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Jacobin Italia (2019). Vol. 5: Dove è finito il populismo.
«Benvenuti nel secondo anno di Iacobin Italia. Il primo numero di questo nuovo anno di vita della rivista tratta per la prima volta lo stesso tema della pubblicazione sorella statunitense, mescolando insieme articoli prodotti dalla redazione italiana con quelli tradotti dal numero che in questi stessi giorni esce negli Usa. La domanda dalla quale ci muoviamo è: Cosa ne è, a sinistra, del ""momento populista""""? È davvero finito, come dicono abbastanza esplicitamente alcuni dei protagonisti di quella fase? La risposta non può esser netta per un motivo abbastanza semplice: il concetto stesso di populismo varia di epoca in epoca, di autore in autore e di contesto in contesto. Però lavorando a questo numero ci siamo resi conto del fatto che ponendoci la domanda sul destino del """"momento populista"""" eravamo costretti a interrogarci su due questioni politiche fondamentali. La prima è: Cos'è il popolo? Esiste davvero o è frutto di processi politici e dispositivi di mobilitazione? La seconda: Che rapporto bisogna costruire tra la dimensione orizzontale delle lotte e quella verticale dell'organizzazione? Comunque la si pensi, la teorizzazione del populismo di sinistra di Ernesto Laclau e Chantal Mouffe muove da questi due temi ineludibili. Bhaskar Sunkara introducendo l'edizione statunitense di questo numero scrive che l'emersione dei populismi non rappresenta semplicemente """"la crisi della politica"""" o della """"democrazia"""" ma è indice della crisi della sinistra e del pensiero socialista.»"" -
È troppo tardi per essere pessimisti. Come fermare la catastrofe ecologica imminente
Lo sviluppo della conoscenza umana permette grandi possibilità di previsione, ma le élite politiche ed economiche restano sorde e cieche di fronte alle evidenze sulle minacce ecologiche. È successo ai virologi che preconizzavano la comparsa di altri virus dopo la Sars, succede da anni a chi denuncia che il cambiamento climatico rischia di produrre la più grande minaccia alla vita nella storia dell'umanità, di cui il Covid-19 è solo un avvertimento. Il motivo è la subordinazione della politica alla legge del profitto, assunta come naturale e ineludibile anche da alcune analisi scientifiche che finiscono per dare indicazioni insufficienti seppur ugualmente disattese. Daniel Tanuro, in modo semplice e ampiamente documentato, mostra perché restano pochi anni per adottare le misure necessarie per fermare la catastrofe ecologica. E lo fa passando al setaccio i fallimenti delle conferenze internazionali sul clima, smontando le tesi dei neomalthusiani ossessionati dalla demografia, di coloro che prefigurano l'inevitabilità del «collasso» e degli apprendisti stregoni che pensano di risolvere il problema con la geoingegneria. Si scaglia infine contro i sostenitori del «capitalismo verde» che credono che la transizione ecologica, se guidata dalla «mano invisibile del mercato», possa diventare un grande business. La tesi dell'autore è che il capitalismo sia incompatibile con l'ecologia e che serva un cambiamento di sistema, smettendo di «produrre per produrre» e di «consumare per consumare», guardando ai bisogni sociali degli esseri umani. Per questo non bastano tasse, incentivi, «sforamenti temporanei» delle emissioni e «compensazioni» dell'inquinamento prodotto. Serve una pianificazione ecologica per produrre di meno, trasportare di meno, lavorare di meno e condividere di più. Un progetto ecosocialista che miri a un cambiamento di paradigma, rompendo con la logica ecocida e perversa dell'accumulazione capitalistica e con i retaggi produttivisti della stessa storia della sinistra. -
Tra le rose e le viole. La storia e le storie di transessuali e travestiti
La madrina dell'ultimo ""Pride"""", Porpora Marcasciano, storica attivista per i diritti civili e autrice di testi divenuti oramai libri di culto, con una serie di interviste ricostruisce la caleidoscopica identità trans attraverso la viva voce delle protagoniste. Con lucido sguardo politico intrecciato alla sua tipica ironia e favolosità, riporta alla luce un segmento di storia tenuto troppo a lungo sotto terra, per riconoscerlo e affermarlo fuori dal margine in cui è stato relegato. Una nuova edizione in cui le vecchie storie sono aggiornate da quelle delle nuove generazioni trans. Racconti in cui la difficoltà di essere costrette alla clandestinità si mescola alla gioia scanzonata del riuscire a creare legami di solidarietà per costruire un percorso di rivendicazioni collettive. Affiancando la dimensione interiore del memoir alla cruda denuncia sociale di chi lotta per rivendicare la propria identità affermando sé stessa."" -
