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Il realismo fenomenologico sulla filosofia dei circoli di Monaco e Gottinga
Con “realismo fenomenologico” s’intende l'indirizzo filosofico delineato da un gruppo di studiosi di provenienza e di estrazione diversa che, all’inizio del Novecento, si unirono per dar vita ai Circoli di Monaco e Gottinga. All’interno di questa esperienza di pensiero per molti versi comunitaria, che assunse sempre più i contorni di una “primavera fenomenologica”, ciò che emerge come tratto qualificante non è certo l’esigenza di inaugurare un contesto di scuola né quello di riconoscersi in un corpo di dottrine condiviso, bensì la messa a punto di uno stile di ricerca che in larga parte derivava dall’adesione allo spirito delle Ricerche logiche di Husserl e dal rifiuto dello psicologismo che quest’opera aveva concorso a sancire in maniera epocale. Opponendosi nel contempo sia a forme di costruttivismo filosofico, tendenti immediatamente a tradursi in obiettivismo dogmatico, sia a qualsiasi degenerazione di stampo soggettivistico, pensatori quali Pfänder, Reinach, Scheler, Geiger e Ingarden — per citare solo alcuni tra i più noti — contrastarono con decisione l’approfondimento dell’analisi intenzionale della coscienza, a cui Husserl sembrava voler piegare trascendentalmente in quegli anni il corso della fenomenologia, per rivolgere il proprio interesse all’esplorazione delle essenze e al ritrovamento di leggi d’essenza quasi in ogni ambito fenomenico. A partire da una considerazione della fenomenologia in qualità di metodo intuizionistico sottratto ad ogni speculazione concettuale e da un ampliamento della nozione di esperienza al di là di orizzonti rigidamente empiristici, gli esponenti di tali Circoli fenomenologici giunsero a sviluppare le proprie indagini in uno spettro tematico e disciplinare quanto mai ampio, tale da fornire in qualche modo la traccia programmatica dello Jahrbuch husserliano, ovvero della rivista che dal 1913 servì a dare visibilità ed espressione al cosiddetto “movimento fenomenologico”. In questo volume, la presenza di studi critici a fianco di materiali inediti e di alcuni significativi scritti d’epoca non intende peraltro consegnare una valutazione storicistica di questa fenomenologia prima maniera, quanto segnalarne l’apertura sistematica e riattivarne l’elevato tenore analitico e problematico.Indice: Stefano Besoli Presentazione - Alexander Pfänder, Conferenze psicologiche (1895-1900), a cura di Karl Schuhmann - Johannes Daubert, Osservazioni sulla psicologia dell’appercezione e del giudizio. Conferenza del luglio 1902, a cura di Karl Schuhmann - Max Scheler, Sulla fenomenologia dello spazio. Conferenza del luglio 1907, a cura di Karl Schuhmann - Theodor Conrad, Percezione e rappresentazione. Un raffronto tra essenze - Alexander Pfänder, Motivi e motivazione - Roman Ingarden, La lettera a Husserl sulla Sesta ricerca e l’idealismo (fine luglio 1918) - Moritz Geiger, Sul problema dell’empatia di stati d’animo - Moritz Geiger, Estetica fenomenologica - Moritz Geiger, Premessa - Moritz Geiger, Effetto superficiale ed effetto profondo dell’arte - Moritz Geiger, La posizione metodica di Alexander Pfänder - Antonio Fidalgo, L’idea della psicologia pura in Theodor Lipps - Karl Schuhmann, I contenuti della coscienza. La prima fenomenologia di Alexander Pfänder - Karl Schuhmann, Daubert e Heidegger - Gaullaume Fréchette, Daubert e i limiti della fenomenologia: studio sul dato e l’evidenza - Kevin Mulligan, Promesse ed altri atti sociali: costituenti e struttura - Barry Smith, Per una storia della teoria degli... -
Sensibilità e linguaggio. Un seminario su Wittgenstein
