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La strada delle donne infedeli
"Le donne della nostra strada continuano a vivere nelle case in cui la loro esistenza è cominciata: festeggiano allo stesso indirizzo il loro decimo, trentesimo, cinquantesimo compleanno; portano i mariti nella casa natale e poi sgattaiolano via per incontrare i loro amanti."""" Una strada di Zagabria diventa, allo sguardo indiscreto e pettegolo di una sua abitante, una piccola Peyton Place, in cui tutte le donne, quasi la strada fosse stregata (e forse lo è), hanno uno o più amanti. Un romanzo all'insegna delle fantasie sessuali più sfrenate delle donne che, con l'ironia sorniona di una scrittrice controcorrente, mette alla berlina una certa società patriarcale per la quale solo gli uomini possono godere delle libertà , altrimenti proibite alle mogli." -
Ritratto incompiuto del padre
Ritratto incompiuto del padre (Ebauche du père), Sénac lo immaginava come creazione di lungo respiro, che doveva essere composta da più volumi, nutrita da tutto quello che aveva modellato la sua sensibilità, forgiato il suo essere dolente, appassionato, assetato di tenerezza e di assoluto: da Orano, la città della sua infanzia, alla patria di Lorca della quale portava le scottature del cuore; dalle amicizie illuminanti ai fragili e occasionali, quanto rischiosi, incontri del desiderio; da sua madre, eccessiva nei gesti come nei sentimenti, per quanto silenziosa sull'assenza del padre, a Camus che chiamava hijo mio (figlio mio). Quale che fosse il suo desiderio, Sénac si fermò al primo volume, Per finire con l'infanzia (Pour en finir avec l'enfance) che, cominciato nel febbraio 1959, non fu completato che nell'ottobre 1962, data del ritorno del poeta nel suo paese natale nuovamente indipendente. -
Carcere e fede. Il padre libera i prigionieri
Interrogarsi sulla spiritualità in carcere significa essere capaci di cammino e di ascolto. Nel dialogo cerchi di dire qualcosa di quello che vivi e che credi, ma capisci che in modo inatteso e sorprendente nell'animo dei prigionieri si apre lo spazio per riconoscere la paternità di Dio. Sentire la presenza del proprio Dio rigenera come persone degne della propria dignità. Non sei abbandonato a ciò che accade dentro e fuori di te. Vinci le paure che ti assalgono. Senti una forza che non ti abbandona, un dono di figliolanza prima misconosciuta e poi riaccolta. Anche se nella vita hai sperimentato nella tua famiglia rapporti burrascosi e anaffettivi ora puoi contare su un Padre accogliente, misericordioso. Questo racconta don Virgilio Balducchi, che ha dedicato la sua vita di sacerdote al servizio dei detenuti. Per vent'anni è stato cappellano del carcere di Bergamo e dal 2012 ricopre il ruolo di ispettore generale dei cappellani carcerari italiani. Suor Annuccia Maestroni aggiunge qualche tratto dell'esperienza femminile. -
Mongolia. La terra degli inseguitori di nuvole
Mongolia vuol dire natura selvaggia, praterie senza fine. Un paese sterminato – cinque volte l'Italia – dove metà della popolazione vive in continuo movimento, perché l'essere nomadi fa parta della sua essenza più intima. Un milione e mezzo di persone, metà di tutti i mongoli, vivono ad Ulan Bator nella capitale più fredda del mondo (temperatura media annua -13 °C); gli altri sono nomadi nell'hodoo – la campagna – come vezzosamente chiamano tutto quello che è steppa, deserto, vallate, foreste per migliaia di chilometri intorno. Una presenza umana fondamentale quanto irrisoria (la densità è di nemmeno 2 abitanti per chilometro quadrato, un altro record mondiale). Non poteva che nascere e attecchire qui lo sciamanismo, la religione della natura, dell'estasi e della semplicità . -
Siberia
"La bellezza ci può trafiggere come un dolore"""", disse Thomas Mann, e Luciana Vagge Saccorotti ne è convinta, tenendo tra le mani oggetti meravigliosi creati con zanne di tricheco dalle popolazioni che ci presenta in questo libro e che vivono negli sterminati spazi siberiani. Leggendo, ci soffermiamo curiosi sulle acque nordiche dove nuota, ridendosene bellamente del gelo, il beluga dalla bianca livrea e dal grosso """"melone"""" adiposo sulla fronte. O sul bianco tappeto della tundra dove pernici candide, come la buona porcellana, con gli occhietti scuri ci guardano curiose. L'autrice ci parla della storia attuale e delle antiche leggende di quei popoli aiutata da un mitico personaggio che scende dal cielo sulla terra, entra nella tenda coperta di neve, si acquatta, guarda, ascolta, e poi riferisce, a chi sa ascoltare la voce della tradizione, che essa non serve a conservare le ceneri ma a mantenere viva la fiamma." -
