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Bob Dylan in Italia. Un fantastico viaggio in 100(uno) concerti
La prima volta fu nel 1984. L'ultima deve ancora venire, perché il Never Ending Tour del premio Nobel Bob Dylan non accenna a rallentare e include sempre più spesso l'Italia nel suo infinito percorso giramondo. ""Bob Dylan in Italia"""" è il libro che mancava, perché mai prima si era tentato di storicizzare — con parole, date e immagini — i tanti, indimenticabili passaggi dell'artista di Duluth nel nostro paese. Non si tratta però tanto di elenchi e schede, ma piuttosto di un lungo racconto, in cui la descrizione dei singoli eventi è arricchita da aneddoti e curiosità, dalle reazioni del pubblico e dai commenti della critica specializzata, oltre che dall'opinione degli autori, i quali hanno assistito personalmente alla maggior parte dei concerti presi in esame nel libro. Il risultato è un saggio illustrato di ampio respiro su Bob Dylan e la sua arte, e si propone come un punto di riferimento non solo per le migliaia di spettatori che hanno potuto assistere ai concerti di Dylan nel nostro paese, ma anche per coloro che lo hanno visto suonare una volta soltanto o che non hanno mai assistito a un suo concerto, perché leggendo queste pagine avranno la possibilità di scoprire tanti aspetti del più grande genio musicale vivente."" -
Queen in Rocks. Tutte le canzoni dalla A alla Z
"Queen in Rocks"""" ripercorre le 190 canzoni che hanno scritto insieme Freddie Mercury, Roger Taylor, Brian May e John Deacon. Con singole schede disposte in ordine alfabetico, è sì uno studio sistematico, ma racconta aneddoti e curiosità, e getta luce sul significato che si cela dietro grandi opere, piccole canzoni pop e album compositi. Di ogni brano si profila una spiegazione, parlando di musica e testo e della compenetrazione tra questi, senza tralasciare il valore dei videoclip e dei concerti. Inoltre ogni canzone è presentata con una scheda che indica valore artistico, fama raggiunta, album di riferimento, autore, genere, l'eventuale presenza di un videoclip e persino di un pezzo gemello: quasi ogni brano è infatti associato a un altro di cui sembra essere o lo specchio compositivo o il rifacimento. """"Queen in Rocks"""" è un libro che può affascinare il lettore comune, rivelando mondi improvvisi su canzoni che si canticchiano inconsapevolmente, ma anche soddisfare i fan più esigenti con intuizioni musicali e rivelazioni filosofiche. Il volume è infine uno strumento di consultazione e unta guida critica per il rock, per mostrare ancora una volta la profondità di un'opera spesso sottovalutata." -
Enciclopedia del rock
Oltre 1.600 schede biografiche: gli artisti, i gruppi, i produttori e i discografici che hanno fatto e continuano a fare la storia del rock. Formazioni e discografie ufficiali, con oltre 20.000 album citati. -
Lady Gaga. La seduzione del mostro. Arte, estetica e fashion nell'immaginario videomusicale pop
Star internazionale e brand commerciale che ha costruito un autentico impero finanziario, Stefani Germanotta alias Lady Gaga domina da una decina di anni l'orizzonte della popular culture; ereditata la corona dalla regina Madonna, Gaga ha saputo rinnovare l'immaginario pop, coniugando provocazione e sperimentazione visiva, i linguaggi dell'alta moda e le arti visive. In piena logica postmoderna, androginia e neostoria, post-human e blasfemia partecipano a una spirale vertiginosa finalizzata ad alimentare il potenziale di seduzione, una seduzione amorale che adotta come tecniche di attrazione l'eccesso e il parossismo visionario più che la dimensione erotica, il morboso e l'anamorfico più che la bellezza, l'alieno e il mostruoso più che il glamour. Come risulta evidente nella sua produzione videomusicale, che come per i servizi fotografici annovera i migliori professionisti e creativi del