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Dante in Svizzera-Dante in der schweiz
La Svizzera, da sempre crocevia tra culture e lingue diverse, ha giocato un ruolo centrale nella storia della fortuna dantesca. Questo volume cerca per la prima volta di ricostruire le tappe essenziali di una tradizione secolare mediante una serie di contributi che affrontano la ricezione elvetica di Dante nelle sue componenti più significative e spesso poco note. Accanto all'analisi della capitale opera di Bodmer, che ha costituito l'atto fondativo della critica dantesca in Svizzera, i saggi si soffermano sulla lezione di maestri come Scartazzini e Spoerri e propongono al lettore riflessioni originali su interpreti meno conosciuti dell'opera dantesca, come Merian e Orelli, attenti agli aspetti estetici e filologici, e come Fiissli, che della ""Commedia"""" ha dato una lettura figurativa. Il volume è inoltre arricchito da nuovi materiali su un grande studioso della civiltà europea come Burckhardt e dedica ampio spazio al ruolo delle traduzioni, che hanno contribuito in maniera decisiva alla diffusione dell'opera dantesca in Svizzera."" -
Federico Frezzi e il «Quadriregio» nel sesto centenario della sua morte (1416-2016)
Nel 2016 è stato ricordato con diverse iniziative il sesto centenario della morte di Federico Frezzi: al termine delle celebrazioni di tale anniversario e come loro momento culminante, si è tenuto nel 2017 tra Foligno e Perugia un convegno internazionale dedicato alla figura del Frezzi e alla sua opera letteraria, i cui esiti sono consegnati al presente volume. La fama del Frezzi, nato a Foligno intorno alla metà del Trecento, domenicano, maestro di teologia, vescovo della città umbra tra il 1403 e il 1416, è legata in primo luogo al poema in terzine intitolato Quadriregio (o Libro dei Regni): opera poetica che racconta un viaggio attraverso i regni dell'Amore, di Satana, dei Vizi e delle Virtù, coronato da una finale visione di Dio. Sebbene ispirato al grande edificio della Commedia dantesca, il poema di Frezzi è anche un'opera che continua e riprende altri modelli, di carattere prevalentemente allegorico e didascalico. Lettore dell'Amorosa visione e del Ninfale fiesolano di Boccaccio e inoltre dei Trionfi di Petrarca, il Frezzi sembra comporre il proprio poema con l'attenzione rivolta prima di tutto alla predicazione e dunque all'efficace esemplificazione dei vizi e delle virtù. -
Il bestiario dell'aldilà. Gli animali nella Commedia di Dante
Una tra le presenze più sorprendenti nel poema dantesco è quella degli animali: una presenza continua e variatissima, che si esprime soprattutto nelle similitudini. Si va dalle tre immagini usate in Inferno V per le anime dei lussuriosi, storni, gru e colombe, e si arriva sino alle api cui sono paragonati gli angeli nell'Empireo (Paradiso XXXI), passando per decine di occorrenze nelle tre cantiche. Non bisogna pensare infatti che la similitudine animale svolga esclusivamente una funzione di degradazione bestiale dei dannati, in quanto tali immagini sono frequenti anche nel Purgatorio e perfino nel Paradiso. Del resto, la cultura medievale conosce una vasta letteratura naturalistica: nei bestiari e nelle enciclopedie si elencavano le caratteristiche, reali o immaginarie, degli animali e se ne offriva poi un'interpretazione simbolica, morale e allegorica. Cosi, le similitudini animali dantesche non sono semplici quadretti naturalistici, come sostenuto a lungo dalla tradizione critica. In esse agiscono invece complesse e rivelatorie strategie di costruzione del significato, attraverso l'attivazione dei valori simbolici attribuiti agli animali nella cultura medievale e la ripresa dei riferimenti in diversi punti del poema. -
Agostino, agostiniani e agostinismi nel Trecento italiano
