire, Gide e Claudel, ma anche su musicisti come Rameau, Bach, Franck, Wagner, Moussorgski, Debussy e su pittori come Ingres, Cézanne, Gauguin. Rivière ha intuito presto l'importanza di poeti come Baudelaire e Rimbaud, ha sostenuto autori come Alain-Fournier (di cui sposò la sorella Isabelle), Mauriac, Aragon, Valèry, Artaud. Forse oggi si fatica a comprendere che cosa fosse in quell'epoca l'esercizio quasi quotidiano della corrispondenza fra autori e amici, ma i carteggi di Rivière con Alain-Fournier, Proust e Claudel sono vere e proprie occasioni di riflessione sui destini e sull'importanza della letteratura, e si possono leggere anche come palinsesti di saggi da scrivere. I due testi di Rivière qui raccolti sono frutto di conferenze che l'autore tenne in dialogo con Ramón Fernàndez. In esse si dipana compiutamente la poetica critica di Rivière."" -
Dei, geni e demoni incappucciati. Da Telesforo al «Moine Bourru»
Il saggio che qui si presenta, pubblicato nel 1955, si spinge dentro un territorio all'epoca poco esplorato: intende comporre una sorta di inventario delle forme visive e dei valori simbolici che convergono nella figura del cucullus, quella cioè connotata dal mantello con cappuccio. Il tema, apparentemente marginale, ma ricco di valori culturali e di significati simbolici, sotto la lente di Deonna rivela le sue lontane origini, che dal III secolo a.C., a Smirne e in Cirenaica, si allargano poi al mondo celtico, e infine si ritrovano ancora nel mondo etrusco e nell'epoca gallo-romana (fino a diventare una sorta di distintivo della cultura gallica). Il tipo sembra ""sopravvivere"""" in una figura della cultura popolare, quella del Moine Bourru, sorta di uomo nero (Croquemitaine) incappucciato, che gli adulti evocavano ai bambini più piccoli per intimorirli e tenerli a bada. Ma, come fa notare fm dall'inizio Deonna, il mantello con cappuccio rimane in uso nel monachesimo cristiano lungo il Medioevo e la modernità, e ancora lo si ritrova nelle popolazioni ai poli opposti del pianeta, dagli eschimesi ai nomadi arabi, per non dire, nel suo aspetto più inquietante, dell'utilizzo che ne fanno alcuni gruppi politici come l'organizzazione razzista del """"Ku Klux Klan"""" o, nella prima metà del Novecento, l'organizzazione filofascista francese """"Cagoule""""."" -
Pasternak
Come lo stesso Merton osserva nell'ultima parte di questo libro, il segno principale da cui si riconosce il cristianesimo di Pasternak nella sua opera creativa è la libertà, che è anche una diversa concezione della storia rispetto alla visione sovietica che, già nel momento in cui Pasternak scrive ""Il dottor Zivago"""", mostrava le prime crepe. Che per Pasternak sia una «idea della libertà personale e della vita come sacrificio», è soltanto una piena declinazione della verità, che molti suoi contemporanei nell'Urss hanno sperimentato e pagato di persona. Lungi dall'essere un'apologia cristiana di Pasternak, questo saggio del monaco Merton continua a sorprendere per la sua capacità di lettura trasversale fra le ragioni dell'arte e della letteratura e il grado di testimonianza che esse rendono al proprio tempo. Le qualità - estetiche del """"Dottor Zivago"""" non sono una sovrastruttura borghese, come non lo è il senso religioso che vi spira dalla prima all'ultima pagina, ma una trasparente e fedele resa artistica della vita e della possibilità di far comprendere all'uomo quanto sia necessaria per allontanare dal nostro orizzonte le ombre di quella che già allora Merton definiva «l'alba fumosa di un'era apocalittica». Un monito anche per l'Occidente di oggi."" -
Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana
