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Coriandoli il giorno dei morti
«Funebre e festivo assieme, e quindi squisitamente messicano» – La LetturarnL'autore di questo libro, la didascalia «B. Traven», altri non è che una congettura. La teoria più accreditata lo ritiene il giornalista e anarchico tedesco Ret Marut, un'altra lo individua nell'attore Otto Feige, ma c'è chi ha sostenuto fosse il suo agente Hal Croves, la sua traduttrice Esperanza López Mateos, il comunista Linn Gale o il fotografo Traven Torsvan. Ciò che si sa è che volle e riuscì a mantenere l'anonimato, che si trasferì in Messico diventando famoso negli Stati Uniti grazie a Humphrey Bogart e alla trasposizione cinematografica del suo ""Tesoro della Sierra Madre"""", e che per i patiti delle biografie aveva inventato una formula: """"Se l'uomo non può essere conosciuto attraverso le sue opere, allora o l'uomo non vale niente o non valgono niente le sue opere. Se vogliamo tener fede al suo monito, non ci rimane che far così"""". Introdotti, curati e illustrati da Vittorio Giacopini, i racconti contenuti in """"Coriandoli il giorno dei morti"""" ci parlano di un occidentale affascinato, immerso e rapito da una cultura spontanea, quella messicana, che è antica e meticcia, assediata e impermeabile all'uomo bianco, deliziosamente volgare, a tratti terribilmente violenta, ma anche attraversata da una saggezza quasi sempre imperscrutabile e a suo modo esilarante. È una cultura dove i binocoli hanno poteri magici, dove i tradimenti vengono ripagati col sangue, rappresentata da banditi armati di machete, indios che assomigliano a imperatori e galeotti che si affidano ai santi. Il lettore in cerca d'autore è avvertito: a forza di cercare Traven, o chi per lui, non potrà far altro che perdersi nel folto della giungla, ritrovandosi al massimo con un asino o un fantasma. A quel punto dovrà scegliere se scappare senza risposte o sentire su di sé il fascino e l'inadeguatezza di una logica diversa, una festa da giorno dei morti."" -
L' uovo di Barbablù
Una raccolta di racconti che vanno dal tragico al brillante, dall'ironico al sentimentale.rn«12 storie ordinarie e spiazzanti, ambientate a Toronto o nella foresta canadese, in cui la scrittrice indaga le relazioni sentimentali, il rapporto con la natura o i frammenti della sua memoria con lo stile affilato che la caratterizza» - Cristina Taglietti, La LetturarnMargaret Atwood è ormai universalmente nota per la serie televisiva tratta da Il racconto dell'ancella, ma sono in molti a ritenere che la scrittrice canadese abbia dato il meglio di sé nei racconti. In L'uovo di Barbablù la ritroviamo intenta a sgretolare il guscio protettivo che avvolge le vite di coppia delle donne, siano ceramiste con la pessima abitudine di innamorarsi di poeti o solo ragazze troppo semplici per essere al riparo da un marito fedifrago. -
Le mele d'oro
Le mele d'oro è il capolavoro che consacra Eudora Welty - premio Pulitzer nel 1973 - maestra indiscussa della forma breve: una raccolta in cui ogni racconto è legato all'altro dal destino, unico, degli abitanti della fittizia città di Morgana.rn«Se ne parla poco, forse, perché i racconti seducono meno i lettori. Invece è bello entrare in un mondo e restarci per poco» - Marco Rossari, D, Repubblicarn Nel Sud degli Stati Uniti ogni vita è intrecciata all'altra, i protagonisti si ritrovano e riscoprono di racconto in racconto ogni volta con un senso e una prospettiva diversi. Questa raccolta vicina al romanzo è un capolavoro strutturale in cui il pettegolezzo si mischia al lirismo purissimo e alla descrizione più minuziosa, in un microcosmo dove ogni tragedia - mariti che abbandonano le mogli, maestre di piano che diventano pazze, bambine che rischiano di affogare - viene risolta da un'epifania di tenerezza del tutto imprevedibile un solo momento prima. Mai come qui, al suo massimo splendore, Eudora Welty si accosta per libertà e agilità alla penna della sua adorata e indiscussa maestra Virginia Woolf. -
Cose impossibili di tutti i tipi