Stradario hip-hop
Rap (o MCing), DJing, writing, breaking. Le «quattro discipline» dell'hip-hop, secondo una nomenclatura affermatasi negli anni Ottanta. Oggi ha ancora senso parlare di hip-hop? E che cos'è l'hip-hop? Presa di parola emancipatoria delle minoranze meticce o facile viatico per soldi e successo? Indecorose tag sbombolettate sui muri o movimento di controcolonizzazione? Espressione di contestazione nei centri sociali o fenomeno pop mainstream in tv? Immaginario patriarcale e sessista o strumento di lotta femminista? O forse tutto questo insieme? E se è tutto questo insieme, come si racconta? Che rapporto c'è fra Jovanotti e Afrika Bambaataa, Jay-Z e Vasco, Coca-Cola e Fight the Power, dischi in vinile e dischi volanti, Zulu King e drag queen, pantere nere e tori rossi, Jackie Chan e latin hustle, Andy Warhol e Crazy Legz, Ronald Reagan... e la misteriosa danza psionica messa a punto nelle fogne di New York? C'è da perdersi dopo ogni angolo... Ma uno stradario serve proprio a questo: a orientarsi. Guidato da tre maestri Jedi della cultura hip-hop (Danno, Poe One e Phase Two), lo Stradario di Nexus ci conduce nel labirintico mondo della doppia H. Un'epopea urbana fatta di boulevard storici e avenue filosofiche, incroci mortali, tunnel, sentieri sterrati, strade perdute e vicoli ciechi. Nei lunghi boulevard si racconta di segregazione razziale, bande di strada e sette urbane degli anni Sessanta e Settanta; delle «quattro discipline» negli anni Ottanta; della liaison fra hip-hop e centri sociali negli anni Novanta; della sublimazione della scena nella cultura urban negli anni Zero; della nostalgia per i bei tempi andati negli anni Dieci, e di scommesse per gli anni Venti. Nelle avenue, invece, si raccontano le potenzialità pedagogiche, politiche, filosofiche ed espressive che musica, danza e arti visuali hip-hop lanciano nel nuovo millennio. Tre anni di scrittura, quattordici di ricerche, oltre un secolo di storie e rivoluzioni. Insieme saggio, romanzo ed esposizione d'archivio, Stradario hip-hop smonta le narrazioni rap-centriche, politiciste e misogine sull'hip-hop, lanciando nuovi itinerari culturali, transnazionali e gender bender per approcciarsi, come dicevano quei tali, alla «scienza doppia H». Oltre le Quattro Discipline, una narrazione del Quinto Tipo. -
Quando qui sarà tornato il mare. Storie dal clima che ci attende
Il grande delta del Po, coi suoi rami vivi e quelli morti. La bassa padana più bassa che c'è: una vasta conca tra Ferrara, Rovigo e la costa, terre strappate alle acque in secoli di bonifiche. Un paesaggio artificiale in equilibrio precario. Oggi il clima cambia e sconvolge quell'equilibrio. L'Adriatico si alza, spinge, vuole l'entroterra. In pochi decenni, quella zona d'Italia sarà sott'acqua. ""Quando qui sarà tornato il mare"""" è l'esito di un esperimento di scrittura collettiva condotto da Wu Ming 1 nel basso ferrarese. Lo scopo era immaginare il mondo sommerso di fine secolo e ambientarvi storie create con vari metodi. Ne è nata l'epopea di un mondo ancora e sempre in bilico, tra fatalismi e ritorni all'utopia, miti antichi e sogni di futuro. Un mondo di isole creole, afropadane, dove si parlano pidgin e nuovi dialetti. Nel testo d'apertura Wu Ming 1 racconta storia, conflitti e peculiarità del basso ferrarese, riflette sul ruolo dello scrittore nel clima che cambia, racconta l'esperienza del laboratorio e annuncia il progetto Blues per le terre nuove, di cui questo libro è già parte. Sapere che un territorio sparirà fa vedere i fantasmi. Nella zona del delta, sono fantasmi di paludi prosciugate, di alvei abbandonati dai loro fiumi, di poderi un tempo floridi e oggi ridotti a polvere. Cos'è questa terra che sentiamo sotto i piedi? Questo paesaggio che davamo per scontato e che presto non ci sarà più? Di fronte al disastro climatico la letteratura può aiutarci a forzare l'immaginazione. E prepararci all'incontro coi fantasmi."" -
Jacobin Italia (2020). Vol. 7: cura, La.