I due poli tra i quali oscillano le sorti della grande crisi degli anni 30, e forse anche dell'attuale, sono già nel titolo di questo importante saggio, dedicato alla proprietà. Emmanuel Mounier, padre del personalismo francese, vuole uscire dalla ""proprietà capitalista"""" ed entrare nel regno di quella umana. La proprietà del Capitale è fonte di intollerabili diseguaglianze tra chi ha molto, i pochi, e chi ha poco, i molti. La riflessione di Mounier è stretta tra le due forze che credono di avere la soluzione al problema, comunismo e fascismo, e la stanno applicando. È alla ricerca di una terza via, non sa quanto davvero percorribile. Per questo fa riferimento alla dottrina sociale della Chiesa e alla filosofia tomista, ricontestualizzate e messe alla prova, quasi gettate in pasto a un mondo che non avevano saputo prevedere nei suoi esiti totalitari. Di suo Mounier ci mette, oltre al rifiuto dell'individualismo borghese e dello statalismo comunista, la proposta di una società autogestita dei produttori. La proposta di Mounier, come quella di Maritain, Henri de Man e George Gurvitch, verrà sconfitta dalla Seconda Guerra mondiale. Eppure là dove parla di superare la tirannia capitalista «non con una democrazia quantitativa, parlamentare e irresponsabile, ma attraverso una democrazia organica» sembra dar voce ai temi che oggi attraversano la discussione pubblica europea."" -
L' illusione del giocatore di scacchi. Saggio di algebra lineare
«Il giocatore è sempre tentato di attribuirsi un valore superiore al suo valore reale. Questa è la tesi che espone il curioso studio, in parte psicologico e in parte algebrico, di un ingegnere algerino, Victor Cornetz. Il desiderio di vincere, il ricordo dei passati successi, la fiducia in se stesso fan sì che il giocatore, a un certo punto, si creda inevitabilmente più forte di quanto in realtà non sia. Ragion per cui se vince non ne resta sorpreso; ma se perde ripete fra sé ""avrei potuto fare di meglio, non ci ho messo tutto il mio valore, tutta la mia attenzione"""". Perché questa considerazione possa dirsi corretta, il giocatore dovrebbe basare l'idea della sua forza non solo sulla media delle precedenti vittorie ma anche su quella delle sconfitte. Ebbene, l'amor proprio impedisce alla mente di rivivere le brutte partite abbastanza fedelmente da controbilanciare il ricordo delle partite vincenti. Il giocatore dunque finisce per sovrastimarsi costantemente, e in perfetta buona fede... Cornetz si occupa soprattutto del giocatore di scacchi, ma le sue osservazioni valgono per tutti i giochi che non sono puramente d'azzardo, per la lotta, gli scontri di scherma e, si potrebbe aggiungere, per le battaglie militari, persino le più importanti. Guidare una battaglia significa giocare una partita. La psicologia del giocatore è anche quella del generale. Quante battaglie perse perché il generale si attribuiva un valore superiore a quello reale! Quanti governi caduti per essersi abbandonati all'illusione del loro amor proprio.» (Remy de Gourmont)"" -
Descrizione del marxismo
Descrivere una potente ideologia come illusione durevole, questo l'intento dello studio di Roger Caillois. Quando l'oggetto della descrizione stessa è il marxismo, il presunto nucleo teorico del pensiero del filosofo tedesco di nome Karl Marx, ideologia e illusione suonano però oggetti meritevoli di un interesse specifico. Occorre mostrarne il reale funzionamento, la struttura dottrinaria e, soprattutto, la loro trasformazione in un'ortodossia esigente e inconfutabile, proprio come fosse una scienza. L'argomentazione di Caillois, in realtà, tocca il nervo scoperto del Novecento politico: il rapporto necessario e pure contraddittorio con la scienza del complesso dottrinario sostenuto allora dal blocco statuale sovietico e dai potenti partiti comunisti occidentali. Oppure da chiunque potenzialmente avesse voluto approfittare delle certezze che offre il metodo scientifico per affermare una visione del mondo o una tattica politica di dominio e potere. A cosa serve un'ortodossia se non a confermare con il ricorso a una scienza piegata ai dogmi di partito qualcosa che appartiene di diritto alle libere scelte politiche degli uomini nel loro comporsi e disfarsi in partiti e fazioni? Dalla ""philosophia ancilla theologiae"""" a una """"scientia ancilla politicae"""" il passo è breve e il marxismo ha cercato di compierlo fino a dissolversi. Prefazione di Riccardo De Benedetti."" -
L' anima di Napoleone