«Sono racconti sull'arte di lasciare, tornare e rimanere, resi con una scrittura estremamente asciutta e lineare, che dimostrano lo straordinario talento di McGahem nel saper tratteggiare, in poche pagine, personaggi estremamente complessi evocano al tempo stesso esperienza, vicende, emozioni» - Riccardo Michelucci, AvvenireÈ stato per molti critici il Cechov irlandese, per la sua abilità nel tratteggiare la dura vita rurale in racconti illuminati da una grazia cupa. D'altra parte, alla penna aveva sempre alternato il lavoro in cantiere e la zappa nella sua fattoria. Autore pluripremiato e considerato tra i grandi di sempre nella terra di Joyce e Beckett, in Italia sono stati pubblicati tre dei suoi romanzi: ""Il pornografo"""" e """"Moran tra le donne"""" (Einaudi), e """"The Dark"""" (minimum fax), bandito dalla censura nell'allora bigotta Irlanda. I racconti di McGahern erano finora inediti nel nostro paese."" -
Immagina di baciare Pete. Prediche e acqua minerale
Pete McCrea e Bobbie Hammersmith sono una coppia borghese mal assortita e infelicemente sposata che fra un tradimento e l'altro vedrà prima precipitare le proprie sorti nelle gerarchie sociali, all'indomani della crisi del 1929, e poi infine trovare un'insperata felicità grazie al figlio Angus. Malgrado le infedeltà e lo sgretolarsi delle certezze economiche, osserviamo marito e moglie invischiarsi in un'unione di una lealtà commovente, guidati dalla penna sicura e dall'orecchio per il cicaleccio americano di John O'Hara. Pubblicato inizialmente sul New Yorker, è il secondo capitolo di una trilogia che ha per centro la città inventata di Gibbsville e per protagonista il doppio dell'autore, Jim Malloy, uno scrittoruncolo di mezza tacca con un grande occhio per le differenze di classe e di razza della società americana. -
Otto uomini
In questa raccolta mai pubblicata in Italia Richard Wright ci insegna cosa significa essere uomini, e neri, nell'America e nel mondo di ieri - ma anche e soprattutto di oggi.rn«Piccoli apologhi commoventi di smarrimento, con personaggi sempre schiacciati da una società contraddittoria, ""un mondo diviso in due, uno bianco e uno nero, il primo separato dal secondo da milioni di chilometri di psicologia"""", dove ogni premonizione sembra un destino, ogni paura un desiderio. Ancora attuale» - Marco Rossari, D - Repubblicarn«Richard Wright mette in scena la profonda solitudine dell'uomo nero nell'America bianca, e il senso di minaccia che accompagna ogni suo istante» - Robinsonrn«Il traduttore Emanuele Giammarco ha adesso restituito a Wright tutta la potenza di questa lingua addolorata, arrabbiata, e perfino rassegnata: lo sguardo di un uomo nero sugli uomini neri che non vengono creduti, che vengono accusati ingiustamente, che non riescono nemmeno ad accettare di non essere trattati con razzismo, perché non sono abituati a ricevere rispetto, e quindi scivolano nello stesso pregiudizio che odiano e che li umilia di continuo» - il FogliornUn uomo non ancora uomo che per diventarlo decide di comprarsi una pistola. Un uomo che per sopravvivere si finge donna delle pulizie in una casa di bianchi. Un uomo che per scappare dalla polizia si nasconde per giorni nelle fogne cittadine. Un uomo enorme, un marinaio, che affittando sempre la stessa camera in un ostello di Copenhagen terrorizza per anni il suo ospite. Un uomo che ha visto un'esondazione, un altro che uccide la propria ombra..."" -
Guida alla notte per principianti
A Robison basta pochissimo, ancora meno che alla sua Gardenia, una trentaseienne che si accontenta di rimanere sobria e non andare troppo in rosso con la Mastercard. Le sue, sono storie che ci precipitano dentro un’America domestica eppure sconosciuta.rn«Ecco, è questo il segreto della scrittura di Robison, non tanto la banalità del male ma il male della banalità. Le nostre abitudini sono analizzate come fossero di per sé sintomatiche di disagio, come se il fatto stesso di possedere una routine ci rendesse creature passibili di un crollo. E il crollo - quando arriva - è altrettanto sommesso, deprivato di enfasi o smanie di redenzione» - Veronica Raimo, Tuttolibrirnrn«Sono tanti i personaggi che l'autrice statunitense ci propone, con un registro narrativo capace di restituire un effetto di realtà sconcertante. Il risultato sono pagine autentiche, dense di piccoli grandi dettagli da