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John Rawls nel dibattito filosofico contemporaneo
John Rawls ha innescato uno dei dibattiti filosofici più accesi dell'età contemporanea, rivendicando la necessità del dovere delle istituzioni di elargire delle risorse, di là dal merito o dal talento, ai soggetti svantaggiati. Certamente con la sua teoria egli ha colmato quel vuoto dovuto all'inaridimento del concetto di distribuzione, basato sul mero calcolo aritmetico. Il concetto di eguaglianza ha conosciuto così un'inedita rivisitazione che si interroga ampiamente sui doveri delle istituzioni al fine di garantire, e di non violare, i diritti umani. La teoria del filosofo americano, tanto fortunata nella divulgazione, evolve tuttavia da una fase più propriamente caratterizzata dalla visione socialdemocratica ad una più matura, meno apprezzata, nella quale l'autore approda ad una parziale revisione di essa, convergendo verso una visione più schiettamente liberale. -
Gian Vincenzo Gravina nel contesto dell'Umanesimo europeo
Questo saggio è la rielaborazione d'un discorso originariamente preparato per il convegno internazionale su Gravina ""La cultura meridionale del Sei-Settecento e l'apporto dei filosofi e giuristi calabresi"""", tenutosi in Roggiano nel settembre 2003 e organizzato dal Centro Studi G. V. Gravina e dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: un convegno rivoluzionario, in cui i partecipanti erano uniti nel contribuire a una rivalutazione dell'immagine graviniana. Il presente contributo ha soprattutto lo scopo di mostrare che Gravina può essere studiato non solo come un magazzino d'idee, ma anche per la bellezza del suo latino e per l'attualità del suo atteggiamento umanistico."" -
Nel segno di Erasmo. Philologia perennis e identità culturale europea
A conclusione della sua Gedenkschrift su Rudolf Pfeiffer J. Latacz rammenta l'indole mite e pacata del filologo di Augusta: egli non fu né una personalità turbolenta e combattiva come Wilamowitz né uno spirito ipersensibile come K. Reinhardt, ma piuttosto uno di quegli 'àndres agatòi' che incarnano nell'accezione greca del termine la giusta misura e costituiscono i veri e propri custodi e garanti della philologia perennis. In questo senso si comprende il suo ricorso ad Erasmo, nume tutelare, guida spirituale e antidoto perenne alla barbarie di ieri, di oggi e di domani. È lui il simbolo di una filologia concepita come un sinolo di sentimento religioso, umanesimo e scienza critica che permane attraverso un ""untergründig fliessende Strom der kulturellen Einheit europäischer Geschichte"""", di cui Pfeiffer è storicamente consapevole, che va dall'età di Callimaco, il primo Kulturbewahrer, al circolo degli Scipioni, poi fino alla Spätantike ed al Medioevo cristiano, quindi al Rinascimento e di lì al mondo moderno e contemporaneo."" -
Le nozze dei Bentivoglio (1487). Cronisti e poeti
Fu un matrimonio politico quello che unì, nel 1487, Annibale Bentivoglio a Lucrezia d'Este: nozze fastose, volute dal Signore di Bologna, Giovanni II, e da quello di Ferrara, Ercole I, per confermare l'alleanza tra due delle più illustri casate del Rinascimento. Ai giorni di festa parteciparono i principi e gli ambasciatori di ogni Stato della penisola e un popolo giubilante, ferrarese e felsineo. Un caso più unico che raro ha preservato, a Bologna, tutti i testi cronistici e letterari che celebrarono l'avvenimento, coinvolgendo poeti di corte, umanisti e storici della città. L'ampia silloge delle opere qui raccolte (di Arienti, Salimbeni, Beroaldo Seniore, Codro, Naldi, Ghirardacci), allineando pagine volgari e latine - alcune inedite, come l'Hymeneus arientesco - offre un quadro pittoresco di riti nuziali, pranzi di apparato, giuochi e giostre che omaggiarono, secondo i modelli della cultura coeva, un evento tra i più memorabili della civiltà rinascimentale. -
«Tutto è soltanto simbolo». Capitale simbolico e sociologia implicita nel romanzo «I Buddenbrook»