Fino ad oggi le interpretazioni di Wittgenstein si sono modellate per lo più sulla frase del Tractatus per cui ""i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo"""". Si è pensato cioè che ogni accesso alla realtà dovesse cadere all'interno del linguaggio e non vi fosse spazio quindi per un problema della sensibilità in quanto tale, come forma di esperienza autonoma rispetto alla parola. Eppure, nei suoi ultimi scritti Wittgenstein tende continuamente a isolare un piano espressamente qualificato come """"prelinguistico"""", """"istintuale"""", """"primitivo"""", fino a riproporsi di """"considerare l'uomo come un animale, come un essere primitivo cui si fa credito bensì dell'istinto, ma non della facoltà di ragionamento"""". Qual è il vero rapporto tra questo piano di appartenenza primaria alla vita e l'insieme delle pratiche logico-linguistiche? È possibile che Wittgenstein avesse in mente proprio quest'intreccio tra forme di vita e giochi linguistici quando, a pochi giorni dalla morte, scriveva che """"qui nel mio pensiero c'è ancora una grossa lacuna. E dubito che verrà mai riempita""""?Alcuni dei più noti ricercatori italiani hanno discusso insieme questa rete di problemi, con l'intenzione di mettere a frutto l'eredità filosofica di Wittgenstein in una direzione capace di confrontarsi con gli sviluppi più avanzati nel campo della biologia e delle neuroscienze. Il risultato è un libro che arricchisce e trasforma profondamente l'immagine, ancora incompleta, di uno dei grandi protagonisti della filosofia contemporanea."" -
Ioa lo spaccapietre
Un perdigiorno, Ioa, non diverso dai tanti che sempre più di frequente capita di incontrare, forse ricercato dalla polizia, forse un bugiardo, decide di deviare dal corso di una vita solitaria e inquieta per cercare una coesistenza finalmente compiuta. In seguito all’incontro fortuito con un cane, che ha le caratteristiche di un filosofo stoico e pratica il nomadismo, Ioa finisce in un ridente paese, Massa Morini, in una comunità le cui prospettive e procedure gli paiono subito rispondenti alle sue aspettative. La comunità, dove trovano asilo disperati e malati d’ogni genere, è governata da un personaggio autorevole e carismatico, Piizzi, alla cui ombra si muove il suo devoto figlio. Piizzi, una specie di gigante buono e “socialisteggiante”, lo accoglie paternamente e lo impiega come spaccapietre. Ioa è immediatamente attratto dal nuovo lavoro, lo assume addirittura come il segno di una sua diversa destinazione, sia per mondarsi dei propri intimi tormenti, che per giungere alla soluzione dell’enigma della salvezza. Innumerevoli sono le mani che hanno scritto questa storia, non certo le due soltanto dell’autore, il quale, in definitiva, non è che un usufruttuario, in altre parole un parassita, e il suo nome è una sigla di copertura dietro cui si cela la più spietata e crudele organizzazione personale. Esseri infami e defraudati, operosi loro malgrado, tessono la narrazione e attuano la strategia del libro. Sono il malinconico, il politico, il pio o della Scrittura, l’animalista, lo stilnovista, il cospiratore, il visionario, il rimatore petroso o dell’inorganico, oscuri lavoratori al servizio di un impostore che tenta di spacciare per sue le lingue di molti. -
Parole sulla musica
«La musica e l’arte non bastano a se stesse se arrivano a scardinare il sistema di coordinate fondato sulla conoscenza e l’esperienza del ricevente, cosa non rara confrontandosi con il nuovo. In questo caso sorge la necessità di avvalersi anche di parole. L’errore del passato fu credere che la musica non avesse, in quanto arte autonoma, bisogno di un commento esemplificativo; un’illusione che non corrispondeva ai fatti. Entrambe, sia l’arte che la musica, non possono fare a meno della parola...» – M.K. Mauricio Kagel è uno dei compositori più versatili e produttivi dei nostri giorni, come dimostrano i testi contenuti in questo volume – conversazioni, saggi, discorsi e radiodrammi –, in cui è molto il materiale offerto alla riflessione. Tra i vari argomenti trattati, le sue opere Die Erschöpfung der Welt, Aus Deutschland, Sankt-Bach-Passion, temi inerenti alla musica e alla tradizione, Bach e Brahms, questioni specifiche della composizione musicale contemporanea e il problema, spesso affrontato con pungente ironia, del conformismo della critica musicale. La sua posizione riguardo al genere radiodrammatico è integrata dalla pubblicazione dei due radiodrammi: Rrrrrrr... e Cecilia: depredata. Una lettura ricca di interesse sia per gli addetti ai lavori, data la gran quantità di spunti critici e di considerazioni tecniche offerte dai testi, ma anche per il profano che voglia farsi un’idea generale sulle aspirazioni, i programmi e i risultati raggiunti all’interno di un mondo all’apparenza esoterico e impenetrabile come quello della musica contemporanea. -
L' amore del pensiero