cogliere, tra parole da captare e atmosfere mutevoli, che offrono al lettore il privilegio di decifrare il brusio quotidiano e scavare sotto la superfice di un'America domestica e contemporanea» - ANSArnrn«Amata da scrittori come Richard Yates, David Leavitt e John Barth, Mary Robison è tra le poche scrittrici donna appartenente alla corrente del minimalismo americano» - il Giornalernrnrn«Le storie di Robison affrontano, nel dettaglio, i drammi domestici, le solitudini, le sventure nel quotidiano e quei sentimenti atipici che stanno fuori dal coro» - la LetturarnCi sono due ragazze che baciano i rispettivi ragazzi in una Honda Civic parcheggiata sotto alla notte stellata: sono madre e figlia, Harriet e Lindy, due che potrebbero venir scambiate per sorelle ma non lo sono. Non ci sono trucchi da quattro soldi nei racconti di Robison e anche il fraintendimento è senza inganno. Lindy, poi, si è comprata coi suoi risparmi un telescopio per scrutare i cieli, ma la sua autrice sembra più interessata a rivolgere l’obiettivo dentro le abitazioni, per meglio scrutare ciò che è celato dall’ultimo vero confine da varcare, quello della porta di casa.rnrnRossella Milone scrive nella postfazione a questo libro che Robison «ha sempre prestato orecchio al suono del mondo»: e così ci ritroviamo ad ascoltare le parole che faticano a sovrastare il chiasso mentre la moglie passa l’aspirapolvere e un marito si taglia i capelli in bagno. Una conversazione mobile e sfuggente innerva anche la casa di un coach arrivato finalmente alla stagione della svolta e sua moglie Sherry, una pittrice in cerca dei suoi spazi. Daphne, la figlia, sta per entrare al college dove allena il padre, ma la squadra familiare sembra mostrare le prime crepe e, man mano che orecchiamo, il solco si va allargando. -
Sabrina & Corina
Finalista del National Book Award 2019. Vincitore di un American Book Award 2020. Vincitore dell'Addison M. Metcalf Award 2021 dell'American Academy of Arts and Letters.«Una delle cose preziose di questo libro (esordio dell’autrice), è proprio il suo andare ad ampliare il canone tradizionale della letteratura del West, facendo luce sulle vite delle persone indigene e latine dell’ovest americano. L’altra è la sua bellezza e qualità a livello di opera letteraria: è la voce potente e poetica di una nuova, grande scrittrice.» - Francesca Pellas, Rivista Studio«Lunga vita alla Racconti edizioni, che da anni scova, cura e pubblica racconti preziosi, e anche divertenti come questi di Kali Fajardo-Anstine, che ha vinto l’American Book Award per le sue storie del West americano, dove la modernità fuma sigarette sopra un vecchio cimitero indiano. Dove le madri un giorno escono di casa e non tornano per un po’, poi un giorno eccole a cucinare di nuovo braciole di maiale e a sciogliersi i capelli muovendo i fianchi.» - il Foglio«Questi undici racconti, solo mostrandoci alcuni momenti di una persona, riescono a farci entrare pienamente nella sua vita e l’importanza emozionale, più che culturale, del retaggio chicano la si percepisce nel giro di poche immagini.» – Francesca Dell'Orso per Maremosso«Sabrina era la ragazza più bella della famiglia. Ora che è morta, strangolata da uno dei suoi amanti, tocca alla cugina Corina truccarla per l’ultima volta. Corina ripercorre così la loro amicizia di bambine, le scelte che negli anni le hanno separate, e un destino che sembra essere scritto nel sangue delle donne Cordova, tutte raccolte in casa della nonna a organizzare l’ennesimo funerale.»Le protagoniste di Fajardo-Anstine, donne magnetiche, lontanissime dai miti bianchi del West, incrinano i modelli femminili di moglie, madre, figlia imposti da un patriarcato opprimente quanto ormai svuotato, e vi oppongono una sorellanza che trae origine dal sangue, da riti familiari e antichi rimedi tramandati di generazione in generazione, e un genere di amore che prescinde dai ruoli ma si rivela più sincero, che non è àncora di salvezza ma sostegno, che aiuta a tenersi a galla in una Denver in bilico tra il passato dei nativi e la nuova gentrificazione. -
Novena