Il confine settentrionale. Austria e Svizzera alle porte d'Italia
Il filosofo Zygmunt Bauman ha detto che “i confini dividono lo spazio; ma non sono pure e semplici barriere. Sono anche interfacce tra i luoghi che separano”. Il confine settentrionale italiano non fa eccezione in questo senso. È linea di separazione ma allo stesso tempo è sempre stato luogo di passaggio, di incontro-scontro tra uomini, lingue, culture e tradizioni. Allo stesso tempo si presenta come un confine duplice per storia e realtà attuale, diviso, come è sempre stato e come è ancora, tra due mondi, quello della Confederazione elvetica e quello dell’Austria nelle sue diverse forme. Inoltre, lo studio del confine settentrionale italiano obbliga a confrontarsi con due ordini di problemi: l’esistenza, o meno, delle frontiere naturali, poiché le Alpi per secoli più che separare unirono le popolazioni di montagna in quanto luoghi di incontro, scambio, comunicazione; e l’esistenza, questa indubbia, di frontiere linguistiche che hanno inciso anche nel processo di costruzione degli Stati e nella quotidianità di queste aree culturali. In questo libro Roberto Roveda e Michele Pellegrini provano a indagare le peculiarità del confine settentrionale, partendo dalla sua storia più antica fino ad arrivare ai giorni nostri, e cercando di mettere in risalto il processo di formazione della linea di confine, le sue trasformazioni ma anche le sue caratteristiche durature nel tempo. Prefazione di Fabrizio Panzera. -
Aggressività e violenza maschile al tempo della globalizzazione
Il mondo maschile sta affrontando nel terzo millennio una regressione mentale e comportamentale grave e generalizzata, portatrice di aggressività e violenza diffusa e trasversale ovunque nel Mondo. I rapporti umani si caricano di una profonda, complessa e arcaica distruttività , ove le donne, l'infanzia e i soggetti deboli pagano un prezzo alto, trovandosi al centro di queste energie represse e mai educate. Per l'autore, l'aggressività e gli esiti conseguenti appaiono un correlato tra fattori biologici-psicologici-sociali il cui meccanismo appare inceppato a vari livelli. Il volume offre una ""mappa orientativa"""" densa di nuove argomentazioni, integrate tra pensiero psicoanalitico, neuroscienze e psicologia sociale, che costituiscono la nuova frontiera dell'indagine scientifica. Un linguaggio asciutto e comprensibile, capace di innescare un pensiero riflessivo rivolto a tutti, educatori, professionisti, cittadini, ha l'ambizione di scalfire un quotidiano umano spesso anestetizzato e travolto dalla nuova """"banalità del male"""", che si alimenta anche delle molte forme di """"demenze digitali"""" indotte dalla globalizzazione."" -
Il paese degli orchi. Crescere una figlia difficile
Dopo il primo anno di vita la figlioletta aveva manifestato comportamenti rigidi e scoppi di rabbia incontrollabili. Mostrava la sua collera graffiando, dando testate alle persone oppure scagliandosi contro il muro. Era risultato sempre arduo sospendere i suoi isolamenti, convincerla a obbedire senza energiche resistenze da parte sua. La bambina non aveva mai mostrato una naturale motivazione per la condivisione, per l'interazione con gli altri, per imparare cose nuove. Si isolava anche in classe o quando si trovava in compagnia di qualche amichetto. Durante i primi anni della scuola dell'infanzia era stata attratta dalla manipolazione, ma piano piano l'interesse era diminuito e alla fine scomparso quasi completamente. Allo stesso modo, in un breve lasso di tempo era svanita anche la passione per i colori. Mentre i bambini iniziano a comunicare ancor prima di saper parlare guardando quello che fanno le persone che li circondano, condividendo esperienze, pensieri ed emozioni, Elena non aveva mai imitato nessuno. Non tollerava le proibizioni e non accettava gli insegnamenti, neanche dalla mamma. Le sue reazioni erano spesso esagerate, i rinforzi sembravano inutili e anticipare le crisi non era sempre possibile. Con il