“Nella sua variante più estrema, tuttavia, l’idea di una risoluzione integrale del valore di verità della filosofia nella sua pura apparenza formale si trova espressa in una pagina bergsoniana, poco nota e poco frequentata, di La pensée et le mouvant che evidenzia – contro le pretese idealistiche di ogni logica del giudizio – le condizioni pure della significazione, la letteralità presemantica e precategoriale, che costituisce inestricabilmente così l’origine come il telos del senso. Richiamandosi a un suo precedente corso su Descartes tenuto al Collége de France, Bergson scrive: “[Durante una lezione], abbiamo preso ad esempio una pagina o due del Discours de la Méthode e abbiamo cercato di mostrare come gli andirivieni del pensiero, ciascuno di direzione determinata, passino dallo spirito di Descartes al nostro grazie all’unico effetto del ritmo, quale è indicato dalla punteggiatura e quale soprattutto lo rileva una corretta lettura ad alta voce”. Siamo qui in prossimità, forse, del significato ultimo che dobbiamo attribuire al chiasma da cui siamo partiti, a quell’intreccio di filosofia e poesia che, scavalcando lo spazio rassicurante della mediazione estetica, dell’“arte estetica”, ci rivela la profondità di una dimensione ontologica del tutto nuova. È una dimensione nella quale non c’è più un alto e un basso, un dentro e un fuori, un’essenza e un’appartenenza, uno sfondo e una figura. Nella profondità del chiasma l’essenza si rivela nell’apparenza, ma questa, a sua volta, trae la propria luce e il proprio senso dall’essenza. È la figura, è la bellezza a rinviarci a quello sfondo, senza il quale essa non potrebbe rivelarsi. La figura dischiude lo sfondo che la illumina. Enigmatico e inestricabile gioco di pieghe e di avvolgimenti, nel quale il chiasma stesso si risolve. In maniera concisa e sublime, già lo aveva detto Tommaso nel suo Commento alla Metafisica di Aristotele: “La ragione per la quale il filosofo viene paragonato al poeta è che entrambi hanno a che fare con lo stupore”». – G. C. -
Della entrata della Compagnia di Gesù e christianità nella Cina
Il testo qui pubblicato, noto anche come i Commentari della Cina, è il resoconto dell’avventurosa penetrazione, fra il 1582 e il 1610, della prima missione cristiana in Cina che abbia lasciato traccia durevole. Esso fu scritto da Matteo Ricci (Macerata 1552-Pechino 1610), il principale artefice dell’impresa, nell’ultimo scorcio della sua vita, e completato da Nicholas Trigault con alcune informazioni tratte da appunti ricciani e con la narrazione della morte dell’autore e delle trattative per la sua sepoltura in terra cinese. Il primo libro contiene una descrizione sistematica e dettagliata della vita, usi, abitudini e istituzioni della Cina dell’epoca, tanto da rendere l’opera per secoli la fonte principale attraverso cui l’Europa ha attinto notizie su quell’impero. Nei libri successivi si ha quindi la narrazione dell’impresa, con le sue fasi per lungo tempo alterne e il coronamento con l’ingresso e la fondazione di una missione a Pechino. Si vede bene quanti pochi mezzi materiali i missionari abbiano avuto a disposizione, ma anche lo spiegamento di forze intellettuali e culturali, l’acume diplomatico, e spesso l’astuzia, con cui essi supplirono a tale mancanza. Al di là degli espedienti più noti – l’apprendimento tempestivo del cinese, il travestimento da bonzi, poi da letterati confuciani –, i gesuiti mirarono in primo luogo a mostrare l’ampiezza e la profondità dei risultati raggiunti dalla cultura in Occidente. Lasciando inizialmente a margine la dottrina, Matteo Ricci – reduce dalla più avanzata formazione scientifica che un uomo della seconda metà del ’500 potesse avere – si curò principalmente della traduzione in cinese dei libri di Euclide, della stesura di opere a carattere morale-filosofico, della costruzione di strumenti per la misurazione terrestre e astronomica, dell’edizione di mappamondi, dell’introduzione di nuovi criteri calendaristici; soprattutto della costruzione di orologi – perizia grazie alla quale, innanzi tutto, furono accettati alla corte di Pechino. Dall’altro lato, egli approfondì la conoscenza dei maggiori classici cinesi e delle diverse “religioni” diffuse nel territorio, per potersi confrontare ad armi pari su qualsiasi