Dopo aver colmato il mondo con Ovunque sulla terra gli uomini, Marco Marrucci gioca qui di sottrazione, ideando nove atti di una pirotecnica fenomenologia dell’impresenza in cui è lui stesso a cadere nell’eterna illusione (e nel compito) del buon raccontista: declinare l’invisibilePerché i racconti di Novena possano recitare la loro cadenzata preghiera il lettore di questa raccolta sarà costretto ad ascoltare sempre, bisbigliata e talvolta sinistra, una seconda voce sotto traccia. Perché possa guardare al centro esatto di queste storie dovrà fissare lo sguardo dritto nel punto cieco che le parole, spesso a malincuore o controvoglia, sembrano indicare. Perché riesca a comprendere le allucinazioni che inesorabilmente attirano i suoi personaggi nel baratro gli toccherà cercare fra gli scricchiolii, i brividi, le ombre, i sospiri, addirittura fra le righe e oltre i confini della pagina. Che siano persone care e irraggiungibili, presenze fantasmatiche e inquietanti, animali mitologici o domestici; che siano oggetti minacciosi, luoghi inarrivabili, riti magici o azioni miserevoli; che siano paure indefinite, solitudini desertiche, obblighi disperati, amori platonici: ognuno di questi nove episodi sembra destinato a dover volteggiare attorno a un vuoto, a modellarsi a partire da un che di impalpabile, a prendere forma precisamente intorno a un’assenza. -
Neroconfetto
L'esordio di una nuova voce del weird italiano.«Giulia Sara Miori ha una scrittura spedita, limpida, sostenuta da dialoghi sempre precisi e straniati al punto giusto. I suoi racconti si chiudono così all'improvviso da rendere le sue conclusioni come delle tagliole.» - Giulio Mozzi, autore di Le ripetizioni«Neroconfetto regala al lettore un'esperienza nuova e avvincente. C’è una logica compositiva autoriale, un montaggio, una idea e un fine in questi racconti weird.» - Demetrio Paolin«Nel mondo di Neroconfetto realtà e immaginazione, letizia e tragedia, amore e ossessione hanno il confine incerto, labilissimo. Giulia Sara Miori maneggia la materia perturbante con grande abilità e con una lingua che alterna la crudezza del controllo al ritmo di una cupa ninnananna.» - Giorgia Tribuiani, autrice di Blu«C’è un’incrinatura nel mondo plasmato dai racconti di Neroconfetto, una lacerazione della normalità all'inizio minima che, pagina dopo pagina, si dilata fino a trasformarsi in voragine.» - Valentina Durante, autrice di EnneDal racconto La giacca: «In un negozietto vintage scovi una giacca che ti fa sentire bellissima, e quando la indossi finalmente attiri gli sguardi che hai sempre voluto, quelli che la tua migliore amica ha sempre ricevuto senza alcuno sforzo. Quando hai la giacca indosso, le persone si contendono la tua compagnia, e gli uomini non nascondono l’attrazione, ma quello che sembrava un sogno che si avvera diventa presto una prigione, un incubo da cui vorresti solo risvegliarti.»In Neroconfetto le cose non sono mai come sembrano. L’orrore è nascosto in ciò che immaginiamo più innocente: una bambina e le sue bambole, un abito che ci fa sentire più belle, un gatto di porcellana su una mensola; gli amori delle giovani protagoniste di questi racconti sono ossessioni, dei loro desideri esplode la forza distruttiva. La voce perturbante di Giulia Sara Miori ci guida nel territorio dello strano e del macabro, e ci mostra il lato nascosto di ogni ideale di bellezza e perfezione. -
Epifanie
Un gigante del Novecento illustrato dal finalista al Premio Campiello Vittorio Giacopini. Con tre saggi di Giacopini, Terrinoni, Avolio.Impreziosita da oltre cento illustrazioni e dal tratto caustico di Vittorio Giacopini questa nuova e inedita edizione delle Epifanie raccoglie nella loro totalità tutte e quaranta le prose che ci rimangono del primo Joyce ""dublinese"""", scritte fra il 1900 e il 1904. Scenette, visioni, sogni, allucinazioni, momenti significativi della quotidianità fissati dall'«occhio spirituale» dello scrittore, finalmente aperto alla vertigine del mondo e alla sua quidditas, alle metafore visive e a una prospettiva originale sulle cose.