I contributi raccolti in questo volume esaminano le diverse sfaccettature della multiforme eredità di Agostino nel Trecento italiano. In particolare si concentrano sulla influenza esercitata dalla frequentazione diretta delle opere dell'Ipponate non meno che su quella dovuta alla politica culturale dell'Ordine degli Eremiti di Sant'Agostino fino alla discussione dei vari ""agostinismi"""" tradizionalmente additati dai ricercatori. Il passaggio dalla ricezione e visione medievale di Agostino a quella che sarà propria dell'epoca rinascimentale costituisce un oggetto d'interrogazione comune e trasversale ai saggi, che esplorano gli apporti specifici di Gregorio di Rimini (P. Bermon), Egidio Romano (F. Papi), Simone Fidati da Cascia (X. Biron-Ouellet), Francesco Petrarca (E. Fenzi, L. Marcozzi, E.L. Saak), Roberto de' Bardi (E.L. Saak), la politica iconografica dell'OESA (G. Pittiglio), Coluccio Salutati (L. Baggioni), l'anonimo commentatore della Commedia di Dante noto come Falso Boccaccio (A. Martignoni) e Luigi Marsili e l'anonimo volgarizzatore della Città di Dio (E. Brilli e L. Tanzini). La ricchezza di quest'indagine si deve non solo al taglio multi e interdisciplinare ma anche alla quantità di nuovi documenti, qui editi per la prima volta."" -
Maestri. Memorie e racconti di un apprendistato
Un apprendistato segue sempre un itinerario tracciato per tutti quelli che esercitano un mestiere o una professione; i risultati poi dipendono da chi mette in pratica quell'apprendimento. Dell'apprendistato raccontato in questo libro non esistono modelli perché si tratta di una professione non riconosciuta ufficialmente, benché abbia parecchi apprendisti e in numero sempre crescente: è la professione di chi insegna letteratura italiana all'estero. Paolo Cherchi è forse il primo a raccontare di questo tirocinio. Narra dei suoi studi in Italia, in Spagna, a Berkeley in California e quindi a Chicago, e lo fa intrecciando la storia del suo apprendistato alle figure di maestri che lo hanno guidato. A tale itinerario si accompagnano la consapevolezza e le riflessioni sulle difficoltà e sulle opportunità di vivere all'estero dove non solo si è stranieri per natione ma anche per literas, quindi con difficoltà esistenziali di individuare un pubblico e un canone per poter avere una voce. È il dramma esistenziale di chi fa l'italianista in terra straniera, ed è il leit motif di questo libro, profondo e lieve e perfino scanzonato, proprio nello stile dell'autore, noto per i suoi lavori accademici ma anche per il suo humour. È il racconto di una vita movimentata ma non dispersiva, ricca di personaggi grandi e piccoli, di incontri esaltanti e di ombre mortificanti; è una ""vita"""" che può servire da esempio a quanti oggi lasciano l'Italia per trovare lavoro negli Stati Uniti e altrove."" -
Poesia e diritto nel due e trecento italiano
Che poesia e diritto, nel Due e Trecento, siano intimamente legati è cosa nota. Si sa che grandi poeti come Giacomo da Lentini e Cino da Pistoia furono, al tempo stesso, grandi giuristi. Ma sia gli storici del diritto che i filologi non spingono oltre le loro ricerche e restano nello stretto perimetro della loro disciplina, come se l'idea che il diritto possa entrare in poesia fosse inimmaginabile. Questo volume intende invece prendere insieme poesia e diritto, e capire perché in Italia, nel Medioevo, la poesia sia entrata nel diritto (Literature in Law) e, perché, inversamente, il diritto sia entrato in poesia (Law in Literature). Nei tredici capitoli di questo volume filologi e storici del diritto analizzano il legame tra poesia e diritto per metterne in prospettiva gli effetti e le ripercussioni, in un percorso che va del Duecento fino al primo Rinascimento. Il libro comincia alla corte di Federico II, dove fu realizzato un ambizioso programma giuridico-poetico a cui contribuì Pier della Vigna, coniugando con genio poesia e diritto nell'Ars dictaminis. Ci