questione gli venisse posta. Il suo atteggiamento aperto e sensibile ai problemi della comunicazione con una cultura totalmente “altra” può essere una delle cause per cui, almeno fino all’inizio del ’900, il nome di Ricci è stato singolarmente dimenticato e la sua opera ascritta senza troppi scrupoli a Nicholas Trigault, che peraltro l’aveva resa disponibile in una propria versione latina. Il testo, oltre alla sua efficacia narrativa, alla forza dello stile che unisce in modo sorprendente la concreta secchezza del giudizio con la vastità della prospettiva culturale, e lo iscrive a pieno titolo nella tradizione di classici come Erodoto, Tacito o Tito Livio, è soprattutto il resoconto dell’impatto fra due tradizioni millenarie il cui esito è ancora tutto da interpretare e i cui insegnamenti potrebbero costituire una guida preziosa nel crescente disorientamento determinato dalle odierne figure dell’estraneità. -
L' uomo senza contenuto
Arte e terrore; l’origine del buon gusto e il suo rapporto con la perversione; l’ingresso dell’arte nel Museo e nelle collezioni; la separazione fra artisti e spettatori, genio e gusto; l’apparizione del giudizio critico; in altre parole: la nascita dell’estetica moderna, in un’analisi che parte da un’inedita rilettura dei passi di Hegel sulla morte, o, meglio, sull’“autoannientamento” dell’arte per sfociare in un’originalissima interpretazione della Malinconia di Dürer: ecco il sentiero che ci invita a percorrere questo saggio di insolita ricchezza in cui l’autore è riuscito ad aprire sul problema dell’opera d’arte una prospettiva nuova, che è al tempo stesso un avvincente programma poetico. -
Il testamento della ragazza morta
Il nome che figura sul frontespizio di questo libro, pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1954, non è né un eteronimo (che articola, come in Kierkegaard e Pessoa, una pluralità di personalità letterarie) né uno pseudonimo (nom de plum che semplicemente nasconde un'identità reale): è il nuovo nome (René, colui che è nato due volte) di Colette Thomas, attrice e moglie del romanziere Henri Thomas, nel momento in cui assume, attraverso una morte e una rinascita, la maternità di quest'unico, folgorante libro, probabilmente l'unica opera nella letteratura contemporanea che possa iscriversi nel solco aperto da Artaud. Inutile provare a classificare una parola come questa secondo i generi letterari esistenti: nel corso del testo la nota di diario sfuma continuamente nell'esperimento alchemico e il racconto autobiografico sconfina in ogni punto nel protocollo clinico; ma se teatro è, nelle parole della ragazza morta, ""una lettura a voce alta e chiara del destino"""", la voce che qui parla è indubbiamente una voce teatrale."" -
Singular thoughts. Perceptual demonstrative thoughts and I-thoughts
How can we think about particulars perceptually given to us, specific places and times and about ourselves? Is there anything which differentiates between singular and general thoughts? This book provides an answer to these questions by developing, on the one hand, a general theoretical framework for any kind of singular thought and, on the other hand, by applying it to the case of perceptual demonstrative thoughts and I-thoughts. The main thesis of the book is that the informational links between the subject and the object (the place, or the time) are a necessary but not a sufficient condition for the very possibility of singular thoughts, which may only be possible on the basis of further discriminating knowledge of the object. Hence, the further aim of the theory is to specify how such knowledge is possible in each case of singular thought. The present approach to singular thoughts combines elements of externalist theories, recently developed by Dretske, Fodor and Millikan, with a neo-Fregean approach, first presented by Gareth Evans, according to which the notion of Sinn must be re-interpreted in epistemic terms.Summary: Preface - Introduction - I. Russell’s Principle and the Neo-Fregean Strategy in Philosophy of Mind - II. Perceptual Demonstrative Thoughts - III. At the Origin of the Theory of I-Thoughts and the Epistemological Turn of the Notion of Sinn - IV. Self-Knowledge and I-Thoughts - BibliographyAnnalisa Coliva (Milan 1973), BA (Bologna), M. Litt. (St. Andrews), PhD (St. Andrews), PhD in philosophy of language (Vercelli) has lectured in Bologna where she is now finishing her post-doc. She has published papers on Moore, Wittgenstein, the content of perception and the first person.Elisabetta Sacchi (Parma 1964), BA (Bologna), PhD in philosophy of language (Vercelli) has lectured in Bologna and is now doing research in Padua. She has published papers on concepts and on cognitive internalism and externalism. -