Il tema del numero sette è dedicato a un'analisi di come il calcio, lo sport nazionale per eccellenza nel nostro paese, ha influito nella storia politica, economica e culturale dell'Italia e di come proprio partendo dal calcio e dallo sport è possibile contribuire alla costruzione di un immaginario alternativo a quello del mondo in cui viviamo. -
La Q di Qomplotto. QAnon e dintorni. Come le fantasie di complotto difendono il sistema
rn«In questo libro inquietante, radicale, necessario, ci sono ottimi suggerimenti su come difenderci dal prossimo» - Giancarlo De Cataldo, Robinson""Cos'è QAnon, o cos'è stato? Un movimento politico, un gioco in rete, una setta, una minaccia terroristica? È l'autunno 2017 quando sul forum 4chan, noto ritrovo di estrema destra, appare l'annuncio di un imminente arresto di Hillary Clinton. L'anonimo autore si spaccia per insider del governo federale e si firma, semplicemente, «Q». Q pubblica altri messaggi, intorno ai quali si forma una comunità. Presto «QAnon» diventa il nome di un fenomeno più vasto, un culto di massa che cresce sui social network e fa migliaia, milioni di proseliti negli Usa e in altri paesi. Chi si converte a QAnon scopre una tremenda verità: il mondo è controllato da una società segreta di satanisti pedofili e bevitori di sangue, la «Cabal». Hillary ne fa parte, e con lei George Soros e Tom Hanks. Ma c'è anche una buona novella: un eroe combatte i mostri e ha un piano infallibile. Quell'eroe è Donald Trump. Nel 2020 grazie all'emergenza pandemia QAnon si espande in modo tumultuoso e sembra avere un lungo avvenire, ma a novembre la sconfitta di Trump lo mette in crisi. Durante l'assalto al Campidoglio, il 6 gennaio 2021, sventolano bandiere e cartelli con la Q, e sembra una prova di forza, la scintilla che accenderà la guerra civile... Invece è un fuoco fatuo. Eppure qualcosa è cambiato. Comincia una nuova fase. La storia di QAnon era solo un prologo. Com'è stato possibile? Cosa ha permesso a QAnon di nascere e ingrandirsi? Quali bisogni ha intercettato? Da queste domande parte """"La Q di Qomplotto"""", oggetto narrativo dallo stile ibrido e pulsante. Tenendo insieme reportage e dialogo filosofico, analisi critica e racconto onirico, autobiografia e pastiche letterario, Wu Ming 1 racconta la parabola di QAnon, sgombra il campo da concetti inutili o dannosi e riflette sul ruolo delle fantasie di complotto nelle nostre società. Soprattutto, sequenzia il genoma di QAnon, isolando nella sua narrazione leggende d'odio vecchie di secoli. Una storia di mutazioni e confluenze che a un certo punto coinvolse gli stessi Wu Ming, quando ancora non si chiamavano così ed erano intenti a scrivere un romanzo intitolato... Q."""""" -
La farina dei partigiani. Una saga proletaria lunga un secolo
Racconto del «secolo breve» e di tre generazioni, ""La farina dei partigiani"""" ha l'andamento di una tromba d'aria: comincia a ruotare in Bisiacaria - il territorio tra Trieste e il Friuli - per poi allargarsi all'Europa e al mondo intero. Con il cuore che batte nella Resistenza e i piedi piantati nelle lotte sul lavoro, Piero Purich - storico e narratore - e Andrej Marini - discendente della dinastia operaia e antifascista Fontanot-Romano-Marini - ricostruiscono una vera e propria saga familiare e proletaria. La storia, molte storie, vicissitudini di lavoratori comunisti a cavallo tra confini e culture, tra epoche ed epopee. Dai campi profughi austriaci durante la grande guerra all'emigrazione clandestina in America, dalle lotte nei cantieri navali di Monfalcone alla guerra partigiana in Italia e Slovenia, dall'idealistica partenza per «costruire il socialismo» in Jugoslavia alle amare delusioni nei confronti di Tito, dello stalinismo e del Partito comunista italiano, per arrivare al tardo Novecento, alle esperienze di Andrej a Panama, in Nigeria, in Libia e in Giordania. Biografie incredibili ma vere, messe insieme col rigore di chi lavora sulle fonti e narrate con la penna del romanziere. Vite che incarnano il grande sogno della sinistra europea e mondiale. Vite di chi non si è mai arreso di fronte alle difficoltà e alle delusioni più cocenti. Vite all'insegna della libertà mosse da un ideale intramontabile: la fine dello sfruttamento."" -