«Non si tratta di un'ennesima vita di Napoleone - scrive Gennaro Auletta nell'introduzione -. E neppure di un'interpretazione del ""caso Napoleone"""" secondo criteri di contingenza politica, sociale, militare, psicologica o che so altro. Bloy non è uno storico, nella comune accezione del termine; gli manca assolutamente la capacità di immergersi nel relativo e di cercarvi le cause o le concomitanze. """"Non solo non sono uno storico, ma ignoro la storia. Bisogna vedere in me una specie di sognatore, di visionario, se vi piace, ma niente più"""", scriveva a Jean de La Laurencie il 31 agosto 1913; e questo perché """"sarebbe un errore gravissimo e funestissimo credere che io sia un pensatore, un intellettuale. Io conosco in realtà poche cose e ho capito soltanto quello che Dio m'ha fatto capire quando mi son fatto simile a un bambino"""" (Lettera alla fidanzata, 31 ottobre 1889). Bloy sta sempre dalla parte dell'Assoluto, guarda le cose e gli uomini sub specie aeternitatis, e sotto questo aspetto può essere considerato benissimo come un originale, anche se non sempre accettabile, esegeta della storia, che possiede una sua filosofia o meglio teologia della storia». Ma questa edizione dell'Anima di Napoleone, che appartiene ai testi più visionari del grande scrittore cattolico francese e arriva a fare del Bonaparte """"la Faccia di Dio nelle tenebre"""", ha dalla sua il cimento, ormai ottant'anni fa, nel 1939, di un grande autore italiano oggi forse misconosciuto, Domenico Giuliotti, che curò la traduzione del libro e scrisse per l'occasione un saggio e una """"nota biografica"""" cariche d'ispirazione. Possiamo dire che su queste pagine si sono incontrate le voci di un profeta apocalittico e di un poeta amante della parola scabra e arcaica, accomunati dal sentimento intransigente di un cattolicesimo difeso fino all'ultima stilla di sangue ma senza passatismi, anzi attraverso una contundente e moderna plasticità della parola che testimonia la forza di idee e convinzione di entrambi."" -
Vite a perdere. Origine e destino del mito zombi
Gli zombi esistono. La tesi di questo libro è semplice e terrificante: il mito dei morti viventi nasce nel ""cuore di tenebra"""" del vudù haitiano, ma la radice del mito accompagna il progresso della storia, con le sue guerre, rivoluzioni, conquiste e sconfitte. I Caraibi si perdono sullo sfondo, la magia svapora, ma rimane il nucleo di una realtà che non smette di inquietare e di provocare. Usato come strumento di protesta, lo zombi serve agli artisti come Fela Kuti o i Cranberries, per mostrare la terribile degradazione della mente umana quando è soggiogata dal potere; oppure ai cineasti come Romero, per denunciare l'abbrutimento della civiltà di massa; oppure ai critici della cultura come Sloterdijk o Zizek, per descrivere le forme disumane del neocapitalismo... In questo libro si tenta un altro passo: se di mito si tratta, occorre scavare nella sua realtà. Il morto vivente esiste: è l'essere uccidibile. Nell'epoca delle democrazie in affanno, nel crinale autoritario delle politiche mondiali, lo zombi affolla i notiziari della tivù del dolore quotidiano. Riconoscerlo nella realtà è un atto per resistere all'apocalisse che il mito evoca. Prefazione di Rocco Ronchi."" -
Fuori servizio. Note per la manutenzione di Marcel Duchamp
Duchamp ci ha ""educati"""" al nonsense nell'arte visiva. Ogni sua opera è al tempo stesso rappresentazione della fine dell'arte come l'abbiamo conosciuta per secoli e uno """"scherzo"""". Pensiamo a un orinatoio trasformato in opera d'arte o al graffio sul volto della Gioconda dove la """"didascalia"""" di cinque lettere rimanda a una segreta e impensabile frenesia erotica della donna più sfuggente che la pittura ci abbia dato. Duchamp è l'emblema precoce di quello slittamento dell'arte dal confine strettamente estetico verso quello antropologico. Ma oggi vediamo che questa svolta rappresenta il maggiore problema dell'arte attuale, che ha perduto il suo pubblico tradizionale e le sue regole auree (diventando comunicazione). Quanto ha pesato Duchamp in questa evoluzione? Molto. E a renderlo ancora più presente oggi c'è la sua strategia fondata sulla reticenza e l'ambiguità. Che cosa si può fare quando si ha di fronte """"qualcuno"""" o """"qualcosa"""" cui non si riesce a cavare di bocca una parola, che si chiude orgogliosamente nel proprio solipsismo? Che fa di tutto per deviare verso strade senza uscita l'intelligenza di chi vuole capire che cosa ha da dirci? O si abbandona la partita oppure si cerca di far parlare i pochi indizi, anche mistificatori, che l'ermetico artefice dissemina per rendere ancor più impenetrabile la propria opera. Questo saggio accetta la sfida e adotta