«Nel ripubblicare questi testi, accompagnati dalle illustrazioni e dalle parole di Vittorio Giacopini (un gesto artistico che si adatta perfettamente al loro spirito originario, dando forma a un dialogo a distanza che è l'unico senso dell'arte viva, che non spiega ma dispiega) e dalla lettura eretica di Enrico Terrinoni l'invito al lettore è di recuperarne l'originaria forza irradiante e l'apertura significante, di lasciare che la parola evochi e che la letteratura, come scrive Joyce, si faccia carne» – Carlo Avolio, nell'Introduzione «Visioni di Joyce» contenuto in Epifanie«Ekfrasi concise e taglienti, si presentano come vere e proprie visualizzazioni di segreti decifrati. Per questo si prestano in maniera naturale all'illustrazione – e il tratto caustico, ironico, di Vittorio Giacopini ce lo dimostra chiaramente» – Enrico Terrinoni, nel saggio «Dello scrivere epifanico», contenuto in EpifanieCome accade per ogni grande artista da giovane, c'è stato un tempo in cui James era già, e non ancora, il grande Joyce. In cui la visione «chiara» di un ragazzo con velleità letterarie cominciava per la prima volta a registrare il mondo con l'idea di metterlo per iscritto, in cui le strade di Dublino potevano rappresentare ai suoi occhi buoni una scenografia memorabile, eppure anche effimera, prossima allo svanire, all'oblio, alla dissoluzione del tempo e della vista. Anni di apprendistato in cui un dublinese arrabbiato e insoddisfatto tratteggiava i suoi primi canovacci alla ricerca di un metodo e di un'estetica nuovi, sebbene sospeso e sbigottito davanti all'oggetto puro del narrare. Stephen Dedalus definirà queste prime composizioni possibili, questi momenti di radiosa ispirazione giovanile, «epifanie». Improvvise manifestazioni spirituali nella trivialità di un discorso o di un gesto o in uno stato della mente degno di essere ricordato."" -
Monito ai curiosi. Tutte le storie di fantasmi
Si racconta che la vigilia di Natale, al King’s College di Cambridge, in diversi, fra studenti e professori, si radunassero attorno a un fuoco vivace per ascoltare delle storie di fantasmi. Era diventata quasi una tradizione. Fuori doveva ululare il vento e forse anche qualcos’altro, le finestre facevano del loro meglio per tenere a bada gli elementi. Dentro la saletta, invece, la piccola cerchia era tutta raccolta attorno a questa voce che descriveva canoniche deserte e saloni ingombri di cianfrusaglie, e che si faceva più profonda quando in un manoscritto ritrovato si rintracciava quello che, a tutti gli effetti, sembrava proprio un presagio sinistro. Bastava il più piccolo degli scricchiolii per far balzare tutti sulle sedie. La voce nella penombra era quella di M.R. James, i racconti che leggeva, invece, erano quelli che trovate in Monito ai curiosi.rnProprio come quella voce, anche i narratori delle storie di M.R. James sono reticenti, sgranano a malincuore i fatti misteriosi accaduti in loro presenza o la notiziola di uno strano accadimento che hanno rintracciato nelle pieghe di un polveroso annuario, piuttosto lasciano che sia il lettore a colmare di inquietudine quei loro silenzi, quel brancolare nel buio da stanza a stanza, fino al materializzarsi delle paure più ancestrali e recondite. I protagonisti di queste vicende sono il più delle volte gentiluomini altolocati, frequentatori incalliti di aste antiquarie che in un pittoresco villaggio risparmiato dalla modernità si sono imbattuti in qualche curioso volume, oppure in marionette crudeli, o in una casa delle bambole infestata. Un affare che, come si è intuito, prevede immancabilmente un plot twist: ciò che si è acquistato conserva un suo segreto che, ahinoi, ci verrà rivelato. -
Birra scura e cipolle dolci
John Cheever scrive questi racconti tra i venti e i trent’anni. Sono short stories imbevute di idealismo e della sua necessaria scia di disillusione, giovanili eppure di uno scrittore già formidabile e formato, da principio pubblicate su riviste di sinistra con tirature risibili e poi via via su magazine sempre più alla moda come Cosmopolitan e Collier’s. rnNon siamo ancora alle cronache minute di ciò che succede dietro i prati perfettamente falciati e le staccionate imbiancate di fresco, ma tra commessi viaggiatori al tramonto dei loro giorni di gloria e marxisti puritani che osservano gli altri bere e divertirsi mentre loro immaginano un’umanità nuova. Parteggiamo per la rivincita di una spogliarellista in là con gli anni