Manifesto della cura. Per una politica dell'interdipendenza
La pandemia ha svelato la centralità sociale dei lavori di cura: badanti, infermiere, lavoratrici domestiche, fattorini, rider e addetti alle pulizie hanno dominato per giorni la scena pubblica. Ma anche se di cura oggi si parla tanto, l'incuria continua a regnare sovrana. Il sistema neoliberista l'ha infatti ridotta a questione individuale, da comprare sul mercato, con una progressiva privatizzazione dei servizi sanitari, sociali e alla persona che privilegia i profitti sulle vite di tutte e tutti noi. Ma se i ricchi possono delegare i propri bisogni quotidiani a soggetti oppressi (donne e migranti) come possiamo dare vita a sistemi in cui l'interdipendenza degli uni dagli altri sia finalmente riconosciuta, in forme solidali e paritarie? Il collettivo inglese Care Collective risponde a questa domanda individuando quattro cardini fondamentali per dare vita a comunità di cura: il mutuo soccorso, lo spazio pubblico, la condivisione di risorse e la democrazia di prossimità. Facendo tesoro delle buone pratiche dei movimenti femministi e ambientalisti propone una cura reciproca, non paternalista né assistenzialista: una «cura promiscua», che non discrimina nessuno ed è fuori dalle logiche di mercato. L'obiettivo è arrivare a un vero e proprio «stato di cura» che non solo crea infrastrutture di welfare «dalla culla alla tomba» ma genera una nuova idea di democrazia orientata ai bisogni collettivi. Dimostrando che la cura è il concetto e la pratica più radicale che abbiamo oggi a disposizione. -
Tea rooms. Operaie della ristorazione
"Tea rooms"""" di Luisa Carnés è un romanzo che deve essere letto da chiunque lavori o abbia lavorato in un ristorante. """"Tea rooms"""" è un racconto scritto da una proletaria che lavora servendo il cibo e prendendosi cura di clienti arroganti, sentenziosi o capricciosi, che esigono un sorriso da voi anche quando siete alla seconda ora di straordinario non pagato. """"Tea rooms"""" è il romanzo di una donna che scrive con il rumore delle stoviglie che sbattono sul lavello e che vede i propri sogni di riscatto sociale andare in frantumi come una tazzina da caffè caduta a terra ogni volta che deve sorridere a un cliente che si siede a un tavolo non perché ha sete ma perché deve ostentare il suo potere d'acquisto. """"Tea Rooms"""" è stato scritto nella Spagna degli anni Trenta e da allora non è cambiato nulla nel mondo della ristorazione, spiace dirlo. """"Tea Rooms"""" dimostra che nella Spagna degli anni Trenta c'era una coscienza politica femminista impensabile nella cultura fascista dell'Italietta di quegli anni ed è stato proprio il fascismo di Franco a spegnere l'incendio delle rivendicazioni di genere delle donne spagnole degli anni Trenta come Luisa Carnés. """"Tea Rooms"""" di Luisa Carnés è stato dimenticato e poi ripubblicato nel 2016 in Spagna dove è diventato un libro di culto e questa è una bellissima notizia per la letteratura e per le cameriere e le altre operaie della ristorazione. Mentre leggete questo libro c'è una cameriera da qualche parte che sta scrivendo le sue storie di operaia della ristorazione: chi sarà il prossimo vecchio cliente maschio a essere raccontato?" -
Jacobin Italia. Vol. 11: nemico invisibile, Il.