settore, nella sua ricerca Lady Gaga ha lavorato sempre sulla polarità tesa tra concetti inconciliabili: amore/odio, nascita/morte, naturale/artificiale, umano/inumano. Attraverso l'analisi dei suoi video, facendo riferimento all'outfit, al fashion design e all'apparato estetico complessivo (dalle scenografie alle coreografie, dalle tecniche di ripresa alle ambientazioni), questo importante saggio mette in evidenza come proprio il videoclip musicale, testo postmoderno per eccellenza, si dimostri non solo una delle modalità espressive più efficaci del circuito massmediale contemporaneo, ma soprattutto uno degli ambiti più produttivi di rinnovamento estetico. -
Dance per la mente. Estetica ed evoluzione culturale dell'intelligence dance music
Cos'è l'Intelligent Dance Music? Come ha fatto un genere di musica elettronica, partito da una nicchia ristretta di artisti nel Regno Unito, a soverchiare valutazioni storiche sulla musica da ballo? Lo sviluppo di quella che venne molto presto definita da critica e appassionati ""dance per la mente"""" è il racconto, che si colloca agli albori degli anni Novanta, della fine di un ciclo e l'inizio di una nuova era. La cosiddetta IDM, nel giro di pochi anni, porta all'interno della cultura da club un'idea completamente rivoluzionaria, ponendo i propri obiettivi sull'estro di una composizione che riesce a fare a meno dei canonici particolari della dance, pur essendone per caratteristiche direttamente associata. L'ascesa repentina della Warp Records di Sheffield - da cui gran parte del movimento """"brain dance"""" deriva - crea talenti in grado di rendere una musica così complessa e singolare un prodotto d'ascolto, adatto anche a chi non aveva mai varcato la soglia di un club prima d'allora. Artisti come Aphex Twin, Boards of Canada, Autechre e The Orb sembrano inconsciamente - eppure abilmente - apprendere tecnicismi e prerogative di composizioni dalla storia: da Beethoven ai Kraftwerk, passando per Luciano Berio e Brian Eno, il metodo viene convertito in una nuova rivoluzione stilistica. Le loro intuizioni finiranno presto per contaminare anche il modo di pensare e di evolversi di un pop che cambierà gli anni Novanta."" -
Fuori campo. Storie e personaggi nelle canzoni dei Modena City Ramblers
Non c'è un termine esatto per definire questo libro: esegesi è troppo formale e ingessato; i testi delle canzoni vengono presi in considerazione per essere ampliati, non spiegati. Anche biografia non è corretto: i Modena City Ramblers fanno sì da sostegno al racconto, che è scandito dai loro lavori, ma ne sono co-protagonisti, non attori unici. Loro stessi ne hanno scritto la traccia, disseminando di riferimenti il proprio percorso artistico. E allora l'intento del libro è di creare un percorso fra le storie contenute nei testi, mettendo in connessione luoghi, personaggi, avvenimenti. Capita così di trovarsi a viaggiare assieme a Emiliano Zapata o Nestor Serpa Cartolini, di leggere di Enrico Mattei e trovare subito dopo Pinelli; si racconta di Bobby Sands come di Peppino Impastato. Tutto scorre in questo sincretismo culturale, in questa santeria laica: le canzoni dei Modena City Ramblers sono al tempo stesso il motore di questo lavoro e il carburante, sono la passione che alimenta la conoscenza, sono la poesia delle lacrime per i torti subiti e di quelle versate quando c'è da festeggiare. Leggere ""Fuori campo"""" è come viaggiare in una via Emilia che passa dall'Irlanda, per proseguire in Sud America e diramarsi poi fra tutte quelle terre dove ci sono frontiere da superare, muri da abbattere, speranze da raccontare. Leggere """"Fuori campo"""" vuol dire ascoltare le canzoni col pensiero, viaggiando fra sogni e delusioni, conquiste e sconfitte, desideri e utopie."" -
Born on the Bayou. La storia dei Creedence Clearwater Revival