si sposta poi nel contesto giuridico bolognese, con le poesie di Monte Andrea e di notai poeti come Niccolò Malpigli; si studia l'astrologia giudiziaria con Cino da Pistoia e Francesco da Barberino; si rintraccia la figura del giurista e la sua ascesa nelle due redazioni del Novellino; si analizza l'uso raffinato e critico della retorica giudiziaria in una novella del Decameron. Arrivati in pieno Trecento, si considera la figura del poeta umanista, per capire se il rifiuto del diritto, che Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca ostentano nelle loro epistole, sia apparente o sostanziale. Infine, si scopre che la poesia stessa - non solo la poesia latina, ma anche quella di Dante - si trasforma in fonte d'autorità nel discorso giuridico del Trecento e continua a nutrire l'ius gentium nell'età moderna. -
Il lettore di provincia. Vol. 152
Autobiografia di un Quacchero. -
Dante e Ravenna
Si offrono qui riunite, a un anno dall'evento, le relazioni del Convegno internazionale di studi su ""Dante e Ravenna"""" (27-29 settembre 2018), che ha celebrato il settimo centenario dell'esilio ravennate del sommo poeta, chiamando a raccolta i maggiori specialisti, docenti in Università italiane e straniere, dell'ultimo Dante e della sua coeva produzione, latina e volgare. Di quel convegno, non circoscritto ai soli italianisti, ma aperto al contributo di filologi classici e medievali, di storici dell'arte e della Chiesa, non meno che di codicologi e antropologi fisici, il presente volume, corredato di un'ampia Introduzione e di una ricca appendice iconografica, rispecchia il carattere interdisciplinare, proprio del Dipartimento ravennate di Beni Culturali al cui interno è stato ideato. Vi si alternano interventi di singoli studiosi (Emilio Pasquini, Andrea Battistini, Alberto Casadei, Sonia Chiodo, Paolo De Ventura, Nicolò Maldina, Alessandro Merci, Roberta Morosini, Pantaleo Palmieri, Laura Pasquini, Marco Petoletti, Angelo Piacentini, Luca Carlo Rossi, Raffaele Savigni, Paola Vecchi Galli) ad altri a due voci (di cui sono protagonisti Gabriella Albanese e Paolo Pontari, Giuseppina Brunetti e Paola Degni, Giorgio Gruppioni e Elisabetta Cilli, Alessandro Iannucci e Marco Orlandi, Fiammetta Sabba e Federica Fabbri), a testimonianza di un confronto dialettico tra scuole e generazioni diverse che, collocandosi sulla scia di una plurisecolare tradizioni di studi, ha sondato il ruolo e la presenza, nella vita e nell'opera di Dante, della città che gli avrebbe offerto l'""""ultimo rifugio"""" e che ne custodisce tuttora i resti mortali."" -
Piccole letture dantesche. Vol. 2
Il DHO, l'antipasto (Dante Hors d'Oeuvre appunto) del vero e proprio festival Dante 2021, è ormai una abitudine per ravennati e non: nelle tre edizioni succedutesi dal 2016, ha acquisito, ci sembra, un suo carattere originale, un piglio, ha stabilito un clima, vorremmo dire; insomma si è creato intorno degli affezionati. Si raccolgono qui quattro contributi, due dell'anno passato (di Mazzoni e Riccardi), uno del 2017 (Medaglia) e uno della prima edizione (Brasca). Nella loro varietà mettono in luce le caratteristiche del ""fratellino piccolo"""" del festival. Come sempre sono non-dantisti a parlare, non certo per voler accondiscendere a una amatorialità che talvolta si accompagna pretenziosamente alla divulgazione (che è obiettivo serio e primario di Dante 2021, dal 2011 lanciato verso il traguardo del VII centenario della morte di Dante), saper cogliere quel Dante """"personale"""", diffuso e familiare, che rappresenta un aspetto non secondario della ricezione dell'autore della Commedia, capace di intervenire e agire, a più livelli e su più settori della nostra vita: dal lessico ai modi di dire. dalle concezioni filosofiche e politiche a quelle religiose, morali e civili. Il DHO cerca di """"mettere in scena"""", aprendo un'ideale quarta parete nelle memorie personali, alcuni privati dialoghi con Dante."" -