come metodo l'eccentricità del punto di vista che osserva il proprio oggetto di studio da punti periferici, ovvero da una certa distanza come se non volesse interferire troppo col mito che manipola sapientemente ogni risposta venga data all'enigmatica forma delle sue opere. Mettere """"fuori servizio"""" Duchamp equivale all'epochè fenomenologica: è una temporalità sospesa che, oltre a essere tema della strategia di Duchamp, isola provvisoriamente l'oggetto per poterlo valutare con maggiore chiarezza nel contesto storico-culturale. Mettere """"fuori servizio"""" Duchamp è come assecondare la sua volontà di asceta che tenta la fuga perché del mondo in cui vive prova disgusto: il contemptus mundi di chi aspira all'eternità è un tema che in Duchamp si manifesta con una freddezza (o secchezza, come avrebbe detto lui) che compensa nell'arte la soggezione agli appetiti sensuali cui Duchamp come uomo non si nega, ma poi sublima con """"tecniche dell'inganno"""" che ne dissimulano la natura ibrida che cerca nel mito dell'androgino primordiale la via di fuga dalla carnalità. Come un antico gnostico o un santo del deserto."" -
Microspie. Racconti e interviste immaginarie
«Microspie è uno di quei libriccini dalla facilità ingannevole, in grado di fuorviare chi scambiasse per divertissement superficiale il taglio breve degli scritti che vi sono raccolti, e per disimpegno il tono spesso paradossale o grottesco che anima le sue pagine, legando le interviste immaginarie della prima parte alle cinque ""storie sintetiche"""" della seconda. Per fortuna, già il titolo ci mette felicemente sulla buona strada: Microspie fa subito pensare ai microfoni in miniatura usati per le intercettazioni vuoi dall'agente segreto (l'inossidabile Bond insegna), vuoi dal magistrato di turno. Ma è anche una precisa indicazione di stile: la spia, per l'appunto, di una scelta espressiva tesa a sfruttare scientemente le risorse offerte dalla forma breve. La misura lillipuziana non è intesa da Bonura come un limite, ma come un rigore simile a quello dei limerick di Edward Lear: un modo per ridurre all'osso il meccanismo narrativo senza rinunciare a esaltarne i procedimenti, dando libero sfogo a una fantasia spesso surreale e grottesca nel tratteggiare micro-vicende di spie che hanno talvolta i nomi (non il carattere o la funzione) di personaggi reali come l'economista Lester Thurow o il critico formalista russo Viktor Sklovskij. Ma che magari, con un derapaggio logico degno d'una vignetta di Jacovitti, si vedono spuntare un foruncolo sulla pistola...». (Roberto Barbolini)"" -
Sillabe di un appello
Versi come echi di una domanda imprescindibile,rnincancellabile, di un appello che risiede nel nucleorndi ogni voce e di ogni gesto. Poesia sempre in bilicorntra desiderio e disperazione, tra incanto e disincanto,rnstrenuamente determinata a interrogare occasioni,rncircostanze, paesaggi, a cercare una concretarnabitabilità dell’esistenza, rinvenuta innanzituttornin un catalogo di nomi, di volti concreti, nellarnpossibile alleanza e compagnia fra esseri umani, lungornil bordo di ciò che ha senso e di ciò che non ne trova.rnrnRimarrà conficcatarnsenza poterla più estrarrernla scheggia d’invidiarnpenetrata al tramonto,rnincastrata negli annirnrievocherà le candelernpreparate dovunque,rni tavoli adorni di attesa,rnil suono del cornornrne dove è più acuminatarni passi che acceleranornnell’aria di aprile,rnquasi correndo - danzandornnonostante un immensorncampo minatorndi prove contrariernverso una festarndove il mondo ha un senso. -
I pericoli della corte. Novella
Il giovanissimo Eugène Delacroix, ben prima di Norbert Elias, si applica ad osservare e persino a criticare i meccanismi e la condotta della società di corte. Lo fa severamente con questo ""I pericoli della corte"""", col candido sdegno di un adolescente """"nato bonapartista, cresciuto in piena epopea napoleonica"""", di fronte al singolare scenario della monarchia in un periodo, appena successivo al Congresso di Vienna, dove si tentò di ripristinare le prerogative regali. Studente del Lycée Impérial Delacroix non si impegnò certo in un'approfondita analisi, e neppure con un trattato, per il quale non poteva ancora avere gli adeguati strumenti. La sua presentazione dei vizi e dei torti di quella