I Creedence Clearwater Revival rappresentano la quintessenza del rock’n’roll. Un rock essenziale e stringato che ha il marchio indelebile di quel piccolo genio di John Fogerty e dei suoi compagni di viaggio. Negli anni a cavallo fra i Sessanta e i Settanta, i Creedence hanno interpretato l’ala moderata del San Francisco sound e della California, un gruppo atipico sia musicalmente sia filosoficamente. Eppure sono stati la punta di diamante dell’industria discografica, abili come nessun altro a confezionare meravigliose canzoni senza tempo a 45 giri così come in Lp di straordinario impatto artistico, sonoro ed emotivo. La formula era semplice: pochi fronzoli, arrangiamenti secchi e precisi, la voce di gola ruvida e arrabbiata, una sezione ritmica pulsante e coinvolgente, un ritmo forsennato che si rigenera mescolandosi alle paludi della Louisiana, al blues del Mississippi, alle ballate epiche, al country del Sud e ai trip lisergici della baia. Il loro sound è un concentrato di emozioni epidermiche con ritornelli immortali come quelli di Proud Mary e Born on the Bayou. Questo doveroso omaggio al gruppo californiano vuole essere un libro esaustivo e definitivo che, oltre a una lunga biografia e a una dettagliata discografia, contiene le schede dei dischi, le collaborazioni, le cover italiane e internazionali, un albero genealogico, la lista di tutti i concerti, i brani apparsi nei film e nelle colonne sonore, i più svariati piazzamenti nelle classifiche di vendita, fatti e antefatti, curiosità e aneddoti. -
Robert Wyatt. Folly bololy. Testi commentati
Robert Wyatt è una figura emblematica per comprendere l'evoluzione lirica e musicale dei decenni successivi al secondo conflitto mondiale. Puramente inglese nella sua quieta disperazione, dotato dell'infantile capacità di giocare con la verità e incline alla visione laterale, alla sperimentazione non fine a se stessa, al dadaismo e alla curiosità politica e sociale, Wyatt è una lente variopinta attraverso cui guardare per comprendere le spinte che animano un uomo solo e la sua volontà all'interno di una società rumorosa, esaltante, opprimente e conflittuale. Bambino attratto dalle possibilità creative della musica nel fiabesco reame di Canterbury, si troverà tra Londra e gli Stati Uniti a lavorare spalla a spalla con le massime personalità musicali del suo tempo: da Jimi Hendrix a Brian Eno, da Bjórk a Daevid Allen. Formerà un gruppo di inquieta sperimentazione come i Soft Machine, e come solista affiancato da amici talentuosi darà vita a opere che splendono di luce propria. Un uomo mutante nella forma e nei contenuti, dalla personalità oscura e luminosa, che abbraccia linguaggi altrui per formarne uno proprio, assoluto e inconfondibile. Dall'ascolto di una musica fatta di suoni liberi associati a canoni variabili, e dei testi — liberi pensieri associati a lettere e parole nuove — si traccia un percorso che a partire dall'uomo-artista Wyatt, bipede batterista e autore incatenato, abbraccia la sua società e il suo tempo, del quale egli si è fatto voce cristallina, spezzata e sincera. -
Cantattori. Dal set al microfono con «dignitoso» furore
Un approfondito ""viaggio a tappe"""" tra le stelle del cinema, della televisione e del teatro che si sono ritagliate, tra badilate di colleghi talvolta insulsi ma esaltati da astute e costose campagne commerciali, anche una credibile e sincera carriera parallela tra sala d'incisione e palcoscenico. Dai trionfi del Rat Pack alla dedizione pianistica di Hugh Laurie e alla carica selvaggia di Juliette Lewis; dai lodati tour di registi come Woody Allen, Emir Kusturica e John Carpenter fino a insospettabili virtuosi come il pluripremiato Steve Martin o il talentuoso della sei corde Billg Bob Thornton; da Judy Garland e Jayne Mansfield fino a Ilona Staller, Whoopy Goldberg o Scarlett Johansson. Solo per fare qualche nome. Niente operazioni da ascensore o da corridoio di centro