Il tema di questo numero di Jacobin Italia, e del numero di Jacobin Magazine che esce in contemporanea negli Stati Uniti, è dedicato ai ritratti degli uomini e delle donne più ricche del mondo, con analisi del modo in cui si divertono, mangiano e si curano, di cos'è il settore del lusso e qual è il suo impatto ecologico, sul modo in cui i finanzieri generano ricchezza e sul fenomeno dei grandi dirigenti d'azienda che arrivano al potere politico e viceversa. Un numero che smonterà, con articoli da entrambe le sponde dell'atlantico, il mito del self-made man e le rappresentazioni che media e serie tv danno delle famiglie di successo. -
Le conseguenze del ritorno. Storie, ricerche, pericoli e immaginario del lupo in Italia
Ritornano. Scendono dai monti, si spostano col buio, appaiono inattesi al limite dei campi e negli hinterland delle grandi città. È un eufemismo dire che i lupi si erano «quasi estinti». Li avevamo sterminati. A fucilate, con le tagliole, coi bocconi avvelenati. È accaduto più o meno cent'anni fa. All'epoca le nostre ""aree interne"""", sull'arco alpino e lungo la dorsale appenninica, erano ancora abitate. Nella seconda metà del Novecento si sono gradualmente spopolate. A partire dagli anni Ottanta, dalle minuscole e inaccessibili enclave dove si erano rintanati, i pochi lupi superstiti hanno ricominciato a guardarsi intorno. E a camminare. E a macinare chilometri. Sempre più chilometri. Decine di chilometri nel corso di una sola notte. È stato così che il lupo ha ripopolato le nostre montagne, ed è ormai avvistato anche in pianura. Durante il «lockdown» del 2020 ha colto l'occasione per spingersi dove non avremmo mai immaginato, poco fuori le nostre città e a volte addirittura dentro. Come stiamo rispondendo a questa riapparizione, a quest'antica e rinnovata presenza? Siamo indecisi tra fascinazione e inquietudine. Il lupo è come un reduce che torna da una guerra di cui ci eravamo scordati. Riporta a galla memorie culturali, ci accende lampi nella mente. Luca Giunti è un grande esperto di lupi. Da anni ne studia spostamenti e comportamenti, cataloga le storie e leggende che li riguardano, e come un antropologo studia le reazioni di noi umani di fronte alla loro ricomparsa. In """"Le conseguenze del ritorno"""" confluiscono anni di perlustrazioni, riflessioni e incontri, in un trascinante ibrido di divulgazione scientifica, riflessioni sul posto del lupo nella nostra cultura, ricordi ed esperienze personali, curiosità e riflessioni politiche. Perché quella dei lupi è anche una questione politica."" -
Millennium bug. Una storia corale di Indymedia Italia
«Don't hate the media, become the media». Con questo slogan nacque Indymedia - nel novembre del 1999 a Seattle - in occasione della mobilitazione contro il Wto che fu fondamentale per la diffusione del movimento No Global. Un sito per raccontare le proteste, che in quei giorni collezionò più di un milione di visitatori, numero incredibile per l'epoca e impressionante ancora oggi. La grande forza di Indymedia fu l'open publishing: permettere a chiunque di pubblicare testi, immagini e video in uno spazio del sito chiamato Newswire. Fu una rivoluzione nel mondo della comunicazione, in anni in cui i computer e la rete non erano ancora diffusi ovunque, non c'erano gli smartphone, non esistevano i social network, e i grandi giornali avevano appena iniziato a mettere on line i propri siti statici. Il tanto temuto Millennium bug a cavallo del secolo fu proprio quel movimento. Nell'arco di un paio d'anni Indymedia divenne un fenomeno globale, cambiando la percezione della rete come ormai riconosciuto anche a livello accademico. Stravolse la gerarchia delle fonti di informazione, con un progetto no profit basato sull'autogestione che anticipò molti degli strumenti nati successivamente. Fu chiaro durante il G8 di Genova, quando le strade si riempirono di attivisti con telecamere, macchine fotografiche, e storie da raccontare. Quello strumento di diffusione aperto tolse dalle mani dei media mainstream la narrazione di quei giorni, rivelandosi poi decisivo anche in sede processuale. In modo corale, con interventi in prima persona di alcune e alcuni degli attivisti che parteciparono al progetto, questo libro narra una possibile storia del nodo italiano di Indymedia. Alcuni la considerano un'occasione persa, altri sono convinti di esser stati travolti dalle piattaforme proprietarie del web 2.0 di cui oggi vediamo gli effetti nefasti, altri ancora che quello strumento non potesse funzionare dopo la fine del movimento in cui era nato. Ma senza dubbio si tratta del più importante progetto di comunicazione autogestita della storia dei movimenti sociali. -