società assume invece la forma di una narrazione edificante. Per esporre le nequizie della corte reale, luogo di fatue parvenze e oscure bassezze, racconta l'esperienza di un giovane svizzero, protagonista della novella (mai tradotta in italiano), figlio unico di un pastore protestante di un villaggio della Svizzera. Delacroix, da una prospettiva repubblicana, descrive l'iniziale fascinazione del ragazzo per quell'ambiente tanto lontano dalla sua condizione abituale, fatta di sensate letture e di salutari escursioni montane, e il successivo disgusto per la frequentazione di quel milieu così estraneo. Il soggiorno tra i cortigiani servirà a maturarlo facendogli apprezzare una vita di riserbo e di studio di sé. Bisognerà seguire l'esempio del giovane?"" -
Immagini negative. Le nuvole nella tradizione mistica e nella modernità
Ripercorrendo le modalità di rappresentazione di questo tema sin dai testi biblici, in questo studio storico e iconografico Victoria Cirlot studia il grande fascino e il potere evocativo delle nuvole di velare e al contempo ispirare all'intelletto umano nuovi orizzonti di conoscenza. Queste suggestive pagine che attraversano i secoli, passando dalla mistica medievale fino alla sensibilità moderna di autori come Baudelaire, fanno sì che la nube diventi una proiezione del nostro universo interiore. Come osserva Enrico Lodi nell'Introduzione, la stessa scrittura di Victoria Cirlot si avvale di uno «stile correlativo» avvincente, che cattura l'attenzione del lettore in un percorso ricco di svolte e legami simbolici e culturali inattesi. A ""Immagini negative"""", il testo che dà il nome al volume - nato da una conferenza tenuta nel 2016 a Santiago del Cile - Victoria Cirlot accosta in questa edizione italiana anche un saggio totalmente inedito, """"La stella e la nuvola"""", che ne continua il percorso e, pur tenendolo saldamente ancorato all'eredità simbolica della cultura cristiana, lo porta fino alle forme in cui la contemporaneità più vicina a noi ha preso ispirazione, nell'arte e nel pensiero, dalle nuvole."" -
La colomba dell'arca. Poesie 1922-1945. Testo francese a fronte
La poetica di Robert Desnos allestita in Italia, curato da Pasquale Di Palmo mettendo a frutto un più che decennale confronto col poeta francese, si configura come un viatico prezioso per ripercorrere idealmente l'intero percorso creativo dell'autore di ""Corps et biens"""". Dall'iniziale adesione al surrealismo con la conseguente scoperta dei """"sonni ipnotici"""" e dell'écriture automatique si approda alla successiva fase in cui il dettato poetico di Desnos si compromette maggiormente con le istanze etiche e, soprattutto, amorose. Poeta tra i più complessi e sofisticati del Novecento, Desnos con il passare del tempo ha acquisito uno spessore e una rilevanza nella poesia del Novecento sempre più ampia, in virtù di quel processo di rastremazione del logos che lo porterà dalle sperimentazioni ludiche che contrassegnano il désordre formel della prima fase alle tematiche politiche delle poesie clandestine, spesso pubblicate sotto pseudonimo in tempo di guerra. Ma rimane inalterata la vocazione a una pronuncia autentica, sottesa alle dinamiche più moderne, che sembra incarnare quella beauté convulsive concepita da Breton, anche se tesa al graduale recupero di una facilità, di una felicità inventiva che presuppongono una dirittura morale non comune. Si tratta di un anelito alla rivolta, coniugato a una joie de vivre mai rinnegata, di cui Desnos era quanto mai consapevole: «In definitiva, non è la poesia che deve essere libera, ma il poeta»."" -
Galere perdute
«Appena arrivarono alla marina, le galere tutte fecero tenda, suonarono i pifferi, e gettarono in acqua lo schifo, coperto di ricchi tappeti e di cuscini di velluto chermisino. All'istante che don Chisciotte vi mise il piede, la capitana sparò il cannone di corsia, e le altre galere fecero lo stesso; e al salire egli per la scala esterna venne salutato dalla ciurma tutta come si usa quando persona di grande affare entra nelle galere, dicendo: hu, hu, hu, per tre volte». ""Questo passo, tratto dal capitolo LXIII del secondo volume del Don Chisciotte presenta molti elementi comuni col piccolo gioiello narrativo di cui presentiamo ora l'edizione critica: La Verdadera