Esistenza, verità e giudizio. Percorsi di critica e fenomenologia della conoscenza
Questa raccolta di saggi affronta alcuni snodi della riflessione filosofica, posti all'incrocio di tematiche orientate in senso ontologico e gnoseologico. A partire da una considerazione rivolta all'individuazione arcaica di una ""verità antepredicativa”, radicata nella dottrina della percezione aristotelica, il confronto che tali scritti attuano è soprattutto con la struttura assunta dalla teoria del giudizio nell'ambito di differenti grammatiche di pensiero. In costante riferimento con la tradizione filosofica nella quale si è nel tempo affinata un'attitudine descrittiva che mira a ostendere ciò che è dato – insieme al peculiare modo di datità che gli inerisce – sul piano di un'autentica dimensione fenomenologica dell'esperienza, si è proceduto a esaminare lo statuto """"misto"""" dell'attività di giudizio in Descartes, i presupposti """"essenzialistici"""" ed """"esistenzialistici"""" contenuti nelle dottrine del giudizio elaborate da Leibniz e Brentano, il ruolo di determinate scansioni concettuali sull'asse dei contributi della psicologia filosofica dell'Ottocento (con precipuo riguardo a Fechner, Brentano e Dilthey), il significato del carattere """"atemporale"""" o “in sé"""" della verità, alla luce delle concezioni che conducono da Brentano a Twardowski, fino a fornire una valutazione complessiva del sistema filosofico di Lask, come forma estrema di trascendentalismo che eccede i margini del kantismo tradizionale.In appendice al volume compaiono anche le traduzioni di alcuni scritti di Twardowski e Brentano riguardanti l""""'assolutezza"""" della verità giudicativa (in contrasto con la possibile """"relatività"""" di quella enunciativa), la funzione legata – sotto il profilo conoscitivo – alle """"rappresentazioni"""" non-intuitive o """"concettuali"""", nonché la """"natura della rappresentazione"""" nei suoi rapporti di fondazione con quella del giudizio."" -
L' ontologia del pensiero. Il «nuovo neokantismo» di Richard Hönigswald e Wolfgang Cramer
Il presente studio si propone di esaminare gli sviluppi più recenti del neokantismo tedesco attraverso le sue due figure più rappresentative: Richard Hònigswald e Wolfgang Cramer. In entrambi si presenta il tentativo di salvaguardare l'autonomia e la fecondità dell'indagine critico-trascendentale rispetto alla fenomenologia e all'esistenzialismo che, nella prima metà del Novecento, sembravano aver occupato l'intero spazio della riflessione filosofica. In un confronto serrato con queste due tradizioni, accogliendone i motivi e le sollecitazioni nel senso di una maggiore attenzione verso le condizioni della vita e dell'esperienza, Hònigswald e Cramer sottopongono il neokantismo classico a una profonda revisione. -
Neokantismo e fenomenologia. Logica, psicologia, cultura e teoria della conoscenza
Indice: Stefano Besoli, Massimo Ferrari, Luca Guidetti, PresentazioneHelmut Holzhey, Neokantismo e fenomenologia: il problema dell’intuizione; Ernst Wolfgang Orth, L’intenzionalità come teorema fondamentale nella fenomenologia e nel neokantismo. Sulla via di una filosofia della cultura tra Ottocento e Novecento; Gianna Gigliotti, Dal giudizio alla rappresentazione. Rickert e le domande della fenomenologia al neokantismo; Luca Guidetti, Fenomenologia e neokantismo nella “psicologia del pensiero” di Richard Hönigswald; Massimo Ferrari, Husserl, Natorp e la logica pura; Karl-Heinz Lembeck, Husserl e Natorp sull’intuizione; Beatrice Centi, Il luogo dell’oggetto. Brentano e Natorp nella Quinta ricerca logica di Husserl; Christian Möckel, La teoria dei fenomeni di base di Cassirer e il suo rapporto con Husserl e Natorp; Jürgen Stolzenberg, L’ultimo Natorp. Fondazione ultima e teoria della soggettività o Riccardo Lazzari Emil Lask e le Ricerche logiche di Husserl -