Nella sua attenta ricostruzione del microcosmo borghese di Lubecca nel XIX secolo, I Buddenbrook di Thomas Mann si presta come pochi altri romanzi a una lettura che ne valorizzi la capacità di rappresentare le varie articolazioni del sociale. Basandosi sulla sociologia di Pierre Bourdieu, questo volume propone alcuni percorsi di socioanalisi del romanzo. Il primo capitolo ricostruisce la strategia di posizionamento di Mann nel campo letterario coevo in relazione alla genesi e alla ricezione dei Buddenbrook. I capitoli successivi offrono una lettura sociocritica di alcuni episodi, personaggi e conflitti tematici del romanzo, volta a ricostruire la complessa rete di distinzioni, classificazioni sociali e dinamiche di dominio che Mann mette in scena. Infine, il volume analizza l'ordine simbolico che ruota intorno all'etica del lavoro, proponendo una lettura parallela dei Buddenbrook con altre due grandi narrazioni coeve della borghesia protestante, quelle di Max Weber e Werner Sombart. -
L' Albergo dei poveri a Napoli
Il volume si propone di illustrare un approfondito lavoro di ricerca, elaborato dall'autore nel corso di un quarto di secolo, riguardante uno degli edifici maggiormente emblematici della produzione architettonica europea settecentesca: l'Albergo dei poveri di Napoli progettato, tra il 1749 ed il 1759, dall'architetto fiorentino Ferdinando Fuga. Ideato per ospitare i circa ottomila indigenti che, attorno alla metà del diciottesimo secolo, vagabondavano per le vie del Regno, tale progetto, non essendo stato realizzato compiutamente, ha lasciato in eredità, nell'area orientale di Napoli, un'enorme architettura interrotta definita solo da tre corti compresa quella centrale che conserva le strutture basamentali incompiute della ex-chiesa. Una architettura dalla forma incompleta che, sia a causa di un prolungato abbandono e sia in conseguenza dei danni riportati a seguito del terremoto del millenovecentottanta, si presenta come un'inquietante rudere semi abbandonato a cui sembra precluso qualsiasi programma di riconfigurazione estetica, formale e funzionale. -
Come vestivano gli uomini del «Decameron»
Nel 1889 Carlo Merkel diede inizio alla storia della moda in Italia con un aureo e dimenticato libretto: Come vestivano gli uomini del ""Decameron"""". Il titolo non rende la ricchezza dell'opera, perché l'autore """"allettato di esperimentare quale contributo alla storia del costume portino i novellieri"""", partendo dal Boccaccio e """"utilizzando - scrive Maria Giuseppina Muzzarelli una quantità e una varietà tale di fonti come oggi, in tempo di internet, pochi osano fare e riescono a fare"""", arriva fino ai principi del Cinquecento. Tutti gli indumenti vengono trattati: dalla camicia alla biancheria, dalla giubba alla pelliccia, dal mantello alla cuffia, ai guanti e ai panni d'armi e per finire al colore delle vesti. Sicché il saggio del Merkel, ancora oggi, e nonostante il tempo trascorso, si rivela un contributo """"utile e in grado di indicare una pista di ricerca ed un metodo da seguire""""."" -
Sul colle d'Antela. Il cielo senza stelle. Testo latino a fronte
Nei due volumi vi sono raccolte poesie e prose leopardiane, con a fronte le traduzioni in latino (e greco), dovute ad alcuni tra i massimi filologi e studiosi del mondo antico, tra Otto e Novecento, non solo italiani, ma anche stranieri, spesso di difficile reperibilità. L'opera è arricchita da ampie notizie bio-bibliografiche sui traduttori ed da riproduzioni, quasi sempre a colori, di autografi, frontespizi e documenti d'epoca. -
Fantasmi dell'aldiquà
Quando agli inizi del Duemila Luca Ricci cominciò a pubblicare racconti in rivista, pochi ne capirono qualcosa. Quelle narrazioni esili e brevi, sebbene orchestrate con drammaturgia perfetta, sembravano figlie del minimalismo americano. Col passare degli anni la critica - e una comunità di lettori sempre più numerosa e appassionata - ha colto invece la sostanziale natura fantastica della narrativa di Ricci: è il ""fantastico quotidiano"""" di Calvino, trasformato nel """"fantastico dissimulato"""" che percorre la torbida trama dei nostri rapporti familiari."" -
Il silenzio dell'infinito. Un frammento di Pascal