commerciale (benché, per amor di completezza, vengano qui citate anche queste figure secondarie), ma soltanto artisti realmente dotati """"anche"""" nel ruolo di musicisti, autori e/o cantanti, protagonisti di incisioni di indubbio valore e motivati da autentica passione. Decine e decine di nomi, stranieri e italiani (a questi ultimi viene riservata un'apposita sezione: da Alberto Sordi, Renato Rascel e Totò passando attraverso il poliedrico Bud Spencer e il batterista professionista Massimo Boldi per arrivare fino al rocker Claudio """"Greg"""" Gregori, all'intimistica Violante Placido, al devoto Marco Giallini o al massiccio compositore Stefano Fresi, dei quali viene ripercorsa la carriera artistica dietro al microfono e sui palchi, aggiungendo anche elementi relativi alla discografia e alla storia personale. Vogliate gradire!"" -
Politics. La musica angloamericana nell’era di Trump e della Brexit
«Il libro analizza a fondo le dinamiche musicali - e politiche - degli ultimi decenni, soprattutto rispetto alle cosidette ""canzoni di protesta"""" contemporanee negli USA e nel Regno Unito.» - La Repubblicarn«Gli anni 60, Trump, la Brexit. Un percorso attraverso le mille descrizioni dei cambiamenti politici e sociali raccontati nelle canzoni. Dalle invettive di Bob Dylan e Sex Pistols fino alla rabbia del grime e alla denuncia colta di Kendrick Lamar» - Robinson, La RepubblicarnLa musica ha sempre avuto la capacità di descrivere i cambiamenti sociopolitici che attraversano determinati periodi storici. Gli ultimi anni non fanno eccezione: eventi che stanno segnando le dinamiche sociali come l’elezione di Donald Trump e il referendum sulla Brexit sono due estremi che intersecano problematiche legate alla questione razziale, al tema del gender e all’abuso di potere a sfondo misogino, all’era della post-verità e alle reazioni contro gli attacchi terroristici internazionali. Politics. La musica angloamericana nell’era di Trump e della Brexit prova ad analizzare la connessione tra gli accadimenti storici che stiamo vivendo da vicino e un’intensa e variegata produzione musicale che accomuna le due sponde dell’oceano Atlantico. Si tratta di una reazione estetica e concettuale figlia di un passato che va dalla controversa iconoclastia dei Sex Pistols alle ribellioni elettriche contro l’intervento in Vietnam di Jimi Hendrix, passando per le invettive politiche di Bob Dylan e le provocazioni anti-Thatcher degli Smiths. Gli eredi di questa tradizione si muovono attraverso un intricato presente incastrato tra accelerazionismo e realismo capitalista, rivestono la canzone di protesta di nuovi significati, alla luce di un futuro che è già passato e diventa retromania, e cercano punti fermi per una società liquida segnata dalla crisi finanziaria del 2008. I vincitori dei Grammy 2018 Lcd Soundsystem e National, PJ Harvey, Moby, Algiers, Kendrick Lamar, i rapper del grime e della trap, e tanti altri ancora, ci mostrano come quella che stiamo vivendo sia un’era di incertezze ma, allo stesso tempo, di opere dal forte significato umano e sociale."" -
Elettronica hit-tech. Introduzione alla musica del futuro
"Retromania"""", il celebre libro di Simon Reynolds del 2011, spiegava come grazie all'avvento di Internet tutto il mondo si fosse ritrovato tra le mani un grandissimo archivio che forniva la possibilità di accedere al passato in maniera semplice e veloce, generando la più forte esplosione revivalistica degli ultimi 15-20 anni. Forse per risposta alla provocazione, o forse semplicemente perché erano maturi i tempi, da quell'anno una copiosa serie di uscite futuristiche e dalle sonorità ultratecnologiche ha trovato il modo di mettere in discussione la tesi di Reynolds. Quello che è successo dal controverso Far Sede Vertual di James Ferraro, vera e propria pietra miliare che ha incoraggiato l'avvio del genere, a Garden of Delete