Il Monte di Pietà di Ravenna in età contemporanea (1815-1965)
Per tutta l'età moderna i monti di pietà hanno costituito una colonna portante del credito al cittadino. Molto diverso è invece il loro ruolo nell'età contemporanea in un quadro fortemente mutato con molte altre realtà, dalle banche alle casse di risparmio, ad occuparsi di attività di credito. La storia del Monte di pietà di Ravenna segue in pieno questo andamento, pur con caratteristiche peculiari. Se nell'Ottocento l'istituto ravennate ha ancora numeri importanti, nel secolo successivo il calo delle operazioni di pegno è netto. Tutto ciò segnala la trasformazione dell'istituto in una struttura marginale nel sistema creditizio locale. Nonostante ciò l'istituto sopravvive per tutto l'Ottocento e per buona parte del Novecento confluendo poi nella Banca del Monte di Bologna. La vita del monte attraversa cambiamenti epocali: dalla Restaurazione all'Unità d'Italia, dall'avvento del Fascismo a due guerre mondiali. Tanti sono stati anche i mutamenti legislativi che i vari soggetti al potere hanno messo in atto per regolamentare le attività di questi istituti, aumentando o diminuendo a seconda dei casi la loro autonomia. Per cercare di rispondere ai molti interrogativi che la storia di un simile istituto ci pone questo lavoro si è basato sui documenti amministrativi ed economici conservati presso la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Oltre ai bilanci e ai libri mastri che registrano i valori dei pegni, si è data particolare attenzione alla storia di Ravenna, città fortemente mutata nel corso degli ultimi due secoli. -
Le stoffe di San Giuliano dal ritrovamento alla valorizzazione
Nel giugno del 1910 l'apertura del sarcofago che contiene le spoglie di San Giuliano nell'omonima chiesa di Rimini rivela un gruppo di tessuti antichi. Tra gli innumerevoli lacerti spiccano per dimensioni e fattura due sciamiti in seta di manifattura bizantina. L'importanza del ritrovamento è immediatamente riconosciuta da Corrado Ricci e Giuseppe Gerola che si adoperano per assicurare ai reperti tessili un'adeguata conservazione. Da qui prende avvio una vicenda destinata a durare oltre un secolo, che porterà i tessuti a far parte del patrimonio dello Stato, ad essere esposti nel giovane Museo Nazionale di Ravenna a partire dal 1921 e a divenire uno dei nuclei di tessili tardoantichi e bizantini più conosciuti dagli specialisti. Questo volume è realizzato a conclusione dell'ultimo intervento di restauro del 2018: la nuova soluzione espositiva che ne è scaturita restituisce al pubblico i due sciamiti in seta dopo oltre vent'anni. I saggi vogliono essere un contributo più ampio alla storia della tutela, del restauro e della conoscenza di questo settore delle Arti meno noto ma assolutamente emblematico. -
G.A.E.M. 2019. Giovani artisti e mosaico. Catalogo della mostra (Ravenna, 6 ottobre-24 novembre 2019). Ediz. illustrata
Nella scelta significativa e programmatica di sostenere il mosaico nelle sue forme contemporanee che la città di Ravenna porta avanti con rinnovato vigore da alcuni anni, il Premio Internazionale GAeM, giunto in questo 2019 alla sua quinta edizione, rappresenta una voce chiara e una scelta di campo importante. Ravenna deve molto al patrimonio di monumenti antichi, paleocristiani e bizantini che ne fanno una città ideale per entrare in contatto con il mosaico in una delle sue forme più emblematiche, tuttavia appare ineludibile una presa di posizione nei confronti di una multiforme contemporaneità che è viva e vitale nelle sue manifestazione artistiche, culturali e del pensiero e che non elude il confronto con quella eredità storica di grande spessore e pregnanza. Il Premio Internazionale GAeM, ideato e curato da Linda Kniffitz e Daniele Torcellini, organizzato