I frammenti di Pascal non sono solo ""massime"""" come quelle di La Rochefoucauld o di La Bruyère, ma vanno letti all'interno di un discorso articolato sull'uomo e sulla religione che il grande scienziato francese andava componendo quando la morte lo colse, impedendogli di completare il progetto di una nuova apologia del cristianesimo. Ciò nonostante, in molti casi possiamo accostarci ad essi sia come cime di un continente sommerso per sempre, per ricostruirne la frastagliata geografia, sia come espressione compiuta di intuizioni, una sorta di Illuminations come quelle che due secoli più tardi Rimbaud, altro genio precoce, elaborerà nel tentativo di tradurre la realtà in poesia. Il frammento 187 (Michel Le Guern) qui commentato, uno dei più famosi, esprime lo sgomento al cospetto di un universo infinito e indecifrabile, evocando nella sua tragica brevità temi e paradossi della scienza e interpretando al tempo stesso la crisi della modernità."" -
Giordano Bruno. Tra «teologia civile» e «teologia negativa»
"Ancora una volta l'appello di Bruno è rivolto all'uomo. Se vuole salvarsi e salvare con sé la società, l'uomo non deve affidarsi al caso o alla 'fortuna traditora'. Deve operare su se stesso, deve 'purgarsi, sanarsi, riformarsi'. Deve cercare e trovare in sé la forza per redimersi dalla incoercibile tendenza egoistica, a caratura fortemente antisociale. Per riuscire in questa impresa deve affidarsi alla ragione e all'impegno morale, sollecitati dalla filosofia e dalla cultura umanistica. È con lo sforzo intellettuale che l'uomo si redime, modifica la sua natura, attenua gli istinti animali che lo agitano e diventa persona, cioè soggetto sociale, portatore di diritti e rispettoso dei diritti altrui e del bene comune. Ed è a partire da qui, dal principio di autodeterminazione dell'uomo, dal principio della responsabilità personale, che prende veramente avvio la modernità""""." -
Caro misantropo. Saggi e testimonianze per Manlio Sgalambro
Con questo volume, ad un anno dalla scomparsa, si dà l'avvio alla ricognizione critica della figura di Manlio Sgalambro (Lentini 1924 - Catania 2014). L'obiettivo è quello di stabilire il luogo dell'attività multiforme del grande autore, percorritore di strade inusitate e impervie: se la filosofia del Novecento italiano fu crociana, marxista ed heideggeriana, Sgalambro la attraversò come un cristallo alieno. Alla filosofia contemporanea, che avrebbe ribadito la confusione del pensare con le altre discipline, Manlio oppose la lucidità del pessimismo. Imperterrito fustigatore della banalità, Sgalambro ha sempre fatto mostra di una singolare forma di comprensione superiore delle cose, alla cui luce, confrontandosi con ciò che il tempo miserabile offriva, ha denunciato i tratti di un universo in rapido peggioramento: la crisi della Forma, l'impossibilità di ogni prassi o morale operativa, il congedo progressivo dal concetto assoluto di verità. A tracciare il profilo di un'attività così multiforme Pino Aprile, Alessio Cantarella, Antonio Carulli, Giordano Casiraghi, Antonio Contiero, Maurizio Cosentino, Rolando Damiani, Mariacatena De Leo, Marcello Faletra, Francesco Iannello, Massimo Iiritano, Luigi Ingaliso, Gianluca Magi, Alan Magnetti, Antonio Mocciola, Massimiliano Perrotta, Fabio Presutti, Giuseppe Pulina, Franco Rella, Mario Andrea Rigoni, Calogero Rizzo, Angelo Scandurra, Giuseppe Testa, Domenico Trischitta, Patrizia Trovato. -
La contestazione ecologica. Storia, cronache e narrazioni
"Mentre il movimento di Liberazione e il movimento operaio hanno avuto cura di conservare i propri archivi non esiste niente di simile per il movimento 'ecologico', soprattutto per la parte relativa alla 'contestazione ecologica'. Si ha l'impressione che il potere non voglia affatto che si crei un archivio storico che rappresenti un serbatoio di informazioni sulle proprie contraddizioni, una fonte da cui appaiano gli errori di previsione e di pianificazione dei fenomeni relativi al territorio, all'ambiente, all'energia, alle menzogne"""". Gli scritti di Giorgio Nebbia raccolti in questo volume rappresentano il primo tentativo sistematico compiuto in Italia di delineare una """"storia"""" della """"contestazione ecologica"""". A rileggerli oggi sorprendono per la loro attualità e per la loro capacità di delineare con chiarezza e rigore una panoramica storica e teorica sulle tante lotte combattute in difesa del paesaggio, dell'ambiente e della natura." -
Diritto e giustizia. Interroghiamo la Costituzione
Il grande problema di questo momento è fino a che punto possiamo trascurare la necessità di un'etica pubblica come punto di riferimento, anzi come punto di partenza di una politica costituzionale. -
Le linee sotto