e subito dopo assistiamo agli innumerevoli piccoli fallimenti di giocatori d’azzardo sempre alla ricerca di un’ultima opportunità, di un cavallo finalmente vincente e di una felicità mai raggiunta e sempre inseguita con la pervicacia di un baio adombrato.rnÈ l’onda lunga della Grande depressione post ’29, un’America che va imparando il sapore della nostalgia per un’era mai vissuta e un’innocenza tutta da perdere. Cheever accarezza grazia e peccato, muovendosi tra case sfitte, inquilini che non pagano la pigione e torchi fermi da troppe stagioni. E così incontriamo zingari ubriaconi travestiti da pellerossa e cameriere disposte a ogni sgambetto pur di tenersi strette lavoro e dignità. Incontri che, come sostiene Christian Raimo nell’introduzione, ci ricordano perché vale la pena leggere. -
Siamo di nuovo amici. Prediche e acqua minerale
Nella desolazione di una domenica estiva in un circolo per soli uomini, un invecchiato Jim Malloy riceve la telefonata e la visita di un caro amico. La notizia che gli porta è drammatica e per l’alter ego di John O’Hara anche una sorta di déjà vu: la moglie di Charley Ellis, Nancy, è venuta a mancare poche ore prima. È con questo letterale colpo al cuore che si apre l’ultimo capitolo della trilogia Prediche e acqua minerale, un’amara madeleine che obbliga il suo protagonista, divenuto ormai scrittore di un certo successo, a ricordare gli anni che hanno segnato in partenza il destino delle proprie amicizie e dei propri amori.In Siamo di nuovo amici, come sorpresi da un vecchio compagno di disavventure, leggiamo forse il John O’Hara più crepuscolare di sempre: uno scrittore esplicitamente del suo tempo, che non chiede a sé nient’altro se non di poter contemplare il passato, affascinato e spaesato dal modo in cui le cose semplicemente «si collegano l’una all’altra». -
Appunti da un bordello turco. Nuova ediz.
Diciannove racconti attraversati da un senso dell'umorismo corrosivo e da un'ineguagliabile capacità di rivelare la contraddizione.Un libro sul mondo e sui suoi margini più estremi: fra Turchia, Romania, Stati Uniti; in diroccate palazzine sovietiche, fra strade sconquassate e inquinate dallo smog, o in mezzo a una natura ostile che sembra volersi riprendere quello spazio che gli esseri umani, violandola, le hanno negato. Un mondo di cinici solitari attrezzati a far fronte alle brutture della società, di sradicati che hanno scordato i rudimenti per stare al mondo e di esploratori alla ricerca di un angolo dove essere finalmente soli, immersi come sono in un perverso gioco dell'oca in cui devono sempre ricominciare da zero i loro percorsi. Filosofi inconsapevoli, ragionano sul male come dei Dostoevskij umiliati e offesi e come Camus dei bassifondi prendono coscienza dell'Assurdo. -
Orientamento
Primo e unico libro di Daniel Orozco, Orientamento è un ritratto grottesco dell'America contemporanea, un paese in cui il rapporto con il cibo, il denaro, persino con la morte, è giunto al massimo della distorsione possibile – in cui la ricerca di un vero contatto umano è una vaga speranza impossibile da raggiungere come da accantonare.«I racconti di Orozco scorrono così, sorprendenti, toccanti, spiazzanti. Ti chiedi come andranno a finire. E ogni volta rimani sorpreso perché come Carver, e talvolta persino meglio di Carver, le storie si troncano all'improvviso, oppure si dilatano per anni in poche righe. Come le nostre vite che hanno necessità di qualcuno che le scriva per dare loro un senso. O semplicemente per sottrarle alle imboscate di una provvidenza troppo capricciosa per essere divina.» – Tuttolibri«Impiegati interinali, operai comunali, magazzinieri allo stoccaggio e poliziotti di pattuglia, sono questi gli atterriti personaggi chiamati a popolare le narrazioni di Daniel Orozco; lavoratori – ma non solo – per la maggior parte anonimi, quasi tutti privi di autonomia così come di diritti alla persona, attraversano le parole dell’autore senza mai risultarne coinvolti, ma piuttosto apparendone rapiti quasi fossero, essi stessi, protagonisti esterni delle proprie vicissitudini.» – ilLibraio.itÈ il tuo primo giorno di lavoro. Ti hanno assegnato una postazione, una serie di manuali, una casella di