L' agile mangusta. Democrazia proletaria e gli anni Ottanta
Democrazia Proletaria fu la più eretica delle formazioni politiche della nuova sinistra nate negli anni Settanta. Mise insieme, con un'impostazione culturale spesso in rottura con la tradizione della sinistra comunista, migliaia di donne e uomini arrivati alla politica dalle lotte del Sessantotto e i giovani affacciatisi all'impegno militante con i nuovi movimenti degli anni Ottanta. La sua originalità si desume sin dal soprannome che ne diede il leader Mario Capanna: l'agile mangusta che doveva muoversi con sveltezza per colpire il cobra della Democrazia Cristiana e del padronato, uno strumento leggero e coerente più efficace del pesante e immobile pachiderma del Partito Comunista Italiano. Scritto dalla visuale privilegiata di un membro della direzione del partito, questo libro ne ricostruisce la storia scavando soprattutto nelle proposte di legge e negli atti parlamentari del periodo di massima attività istituzionale (dal 1983 al 1987) in cui poté contare su sette deputati. Una legislatura carica di eventi importanti per la storia del paese: dal primo governo a guida socialista di Craxi alla morte di Enrico Berlinguer; dalla lotta contro il dispiegamento dei missili nucleari a Comiso all'accordo tra Reagan e Gorbacëv; dalla crisi di Sigonella alla sconfitta operaia sul referendum sulla scala mobile. Una fase di profonda trasformazione politica e sociale in cui si possono leggere i segni della frana che porterà negli anni Novanta alla scomparsa di tutti i partiti della Prima repubblica. Democrazia Proletaria non sopravvisse a questo smottamento generale: subì una spaccatura al proprio interno verso il partito dei Verdi e poi confluì nel 1991 in Rifondazione Comunista dopo lo scioglimento del Pci. Ma la freschezza dell'eredità del «piccolo partito dalle grandi ragioni» sta nella sorprendente capacità di anticipare i grandi temi dei movimenti dei decenni successivi: l'ambientalismo, il femminismo, il pacifismo, i beni comuni, la centralità del diritto alla salute e il nuovo ruolo del mondo del lavoro. -
La strada di Wigan Pier
Pubblicato nel 1937 e introvabile da anni, The Road to Wigan Pier è uno dei libri più acuti di Orwell. La prima parte è un'inchiesta narrativa sulle zone industriali del nord dell'Inghilterra che racconta dal di dentro le condizioni di vita degli operai: le miniere, la pessima situazione abitativa, la disoccupazione. La seconda parte è un pungente pamphlet, una critica del socialismo dogmatico della borghesia inglese lontana dalla classe operaia, atteggiamento che porta a un allontanamento dal socialismo delle persone che invece ne beneficerebbero. Orwell non fa una mera elencazione delle sofferenze dei lavoratori, si immerge invece col proprio corpo – condizione per lui irrinunciabile – nell'esperienza della miseria smascherando di contro il falso atteggiamento della classe media verso il proletariato. Una denuncia attuale più che mai in un momento storico in cui la sinistra istituzionale e i media mainstream considerano morta la classe operaia, quando invece a morire numerosi sono ancora i lavoratori e le lavoratrici. -
Jacobin Italia. Vol. 12: Le città ingovernabili
«Mentre l'economia materiale e la speculazione finanziaria stritolano i territori, le forme di rappresentanza su base locale conoscono una crisi profonda. Nel luogo in cui è nato il concetto stesso di democrazia, la polis, lo spazio della decisione collettiva sembra essersi inceppato. Non a caso le propagande elettorali ruotano attorno a concetti astratti, de-politicizzati e privi di carica inventiva come ""efficienza"""", quando non pericolosi come """"sicurezza"""". La crisi della politica su scala locale è una spia dell'impotenza della politica tout court.»"" -