di Oneohtrix Point Never, che è evidentemente un punto di non ritorno, ha assunto importanza tale da spingere il critico Adam Harper a rinominare il tutto col nome """"Estetica hi-tech"""". È infatti un vero e proprio macrogenere, che spazia dall'eleganza da sound designer dell'ambient per arrivare al furore anfetaminico della gabber, passando per il grime e addirittura il pop. Porre l'obiettivo di tratteggiare un quadro generale di questo movimento significa inevitabilmente parlare dell'elettronica pre-2011, quindi degli Autechre e di etichette come Hyperdub, Warp, Raster No-ton, Mille Plateaux, Editions Mego, per poi presentare e discutere ampiamente la discografia dei protagonisti degli anni che vanno dal 2011 a oggi, considerando il loro interesse per l'aspetto politico, sociale e filosofico. Prefazione di Valerio Mattioli; introduzione di Manlio Perugini; postfazione di Demented Burrocacao." -
Pearl Jam. Still alive. Testi commentati
Diventare grandi quando si viene da una piccola città è un peccato di quelli che non si perdonano facilmente. Lungo più di vent’anni di carriera, e senza inciampare in grandi cambi di formazione, i Pearl Jam si sono guadagnati l’etichetta di “U2 del grunge”: definizione non priva di malizia, specie se usata da chi in quel movimento aveva visto l’ultima grande rivoluzione “dal basso” nella storia del rock. Una scena giovane e dal forte senso etico, che mai avrebbe dovuto sporcarsi le mani con le grandi arene e i grandi incassi. E invece... ""Still alive"""" ripercorre la storia del quintetto americano, dalle origini nei primi anni Novanta al recente ritorno con Lightning Bolt, attraverso i testi di Eddie Vedder, che del gruppo è da sempre voce e primo autore. Nelle sue parole ritroviamo la rabbia e i dolori della giovinezza, le ansie per un successo arrivato troppo in fretta, prima rifuggito e infine accettato alle proprie condizioni; le tentazioni eremitiche contro la vocazione politica di chi si ritrova, suo malgrado, a fare da megafono a un’intera generazione; in ultimo, anche la sindrome del sopravvissuto. Più che i Santoni del grunge, i Pearl Jam sono “quelli che non sono morti” e che hanno proseguito a percorrere la stessa strada, lasciandosi alle spalle molti compagni di viaggio."" -
Bowienext. Interviste, ricordi e testimonianze sull'Uomo delle Stelle. Ediz. illustrata
Ma ci ha davvero lasciati David Bowie? Non si direbbe, dando un’occhiata a tutte le iniziative sorte intorno al suo nome e alla sua opera dal 10 gennaio 2016. Anche l’Italia ha dato il suo contributo con il film ""Bowienext"""" di Rita Rocca andato in onda il 13 giugno 2018 su Rai 5, e in versione streaming sul sito di Rai Play. Si è trattato di un labour of love della regista, che usando il web e i social network ha chiesto ai fan di tutto il mondo di mandare dei contributi video (cortometraggi, animazioni, testimonianze di vita, spettacoli teatrali, performance, brani originali dedicati all’artista). Nato come progetto indipendente dal respiro internazionale, nel corso di due anni di lavorazione """"Bowienext"""" si è arricchito anche di interviste a musicisti/artisti che hanno lavorato o che hanno conosciuto David Bowie, e critici musicali che ne hanno approfondito l’opera. Questo volume, oltre a essere un “companion piece” di """"Bowienext"""", mira a presentare un panorama più completo, includendo spezzoni di interviste, immagini, testi di canzoni, poesie e racconti che per ragioni di tempo e di opportunità non è stato possibile inserire all’interno del film. Il libro è anch’esso, come il suo “compagno”, una sorta di cutup e ci si augura che sia ugualmente – sebbene diversamente godibile."" -
The Who. A little million memories. Ricordi di una rock'n'roll band