posta, degli orari, dei colleghi. Ce n'è uno che spia nel bagno delle donne, ma non devi farci caso. Un altro che ruba dal frigo, per dimenticare un lutto. Sono tutti come te: compreso il serial killer di cui non devi preoccuparti. A 150 anni da Bartleby, Orientamento ritraduce la tradizione realista americana ossigenandone da capo le ferite. Scrivanie, sale relax, macchinette del caffè, ma anche spogliatoi, mense, supermercati: è la realtà che conosciamo e che ci circonda, che fa da scenario alle nostre routine, offrendo respiro e battito alle nostre vite. La stessa in cui le persone smettono di parlarsi, in cui i nostri disturbi vengono soffocati dal cibo, repressi sotto una divisa o dentro un fisico modellato da ore e ore di corsa. Quella in cui l'unico momento di autentica lucidità e comunione ci è concesso davanti a una donna in caduta libera, messi di fronte a una pistola, negli attimi senza tempo che precedono un'esplosione, in quelli dilatati che scandiscono un terremoto. Con uno stile inimitabile che sembra piegare l'asciuttezza carveriana alle esigenze kafkiane di Barthelme, che non ha paura di abbracciare e rivoltare i gerghi tecnici, che strizza l'occhio a Fantozzi per carica ironica senza mai perdere il desiderio di serpeggiare in aria come un fuoco d'artificio, Daniel Orozco ci offre, stilizzandolo al millimetro, uno dei mondi più verosimili che potrete mai leggere – porgendoci l'unica chiave per orientarsi da umani in questa realtà di calcolatori: perdersi, aprirsi, lasciarsi andare, tollerando quanto più possibile lo strano e l'inevitabile. -
La fiamma dei tuoi occhi
I racconti di un «fuorilegge della letteratura» americana.«Purdy disegna apparenti acquerelli che all'improvviso prendono vita e si incendiano, facendoci sprofondare in una regione inconscia, violenta e primordiale, nascosta sotto il velo dei giorni e della società. ""La gente compera libri non per il piacere connesso alla stimolazione dell'immaginario attraverso la lettura"""", raccontava in un'intervista, """"si aspettano di trovarci emozioni forti e immediate.""""» – Tuttolibri«Purdy incatena il lettore al racconto che, per quanto inquietante e perturbante possa essere, si fa leggere e assaporare come un veleno delizioso.» – Satisfiction.eu«I personaggi di Purdy amano disperatamente e incontrollatamente l’oggetto del loro amore, così come Otello ama sinceramente Desdemona, ma sono dei mostri, le loro più accalorate motivazioni o giustificazioni per quel sentimento che tutto vince sono mostruose e proprio per questo inappellabili, e accettate con fatalismo anche da chi non può che provarne ribrezzo.» – Giordano Tedoldi, Il TascabileDal racconto La fiamma dei tuoi occhi:«Soldier e Beaut sembrano fatti uno per l’altro: Soldier ha trovato un ragazzo su cui riversare tutto il suo amore, Beaut qualcuno che si prenda cura di lui e lo culli nelle notti di New York. Ma un giorno Soldier non rientra a casa, e Beaut è costretto a trovare un nuovo compagno, un pugile con cui però non è lo stesso. Quando infine Soldier torna, nell’inverno più freddo che si ricordi, la verità che si trova davanti non è quella che sembra in apparenza.»Nei racconti di La fiamma dei tuoi occhi, tra i più cupi e visionari della sua produzione, James Purdy mette a nudo con la sua prosa asciutta e tagliente la fragilità, i desideri inappagati che diventano ossessioni, il dolore senza consolazione di certe esistenze ai margini, di uomini che amano e vivono da orfani, sempre costretti a confrontarsi con il lato più grottesco della vita."" -
Io, lui e Muhammad Ali
Sali su un aereo portandoti dietro solo una borsa in cui sono nascoste le ceneri di tuo padre, alla volta di un paese sconosciuto che dovrebbe essere il tuo ma non lo sarà mai. Non proprio una passeggiata. Eppure leggiamo col sorriso, perché tutto ciò che Randa Jarrar tocca sembra assumere una levità che ricorda la protagonista del primo di questi racconti, Qamar, di giorno in equilibrio su una fune senza protezioni al circo di Alessandria e la notte sul tetto di un palazzo a guardare la luna. In bilico fra risate e lacrime, fra realismo e favola, come una Shahrazād impertinente, la voce dell’autrice ci accompagna in viaggio nel traffico del Cairo e fra le macerie di Gaza, in mezzo ai gabbiani anarchici di Atene o nei saloni di bellezza del Michigan. Randa Jarrar dà voce a chi non occupa il centro della scena ma a chi abita le quinte. Come le donne, orientali e occidentali, capaci all’occorrenza di indossare un velo oppure i guantoni di Muhammad Ali per sferrare il gancio decisivo quando la storia sta per finire. -