Il richiamo delle apparenze. Saggio su Jean Starobinski
Prima ricostruzione d’insieme del pensiero di Jean Starobinski – dalla precoce riflessione sulle origini del totalitarismo fino alle celebri analisi dell’esperienza settecentesca –, questo volume affronta una delle questioni di fondo della riflessione del critico ginevrino: può la critica essere definita una riflessione filosofica in atto, utile a fare del presente un momento di libertà responsabile?Soffermandosi in modo particolare sulla nuova idea di esercizio razionale cui mette capo la prospettiva teorica di Starobinki, il libro di Carmelo Colangelo interroga le proposte estetiche ed ermeneutiche elaborate da una delle più originali voci del Novecento. Qual è lo statuto moderno dell’opera? Come rispondere all’esigenza di una ragione in grado di ascoltare il richiamo che viene dalle apparenze immediate? È ancora valido il modello di civilizzazione elaborato dalla filosofia dei Lumi? Cosa oppone e lega tra loro civiltà e barbarie?Quel che ne risulta è l’immagine di un pensiero pratico-morale che, sottraendosi alle cecità di un razionalismo ristretto, invita a pensare come possibile una ragione capace di sostenere insieme l’esigenza della civilizzazione e la sua crisi permanente.Indice: Far fronte all’evento: I. Lo statuto moderno dell’opera - II. Una critica filosofica - III. La verità delle apparenze. Starobinski e le esperienze della ragione - Bibliografia -
Olismo
È vero che, come spesso si dice, «il tutto è più della somma delle sue parti»? È vero, cioè, che i sistemi fisici, biologici, psichici, sociali e linguistici hanno priorità ontologica e concettuale sui rispettivi elementi costitutivi? Il complesso di queste domande configura la problematica dell’olismo, rispetto alla quale negli ultimi decenni si è sviluppato un importante dibattito a cui hanno contribuito i più importanti filosofi analitici contemporanei. In questo libro otto studiosi italiani e otto stranieri analizzano i risultati e le prospettive di tale dibattito, offrendone un’utile ed originale visione d’assieme. -
Eutropia. Rivista franco-italiana (2002). Vol. 2: La traduzione.
Sommario: Claude Nori/Piergiorgi Scarandis, Vis à vis - Patrick Talbot Travail de romain - Jean-Claude Zancarini Le métier de la traduction - Fabio Scotto Teorie contemporanee della traduzione in Francia e in Italia - Bernard Simeone Ecrire, traduire, en métamorphose - Stefano Rolando Traduzione. Ragioni per la politica - Jean-Charles Vegliante Traduire, une pratique-théorie en mouvement - Brian Reffin Smith Hypertext, a post-modem (sic) voyage - Valerio Magrelli La collana trilingue - Mario Fusco Les raysons et les ombres - Gioia Costa Vortici di lingua - Hector Bianciotti Hommage à Giovanni Macchia - De Blasi e Moscara Diatheke - René de Ceccatty Un paysage intérieur - Antonio Debenedetti La principessa e lo scrittore. Colloquio con Piero Citati - Marguerite Caetani Lettere inedite a Giorgio Bassani - Raffaele La Capria Gide, inverno 1943: un ricordo - Francesca Sanvitale Le Diable au corps: un’esperienza, un’eccezione - Antoni Muntadas On translation: The Bookstore - Lara Favaretto Mondo alla rovescia - Piotr Kowalski Passionnément - Pierre Giner (parfois des erreurs) - Sylvie Blocher Living pictures / Tell me - Jean-Claude Ruggirello sans titre - Michel Foucault Les mots qui saignent - Gino Giometti Breve genealogia ragionata del «letterale» - Virginie Marnat Leempoels I nuovi principi - Danièl Valin Erri De Luca e Sergio Ferraro - Valerio Magrelli Michel Houellebecq - Franco Fortini Arthur Rimbaud - Giorgio Caproni Gustave Flaubert - Stefano Chiodi Jean-Christophe Bailly - Paolo Mussat Sartor Nancy-Rennes-Paris-Montpellier - Jacques Demarcq Andrea Zanzotto - Yasmina Mélaouah Daniel Pennac - Jean-Charles Vegliante Eugenio De Signoribus - TL Clin d’oeil à la traduction - Alain Pons Giambattista Vico - Cécile Mainardi Élégies ex aequo - Christophe Musitelli L’étrangedestin des titres de films - Antonio Tabucchi Labirintite - Nanni Balestrini/Gianfranco Baruchello La signorina Richmond - Hugues Dufourt La Tempesta d’apres Giorgione - Lucio Lugnani L’opera e il tradurre in musica - Giovanni Careri Miroir de Vènus. Ressemblances et conformations - Yves Hersant Effets de miroir: la machine à convertir de Ludovico Buti - Georges Touzenis En clair! - François Morellet défiguration n° 19 - Francesca Lattuada traduzione e danza - Maria Perosino Due storie: Gastone Novelli e Stefano Ricci - Mathilde Monnier Il corpo è un suono - Gianni Borgna L’italiano cantato -