trascorrere del tempo la diversità tra la figlia e gli altri bambini era sempre più evidente: non giocava, i giochi erano insignificanti e senza finalità , i tempi di attenzione duravano pochi secondi, mugolava in continuazione non trovando piacere in nulla di sensato e funzionale. Inoltre, cresceva il suo disagio, e l'incapacità di comprensione la rendeva irrequieta e poco disponibile a qualsiasi tipo di proposta. Era ostinata a seguire quella sua logica spesso incomprensibile. Negli ultimi tempi, per esempio, quando nella loro abitazione iniziava a regnare l'oscurità della sera, Paola si doveva armare di tutta la sua pazienza dal momento che Elena preferiva rimanere avvolta dalle tenebre invece di accendere l'interruttore. -
Non ne sapevo niente. Serbia 1995, Danube Mission le rivelazioni di un Basco Blu
Era il 1995. Con pusher e navi, sul Danubio si tentava ancora di violare l'embargo contro l'ex Jugoslavia in guerra. Gli unici controlli erano fatti dai Baschi Blu della UEO. Ed Ernesto Berretti era uno di loro. E, come racconta, non sapeva niente della guerra nei Balcani, al pari di altri suoi commilitoni. La base della Missione era a Calafat, a sudovest della Romania appena uscita dalla dittatura di Ceausescu. Lì si viveva a ritmi slabbrati come elastici di vecchie mutande. Se Calafat fosse stato un pugile, sarebbe stato stretto alle corde (il Danubio) dal suo avversario (i Rom); sarebbe finito al tappeto malamente; e l'arbitro (lo Stato) non avrebbe iniziato la conta. Solo i secondi al suo angolo (i soldati della Missione) avrebbero potuto salvarlo, gettando la spugna. Calafat era destinato a vivere una vita senza vittorie. Come Dana, Adrian, Florin, Agatha, Magda e Whiter: vite senza vittorie, le cui figure sono ben tratteggiate dalla penna dell'autore, che ben s'immerge, con grande forza e resa emotiva nella situazione del tempo, così anche raccontando la vita, il lavoro, i rischi dei soldati in missione all'estero, lontano da casa. Lo fa a tutti noi, che non ne sappiamo niente. -
Indagine su Eichmann. Il boia nazista, nel dopoguerra, nascosto per anni in Italia. La storia, i luoghi, i complici
Il boia nazista, nel dopoguerra, nascosto per anni in Italia. La storia, i luoghi, i complici Articoli, libri, trasmissioni televisive hanno sempre affermato che Adolf Eichmann, subito dopo la guerra sia fuggito in Argentina. Invece per ben quattro e più anni uno dei maggiori responsabili operativi dello sterminio degli ebrei nella Germania nazista visse nascosto e indisturbato in Italia, e precisamente in località dell'Appennino tosco-emiliano, in centri dove maggiore fu lo scontro tra i nazifascisti e i partigiani. A indagare su questa pagina di storia e interessi più o meno criminali che complicità nazionali e internazionali hanno fatto sì che venisse rimossa ci ha pensato Fabio Galluccio con le armi, se non del ricercatore di professione, con quelle di un ostinato democratico amante della verità , dando così vita a un saggio che ha i contorni del giallo, tanti e tali sono i misteri nei quali si è imbattuto e che avvolgono il soggiorno italiano di Eichmann dal 1946 al 1950. L'autore non si sottrae nel denunciare complicità , ragioni di stato e le implicazioni, non secondarie, del Vaticano, con verità finora inedite al cui gioco del silenzio l'autore si è ben guardato di stare. -
Anestesia letale
Qualcuno si diverte con un bisturi ad aggredire e colpire di sorpresa il personale dell'ospedale centrale di Nottingham. Il primo ad essere colpito, fuori dell'ospedale, è un medico internista che da qualche tempo ha una relazione con un'infermiera. I sospetti cadono sul precedente fidanzato di quest'ultima, un giovane praticante al secondo anno di università. Interrogato dalla polizia il giovane, ricco e viziato, se la cava con arroganza e avvocati di famiglia. Ma fino a quando? Il caso è in mano all'ispettore Charlie Resnick della polizia di Nottingham, il personaggio creato dalla penna dello scrittore inglese John Harvey. -
Incidente sul lavoro
L'assassinio di un uomo dalle amicizie particolari tra il sottobosco di una Milano sconosciuta e i margini della cosiddetta società rispettabile. -
Io mi chiamo Miguel Enriquez