La lettura e la scrittura esistono. Non v'è dubbio. Ed esiste la sottolineatura che tra quelle, di cui è al servizio, a fatica si fa spazio per un diritto alla cittadinanza tra le cose riflesse. Ma quelli invasi dal dilemma del Tutto o del Niente, entro cui si risolve di diritto il dramma della Conoscenza, paralizzati nei termini amletici del sottolineare o del lasciare le parole orfane del tratto sottomesso, non intendono privarla della riflessione, scomodata per l'occasione. E con questo gesto necessariamente ozioso e inattuale, che lega il sistema del sapere a una ossessione - come altrimenti chiamarla? -, quella dell'attenzione a un gesto sino ad oggi così meccanico e sottostimato, essi pretendono di illuminare cosa c'è al di là di quel segno nero. Ogni singolo e insignificante tratto inferiore finisce così con l'assumere dimensioni solo ad un primo sguardo peregrine, come questi sorprendenti frammenti - non aforismi - finiscono per convincerci. -
Miti d'amore
Raramente si sono lette, sul rapporto fra eros e mito, pagine così profonde e insieme vive e briose, come quelle che Ruggero Guarini scrisse nei suoi ultimi anni di vita per il quotidiano ""Il Foglio"""", adesso riunite per la prima volta in questo volumetto. Nel ratto di Proserpina, nella vicenda di Amore e Psiche o nella storia di don Giovanni egli illumina il significato del mito anche per aspetti sinora trascurati dalla critica professionale, mostrandone d'altra parte sia l'intramontabile bellezza sia il contrasto bruciante col nostro presente. Non sempre, tuttavia, si tratta di un mito: talvolta è un'ossessiva esperienza vissuta, come quella cantata dal poeta latino Properzio in un'elegia sublime e straziante che non a torto Guarini definisce """"la più bella poesia d'amore""""."" -
Un moderno simposio
"A modern symposium"""" è un dialogo ispirato alla tradizione platonica nel quale Goldsworthy Lowes Dickinson immagina che nei primissimi anni del ventesimo secolo dodici personaggi della cultura, della politica e dell'establishment britannici appartenenti a un club londinese chiamato The Seekers si riuniscano in una villa nella campagna inglese ed espongano le proprie idee sulla politica, la società, la letteratura e l'arte. L'insieme dei loro interventi costituisce un lucido ritratto culturale ed ideologico della nazione britannica e più generalmente d'una civiltà europea in preda a speranza e paura per il futuro da una parte e velata nostalgia per un passato rassicurante ma già irrimediabilmente perduto dall'altra." -
Elogio dell'America
"L'America, questo strano impasto di Bibbia e illuminismo""""... Attraverso un mosaico affascinante di frammenti e di aforismi Mario Andrea Rigoni compone dell'America - senza nasconderne ombre, paradossi e limiti - un ritratto che sconfigge coraggiosamente molti luoghi comuni dell'antiamericanismo preconcetto." -
Lo scrittore come critico
Che cosa può dare alla critica uno scrittore più di un critico che scrittore non è? A tale questione, che può sembrare tanto sottile quanto marginale, ma che in realtà investe direttamente il rapporto fra creazione e critica, cerca di dare una risposta Mario Andrea Rigoni in questa conferenza, tenuta al l'Università di Trento nel 2015, nella quale densi scorci di storia delle idee estetiche si mescolano a una penetrante riflessione attuale sull'intraducibilità dell'opera d'arte, sulla psicologia dell'autore, sul le condizioni e sulle possibilità della critica letteraria. -
De optimo genere degende vite. Testo latino a fronte
Girolamo Aliotti, figura rappresentativa delle inquietudini che, all'alba del mondo moderno, attraversarono il monachesimo tradizionale, volle intervenire, col dialogo De optimo genere degende vite, nel dibattito sul miglior genere di vita che, tra '300 e '500, costituì uno dei più rilevanti nodi problematici attorno a cui gli umanisti si diedero convegno. Il messaggio che l'autore aretino consegna alle pagine del suo dialogo è un invito al buon senso e alla misura: egli propugna, infatti, da un lato, l'astratta superiorità della vita del chiostro, ma lascia intendere, dall'altro, che essa non costituisce la via privilegiata per la salvezza e esorta gli uomini a non far torto alla propria natura e a seguire le proprie reali inclinazioni, condicio sine qua non, questa, di un'esistenza vissuta con consapevolezza e genuinità, al riparo dalla perniciosa colpa dell'ipocrita simulazione.