Memoria del chiuso mondo
«Il Fanciullo De Signoribus. C'è ancora un “poeta fanciullo” nella nostra letteratura ed è Eugenio De Signoribus, che come poeta già si era implicitamente, e anche esplicitamente, annunziato (oltre che un paio di “plaquette” di esordio) anche in quel bel libro a tratti anche straziante, che resta Principio del giorno (Garzanti). Nei suoi versi, infatti, De Signoribus elegge spesso a propri temi e occasioni il punto di vista emotivo di quella condizione di inermità (e starei per scrivere “inermezza”) di chi subisca la violenza, comunque “suggerita”, del mondo “adulto”, nelle sue più o meno silenziose e suggerite violenze e anche nei suoi propri conflitti. Ma, a smentire ogni sospetto di “escapism” (come in inglese si definiva ancora nei lontani anni Quaranta del secolo scorso il disimpegno civile della poesia lirica prevalente) ecco ora dalla mitezza, in verità solo apparente, dell’appartato poeta di Cupramarittima quella che lui stesso definisce una “memoria o forse meglio memorietta… dedicata a quei popoli inermi e spaventati che si ritrovano asubire le devastanti guerre delle cosiddette superpotenze”. La sottile plaquette, illustrata da un bel saggio di Andrea Cavalletti che non a caso s’intitola “Musichetta politica”, prende occasione da quell’evento ancora recente, e tuttavia già consegnato agli atti che è stata la guerra dell’Afghanistan, ed è concepita nella forma di agili sestine mimanti filastrocche infantili e un’aria da girotondi: “Tutti dentro gli assassini / gli assassini tutti fuori / una tavola di legge / li separa nei valori… / quando calano le bombe / portan giù manna e clamori”. Ed anche: “ora tremano i bambini / con i vecchi nelle soste / or vanno nella notte / sui carretti a somarelli / ora a piedi e cenciarelli / verso un luogo di frontiera”. Ma chi se la ricorda più la guerra dell’Afganistan?» – Giovanni Giudici l’Unità 5 giugno 2002 -
Studi sul «De antiquissima italorum sapientia» di Vico
Il De antiquissima Italorum sapientia non è certo la più semplice tra le opere di Giambattista Vico. Saggio ricco di implicazioni e di spunti, talvolta in seguito corretti o taciuti, esso costituisce uno sforzo teoretico di grande momento dotato di intrinseco valore, oltre che una tappa cruciale nell’arco speculativo coronato dalla concezione della Scienza nuova. Denominatore comune dei saggi raccolti nel presente volume è di mostrare come il De antiquissima sia importante per sondare il nucleo teoretico del pensiero vichiano nel suo complesso.Il volume si articola in tre sezioni. Nella prima (“Metafisica e verità”) il De antiquissima viene collocato in una rete di relazioni che si ramificano verso luoghi della tradizione occidentale in cui si definiscono i connotati dell’età moderna. Nella seconda (“Linguaggio e sapienza”) viene messo al centro dell’attenzione il tema del linguaggio, da cui il De antiquissima muove presupponendo una connessione diretta tra esperienza linguistica e sapienza. Nella terza sezione (“Sulla ricezione del De antiquissima”) vengono forniti importanti per comprendere la tortuosità della ricezione riservata al De antiquissima e, insieme, la sua presenza nel recente dibattito filosofico.Indice: Giovanni Matteucci Presentazione - Paolo Cristofolini La metafora del fiume e la metafisica - Paolo Fabiani Classificazione delle scienze e principio dell’errore nel «De antiquissima» - Massimo Lollini Vico e il pensiero dell’infinito - Nicola Perullo L’umano e il bestiale. Ingegno, metafisica e religione nel «De antiquissima» - Vincenzo Vitiello Il medio assente. Sul concetto di verità nel «De antiquissima» - Leonardo Amoroso Vico e l’antichissima sapienza degli Ebrei - Davide Messina L’ingegno del traduttore: il «De antiquissima» dalla metafisica del vero alla storia della lingua - Bruno Pinchard Profondità del latino. La ricostruzione vichiana della metafisica del «Latinum» nel «De antiquissima Italorum sapientia»- Riccardo Caporali Carlo Sarchi e il «De antiquissima» - Roberto Mazzola Il «De antiquissima» nella storiografia filosofica italiana dell’Ottocento - Giovanni Matteucci «Liber metaphysicus sive transcendentalis»? Rilievi su Otto e Paci lettori di Vico Giovanni Matteucci (1963) è ricercatore nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna. È autore di saggi su problemi concernenti il nesso tra esperienza estetica e ragione storica. In volume ha pubblicato: Anatomie diltheyane (Clueb, Bologna 1994), Immagini della vita (ivi, 1995), Per una fenomenologia critica dell'estetico (ivi, 1998) -