dal Centro Internazionale di Documentazione sul Mosaico nell'ambito della Biennale di Mosaico Contemporaneo, con il patrocinio della Regione, vuole essere un contesto aperto alle nuove proposte e alle nuove ricerche artistiche che al mosaico fanno riferimento e che in questa edizione trovano arricchite possibilità di riconoscimento. Ai due premi già assegnati nelle edizioni precedenti si sono aggiunti infatti altri due premi. Il primo è dedicato ad un progetto di opera a mosaico la cui esecuzione è demandata ad un laboratorio cittadino associato CNA, il secondo è dedicato ad una proposta di mostra personale ospitata negli spazi di Magazzeno Art Gallery. -
Prospettive su Byron. Luoghi, storie, modernità
Questo volume raccoglie gli interventi esposti in due recenti convegni dedicati alla vita e alle opere di Lord Byron. Il primo, ""Una casa per Lord Byron"""", è stato l'occasione per presentare la ricostituita Italian Byron Society e il Museo Byron, a Palazzo Guiccioli, la cui inaugurazione è imminente. I saggi (di Jane Stabler, Alan Rawes e Gregory Dowling) si concentrano sul rapporto tra Byron e Ravenna, esaminando le influenze culturali e letterarie su alcune sue opere (in particolare Caino e Marino Faliero) e la sua complessa relazione con l'altro poeta legato alla città, Dante; mentre quelli dei rappresentanti della National Library of Scotland e del Keats-Shelley Museum di Roma (David McClay e Giuseppe Albano) offrono stimolanti riflessioni sui nuovi modi di conservare e promuovere il patrimonio letterario dei romantici inglesi e di Byron in particolare. I contributi relativi al secondo convegno sono invece dedicati al capolavoro byroniano, Don Juan. I saggi di Tomaso Kemeny, Gioia Angeletti e David Woodhouse propongono nuove e originali chiavi di lettura di questa ineguagliata epopea comica, seguiti dagli interventi dei poeti contemporanei Claudia Daventry, A. E. Stallings e N. S. Thompson, i quali mostrano come quest'opera riecheggi nella loro produzione e, più in generale, continui ancora oggi a influenzare l'immaginario collettivo."" -
Lavorare d'impegno. Benigno Zaccagnini e la città di Ravenna
Benigno Zaccagnini è spesso ricordato come statista della prima Repubblica e uomo di spicco della Democrazia cristiana, in particolare dell'ala sinistra del partito. Questo libro colma una lacuna storiografica, occupandosi di approfondire il rapporto tra Zaccagnini e Ravenna, la città dove visse gran parte della propria vita. Si prendono in considerazione gli anni giovanili, quando fu un animatore della locale sezione della Federazione universitaria cattolici italiani (Fuci), la fase della Resistenza, durante la quale fu partigiano e figura apicale del Cln ravennate, e il lungo periodo dell'Italia democratica, quando in più occasioni si spese a favore del proprio territorio, in sinergia con le amministrazioni comunali e provinciali. In particolare — fra i tanti apporti — emerge il suo ruolo per lo sviluppo industriale di Ravenna e per la trasformazione radicale del suo porto, che avrebbero rappresentato i prodromi del boom economico locale. In questo senso, pur se in maniera spesso discreta, Zaccagnini è stato uno dei personaggi chiave del Novecento ravennate e a trent'anni esatti dalla morte questo volume si incarica di una rigorosa analisi storica. -
Nei giorni
Tutti i libri di Caterina Felici sono stati molto apprezzati dai critici e dai lettori. Sono stati recensiti su giornali e noti periodici culturali. Sulla poesia dell'autrice hanno scritto bei giudizi, fra gli altri, Giacinto Spagnoletti, Cesare Segre, Giuliano Gramigna, Giorgio Barberi Squarotti, Walter Mauro, Paolo Ruffilli, Claudio Toscani, Lucio Felici, Antonio Piromalli e i poeti Carlo Betocchi, Maria Luisa Spaziani, Mario Luzi. -
Il lettore di provincia. Vol. 153: Modelli educativi nella letteratura per le ragazze nell'Ottocento.