La prima cosa cui solitamente si pensa quando si ascoltano gli Who è il movimento. Non inteso come generica variazione di moto, ma un movimento sempre e specificatamente incalzante, incessante, sostenuto. In gergo Mod si direbbe ""Action""""; perché sì, gli Who, pur non essendo Mod, dell'essere Mod avevano quell'attitudine a collocarsi sempre un poco più avanti rispetto a un tempo tanto musicale quanto storico e sociale. Sempre più urgenti nell'esecuzione, sempre più esigenti nello sviluppare e nel superare continuamente certi stilemi, gli Who declinano azione e movimento in una maniera completamente inedita. Erano, in questo senso, un'entità proteiforme, in cui i mulinelli di Pete Townshend, le pose drammatiche di Roger Daltrey, lo stoicismo inquieto di John Entwistle e il drumming incessante dí Keith Moon conquistavano prepotentemente l'attenzione del pubblico durante i concerti. C'è stato un periodo, nella carriera degli Who, in cui questo tratto naturale si afferma come non mai. Questo libro intende concentrarsi proprio su quel momento, sviluppandosi ìn due modi: approfondendo e analizzando criticamente il periodo di massima crescita degli Who, identificato tra il 1967 e il 1974, e avvalendosi di una vasta raccolta di testimonianze esclusive che riguarda tutta la carriera della band, dalla prima formazione come High Numbers nel 1964 fino alla morte di Keith Moon nel 1978. Materiale inedito fornito da amici del gruppo, promo-ter, fotografi o semplici spettatori: scatti rubati, racconti dai backstage, pagine di diari privati, polaroid e super8, racconti di giornate passate in compagnia dei quattro musicisti. """"Migliaia di piccoli ricordi"""" legati a quegli anni in cui gli Who sembravano mutare continuamente, più veloci di quel tempo stesso che li stava giocando."" -
Us and them. La distopia rock dei Pink Floyd
Quella dei Pink Floyd è una vicenda ancora oggi difficile da definire: ricca di lati oscuri, fratture emotive e cicatrici interiori mai rimarginate. Dietro la nozione di pinkfloydiano, ormai imprescindibile, si annidano suoni, parole, immagini e ossessioni, che hanno dato adito a molteplici letture in cui talvolta è annegato il tentativo di capire cosa ci fosse realmente dietro “il muro”. Questo è avvenuto a favore di una visione, spesso idolatrica, o limitata all’analisi di un solo singolo aspetto scaturito dalla multisensorialità di cui una simile esperienza è intrisa. Il procedere della storia emotiva della band ha senza dubbio raggiunto i suoi massimi storici nel decennio 1973-1983: gli anni del dominio del genio di Roger Waters e delle sue ossessioni. La paura costante di non essere all’altezza della lotta ideologica di cui si era fatto portavoce, insieme alla metamorfosi mostruosa di una band sempre più inglobata all’interno delle dinamiche della “macchina” dello show business, hanno portato alla costruzione di una vera e propria distopia rock in cui il gruppo e la sua vicenda interna sarebbero diventati metafora di problemi e questioni di più ampio respiro sociale, umanitario e politico. La verità nascosta in una parola sempre più rivelatrice, ma al contempo resa meno presente dall’imponente emergenza di immagini e suoni, è l’oggetto di studio di questa analisi. Utilizzando gli strumenti tipici della filologia si è tentato di scavare nell’io lirico e narrativo, tra le parole e le immagini sonore che hanno permesso di costruire questa magnifica distopia della contemporaneità. Si attua così una focalizzazione sulla profondità psicologica che sottende i testi e le armonie dei quattro principali concept album: THE DARK SIDE OF THE MOON, WISH YOU WERE HERE, ANIMALS e THE WALL, tentando di risalire alle cause prime e alle influenze culturali che li hanno generati. -
Io non sono Liberato