Felicità e storia
È possibile la felicità per l'uomo sottoposto al dominio di un biopotere che si ammanta di necessità storica? Come ridare voce al desiderio di felicità che sale dal fondo dello sfruttamento, della sofferenza e del dolore degli uomini stritolati dagli ingranaggi delle macchine generatrici di infelicità? È a partire da queste domande che l'autore di questo volume, opera di filosofia critica e militante, intesse una costellazione di pensieri nella quale interagiscono con Banjamin autori quali Deleuze, Blumenberg, Leopardi, Kafka, Arendt, sino all'ultimo Sofocle, sotto la cui luce è affrontato il contrasto tra guerra e felicità. L'intento è mostrare la possibilità di sottrarre l'uomo all'infelicità come destino, destrutturando la presunta oggettività della trama della storia e mettendone in discussione non solo le pretese di ineluttabilità e di positività, ma anche il carattere neutro dei linguaggi che la narrano, fino a criticare, secondo un'antropologia filosofica di chiara filiazione spinoziana, la pretesa di datità del soggetto in atto, che è invece costituzione e potenza. La conclusione dell'autore è possibile non come scopo dell'esistenza, ma come improvvisa manifestazione d'imprevedibilità, colta nella sua immediatezza dall'uomo capace di pensarsi come soggetto potenziale, sempre incompiuto e perciò sempre da costruire. Un soggetto capace di dire, come edipo che sottrae la propria vita alle potenze della guerra: che nessuno sia padrone della mia vita.Indice: Presentazione - Introduzione. La storia come incubo e come risveglio - 1. Felicità e autoaffermazione umana - 2. Il paradosso della felicità - 3. Linguaggio e costituzione - 4. Eudaimonia, laetitia activa, felicità possibile - 5. Le rovine del mondo - 6. Sul soggetto secondo potenza - 7. Creature incompiute e mondi complementari - 8. Tempo e dialettica in stato d’arresto - 9. L’impercettibile tremolio della felicità - 10. Guerra splendore impercettibilità - Bibliografia -
Disegni, incisioni, dipinti
Il volume costituisce il catalogo ragionato organizzato cronologicamente della produzione grafica di Franco Fortini, a partire dal corpus conservato nell'archivio del Centro Studi Fortini dell'Università di Siena (oltre 300 opere). Tale produzione rappresenta un aspetto inedito dell'opera di Fortini, noto in Italia ed all'estero come intellettuale militante, critico, poeta, traduttore, ma sinora mai studiato dal punto di vista specificatamente artistico. Oltre quindi ad arricchire la conoscenza della personalità di Fortini, il volume consente di mettere in rilievo il suo lungo rapporto con l'arte antica e moderna, a partire dalla tesi su Rosso Fiorentino, fino agli interventi su esposizioni novecentesche, le introduzioni ed i commenti ad artisti contemporanei. Infine attraverso i disegni e le carte fortiniane si può seguire un percorso storico-biografico che incrocia personaggi e momenti cruciali del Novecento: Valentino Bucchi e Giacomo Noventa, Umberto Saba e Thomas mann, i viaggi in Russia e Cina, il ’68. -
Scrivere = incontrare. Migrazione, multiculturalità, scrittura
Negli ultimi due decenni le letterature postcoloniali si sono imposte all'attenzione dei critici di tutto il mondo e sul mercato editoriale con sempre maggior evidenza. E' ormai luogo comune di studiosi e recensori affermare che le migliori opere in lingua inglese, francese, spagnola o portoghese oggi si scrivono fuori dall'Europa. In questo libro, quattro scrittori extra-europei - Anthony Phelps, Peter Carey, Driss Chraibi, Vikram Chandra - si incontrano e confrontano le loro esperienze di migrazione e multiculturalità, mettendo in evidenza le implicazioni che la loro particolare condizione offre alle possibilità di scrittore.