All'interno: Cosetta Seno, Introduzione - Roberto Risso, ""Che cos'è mai il cuor della donna"""". Niccolò Tommaseo e la trattatistica ottocentesca sull'educazione delle donne - Elena Musiani, """"La fanciulla italiana educata e istruita"""". Modelli educativi per le """"novelle"""" italiane nella fase della costruzione nazionale - Chiara Fabbian-Emanuela Zanotti Carney , Lettura, scrittura, educazione femminile. Ho una Casa mia! di Tommasina Guidi - Ombretta Frau, Le Memorie di Collegio di Mantea: un Cuore ribelle nella Torino fin de siècle - Morena Corradi, La donna nella letteratura e nella pubblicistica italiana del secondo ottocento: la peculiare figura di Laura Tardy Tighe - Loredana Magazzeni, Per una storia dei plutarchi femminili nell'educazione delle ragazze. Uno sguardo ai Racconti e ai Profili femminili di Cordula (Irene Verasis Di Castiglione) nel panorama letterario dell'Italia post-risorgimentale - Angela Articoni, Corpo di bambola, cuore di donna: Contessa Lara tra fantastico e reale."" -
Ammonite. Storia di una comunità tra acque e terre
Perché dedicarsi alla storia di un pugno di case raccolte attorno a una strada, quella che da Mezzano conduce a Santerno? Per quale motivo occuparsi degli avvenimenti di una comunità, in gran parte dispersa tra campi e acquitrini, tanto esigua nei numeri? A prima vista nessuno. Se però ci soffermiamo a guardare con più attenzione, magari salendo sulle spalle dei giganti della storiografia del passato, allora potremmo scoprire che le ragioni di una simile ricerca esistono. E sono complesse e nobili. Nel suo piccolo la storia di Ammonite può quindi divenire quel che il minuscolo paesino pirenaico di Montaillou ha significato per Emmanuel Le Roi Ladurie: ovvero un microcosmo in grado di offrirci, forse anche più intensamente rispetto alle grandi ricostruzioni d'insieme, il carattere originario di un luogo, l'intensità dei legami umani che lì si sono sviluppati, l'incidenza di lungo periodo di quell'impasto di terra e di acqua che rappresenta la cifra più autentica dell'ampia zona che si estende a settentrione di un'antica e diroccata capitale imperiale. Fare la storia di Ammonite significa allora interrogarsi sulla storia di uno spazio geografico unico, separato dagli altri per confini e per tradizioni, per dialetto e mentalità, che è tale non solo perché così definito dall'autorità politica, ma in quanto plasmato da un evento catastrofico: la grande rotta del fiume Lamone del 1839. Attraverso la storia di Ammonite, luogo simbolo di quell'avvenimento, è dunque possibile ricostruire un mondo intero, fortemente contraddistinto dalla volontà e dal lavoro umano. Andrea Baravelli è professore di storia contemporanea presso l'Università di Ferrara. Studioso dei linguaggi e dei processi politici, ha indagato a lungo anche sulle forme dell'organizzazione sociale e politica del territorio ravennate. -
Lectura Dantis Lupiensis (2017). Vol. 6
I contributi di questo sesto volume delle Lupienses sono organizzati in studiata simmetria. Dapprima Elisabetta Benigni e Fabrizio Lelli, una arabista e un semitista, pur evitando le chimere di una diretta e indimostrabile intertestualità inseguono i complessi e nutrienti nessi interdiscorsivi fra l'opera dantesca e le culture del Mediterraneo: Benigni riprende in mano, con nuovi argomenti, la vessata e sempre risorgente querelle dei rapporti del Libro della Scala con la Commedia; Lelli batte la strada, nella dantistica percorsa da qualche pioniere solo negli ultimi decenni, della mistica ebraica medievale, attraverso canali di trasmissione finora trascurati. L'intervento di Donato Pirovano sull'endiadi (in offerta provocatoriamente romantica) di amore e morte nella Vita nuova fa da architrave: in esso, il dantista di lungo corso fonde parte del tesoro esperienziale che ha accumulato preparando un commento al libello giovanile dantesco. Da questo saggio centrale si spartisce il campo alle ultime due relazioni, entrambe centrate sulla semantica di un lemma, di una parola-mondo dentro l'eccedente mondo dantesco: un benemerito degli studi letterari medievistici, quale Luigi Surdich, si concentra sulle vicende della «compassione», sui riflessi prismatici di questa nelle strategie di racconto che da Dante conducono a Boccaccio; Riccardo Viel, filologo romanzo di memore scuola, promuove un'archeologia della «leggiadria» dantesca, tra lirica provenzale e lirica italiana duecentesca, pervenendo a non banali, non prevedibili esiti di accertamento di senso e di ricostruzione culturale. -