Senza titolo di viaggio. Storie e canzoni dal margine dei generi
Rombi di tuono e lampi: entrano in scena tre streghe. Così comincia il Macbeth. Di streghe ne vediamo anche qui, ma non compaiono all'inizio, né leggono il futuro a un condottiero scozzese. Queste streghe accolgono l'autrice - sorella nella buona e nella cattiva sorte - nella sterpaglia che costeggia il Sangone, torrente che dà il nome a una valle piemontese. È a loro che Filo racconta la sua storia, la storia che avete tra le mani, una battaglia partita per cinque lettere. O - M - E - N - A. «Battaglia che forse, chissà, non ci sarebbe stata senza la lotta No Tav». «Come? C'entra pure quella?». «Manco te l'immagini, quanto c'entra». Le streghe ascoltano, commentano, consolano, preparano a Filo un brodo di erbe selvatiche. Anche loro hanno una storia e a modo loro la raccontano. L'unica cosa che non fanno è leggere il futuro. Perché, come diceva un fratello maggiore, the future is unwritten. I confini di genere, come quelli tra nazioni, sono presidiati. Varcarli è un'impresa. I lasciapassare sono concessi di rado e a condizioni umilianti. Spesso le persone trans, non binarie e queer hanno necessità di passare comunque. Come? Da clandestine. E a volte nei reticolati restano impigliati brandelli di nomi. Senza titolo di viaggio narra di un'esplorazione di genere e spesso la canta, perché qui dentro c'è la punk e la folk. Un testo in bilico tra prosa e canzonette, dove s'alternano amarcord siculo-torinesi, teoria transfemminista e teatro di rivista, con le benedizioni di Judith Butler e Petrolini. «La coscienza di sé, la ribellione ai diktat di genere, la gragnuola di coming out, l'autodeterminazione, la lotta contro la transfobia, sono tappe di un viaggio verso la riappropriazione e l'autogoverno dei corpi, degli spazi, dei tempi e dei territori, per vivere relazioni fuori dal dominio patriarcale e capitalista!». «Bravx!». «Grazie!». -
Jacobin Italia (2021). Vol. 13
Dopo aver analizzato nel numero 11 il mondo dei ricchi, i meccanismi materiali e ideologici attraverso cui la classe dominante riesce a perpetuare il proprio dominio, qui analizziamo composizione, immaginario e aspirazioni della working class di oggi. Affrontando un tema fondamentale per una rivista marxista, questo numero di Jacobin Italia, e quello che esce in contemporanea negli Stati Uniti di cui contiene una selezione di articoli, prova a rispondere a queste domande: Esiste un insieme di individui definibile classe lavoratrice? Che tipo di lavoro svolge, che serie tv guarda, come percepisce sé stessa? E come può organizzarsi per combattere le disuguaglianze e cambiare un mondo sempre più dominato dai «pochi»? -
Due e quattordici
Quattro adolescenti, un professore di lettere e la ricerca della felicità. Cinque strade per conquistarla percorrendo direzioni improbabili: inghiottendo vermi, simulando disabilità, spalancando porte sull'immaginario, tatuando identità sulla propria pelle nella speranza che il sogno non stravolga la realtà. Percorrono strade che si incrociano, si sovrappongono, si confondono nel racconto interrotto di una donna tartaruga che - il volto celato da una maschera di rondine - conosce già l'esito dei loro tentativi di conquista. ""Due e quattordici"""" racconta di un mattino, di una scuola, di un istante di vita condiviso. Il primo, l'ultimo, prima di essere pronti, finalmente, a cambiare vita. Ma quel mattino, quella scuola, quell'istante, non porteranno ad alcuna felicità, finendo col restare congelati, immutabili e per sempre, a partire dalle ore """"due e quattordici"""" di quella stessa giornata."" -
Teatro nel diluvio
Simone Amendola è cineasta e drammaturgo. ""Teatro nel diluvio"""" è la prima raccolta dei suoi testi teatrali e contiene: """"Eravamo"""", """"Porta Furba"""", """"Nessuno può tenere Baby in un angolo"""", """"L'uomo nel diluvio"""", """"Piccoli pregi"""".""