«Chi è Liberato? Io non sono Liberato non dà una risposta definitiva ma semina numerosi indizi con un'indagine accuratissima. La vera missione del giornalista Gianni Valentino però è ricostruire con analisi interdisciplinari e storiche il contesto artistico della Napoli di oggi che ha permesso a un progetto compiuto come quello di Liberato di diventare un caso» - Gianni Santoro, RobinsonrnLiberato - chiunque sia - fa canzoni romantiche in lingua napoletana e le può ballare chiunque: da Sud a Nord, da Napoli all'oceano. L'autore di questo libro lo ha conosciuto attraverso YouTube, come tutti. Poi al telefono, via e-mail, via Skype. «Però è successo», racconta il giornalista de «la Repubblica» Gianni Valentino, «che un pomeriggio, quando avevamo il nostro primo appuntamento, lui non si è più presentato. Un po' l'ho rincorso, un po' ho aspettato che tornasse da me. Cercando di immaginare le sue sembianze, la sua voce, la sua faccia. Sono andato in ospedale, per rintracciarlo. Fino a Barcellona, per capire quali intenzioni avesse. Ma è tutto così invisibile. Incappucciato com'è, tra i laser. Così ho scelto di raccontare tutto quello che so di lui e tutto quello che gli altri - lentamente, generosamente - mi hanno voluto sussurrare della sua storia. Backstage, conversazioni al cellulare, concerti, retroscena, festival, sospetti plagi e cambi di identità». Il libro è una giostra, dal golfo di Partenope al globo, tra i gommoni di via Caracciolo, i videoclip, le installazioni, i ritornelli-serenata, il mare splendente e le piazze notturne dei decumani coi fumogeni e i pitbull. Partecipano con micro-macro interviste Clementino, Raiz, Fabri Fibra, Nino D'Angelo, Populous, Ivan Granatino, Gemitaiz, Livio Cori, Bawrut, Planet Funk e, soprattutto, Enzo Chiummariello e il prof. Ugo Cesari. Perché questa è veramente una storia che accomuna tutti. Tanto quelli che amano quanto quelli che non sopportano più Liberato. -
Guida al thrash metal
Siamo nel 1983. La guerra fredda tra USA e URSS vive uno dei momenti di maggiore crisi dagli anni Cinquanta, con il rischio di un’escalation nucleare che minaccia di spazzare via l’umanità. Il mondo occidentale si bea nell’illusorio benessere generato dalle politiche di Reagan e Thatcher, pagato a caro prezzo dai lavoratori e dalle fasce più deboli della popolazione. La musica rock, che un paio di decenni prima era stata al centro del movimento di rivolta studentesca, sembra aver esaurito la sua spinta progressista. In questo contesto deflagra il thrash metal, con la bomba sganciata dai Metallica tramite il loro album d’esordio ""kill ’em all"""". La rabbia di un’intera generazione si riversa nei riff di chitarristi leggendari come James Hetfield, Dave Mustaine e Jeff Hanneman. Il thrash è destinato a dominare la scena metal mondiale per quasi un decennio, riscrivendo la storia e lasciando un segno indelebile sulle future evoluzioni nel campo della musica estrema. Questa guida ne ripercorre le vicende, attraverso le discografie commentate di tutti gli interpreti più importanti, dai Megadeth agli Slayer, dai Sepultura ai Pantera, oltre ai già citati Metallica, fino ai più recenti Vektor, prestando attenzione anche a fenomeni underground e riservando uno spazio all’evoluzione stilistica negli anni Novanta e alla rinascita del movimento nel nuovo millennio. Il testo contiene più di 150 schede su altrettanti gruppi, con informazioni circa l’inquadramento storico e stilistico, i musicisti, le pubblicazioni e oltre 300 album recensiti in dettaglio."" -
Breve storia della musica elettronica e delle sue protagoniste