«La impresa» (1569) e selezioni da «La impresa» (1567) e «Rime» (1571)
La impresa (1569) del giovane autore Cesare Trevisani è uno dei più originali e complessi 'trattati d'amore' rinascimentali. La sua unicità risiede prima di tutto nel presentarsi come l'interpretazione di un""impresa', termine che indicava un'immagine emblematica che comunicava un desiderio o intenzione privata del suo autore. L'impresa di Trevisani rappresenta quattro animali concatenati simboleggianti quattro forme di amore. La trattatistica sull'amore di stampo neoplatonico e l'emblematica erano due tematiche di grande popolarità nella cultura italiana cinquecentesca. Ma un ulteriore aspetto di novità è la presenza di due versioni profondamente diverse de La impresa. La prima edizione pubblicata nel 1567 è la narrazione di un dialogo privato tra il giovane Trevisani e un suo caro amico che desidera comprendere i sensi nascosti della misteriosa immagine emblematica del Trevisani. In questa versione l'enfasi è su fonti di natura principalmente letteraria, sebbene l'autore già dimostri una conoscenza significativa delle fonti della trattatistica amorosa. La seconda versione, uscita due anni dopo (1569) e significativamente più lunga, è in realtà un'esegesi ed espansione della prima. In questa versione finale Trevisani amplifica notevolmente i riferimenti filosofici e teologici mantenendo la struttura prettamente letteraria del testo, creando in tal modo un unicum in questa fertile tradizione. Semplificando questa complessa tematica, si potrebbe dire che esistevano due tipi di 'trattati d'amore'. I più frequenti erano testi essenzialmente narrativi spesso in forma di dialogo con una conoscenza superficiale delle fonti filosofiche, soprattutto il complesso De amore di Marsilio Ficino, quasi mai citato sebbene fosse l'origine di questa moda letteraria. Più rari erano densi trattati filosofici, come i Dialoghi d'amore di Leone Ebreo o Gli eroici furori di Giordano Bruno, con una profonda conoscenza delle opere neoplatoniche, ermetiche e teologiche che avevano ispirato il libro di Ficino. Con 'trattato d'amore' si suole quindi indicare testi appartenenti a generi fortemente diversi. Con La impresa del 1569 Trevisani tenta di colmare questa separazione, fondendo allusioni letterarie e citazioni dotte dalla teologia cattolica e dal pensiero neoplatonico, che aveva letto nelle traduzioni di Ficino."" -
Linguaggi, esperienze e tracce sonore sulla scena
In quanto evento performativo, il teatro nasce come esperienza multimediale, in cui le diverse componenti verbali, visive, uditive e coreutiche acuiscono la percezione polisensoriale dello spettatore e lo rendono fruitore di una molteplicità di linguaggi che si intrecciano tra loro, contaminando e ampliando campi semantici di diversa natura. In particolare, l'elemento sonoro risulta imprescindibile dall'azione scenica in quanto tale: sia esso presente o del tutto assente, articolato in partiture musicali o declinato in rumori o performance vocali, è in grado di suscitare emozioni e reazioni emotive per via alogica e intuitiva. Sulla scia di queste suggestioni, si analizzano le relazioni che intercorrono tra la sfera sonora della performance teatrale, intesa come somma organizzata dei messaggi sonori che pervengono all'orecchio dello spettatore, e tutte le altre componenti dell'evento scenico: testo drammaturgico, elementi visuali, spazi e tempi della resa scenica, corporeità dell'attore. L'indagine è condotta in una prospettiva comparata tra rappresentazioni teatrali tra loro distanti nel tempo e nello spazio: dal teatro classico al melodramma o all'opera lirica, dal teatro moderno a quello contemporaneo, dal teatro occidentale a quello orientale, al fine di rintracciare gli esiti diversi di dinamiche relazionali tra l'elemento sonoro e quello performativo, che mutano nel tempo e si adattano a culture e ad esigenze comunicative differenti.