Il più classico degli inizi per una storia che classica non è. Una stazione dei carabinieri, una notte di temporale, un uomo che sembra ricordare Il proprio nome. Un mistero crescente attraverso il quale la storia di un paese martoriato come il Cile, bussa, con le sue mani insanguinate, alla porta del maresciallo Massimo Alatri, Max per gli amici e svela i retroscena di un delitto dimenticato. La ricerca, la caccia e L'uccisione da parte della DINA, la feroce polizia segreta di Pinochet, di un uomo che credeva nelle proprie idee e nella liberazione dell’umanità. Un fatto di sangue epico, dove cacciatore e preda, per uno scherzo del destino, portano lo stesso nome: Miguel. Con una narrazione fatta di salti temporali e sequenze cinematografiche, Tagliaferri assolve quello che per Derek Raymond, il maestro inglese del noir, è uno dei compiti principali dello scrittore: “misurare ciò che è stato dimenticato”. Il racconto porta la prefazione di Emilio Barbarani, Segretario di Legazione presso l’Ambasciata italiana di Santiago del Cile al momento dei fatti attinenti “Io mi chiamo Miguel”, che lo stesso ha raccontato nel suo libro ""Chi ha ucciso Lumi Videla"""" (Mursia, 2012). Barbarani, successivamente, è stato Ambasciatore italiano presso la stessa Ambasciata. Corredano e integrano il romanzo, tanto da potersi considerare due precedenti capitoli dello stesso, i racconti Al Amara e La linea; in essi il protagonista, Max Alatri, muove i suoi primi passi tra assassini, criminalità organizzata e colletti bianchi. Alla ricerca della sua personale idea di giustizia, inscindibile da quella, troppo spesso relativa, di verità. Prefazione di Emilio Barbarani."" -
Una vita in secca
"Una vita in secca"""" racconta un breve viaggio di un medico veneziano, di origini istriane, sparito in un incidente aereo. Un medico che ama la letteratura e approccia la scienza medica con spirito filosofico, come trapela dal suo diario romanzato che viene trovato fra le cartelle cliniche dei suoi pazienti e recapitato ad un suo amico negli Stati Uniti. Lo sfondo della storia di Davide Santin, questo il nome dell'alter ego inventatosi dal medico, è la frontiera. Il mondo di Davide non può esistere senza la frontiera, così come non può esistere senza la morte. Ti ci imbatti ovunque, a qualsiasi latitudine geografica o temporale. Dentro una stravolta roccaforte di frontiera ex-jugoslava e ora slovena, che l'autore chiama Castello-Kastel, o nelle paludi della Louisiana. Ma il vero filo conduttore del libro è l'acqua. Il mare con le sue maree e i disagi di chi vive l'attrito con il diverso che caratterizza tutte le frontiere." -
Sara è scomparsa
Arianna arriva per una vacanza sull’isola greca di Naxos dove vive sua sorella Sara, archeologa di professione. Erano d’accordo che Sara sarebbe venuta a prenderla al porto, allo sbarco dal traghetto, ma non si fa vedere... -
C'ero una volta
Benedetta De Vito è una scrittrice e giornalista che, per quanto ancora giovane, ha avuto una vita ricca di esperienze, sentimentali e professionali, che l’hanno segnata sicuramente nel bene. Ma c’era qualcosa in lei che, lo sentiva, non andava, un senso di imperfezione che voleva assolutamente correggere. “La mia vita era in fiamme” scrive. Così si è messa in viaggio, in cerca di una meta della quale lei stessa non aveva idea. Poi l’incontro con Beata Elisabetta Canori Mora e quindi con Santa Caterina, che l’hanno instradata nella fede, donandole la pace del cuore. Questo libro è il racconto della sua ricerca, in un confronto con le due sante che è molto coinvolgente sul piano esistenziale e culturale anche per un non credente. Perché, se è vero che la religione cattolica le ha offerto gli strumenti per condurla alla fede, è anche palese che, come leggeremo attraverso la sua prosa non esente da momenti di alta poesia, l’autrice non la vive come un piatto già pronto e cucinato come per la maggioranza dei fedeli che la seguono, ma in lotta continua col dubbio. L’itinerario percorso da Benedetta De Vito, per altro molto colto, presso le bambine di Dio, ci ha dato un libro molto bello proprio per questa lettura personale e profonda che anche il più laico di noi può apprezzare per la luce di verità che trasmette, segnando un cambiamento dopo il quale poter dire, mutuando, per la sua storia, dall’inizio di tutte le favole “C’ero una volta”. -
Il treno da Mosca