Breve storia della musica elettronica e delle sue protagoniste affronta la nascita e lo sviluppo della musica elettroacustica ed elettronica ponendo al centro della narrazione l'attività di compositrici impegnate nella costruzione della nuova musica del Ventesimo secolo. Suddiviso in dodici capitoli, lo scritto segue l'ordine cronologico dello sviluppo di tecniche, tecnologie e generi, dalla comparsa del Theremin ai primi software commerciali destinati alla produzione di computer music, creando sezioni geograficamente definite: la nascita della musica elettroacustica in Francia, lo sviluppo della musica per radio e televisione in Inghilterra, l'avvento della storia del sintetizzatore negli Stati Uniti d'America, le complessità del panorama italiano dopo la fondazione dello Studio di Fonologia di Milano... Ogni capitolo affronta uno specifico momento della storia della musica elettronica narrato attraverso le composizioni e le esperienze di compositrici, virtuose e innovatrici. Breve storia della musica elettronica e delle sue protagoniste è un testo divulgativo, di facile comprensione, destinato ai cultori della musica elettronica e al mondo dei non addetti ai lavori: è un volume che desidera portare a conoscenza del grande pubblico una storia della musica paritaria. -
Tutto De André. Il racconto di 131 canzoni
C'è una sola strada per conoscere e apprezzare l'eredità del più grande artista della musica italiana d'autore, a vent'anni dalla scomparsa: riascoltare tutte le sue canzoni. Sono solo 131 in fondo, da ""Nuvole barocche"""" uscita nel 1961 all'album """"Anime salve"""" del 1996, più gli improbabili inediti usciti postumi nel 2008. Tanto si è detto, tanto si è scritto e visto - perfino uno sceneggiato a puntate - ma il modo per ricostruire il ritratto più autentico, sacrilego e spirituale insieme, di Fabrizio De André è in questo libro che ripercorre ogni brano, dal primo all'ultimo, raccontato attraverso la genesi, le testimonianze, gli aneddoti, i segreti, i retroscena svelati dallo stesso Faber - come era chiamato dall'amico Paolo Villaggio - e dalle persone che lo hanno vissuto, amato, odiato e compreso. Il risultato è una sorta di romanzo a capitoli, 131 appunto, con schede dettagliate, accompagnate dalle stelline - da 1 a 5, in stile cinematografico - che tengono conto del valore artistico e storico. """"Tutto De André"""", che richiama anche il titolo del primo album del 1967 (""""Tutto Fabrizio De André"""") è molto più che una guida all'ascolto di un protagonista - poeta, musicista, cantautore - del Novecento, ancora oggi riferimento esistenziale e artistico delle nuove generazioni."" -
Cantanti, musicisti e rock band. I 100 film più belli
Mettiamo da parte le colonne sonore diventate oggetto di culto. Tralasciamo i western di Sergio Leone, capolavori come ""Blade Runner"""" e """"Momenti di gloria"""" o le magiche atmosfere felliniane con l'inconfondibile tocco di Nino Rota. Più che un'analisi sugli intricati rapporti tra cinema e musica, questo volume propone una rassegna di film che mettono al centro della narrazione chi ha fatto della musica la propria ragione di vita. Al fianco dei biopic sui giganti della musica (Beethoven, Mozart, Cajkovskij, Schubert, Rossini, Mascagni, Mahler, Gershwin, Liszt) non potevano mancare quelli dedicati alle leggende del rock (Elvis Presley, Jerry Lee Lewis...), del jazz (Cole Porter, Benny Goodman, Charlie Parker, Bix...), del country (Johnny Cash, Woody Guthrie...), del folk (bave Van Ronk...), del blues (Billie Holliday...) e a icone della musica come Violeta Parra, Edith Piaf, Rocco Granata, Ritchie Valens e Ray Charles. Scorrono sullo schermo anche le vicende legate a mitiche rock band come i Doors, i Joy Division, i Sex Pistols, i Four Seasons e fanno capolino, in veste di attori, Frank Sinatra, Dean Martin, Marc Anthony, Jennifer Lopez, Prince, Diana Ross, i Beatles e i nostrani Celentano, Morandi, Little Tony, Bobby Solo, Al Bano, Romina Power, Tony Renis, Dino e Lucio Dalla. Ma al di là della cifra stilistica legata a ogni singolo film, il filo conduttore che lega i cento titoli schedati in questo volume sono le esibizioni di brani che non solo hanno segnato la storia della musica (leggera e non) e lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva, ma hanno contributo a cambiare gusti e costumi di una società in continua evoluzione.""