relaçión con cui l'artigliere Baltasar Gago narra l'attacco corsaro subito nel 1578 da due galere spagnole. Il documento, conservato presso l'archivio di Simancas, racconta il viaggio delle due navi concesse dal viceré di Sicilia Marco Antonio Colonna - già eroe di Lepanto - per portare il duca di Terranova da Palermo a Genova. Durante la traversata, le due imbarcazioni vengono però attaccate da una flottiglia di corsari e, mentre una si perde in mare, la Capitana, su cui viaggiava Gago, arriva con difficoltà fino all'isola di Capri. Gago descrive in modo dettagliato e originale l'accaduto e offre al lettore testimonianza di un concitato episodio di vita marittima. In questo volume si presenta uno studio mirato a far luce su tutti gli aspetti significativi intercettati dal testo, dalla questione della pirateria mediterranea, al genere delle relazioni e all'immaginario militare dell'epoca. Una sezione importante è dedicata anche all'aspetto linguistico del documento - tradotto con testo a fronte -, tanto nella sua dimensione storica, come in quella specialistica legata al gergo delle galere tanto vicino anche al coevo Cervantes."""" (Enrico Lodi)"" -
Malefíci. Da Gilles de Rais alla stregoneria
Quest'antologia di Huysmans raccoglie una serie di scritti, per lo più inediti in italiano, basati sulla tematica dell'esoterismo e della stregoneria. Si passa da Gilles de Rais, estrapolato dall'amico Gustave Boucher dal romanzo ""L'abisso"""" (1891) al fine di ricavarne una conferenza tenuta nel Poitu, poi pubblicata in un rarissimo opuscolo, in cui si descrivono le dissolutezze compiute dal condottiero che combatté a fianco di Giovanna d'Arco, in seguito identificato con la figura di Barbablù, all'articolata prefazione scritta per """"Il satanismo e la magia"""" (1895) di Jules Bois. Dopo una scelta di lettere si presenta """"Una seduta spiritica a casa di J.-K. Huysmans"""" dello stesso Boucher, in cui viene rievocata un'esperienza medianica vissuta con trasporto e scetticismo dall'autore di """"Controcorrente"""". Il lettore ha così l'opportunità di misurarsi con un mondo scomparso ma affascinante, popolato di maghi e ciarlatani, di fondatori di sette ed esaltati seguaci delle messe nere, che sconfinerà in situazioni borderline descritte nell'""""Abisso"""". Si chiude così quel processo che portò lo scrittore, partito da una generica ripulsa verso ogni forma di religione, a convertirsi dopo essere stato irretito nelle spire di un satanismo d'accatto, professato da figure singolarissime come quelle dell'abate Boullan, di Louis Van Haecke, di Berthe Courrière, di Stanislas de Guaïta: quasi un passaggio obbligato dal mondo della superstizione alla redenzione che troverà pace solo nel chiostro di Ligugé."" -
Ibis
Contro chi si scaglia Ovidio, chi è l'ignoto nemico nascosto sotto il nome di Ibis, uccello immondo e malefico? Il cantore della Roma mondana e degli amori, divenuto poi ombra affranta e supplichevole nel gelido sepolcro in cui si sente rinchiuso, svela d'un tratto tutta la sua ira e il suo odio scrivendo con l'Ibis un poemetto noir che non ha precedenti né seguito nella letteratura latina. Chi ha provocato la sua rovina e chi si adopera per renderla definitiva? Nemici occulti o, come già Brunetto Latini aveva affermato, lo stesso Augusto? Preda di un incontenibile furor orgiastico, il poeta, come toccato dal tirso delle Baccanti, esce dalla realtà quotidiana per entrare nella sfera senza tempo della magia e del mito: sacerdote di un rito di maleficio, diviene vate di sventure, nascoste nelle forme di indovinelli coltissimi e ben calibrati. La rivincita di chi getta in faccia al nemico la propria superiorità? Un voler giocare con la propria disperazione? Una sfida mortale? E, come è ben noto, spesso questa forma di sfida è in bilico fra il gioco e la morte. -
Storie sotto il cielo e sotto il mare
Il cavallino rosso e il cavallino blu, che il pittore Franz Marc ha messo nello stesso quadro, sono diventati amici e passano il tempo raccontando graziose storie. Così il cavallino blu comincia a raccontare una storia sotto il cielo, la storia del suonatore di triangolo, e il cavallino rosso continua raccontando a sua volta una storia sotto il mare, la storia di una balena innamorata. Età di lettura: da 7 anni.