La moglie di Martin Guerre
Come ti comporteresti se tuo marito tornasse a casa dopo otto anni talmente cambiato da non sembrare più lui? Questa è la storia di come ha reagito Bertrande.«Quando la storia della letteratura del secondo millennio verrà riscritta alla fine del terzo, nella categoria 'miglior narrativa breve' ""La moglie di Martin Guerre"""" verrà paragonata a """"Billy Budd"""" e Janet Lewis collocata a fianco di Herman Melville» – New York Times«""""La moglie di Martin Guerre"""" è fra i romanzi brevi più vibranti che io ricordi» – Evan S. Connell, autore di Mrs Bridge«Leggere """"La moglie di Martin Guerre"""", la storia di una donna pienamente realizzata che si ritrova a vorticare inerme di fronte ai dilemmi imposti dall'amore e dal dovere, è un'esperienza portentosa» – Larry McMurtry, autore di Lonesome DoveBertrande ha poco più di undici anni quando scopre di dover prestare fedeltà a quel bambino, suo marito, che le dorme accanto nel letto di nozze. È un matrimonio il loro che sigilla un patto da tempo agognato fra le due principali famiglie di Artigues, un paesino al confine spagnolo che pare arroccato alle vecchie gerarchie feudali e cattoliche più di quanto non lo sia alle alture dei Pirenei. Eppure nel sangue di quel bambino, in opposizione all'integerrima legge del padre, ribolle qualcosa di simile a un principio d'indipendenza. Per una banale disputa, a pochi anni dal matrimonio, Martin Guerre fugge di casa promettendo alla moglie di far ritorno a breve, quando le ire del vecchio reggente avranno avuto tempo di placarsi. Quel tempo, però, finirà per scorrere inesorabile per la sola Bertrande. Il vecchio morirà, i mesi si tramuteranno in anni, e la vedova bianca allevierà le proprie pene dedicandosi a un figlio creduto ormai orfano di suo padre. Finché un bel giorno, otto anni dopo e senza preavviso, il fantasma di Martin riappare all'uscio – trasfigurato dal mondo e dalle guerre che attanagliano l'Europa, più gentile, affabile, migliore. Ma lo sconosciuto che tutti chiamano Martin Guerre è davvero suo marito?"" -
Consigli per sopravvivere in natura
I racconti contenuti in Consigli per sopravvivere in natura sono storie rinvenute dal passato che proiettano una luce nuova e spesso sinistra sul nostro presente, cautionary tales che ci mettono in guardia da possibili conseguenze. Che ci fanno questionare rapporti di potere e relazioni tossiche e in definitiva ci obbligano a fare i conti col nostro breve passaggio su questa terra. Da sempre Margaret Atwood trasfigura narrativamente i grandi temi che animano i nostri giorni, dalla incombente catastrofe climatica alla questione femminile, e in questo libro riesce a tratteggiare un prontuario per sopravvivere sì in natura, ma soprattutto alla nostra natura, quella di esseri umani.Consigli per sopravvivere in natura? Di sicuro non sembra averne bisogno Kat, una creativa anticonformista che improvvisamente si ritrova messa da parte dopo tanti anni passati a dirigere riviste; la sua terribile vendetta arriverà servita in una sciccosissima scatola di cioccolatini e passerà per un nuovo e più franco rapporto con un corpo che sembra non rispondere più ai comandi. Lo stesso si può dire di Joanne che a forza di leggere romanzetti rosa ormai sa bene come vanno a finire certe storie, persino quando la riguardano. Per non dire di Selena, la poetessa, Susanna, la presentatrice, o Marcia, la giornalista. Anche loro sono sopravvissute. In questi racconti di donne e uomini, Margaret Atwood fa appello a una nostra natura estinta, preservata sotto i ghiacci artici oppure nel fondo di una palude scozzese, o magari intrappolata nei paesaggi immaginifici di una collezione di quadri dove l'anima di una ragazza vaga da quell'estate fatidica in cui scomparve nel nulla al campeggio Manitou.