L’avvocato Lucio Manacorda, io narrante di questo romanzo, è uscito di recente da una grave crisi esistenziale e professionale. Ora è riuscito a riprendere in mano la propria vita, ma sente di dover affrontare ancora un’impresa per uscire dalla sua personale prigione. L’occasione si presenta quando gli capita di trovare sul treno una vecchia copia del romanzo Lucien Leuwen di Stendhal, in tempi lontani appartenuto a Lorenzo Stefani, un ufficiale italiano perso nel caos dell’8 settembre 1943, deportato in Germania... -
Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica
«La storia che mi accingo a narrare mi sembra più interessante di un romanzo, ma non è un romanzo. È il racconto dei fatti salienti della vita di un uomo di mare che ne passò di cotte e di crude sia in mare che sulla terraferma. Ma l'eccezionalità del racconto, a parte le numerose avventure, ora divertenti ora drammatiche, sta nel fatto che con esso scorrono tutti gli eventi salienti del secolo scorso. Dalla rivoluzione russa all'avvento del fascismo e del nazismo, dagli anni del proibizionismo alla crisi del '29, dai drammi delle migrazioni per le Americhe alla guerra nel pacifico e così via, fino al dopoguerra. Il protagonista è un dalmata, anzi lo era, perché dal 10 febbraio 1998 le sue spoglie riposano nel cimitero di Fiume, la città marinara nella quale – dopo una gioventù tutta avventurosa ""poté crearsi una famiglia ed ebbe un porto di approdo per oltre mezzo secolo, gli ultimi anni di una lunga e spericolata vita protrattasi per nove decenni"""".» (Giacomo Scotti)"" -
La gatta persiana
Con l'Introduzione di Francesco De Nicola sulla nascita del ""giallo italiano"""" Alessandro Varaldo è nome di spicco del giallo italiano, da molti considerato il padre dello stesso per essere stato il primo autore italiano pubblicato nella collana dei Gialli Mondadori con il suo romanzo Il sette bello nel 1931. Con questo libro nacque la figura del commendator Ascanio Bonichi, il commissario di Polizia un po'bonaccione, ma furbo come una volpe, dall'aria vagamente maigretiana. """"La gatta persiana"""", che qui presentiamo, è il terzo romanzo in ordine di una lunga sequenza di titoli che l'autore ligure pubblicherà con grande successo tra le due guerre, anch'esso uscito nei Gialli Mondadori nel 1933. Qui, il commissario Bonichi è affiancato dal detective di Polizia Gino Arrighi che, qualche anno dopo, diverrà protagonista dei libri di Varaldo in qualità di detective privato. I personaggi principali della vicenda, oltre al Bonichi e all'Arrighi, sono sicuramente la gatta persiana, appartenuta al primo assassinato e accolta in casa da Gino Arrighi, con esiti del tutto imprevedibili, e l'arma usata per l'omicidio: una """"misericordia"""". Anche in questo, come in tutti i romanzi di Varaldo i colpi di scena hanno molto di teatrale, considerando il suo mestiere di commediografo, di tale levatura da prendere il posto di Silvio D'Amico nella direzione dell'Accademia d'Arte Drammatica nel 1943."" -
La professoressa Da Ros
L'equinozio di primavera, il giorno che segna l'inizio della bella stagione, spinge con forza un'intera classe a marinare la scuola. Un gruppo di ginnasiali, anche con l'inconsapevolezza tipica dell'adolescenza, vuole sentirsi libero di interpretare quel cambiamento che già si avvertiva pulsare nell'aria, nella musica, nella società di quegli anni, nel momento in cui il buio lascia spazio alla luce, vera e propria metafora di quel periodo. Per quei ragazzi un Illuminismo astronomico! Ma la fuga della Quinta A assumerà dimensioni ""epiche"""", costringendo le giovani vite di quella classe ad affrontare difficoltà che nessuno di loro poteva immaginare e che, attraverso incalzanti esperienze formative, porterà quei giovanissimi a crescere e a misurarsi con il mondo degli adulti nell'ultimo, difficile trimestre di un anno indimenticabile. Indimenticabile come l'amicizia che lega i cinque protagonisti di """"Chinese Cafè"""" che si ritrovano, ormai grandi, dopo gli anni del liceo nello stesso locale dove trascorrevano le giornate da ragazzi a stringere quel legame che ancora dopo molto tempo li fa sentire uniti. Ed è proprio un forte legame tra vecchi compagni di classe che nell'ultimo scritto, """"Bridge"""", diventa il protagonista principale del racconto, a rimarcare come i sentimenti, a dispetto degli anni e delle vite, mantengano una forza irrazionale e sorprendente.""